ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 2, primo  comma,
 della  legge  29  aprile  1983,  n.  167  (Affidamento  in  prova del
 condannato militare), come sostituito dall'art. 1,  numero  1,  della
 legge  23  dicembre  1986, n. 897, promossi con n. 5 ordinanze emesse
 dal Tribunale militare di sorveglianza di Roma, iscritte ai nn.  382,
 415,  430,  453  e 485 del registro ordinanze 1991 e pubblicate nella
 Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 23, 24, 27 e 28, prima  serie
 speciale, dell'anno 1991;
    Visto l'atto di costituzione di Walter Roberto Del Prete;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  18  febbraio  1992  il Giudice
 relatore Francesco Paolo Casavola;
    Udito l'avvocato Mauro Mellini per Walter Roberto Del Prete.
                           Ritenuto in fatto
    1. -  Nel  corso  di  cinque,  analoghi  procedimenti  concernenti
 l'esame  di  istanze  con  cui altrettanti condannati alla pena della
 reclusione militare avevano chiesto il beneficio dell'affidamento  in
 prova ancor prima dell'inizio della detenzione, il Tribunale militare
 di sorveglianza di Roma, con cinque identiche ordinanze emesse tra il
 18  marzo ed il 20 maggio 1991, ha sollevato, in relazione agli artt.
 3 e 27, terzo comma, della Costituzione,  questione  di  legittimita'
 costituzionale  dell'art. 2, primo comma, della legge 29 aprile 1983,
 n.  167  (Affidamento  in  prova  del  condannato   militare),   come
 sostituito  dall'art.  1,  numero 1, della legge 23 dicembre 1986, n.
 897, nella parte in cui esclude che i condannati alla pena  detentiva
 militare  possano  essere  affidati  in  prova  indipendentemente dal
 periodo  minimo   di   un   mese   di   osservazione,   da   attuarsi
 indefettibilmente nello stabilimento militare di pena.
    Premette  il  giudice  a  quo  che  il  Procuratore militare della
 Repubblica, disponendo sulle istanze predette, ha sospeso gli  ordini
 d'esecuzione delle pene sul presupposto dell'applicabilita' dell'art.
 47 della legge 26 luglio 1975, n. 354, come modificato dalla sentenza
 di  questa  Corte  n.  569  del  1989,  rinviando  quindi gli atti al
 Tribunale  militare  di sorveglianza. Quest'ultimo, nel dissentire da
 tale  interpretazione,  sottolinea  l'autonomia  del   beneficio   in
 argomento,  oggetto  di  specifica disciplina da parte dell'impugnata
 normativa, la quale impone, per poter concedere l'affidamento, almeno
 un mese di osservazione nello stabilimento militare di pena.
    Con la citata sentenza n. 569 del 1989, la Corte costituzionale ha
 peraltro dichiarato l'illegittimita' dell'art. 47, terzo comma, della
 legge n. 354 del 1975 (cosi' come modificato dall'art. 11 della legge
 10  ottobre  1986,  n.  663),   concernente   il   regime   ordinario
 dell'affidamento  al  servizio  sociale, la' dove non ne prevedeva la
 concessione anche indipendentemente dalla detenzione  per  espiazione
 di  pena  o per custodia cautelare allorche' il soggetto - ricorrendo
 tutte  le  condizioni  -  abbia  tenuto  un  comportamento  tale   da
 consentire un giudizio prognostico favorevole in termini rieducativi.
    Ricorda   il  Tribunale  come  questa  Corte  abbia  rilevato  una
 sostanziale irrazionalita' tra la struttura originaria della  misura,
 riservata  a  chi  espiasse la pena detentiva (per cui era necessaria
 l'osservazione in carcere) e la diversa,  novellata,  previsione  che
 consentiva  di  prescindere  da  tale osservazione per il detenuto il
 quale, anche per breve periodo in custodia cautelare, poteva giovarsi
 dell'osservazione durante il  periodo  di  liberta'  successivo  alla
 custodia stessa.
    L'argomento della richiamata decisione, secondo cui il legislatore
 avrebbe   ormai   riconosciuto   che  il  giudizio  favorevole  circa
 l'idoneita'  alla  rieducazione  puo'  utilmente  avvenire  anche  in
 liberta',   e'  dal  giudice  a  quo  riferito  alla  pena  militare,
 rilevandosi un'ingiustificata disparita' di trattamento in danno  del
 cittadino  chiamato  alle  armi,  non  motivabile  con la specialita'
 dell'ordinamento militare, ne' con la circostanza  che  l'affidamento
 in  parola avvenga nella specie non gia' al servizio sociale ma ad un
 comando od ente militare (ovvero ad un ufficio o  ente  pubblico  non
 militare  per  la  prestazione  di  un  servizio,  nei  casi di reati
 originati  da  obiezione  di  coscienza).  Inoltre  l'obbligatorieta'
 dell'osservazione   inframurale  verrebbe  ad  eludere  la  finalita'
 rieducativa della pena.
    2. - Nel giudizio introdotto dall'ordinanza n. 430 del 1991 si  e'
 costituita  la  parte privata, preliminarmente sostenendo l'immediata
 applicabilita' della piu' volte richiamata sentenza n. 569  del  1989
 anche  al  caso  di  specie  sulla  base  di  un'asserito  difetto di
 autonomia  dell'istituto.  Non  vi  sarebbe  infatti   una   puntuale
 disciplina  legislativa  del  medesimo,  soprattutto  con riguardo ai
 soggetti passivi, genericamente individuati come "militari condannati
 dall'autorita' giudiziaria militare a pena detentiva", formula che si
 presterebbe a ricomprendere, ad esempio, anche  militari,  condannati
 alla  reclusione  militare  dall'autorita'  giudiziaria  ordinaria in
 ragione della connessione con procedimenti a  carico  d'imputato  non
 militare,   mentre,   per  converso,  anche  l'autorita'  giudiziaria
 militare puo' irrogare la pena della reclusione ordinaria.
    La  difesa  conclude  peraltro  nel   senso   della   declaratoria
 d'illegittimita'  ove  fosse  condiviso il presupposto ermeneutico da
 cui muove l'ordinanza di rimessione.
                        Considerato in diritto
    1.  -  Il  Tribunale  militare di sorveglianza di Roma, con cinque
 identiche ordinanze del 18 marzo 1991 (R.O. n. 382 del 1991), del  22
 aprile  1991  (R.O. n. 415 del 1991), del 13 maggio 1991 (R.O. n. 430
 del 1991), del 20 maggio 1991 (R.O. n. 453 del 1991), del  13  maggio
 1991  (R.O.  n. 485 del 1991), solleva, in riferimento agli artt. 3 e
 27,  terzo  comma,  della  Costituzione,  questione  di  legittimita'
 costituzionale  dell'art. 2, primo comma, della legge 29 aprile 1983,
 n.  167  (Affidamento  in  prova  del  condannato   militare),   come
 sostituito  dall'art.  1,  numero 1, della legge 23 dicembre 1986, n.
 897, "nella parte in cui non  prevede  che,  anche  indipendentemente
 dalla  detenzione per espiazione di pena o per custodia cautelare, il
 condannato possa essere ammesso  all'affidamento  in  prova,  se,  in
 presenza  delle altre condizioni, abbia serbato un comportamento tale
 da consentire il giudizio di cui al medesimo art. 2, primo comma".
    2. - La questione - identica nei cinque giudizi che debbono essere
 quindi trattati congiuntamente - e' fondata.
    Questa   Corte   ha   ricostruito    l'evoluzione    dell'istituto
 dell'affidamento  in  prova nella sentenza n. 569 del 1989, il quale,
 nella originaria modellazione della legge  26  luglio  1975,  n.  354
 (Norme  sull'ordinamento penitenziario e sull'esecuzione delle misure
 privative e limitative della liberta'), era riservato  ai  condannati
 che,  espiando  la  pena  in carcere, ivi potessero essere sottoposti
 alla  speciale  osservazione  collegiale,  per  un  periodo  dapprima
 stabilito  nella durata di tre mesi, poi - con l'art. 4-bis, inserito
 nel  decreto-legge  22  aprile  1985,  n.  144,  al   momento   della
 conversione nella legge 21 giugno 1985, n. 297 - diminuito a un mese.
    L'osservazione   della  personalita'  del  condannato  all'interno
 dell'istituto penitenziario da  parte  di  un  collegio  di  esperti,
 qualora  conducesse  ad  accertare  la  disponibilita' del detenuto a
 collaborare   all'attivita'   rieducativa,    si    concludeva    con
 l'affidamento  in  prova  al  servizio  sociale  per  espiare la pena
 residua in condizioni  di  liberta',  sia  pure  limitata  da  talune
 prescrizioni.
