ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 2 del d.-l. 25
 settembre 1987, n. 393 (Norme in materia di locazione di immobili  ad
 uso  non  abitativo, nonche' di cessione e di assegnazione di alloggi
 di  edilizia  agevolata-convenzionata),  convertito  nella  legge  25
 novembre  1987,  n.  478 promosso con ordinanza emessa il 13 febbraio
 1991 dalla  Corte  di  Appello  di  Milano  nel  procedimento  civile
 vertente  tra  S.p.a.  Futura  Inzago iscritta al n. 689 del registro
 ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 46, prima serie speciale, dell'anno 1991;
    Visto l'atto di costituzione della S.p.a.  Futura  Inzago  nonche'
 l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica del 3 marzo 1992 il Giudice relatore
 Luigi Mengoni;
    Udito l'avvocato Paolo Vitucci  per  la  S.p.a.  Futura  Inzago  e
 l'Avvocato   dello  Stato  Giorgio  D'amato  per  il  Presidente  del
 Consiglio dei ministri;
                           Ritenuto in fatto
    1. - Con sentenza in data 21 dicembre 1987 il Tribunale di  Milano
 dichiaro'  cessato  dal 29 dicembre 1985 il contratto di locazione di
 un immobile ad uso non abitativo stipulato dalla s.p.a. Futura Inzago
 con Attilio Ardigo', con ordine di  rilascio  entro  sei  mesi  dalla
 pubblicazione  della sentenza, ma respinse la domanda di condanna del
 locatario al risarcimento dei danni derivati dal  ritardo,  protratto
 per oltre due anni, della restituzione dell'immobile.
    Nel  corso  del  giudizio  sul  gravame  proposto  dalla  Societa'
 locatrice avverso questo capo della sentenza, la Corte  d'appello  di
 Milano,  con  ordinanza  del  13  febbraio 1991, pervenuta alla Corte
 costituzionale il 7  novembre  1991,  ha  sollevato,  in  riferimento
 all'art. 42 Cost., questione di legittimita' costituzionale dell'art.
 2  del  d.-l.  25  settembre  1987, n. 393, convertito nella legge 25
 novembre 1987,  n.  478,  "nella  parte  in  cui  (non)  dispone  che
 l'esonero dall'obbligo risarcitorio di cui all'art. 1591 cod. civ. in
 favore  del  conduttore  di  immobile  non  abitativo  non si applica
 all'ipotesi di comprovata  insussistenza  della  difficolta'  per  il
 conduttore di reperire altro immobile idoneo".
    Ad  avviso  del  giudice  remittente  la questione di legittimita'
 costituzionale della norma citata, sebbene gia' esaminata  da  questa
 Corte  e  dichiarata  non  fondata  con sentenza n. 22 del 1989, deve
 essere riesaminata in relazione al caso oggetto del giudizio  a  quo,
 in  cui  non  ricorrono  i  presupposti  in  base  ai quali la deroga
 all'art. 1591 cod. civ. e' stata ritenuta giustificata, cioe': a)  la
 durata limitata del periodo di riferimento della deroga, compreso tra
 la  data di pubblicazione della sentenza n. 108 del 1986 o la data di
 scadenza del contratto, se questa e' posteriore, e  la  data  fissata
 dal  giudice  per  il rilascio dell'immobile (ovvero, ipotesi che qui
 non interessa, la stipulazione del nuovo contratto  di  locazione  ai
 sensi dell'art. 1 del d.-l. 9 dicembre 1986, n. 832, convertito nella
 legge  6  febbraio  1987,  n.  15);  b)  la  grave difficolta' per il
 conduttore, dipendente da circostanze estranee alla sua volonta',  di
 trovare un altro immobile adatto alle sue necessita' di lavoro.
   Nel  caso  oggetto  del  giudizio  a  quo, invece: a) dalla data di
 scadenza del contratto, e comunque dalla data di pubblicazione  della
 sentenza  n.  108  del  1986  fino  alla  data  del  rilascio forzoso
 dell'immobile (16 luglio 1988) e' trascorso un lungo periodo di oltre
 due anni; b) la societa' locatrice ha offerto di provare che gia'  in
 data 17 aprile 1986 il conduttore aveva acquistato in luogo vicino un
 capannone  industriale  trasferendovi di li' a poco la sua attivita'.
 Il ritardo pretestuoso della restituzione  del  capannone  locato  ha
 arrecato  all'attrice  un grave danno, perche' nel frattempo, a causa
 di una intervenuta modifica del piano regolatore generale, il terreno
 sul  quale  grava  l'immobile  ha  perduto  la  qualita'   di   suolo
 edificabile,  con  conseguente  diniego  di rinnovo di una precedente
 concessione edilizia per la demolizione e la successiva  edificazione
 dell'area.
    In  casi  di  questo tipo, conclude l'ordinanza, il limite imposto
 dalla norma impugnata al diritto di proprieta'  non  e'  giustificato
 dalla  ratio  individuata  nella sentenza n. 22 del 1989, e quindi e'
 costituzionalmente illegittimo.
    2. - Nel giudizio davanti alla Corte si e' costituita la  Societa'
 appellante,   con   una   memoria   in   cui   svolge  una  complessa
 argomentazione   a   sostegno    della    tesi    dell'illegittimita'
 costituzionale  della norma impugnata, tesi appoggiata principalmente
 sull'art. 3 Cost., non richiamato nell'ordinanza  di  rimessione,  ed
 eccedente  i  limiti  del  petitum  formulato  nel  dispositivo della
 medesima.
    3.  -  E'  intervenuto  il  Presidente del Consiglio dei ministri,
 rappresentato dall'Avvocatura dello Stato, chiedendo che la questione
 sia  dichiarata  inammissibile  o,   in   subordine,   manifestamente
 infondata.
    Premesso che le perplessita' espresse nell'ordinanza di rimessione
 portano  a  dubitare  della  stessa  ammissibilita'  della questione,
 l'Avvocatura osserva, da un lato, che il giudice a quo non ha assolto
 il compito di previa definizione dell'ambito di applicabilita'  della
 norma  denunciata,  dall'altro che l'apprezzamento della legittimita'
 della norma va operato in termini generali, in relazione all'astratta
 valutazione legislativa del nucleo degli interessi da essa regolati.
                        Considerato in diritto
    1. - Dalla Corte d'appello di Milano  e'  sollevata  questione  di
 legittimita'  costituzionale dell'art. 2 del d.-l. 25 settembre 1987,
 n. 393, convertito nella legge 25 novembre 1987, n. 478, "nella parte
 in cui (non) dispone che l'esonero dall'obbligo risarcitorio  di  cui
 all'art.  1591  cod.  civ.  in  favore del conduttore di immobile non
 abitativo non si  applica  all'ipotesi  di  comprovata  insussistenza
 della difficolta' di reperire altro immobile idoneo".
    La  questione  concerne  il primo dei due periodi alternativamente
 previsti dalla  disposizione  impugnata,  compreso  tra  la  data  di
 scadenza  del  regime transitorio previsto dalla legge 27 luglio 1978
 n. 392 - ovvero,  se  posteriore,  la  data  di  pubblicazione  della
 sentenza  di  questa  Corte  n. 108 del 1986 (30 aprile 1986), che ha
 dichiarato  l'illegittimita'  costituzionale  delle  proroghe  legali
 ulteriori  a  quella  disposta dall'art. 15- bis della legge 25 marzo
 1982, n. 94 - e  la  data  fissata  giudizialmente  per  il  rilascio
 dell'immobile.
    Nel  dispositivo  dell'ordinanza  non  e' indicato alcun parametro
 costituzionale,  ma  da  un  passo  della  motivazione  si  argomenta
 esplicitamente il riferimento all'art. 42, secondo comma, Cost.
    2.  - Va preliminarmente disattesa l'eccezione di inammissibilita'
 opposta dall'Avvocatura dello Stato, del resto in  forma  dubitativa,
 sul  duplice  rilievo,  da  un  lato,  "delle  perplessita'  espresse
 nell'ordinanza di rimessione", dall'altro,  della  non  riferibilita'
 dell'apprezzamento in merito alla legittimita' della norma denunciata
 "all'astratta  valutazione legislativa del nucleo degli interessi con
 essa  regolamentati".  Sotto  il  primo  profilo   si   osserva   che
 l'allusione   (superflua)   alla   possibilita'   di   una   sentenza
 interpretativa di rigetto, fondata su una interpretazione diversa  da
 quella  accolta  dal  giudice  remittente,  non crea una perplessita'
 della   motivazione   paragonabile   a   quella   determinata   dalla
 prospettazione  di  due  o  piu'  ipotesi  possibili  di  sentenza di
 accoglimento, tale da rendere la questione  inammissibile.  Sotto  il
 secondo  profilo,  si  puo'  obiettare  che,  a  parte certi elementi
 peculiari del danno lamentati  dal  locatore,  il  caso  oggetto  del
 giudizio  a  quo  presenta  connotati  di  tipicita'  sociale  -  non
 individuati  dalla  precedente  ordinanza  che  ha  dato  luogo  alla
 sentenza n. 22 del 1989 - i quali giustificano la proposizione di una
 autonoma questione di legittimita' della norma in parte qua.
    3. - La questione e' fondata.
    In relazione al periodo, sopra precisato al punto 1, di detenzione
 dell'immobile  locato  protratta  dopo  la  cessazione del titolo del
 conduttore, l'esonero di questi dal risarcimento del  danno  previsto
 dall'art.  1591  cod. civ. e' stato interpretato dalla sentenza n. 22
 del  1989  come  una  figura  di  temporanea   inesigibilita'   della
 prestazione  restitutoria,  disposta dalla legge impugnata in esito a
 un bilanciamento degli interessi in  gioco  commisurato  alla  "grave
 difficolta'  per  il  conduttore,  dipendente da circostanze estranee
 alla sua volonta', di trovare  un  altro  immobile  adatto  alle  sue
 necessita'  di  lavoro".  In  considerazione di tale stato di fatto e
 limitatamente al periodo definito dalla data  fissata  giudizialmente
 per   il  rilascio,  la  legge  giudica  piu'  meritevole  di  tutela
 l'interesse del conduttore - costituzionalmente  rilevante  ai  sensi
 dell'art.  41 Cost. - a non interrompere l'esercizio dell'impresa per
 il tempo occorrente a reperire un'altra sede, rispetto  all'interesse
 antagonistico  del  locatore  protetto  dall'art.  42 Cost. La tutela
 dell'interesse del conduttore  sul  piano  processuale,  nella  forma
 della  dilazione  dell'esecuzione  della  sentenza di convalida dello
 sfratto fino al termine fissato dal giudice, e' integrata  sul  piano
 sostanziale  dall'art. 2 del decreto n. 393 del 1987 con una norma di
 inesi- gibilita' della  restituzione  dell'immobile  per  il  periodo
 corrispondente,  la  quale esonera il debitore da responsabilita' per
 mora, salvo l'obbligo di continuare a corrispondere il canone vigente
 alla  scadenza  del  contratto,  eventualmente  aumentato  ai   sensi
 dell'art.  2,  comma 4, del d.-l. 9 dicembre 1986, n. 832, convertito
 nella legge 6 febbraio 1987, n. 15.
    4. - Cosi' precisati il significato e la ratio della  norma  sotto
 esame,  ne emerge un limite di legittimita' costituzionale, derivante
 appunto dalla sua natura di norma espressiva di un giudizio di valore
 risultante dalla ponderazione di due interessi in conflitto, entrambi
 costituzionalmente rilevanti. Caratteristica dei valori (o  principi)
 costituzionali soggetti a bilanciamento e' la non predeterminabilita'
 in  assoluto,  una  volta  per  tutte, dei loro rapporti reciproci di
 sovra o sottordinazione. La prevalenza dell'uno sull'altro, quando il
 bilanciamento non sia rimesso  caso  per  caso  al  giudice,  ma  sia
 operato  dalla  legge  nella forma di una norma astratta, deve essere
 collegata a determinate condizioni tipiche,  come  effetto  giuridico
 alla propria fattispecie. In assenza di tali condizioni l'esito della
 valutazione comparativa non puo' essere il medesimo.
    Percio' una norma di questo tipo e' costituzionalmente illegittima
 se  e in quanto non riservi al portatore dell'interesse postergato la
 prova  dell'inesistenza  nel  caso  concreto  delle  condizioni  che,
 secondo  il  bilanciamento sotteso alla norma stessa, giustificano la
 precedenza attribuita all'interesse antagonistico. Tale e'  la  norma
 denunciata, la quale preclude al locatore ogni prova contraria, senza
 tenere  conto  che la compressione inflitta al suo diritto e' fondata
 solo nella misura in cui risponde effettivamente a  una  funzione  di
 sostegno  dell'attivita'  economica  del  conduttore, bisognoso di un
 lasso di tempo per trovare un  altro  immobile  idoneo  all'esercizio
 dell'impresa.
    Se  questa  condizione non sussiste, cioe' se e dal momento in cui
 il conduttore acquisisce la disponibilita' di  un  altro  immobile  o
 potrebbe acquisirla con l'ordinaria diligenza, il diniego al locatore
 del risarcimento del danno per l'ulteriore ritardo della restituzione
 dell'immobile  locato viola la garanzia costituzionale del diritto di
 proprieta'.