ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 6 della legge 21
 novembre  1988,  n.  508  (Norme integrative in materia di assistenza
 economica agli invalidi civili, ai ciechi civili  ed  ai  sordomuti),
 promossi  con  n. 3 ordinanze emesse dal Pretore di Bologna, iscritte
 ai nn. 598, 655 e 656 del registro ordinanze 1991 e pubblicate  nella
 Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  nn.  39  e  44,  prima  serie
 speciale, dell'anno 1991;
    Visti gli atti di costituzione di Gianni Osti ed  altra,  Domenico
 Marchese  ed  altra,  Luciano  Carini  ed  altra  nonche' gli atti di
 intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  21  gennaio  1992  il  Giudice
 relatore Francesco Paolo Casavola;
    Udito  l'avvocato  Franco  Agostini  per  Gianni  Osti  ed  altra,
 Domenico Marchese ed altra, Luciano  Carini  ed  altra  e  l'Avvocato
 dello  Stato  Antonio  Bruno  per  il  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
                           Ritenuto in fatto
    1. - Nel corso di tre giudizi in cui i genitori di  alcuni  minori
 riconosciuti come non deambulanti in modo autonomo, avevano richiesto
 al    Ministero    dell'interno    l'erogazione    dell'assegno    di
 accompagnamento per il periodo 1989-1990, il Pretore  di  Bologna  ha
 sollevato, con tre ordinanze emesse rispettivamente il 30 aprile e il
 17  giugno  1991,  in  relazione  all'art.  38,  terzo  comma,  della
 Costituzione, questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.  6
 della  legge  21 novembre 1988, n. 508, nella parte in cui, abrogando
 l'art. 17 della legge 30 marzo 1971, n. 118, ha  soppresso  l'assegno
 di  accompagnamento  per  i  minori non deambulanti non completamente
 invalidi.
    Premette il Pretore che il secondo  comma  della  disposizione  de
 qua,  nel  fare salvi gli effetti delle domande per l'ottenimento dei
 benefici presentate sino alla data di entrata in vigore della  legge,
 non  ha il fine di conservare l'assegno a tutti coloro ai quali fosse
 gia' stato riconosciuto il diritto,  bensi'  soltanto  di  prorogarlo
 eccezionalmente   per   una  sola  annualita'.  Trattasi  infatti  di
 provvidenza periodica - rinnovabile di anno  in  anno  -  subordinata
 alla  permanenza  dei requisiti legali, da documentarsi su istanza di
 parte  corredata  del  certificato  di   frequenza   di   un   centro
 ambulatoriale.
    Su  questa  base il giudice a quo, disatteso l'assunto delle parti
 ricorrenti (secondo cui l'assegno verrebbe in  permanenza  conservato
 in  virtu'  dell'originaria domanda), ritiene la questione rilevante,
 non potendosi prescindere dall'applicazione della norma  e  prospetta
 il  dubbio  di legittimita' in quanto al legislatore sarebbe preclusa
 la soppressione di un beneficio senza alcun intervento sostitutivo.
    In altri termini, una volta data attuazione  al  precetto  di  cui
 all'art.  38  della  Costituzione, con la garanzia di una provvidenza
 atta  ad  assicurare  educazione  ed  avviamento  professionale  agli
 inabili ed agli invalidi, l'eliminazione della stessa - in assenza di
 trattamenti  equipollenti  -  non potrebbe avvenire senza lesione del
 predetto parametro, per l'evidente differenza che intercorre  tra  il
 momento   attuativo   -   largamente  discrezionale  -  del  precetto
 costituzionale e  quello  successivo,  ben  piu'  vincolato,  in  cui
 dovrebbe  essere assicurata la conservazione di situazioni soggettive
 perfette.
    2. - E' intervenuto il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
 rappresentato  e  difeso dall'Avvocatura dello Stato, che ha concluso
 per l'inammissibilita' ovvero per l'infondatezza, osservando come  la
 legge  n. 508 del 1988 abbia conservato, per i minori di cui all'art.
 1, l'indennita' di accompagnamento e rilevando che per un  minore  la
 frequenza   della  scuola  dell'obbligo  dovrebbe  considerarsi  atto
 quotidiano della vita.
    3. - Dinanzi a questa Corte si sono altresi' costituite  le  parti
 private  ribadendo la propria interpretazione circa gli effetti della
 originaria domanda di erogazione dell'indennita' (ritenuti permanenti
 e prevalenti  rispetto  alla  istanza  annuale  di  rinnovo,  che  si
 asserisce    meramente   ripetitiva,   con   la   conseguenza   della
 conservazione  del  trattamento),  ma  insistendo  comunque  per   la
 declaratoria d'illegittimita', ove fosse da questa Corte condiviso il
 presupposto interpretativo del Pretore.
                        Considerato in diritto
    1.   -   Il   Pretore   di   Bologna   dubita  della  legittimita'
 costituzionale dell'art. 6 della  legge  21  novembre  1988,  n.  508
 (Norme  integrative  in materia di assistenza economica agli invalidi
 civili, ai ciechi civili ed ai sordomuti),  abrogativo  dell'art.  17
 della  legge  30 marzo 1971, n. 118 e percio' soppressivo del diritto
 all'assegno  di  accompagnamento  che   tale   ultima   norma   aveva
 introdotto.
    Nelle  tre  ordinanze  di  rimessione si prospetta il vulnus della
 garanzia    costituzionale    dell'educazione    e    dell'avviamento
 professionale che ex art. 38, terzo comma, assiste i soggetti inabili
 e minorati.
