ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 444 del codice
 di procedura penale, promosso con ordinanza emessa  il  10  settembre
 1991  dal  Pretore  di  Catania  nel  procedimento penale a carico di
 Duplicato Domenico, iscritta al n. 660 del registro ordinanze 1991  e
 pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  della Repubblica n. 44, prima
 serie speciale, dell'anno 1991;
    Visto l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 19 febbraio 1992 il Giudice
 relatore Mauro Ferri;
    Ritenuto  che,  con ordinanza emessa il 10 settembre 1991, il Pre-
 tore di Catania ha sollevato, in  riferimento  all'art.  24,  secondo
 comma,  della  Costituzione, questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 444 del codice di procedura penale;
      che, ad avviso del remittente, nel rito  speciale  di  cui  alla
 norma   impugnata   il  giudizio  sulla  responsabilita',  come  puo'
 desumersi dalla sentenza di  questa  Corte  n.  313  del  1990,  deve
 considerarsi  sostanzialmente  formulato  dal  giudice nel momento in
 cui, senza che la difesa intervenga con proprie deduzioni  in  ordine
 alla  valutazione  degli elementi in atti, egli decide se pronunciare
 sentenza di proscioglimento ex  art.  129  del  codice  di  procedura
 penale o applicare la pena;
      che  il  diritto di difesa viene quindi garantito in ordine alla
 qualificazione del fatto, all'esistenza o  meno  di  circostanze,  al
 giudizio  di comparazione e alla determinazione della pena, ma non in
 ordine al giudizio di responsabilita', che non puo' essere oggetto di
 un accordo;
      che, inoltre, pur essendo vero che  non  bisogna  confondere  il
 diritto  di difesa con l'assoluto diritto di esercitarlo, tuttavia la
 rinuncia al diritto  di  difesa,  che  e'  una  facolta',  puo'  solo
 ammettersi  all'interno  di un procedimento e non puo' essere imposta
 dalla legge come condizione per accedere ai benefici derivanti  dalla
 attuazione di un rito speciale;
      che  e'  intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei
 ministri, concludendo per l'infondatezza della questione;
    Considerato che la richiesta di applicazione di una pena da  parte
 dell'imputato,  ovvero  il  consenso  sulla  richiesta  formulata dal
 pubblico ministero, ai sensi dell'art. 444 del  codice  di  procedura
 penale,  esprimono essi stessi una modalita' di esercizio del diritto
 di difesa, in quanto - come questa  Corte  ha  gia'  affermato  nella
 sentenza  n.  313 del 1990 - costituisce efficiente strumento di tale
 diritto la possibilita' offerta all'imputato di avvalersi, con libera
 scelta, dell'istituto in esame  e  di  acquisire,  quindi,  una  pena
 minima sottraendosi al rischio di piu' gravi sanzioni;
      che  il  fatto che il giudice conservi comunque, pur in presenza
 dell'accordo delle parti, il potere-dovere di pronunciare sentenza di
 proscioglimento ai sensi dell'art. 129 del codice di procedura penale
 e'  espressione  di  un  principio  generale  posto  evidentemente  a
 garanzia  dello  stesso  imputato, per cui va chiaramente escluso che
 cio' possa violare il suo diritto di difesa;
      che,  in  conclusione,  la  questione  deve  essere   dichiarata
 manifestamente infondata;
    Visti  gli  artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale;