ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  degli artt. 19 della
 legge 23 aprile 1981, n. 155 (Adeguamento  delle  strutture  e  delle
 procedure  per  la  liquidazione  urgente  delle  pensioni  e  per  i
 trattamenti  di  disoccupazione   e   misure   urgenti   in   materia
 previdenziale  e pensionistica); 3, tredicesimo comma, della legge 29
 maggio 1982, n. 297 (Disciplina del trattamento di  fine  rapporto  e
 norme in materia pensionistica); 9 della legge 15 aprile 1985, n. 140
 (Miglioramento  e perequazione di trattamenti pensionistici e aumento
 della pensione sociale); 1, quarto comma, e 2  del  decreto-legge  22
 dicembre  1990,  n. 409 (Disposizioni urgenti in tema di perequazione
 dei  trattamenti  di  pensione  nei  settori  privato  e   pubblico),
 convertito,  con  modificazioni, nella legge 27 febbraio 1991, n. 59;
 promosso con ordinanza emessa il 9 luglio 1991 dal Pretore di  Torino
 nel  procedimento  civile vertente tra Silmo Malinverni Elba ed altri
 ed I.N.P.S., iscritta  al  n.  630  del  registro  ordinanze  1991  e
 pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  della Repubblica n. 41, prima
 serie speciale, dell'anno 1991;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito nella camera di consiglio del 19 febbraio  1992  il  Giudice
 relatore Francesco Greco;
    Ritenuto  che  il  Pretore  di  Torino,  con ordinanza emessa il 9
 luglio 1991 (R.O. n. 630 del 1991), nel procedimento civile  promosso
 da Silmo Malinverni Elba ed altri nei confronti dell'I.N.P.S., avente
 ad  oggetto  la riliquidazione delle pensioni corrisposte agli attori
 con  varie  decorrenze,  in  applicazione   delle   disposizioni   di
 progressivo aggiornamento del massimale di retribuzione pensionabile,
 ha sollevato questione di legittimita' costituzionale:
       a)  dell'art.  19  legge  23  aprile 1981, n. 155, dell'art. 3,
 tredicesimo comma, legge 29 maggio 1982, n. 297, dell'art. 9 legge 15
 aprile 1985, n. 140,  in  riferimento  al  principio  di  eguaglianza
 sancito  dall'art.  3  della  Costituzione,  nella  parte  in cui non
 operano anche a beneficio dei gia' pensionati, i quali vengono  cosi'
 discriminati  rispetto  a  quelli  futuri, anche sotto il profilo del
 diverso e piu' svantaggioso collegamento tra retribuzione e pensione;
       b) degli artt. 1,  quarto  comma,  e  2  del  decreto-legge  22
 dicembre  1990, n. 409, convertito, con modificazioni, nella legge 27
 febbraio 1991, n. 59, in riferimento al principio  di  ragionevolezza
 di  cui  all'art.  3  della  Costituzione,  nella  parte in cui fanno
 decorrere il  ricalcolo  pensionistico,  correlato  ai  nuovi  limiti
 massimi di retribuzione pensionabile indicati nell'art. 2 D.P.C.M. 16
 dicembre  1989  (Gazzetta Ufficiale, n. 299 del 23 dicembre 1989), da
 periodo  successivo  al  31  dicembre  1989  anziche'  dall'anno   di
 pensionamento  e,  fino  a tutto il 31 dicembre 1990, in ragione solo
 del 60%;
      che, a parere del giudice remittente, si  sarebbero  verificate,
 in   violazione   dell'art.  3  della  Costituzione,  discriminazioni
 palesamente irrazionali fra un pensionato e l'altro, in relazione  al
 fatto,  meramente  accidentale,  della data di collocamento a riposo,
 pur a parita' delle residue condizioni di anzianita'  assicurativa  e
 di retribuzione imponibile, nonche' intrinseca incoerenza delle norme
 censurate  sub  b),  le  quali,  pur  presupponendo  l'iniquita'  dei
 previgenti "tetti pensionistici", si'  da  disporne  l'aggiornamento,
 limitano,  poi, la liquidazione degli arretrati da data sensibilmente
 posteriore a quella in relazione alla quale il  riconoscimento  della
 iniquita' e' avvenuto;
      che  nel  giudizio  e'  intervenuta  l'Avvocatura Generale dello
 Stato, in rappresentanza del Presidente del Consiglio  dei  ministri,
 la  quale  ha  concluso per la manifesta infondatezza della questione
 sub a), in base alla pregressa giurisprudenza della Corte in materia,
 e per la manifesta infondatezza della questione  sub  b),  osservando
 che le disposizioni denunciate non appaiono correttamente individuate
 nella  ordinanza  di  remissione, in quanto il limite alla decorrenza
 del trattamento  pensionistico  e  le  misure  dell'aggiornamentosono
 posti  dal D.P.C.M. del 16 dicembre 1989, attuativo dell'art. 3 della
 legge n. 544 del 1988, non anche dal decreto-legge n. 409  del  1990,
 come  convertito  in legge n. 59 del 1991; e che, comunque, si tratta
 di limiti temporali al riconoscimento  del  diritto  a  miglioramenti
 pensionistici, rimessi alla discrezionalita' del legislatore;
    Considerato  che  la questione sub a) e' stata gia' dichiarata non
 fondata (sent. n. 173 del 1986) e manifestamente infondata (ordd. nn.
 120 del 1989 e 171 del 1990);
      che non sono stati dedotti motivi nuovi che possano fondare  una
 diversa decisione;
      che  la  questione sub b) e' anche essa manifestamente infondata
 in quanto, a prescindere dall'eventuale errata  individuazione  delle
 norme rilevata dall'Avvocatura Generale dello Stato, si e' piu' volte
 ritenuto  che  la  determinazione  della  data di miglioramenti della
 pensione e' rimessa alla discrezionalita' del legislatore,  sottratta
 al  sindacato  di legittimita' costituzionale, se, come nella specie,
 non sia stata esercitata con arbitrio o con irrazionalita';
      che, pertanto, le questioni sollevate devono  essere  dichiarate
 manifestamente infondate;
    Visti  gli  artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87 e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi  davanti
 alla Corte costituzionale.