IL CONSIGLIO DI STATO Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso in appello n. 1593/1987 proposto dal sig. Fabrizio Cattaneo, rappresentato e difeso dall'avv. Domenico Benfante e con lui elettivamente domiciliato presso lo studio dell'avv. Eugenio Merlino in Roma, via Antonio Genovesi, n. 3, contro la regione Lombardia, in persona del presidente della giunta regionale pro-tempore, n.c.; per l'annullamento della sentenza del tribunale amministrativo regionale della Lombardia (Milano) n. 591 del 19 dicembre 1986, resa inter partes; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visti gli atti tutti della causa; Data per letta alla pubblica udienza del 14 maggio 1991 la relazione del consigliere G. Farina; nessuno e' comparso per le parti; Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue; F A T T O 1. - Con ricorso notificato il 21 ottobre 1987, la persona indicata in epigrafe chiede la riforma della sentenza n. 591/1986 del T.A.R. di Milano. La decisione appellata ha respinto il ricorso avverso il provvedimento n. 14746 del 9 aprile 1980 del Comitato regionale di controllo della Lombardia, sezione di Pavia. L'atto di controllo ha annullato la deliberazione n. 41 del 5 marzo 1980 del consiglio delle istituzioni assistenziali riunite di Pavia, con la quale era stata disposta la liquidazione, a titolo di indennita' di fine servizio, di una somma in favore del ricorrente, dimissionario, ma privo di anzianita' sufficiente per conseguire l'indennita' premio di servizio di cui alla legge 8 marzo 1968, n. 152. E' stata rilevata la violazione dell'art. 17 di tale legge. 2. - Questi i motivi dell'appello: 2.1) i trattamenti vietati dall'art. 17 sono quelli supplementari, non quelli relativi a casi nei quali nessuna erogazione sia corrisposta. A favore di tale distinzione militano sia il sopravvenuto art. 22 della legge 29 ottobre 1987, n. 440, sia l'avviso della Corte costituzionale (sentenza 9 luglio 1986 n. 208) sull'illegittimita' di qualsiasi disposizione che privi il lavoratore del trattamento di fine servizio; 2.2) era stato dedotto, col ricorso, che il Co.re.co. aveva proceduto al controllo di legittimita', mentre doveva limitarsi al merito, data la natura discrezionale dell'atto; 2.3) la condanna alle spese e' iniqua, potendosi e dovendosi far ricorso all'art. 152 delle disposizioni attuative del c.p.c. La regione intimata non si e' costituita in appello. 3. - All'udienza del 14 maggio 1991, il ricorso e' stato trattenuto in decisione. D I R I T T O 1. - Il ricorrente aveva presentato le dimissioni da "medico assistente" delle Istituzioni assistenziali riunite di Pavia. Il consiglio le aveva accettate con deliberazione 9 novembre 1979. In virtu' di questa sua posizione, non gli era stato riconosciuto il diritto all'indennita' premio di servizio, in quanto l'art. 2, della legge 8 marzo 1968, n. 152, prescriveva - per l'ipotesi di dimissioni - i requisiti, non sussistenti per l'interessato, di almeno due anni di iscrizione all'I.N.A.D.E.L. e di almeno venticinque anni di servizio. L'ente alle dipendenze del quale era stato l'impiegato, tenuto conto della sua domanda per questa ragione avanzata, ha percio' deliberato la liquidazione di un'indennita' di fine servizio. Questo trattamento pertanto si poneva in sostituzione di quello precluso dall'art. 2 con le sue condizioni limitative. 2. - Pero' l'art. 17, primo comma, dalla stessa legge reca il divieto "di corrispondere trattamenti supplementari di fine servizio .. in aggiunta" a quello dovuto dagli enti previdenziali. L'atto e' stato cosi' annullato in sede di controllo. La disposizione e' stata costantemente interpretata dal giudice amministrativo nel senso che gli enti locali non possono corrispondere somme aggiuntive rispetto a quelle facenti carico agli enti di previdenza, non possono cioe' stabilire trattamenti migliorativi (Cons. giust. amm. n. 361 del 31 luglio 1989: eccetto quelli deliberati entro il 1 marzo 1966). Ma e' stato chiarito anche che essa proibisce trattamenti di tipo sostitutivo, volti cioe' a supplire eventuali carenze della normativa (Consiglio di Stato, sez. IV, n. 798 del 21 ottobre 1988 e n. 9 del 9 gennaio 1986; sez. V, n. 391 del 15 giugno 1988). Cosi' inteso percio', il divieto ex art. 17 ha assunto un'estensione diversa, prima e dopo la pronuncia della Corte costituzionale n. 208 del 1988, che ha appunto dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 2, primo comma, lettere a), b) e c) della legge 8 marzo 1968, n. 152, nella parte in cui subordinava a due anni di iscrizione ed a periodi di servizio variabili da quindici a venticinque anni il diritto all'indennita'. Invero, prima di tale decisione, l'art. 17 proibiva la corresponsione di un trattamento di fine servizio nei casi per i quali l'art. 2, per i requisiti limitativi che poneva, e' stato poi dichiarato illegittimo. Soltanto ora, dopo gli adeguamenti derivanti dall'art. 22, ultimo comma, del d.-l. 31 agosto 1987, n. 359, convertito in legge 29 ottobre 1987, n. 440, e dalla citata decisione della Corte i dipendenti degli enti locali iscritti all'I.N.A.D.E.L. acquistano diritto all'indennita' dopo un anno di iscrizione, "cosi' come avviene per i dipendenti statali" (citata sentenza n. 208/1988). V'e' percio' da dubitare, sempre in forza dell'art. 3 della Costituzione, cui si e' informato il giudice delle leggi nella decisione n. 208 del 1988, della legittimita' dell'esaminato art. 17, nella parte in cui, per le situazioni sorte e ormai definite prima di tale dichiarazione di illegittimita', reca il divieto agli enti locali di deliberare forme di trattamento di fine servizio precluse dall'art. 2, nel testo non ancora emendato, ma corrispondenti a quelle previste per i dipendenti statali, con almeno un anno di iscrizione e senza riguardo ad anzianita' di servizio (art. 7 della legge 29 aprile 1976, n. 177). Se invero era illegittimo l'art. 2 analoga illegittimita' potrebbe inficiare l'art. 17. 3. - Oltre ad apparire non manifestamente infondata, la questione e' rilevante, dovendo farsi, per la definizione del giudizio, applicazione concreta della norma in discussione (Corte costituzionale n. 10 del 4-10 maggio 1979).