    Per l'identita' del tema i giudizi debbono essere riuniti.
    2. - La questione e' fondata.
    Il  soppresso assegno di accompagnamento veniva concesso ai minori
 mutilati ed invalidi civili riconosciuti non deambulanti, per ciascun
 anno  di  frequenza  della   scuola   dell'obbligo,   di   corsi   di
 addestramento, ovvero di centri ambulatoriali. La finalita' educativa
 e  l'intento  di  favorire  l'avviamento  professionale  connotavano,
 dunque, il beneficio, unitamente al  presupposto  della  minorazione,
 fin dal momento del suo venire in essere nell'ordinamento.
    La   successiva   prassi   applicativa,   fondata   su  specifiche
 disposizioni del Ministero  della  sanita'  (cfr.  circ.  minist.  17
 gennaio  1972,  n.  500),  legittimo'  una  nozione  estensiva  della
 funzione della deambulazione, quale complessa attivita' neuromotoria,
 da intendersi come mancanza di  autosufficienza,  che  comportava  la
 necessita' di un accompagnatore.
    E' evidente il collegamento logico con il concetto di invalidita',
 come definito dall'art. 2, terzo comma, della stessa legge n. 118 del
 1971:  situazione di persistente difficolta' dei soggetti "a svolgere
 i compiti e le funzioni proprie della loro eta'".
    3. - L'istituzione dell'indennita' di accompagnamento di cui  alla
 legge  11 febbraio 1980, n. 18, si sovrappone alla precedente misura,
 ma non la ricomprende, investendo un'area  d'invalidita'  di  maggior
 ampiezza    e    gravita'    ("totale"    inabilita'   che   comporti
 l'impossibilita'  di  deambulare  senza  l'aiuto  permanente  di   un
 "accompagnatore"  ovvero incapacita' di "compiere gli atti quotidiani
 della vita" che imponga  un'assistenza  continua),  al  di  fuori  di
 qualsiasi richiamo a finalita' educative.
    Come  confermato  dall'espresso  riferimento  al  citato  art.  17
 contenuto nella legge 29 febbraio 1980, n. 33 (cfr. art.  14-septies,
 quinto  comma),  la  citata  legge  n.  18 del 1980 non produce alcun
 effetto abrogativo sull'assegno di accompagnamento  che  continua  ad
 essere erogato a favore degli aventi diritto.
    4. - La sopravvenuta soppressione dell'assegno in parola, disposta
 dall'art.  6  della legge 21 novembre 1988, n. 508, non si giustifica
 sotto alcun profilo: restano pertanto prive di un beneficio  concesso
 da  ben  oltre  un  decennio una serie di situazioni, che, seppure di
 gravita' non tale da  legittimare  l'indennita'  di  accompagnamento,
 erano   tuttavia   meritevoli   di  tutela  proprio  in  ragione  del
 contemporaneo ricorrere dell'invalidita' e della frequenza di  scuole
 o corsi di addestramento.
    Attraverso   il  secondo  comma  dell'art.  6  qui  impugnato,  il
 legislatore ha inteso limitare le conseguenze della eliminazione  del
 beneficio,  consentendo,  ancora  per  l'anno in corso, le erogazioni
 rispetto alle quali fosse gia' stata proposta la relativa domanda.
    Peraltro, la  suddetta  previsione,  avendo  carattere  del  tutto
 transitorio   e   limitato  ad  alcuni  beneficiari  per  un  periodo
 circoscritto, non elimina il vulnus nascente dalla  negazione  di  un
 diritto  in  precedenza  riconosciuto  in  attuazione  del  programma
 solidaristico di cui all'art. 38 della Costituzione.
    Cio' e' tanto piu' evidente se si ha  riguardo  all'art.  1  della
 legge  11 ottobre 1990, n. 289. Questa norma, mentre non prevede piu'
 il requisito della non deambulazione, riprende  la  medesima  tecnica
 definitoria   di  cui  alla  legge  n.  118  del  1971  ("difficolta'
 persistenti a svolgere i compiti e le funzioni della propria  eta'"),
 e,  in  sostanza,  ripristina  il  soppresso  beneficio denominandolo
 "indennita'  di  frequenza"  (estesa,   quest'ultima,   alle   scuole
 pubbliche  o private - di ogni ordine e grado, a partire dalla scuola
 materna  -  nonche'  a  centri   di   formazione   od   addestramento
 professionale, finalizzati al reinserimento sociale).
    E'  chiaro come la nozione di compiti e funzioni proprie dell'eta'
 sia ora piu' ampia rispetto a quella di atti quotidiani della vita  e
 sia   suscettibile   quindi  di  ricomprendere  l'assolvimento  degli
 obblighi scolastici.
    D'altra parte, poiche'  la  provvidenza  in  questione  era  ormai
 elemento   intrinseco  della  complessa  disciplina  dell'invalidita'
 civile, la perdita della stessa, nell'arco di tempo compreso  tra  il
 precedente  ed il nuovo regime, contrasta con la duplice garanzia del
 diritto all'educazione ed  all'avviamento  professionale,  posta  dal
 Costituente  nel  terzo  comma  dell'art. 38, nonche' con il precetto
 contenuto nel comma successivo, da interpretarsi come doverosita'  di
 ogni  misura - di integrazione e sostegno - volta a rendere effettivo
 tale diritto (cfr. sentenza n. 215 del 1987).
    L'impugnato art. 6, non assicurando  la  continuita'  del  diritto
 all'assegno  sino  al  descritto  intervento legislativo, deve quindi
 essere dichiarato illegittimo.