    La  finalita'  dell'istituto  era  dunque  quella  di agevolare ed
 affrettare il reinserimento sociale  del  condannato  attraverso  una
 fase sperimentale all'interno del carcere.
   Il  mutamento  della  originaria natura dell'istituto, riservato ai
 detenuti in espiazione carceraria della pena, si  e'  verificato  con
 l'applicazione  sua  ai  casi  particolari previsti dall'art. 47- bis
 come formulato nell'art. 4-ter, inserito nel decreto-legge 22  aprile
 1985, n. 144 al momento della conversione nella legge 21 giugno 1985,
 n.  297,  cioe' al tossico o alcool-dipendente che, avendo in corso o
 intendendo intraprendere un  programma  di  recupero,  puo'  chiedere
 l'affidamento   in  prova  al  servizio  sociale  prima  che  si  dia
 esecuzione alla pena detentiva inflitta.
    Successivamente l'art. 11 della legge 10  ottobre  1986,  n.  663,
 radicalmente  novellando  l'intero testo dell'art. 47, ha introdotto,
 accanto all'affidamento in prova per il detenuto osservato per almeno
 un mese in istituto  (primo  e  secondo  comma),  una  nova  species,
 disposta senza procedere all'osservazione, quando il condannato, dopo
 un periodo di custodia cautelare, ha goduto di un periodo di liberta'
 serbando  comportamento  tale  da  consentire il giudizio prognostico
 favorevole alla sua rieducazione e alla  insussistenza  del  pericolo
 ch'egli commetta altri reati (terzo comma).
    Con   la  citata  sentenza  n.  569  del  1989,  questa  Corte  ha
 dichiarato, per incompatibilita' con gli artt. 3 e 27,  terzo  comma,
 della  Costituzione,  la  illegittimita' costituzionale dell'art. 47,
 terzo  comma,  della  legge  26  luglio  1975,  n.  354,  cosi'  come
 modificato  dall'art.  11  della legge 10 ottobre 1986, n. 663, nella
 parte in cui non prevede che il condannato possa essere  affidato  in
 prova  al  servizio  sociale,  indipendentemente dalla detenzione per
 espiazione di pena o per custodia  cautelare.  A  tale  pronuncia  la
 Corte  perveniva sulla base della constatazione che, conservandosi il
 prerequisito della osservazione in istituto sia in espiazione di pena
 sia per custodia cautelare, dal beneficio dell'affidamento  in  prova
 resterebbero  irragionevolmente esclusi proprio coloro che commettono
 reati meno gravi, o che, dimostrando minore pericolosita', non  siano
 assoggettati a misure cautelari coercitive.
    Questa  Corte  rilevava  inoltre  che il legislatore ha svincolato
 l'osservazione   dallo   stato   di   privazione   della    liberta',
 riconoscendola utilmente condotta sia durante l'espiazione della pena
 (art.  47, secondo comma), sia in liberta' (art. 47, secondo comma, e
 47- bis).
    3. - Tutto cio' premesso, venendo  alla  impugnata  norma  di  cui
 all'art.  2,  primo  comma,  della  legge  29 aprile 1983, n. 167, la
 quale, da un punto di vista sistematico,  consiste  nella  estensione
 del  provvedimento dell'affidamento in prova del condannato comune al
 condannato   militare,   con   gli   adattamenti   richiesti    dalle
 particolarita'  dell'organizzazione  materiale militare (stabilimento
 militare di  pena,  comando  o  ente  militare  affidatario,  giudice
 militare   di   sorveglianza),   si   deve   constatare  che  non  e'
 riscontrabile alcuna valida ragione perche' essa continui a stabilire
 la  indefettibilita'   dell'osservazione   della   personalita'   del
 condannato,   condotta   per   almeno   un   mese  all'interno  dello
 stabilimento militare di pena, quando lo stato della legislazione per
 il condannato comune, a seguito della evoluzione descritta,  accoglie
 sia l'osservazione inframurale sia quella in liberta'.
    La  norma  censurata,  per  le  sopravvenienti  novellazioni della
 figura  generale,  e'  divenuta  non  compatibile  con  il  principio
 costituzionale di eguaglianza.