IL TRIBUNALE
   Ha  pronunciato  la seguente ordinanza nella causa iscritta a ruolo
 il 27 giugno 1986 al n. 4595  del  ruolo  affari  civili  contenziosi
 dell'anno 1986 al n. 1578 del ruolo della sezione al n. 367 del ruolo
 del  giudice istruttore prmossa da: S.r.l. Telemaremma in persona del
 legale   rappresentante   avv.   Felice   Vaccaro   attrice    contro
 l'amministrazione  delle  poste  e  telecomunicazioni  in persona del
 Ministro  pro-tempore,  difesa  e  rappresentata   come   per   legge
 dall'avvocatura  distrettuale dello Stato di Firenze convenuta avente
 per oggetto: convalida del  provvedimento  di  urgenza  ex  art.  700
 emesso il 27/28 dicembre 1985, dal pretore di Firenze.
                           RITENUTO IN FATTO
    Il  procedimento  sopra emarginato e' stato instaurato con atto di
 citazione  notificato  in  data  19-20  giugno  1986   dalla   S.r.l.
 Telemaremma  la quale, premesso che il pretore di Firenze aveva il 27
 dicembre  1985  intimato  all'amministrazione  PP.TT.  di  non   dare
 attuazione all'ordine di disattivazione coattiva dell'impianto agente
 su  frequenza  67  UHF  e  aveva  ordinato  la riassunzione avanti al
 tribunale, esponeva di essere titolare  di  una  posizione  di  pieno
 diritto     soggettivo     che     non     tollerava     l'intervento
 dell'amministrazione al di  fuori  del  verificarsi  del  presupposto
 dell'incompatibilita'  o  della  compromissione  con  frequenze usate
 dall'amministrazione stessa.
    Sosteneva  la  competenza  del  giudice   ordinario,   anche   con
 riferimento  alla  tutela  interdittale,  data nel caso la carenza di
 potere della pubblica  amministrazione  e  chiedeva  sulla  base  del
 contenuto  delle  sentenze  in  materia della Corte costituzionale la
 declaratoria di illegittimita' dell'ordine di disattivazione.
    L'avvocatura  erariale,  ritualmente  costituitasi,  eccepiva   il
 difetto di giurisdizione dell'a.g.o. per essere competente il giudice
 amministrativo  e  contestando  nel  merito  le  pretese  avversarie.
 Istruita la causa  con  produzioni  documentali,  l'avvocatura  dello
 Stato  dopo la sopravvenienza della approvazione della legge 223/1990
 modificava  le  proprie  conclusioni  chiedendo  la  declaratoria  di
 cessazione della materia del contendere.
    Parte attrice nelle memorie conclusionali ed alla pubblica udienza
 del 3 marzo 1992 sollevava questioni di legittimita'.
                        CONSIDERATO IN DIRITTO
    E'  pacifico  fra  le  parti  in causa ed e' altresi' ritenuto dal
 Collegio che certamente rilevante ai fini del  decidere  si  appalesa
 l'applicabilita'  alla fattispecie in esame, anche ai soli fini della
 attuale e sopravvenuta cessazione della materia del contendere, della
 normativa introdotta dalla legge n. 223 del 6 agosto 1990,  la  quale
 ha  previsto ed istituito il regime della concessione, da rilasciarsi
 dalla competente amministrazione a seguito di domanda e  di  verifica
 della  compatibilita' della frequenza e degli impianti utilizzati con
 il  cosiddetto  "piano  nazionale   di   assegnazione   delle   radio
 frequenze";
    Rilevante ai fini della decisione e' l'applicazione della predetta
 normativa  anche  in  relazione  alla  produzione di parte attrice di
 copia della domanda di concessione ex art. 32 della  citata  legge  e
 della  documentata  installazione  del  proprio impianto trasmittente
 anteriormente all'entrata in vigore della legge  223/1990,  cosicche'
 oltre alla eventuale declaratoria di illegittimita' del comportamento
 della pubblica amministrazione per il periodo precedente alla vigenza
 della predetta 223/1990, dovrebbe comunque pur sempre pronunziarsi in
 ordine  al  diritto  di  Telemaremma  S.r.l. alla continuazione della
 propria attivita'.
    La Corte costituzionale ha piu' volte  affermato  e  precipuamente
 nella  pronunzia  n.  202  del 28 luglio 1976, che la regola generale
 dettata dalla Costituzione in materia di esercizio di impianti di ra-
 dio e tele  diffusione  va  rinvenuta  in  primis  nell'art.  21  che
 garantisce  in  ogni  sua  forma  la  liberta'  di manifestazione del
 pensiero dell'individuo con ogni mezzo di diffusione e  tale  diritto
 non  solo  e'  un  diritto  soggettivo  perfetto,  ma costituisce una
 posizione soggettiva assoluta e forse la prima e massima  espressione
 del  principio  di  liberta' individuale inserita dal Costituente nel
 titolo I  della  parte  titolata  "rapporti  civili",  tanto  che  la
 limitazione  delle  "forme  di  comunicazione"  e'  consentita  dalla
 Costituzione  all'art.  15  solo  per  motivato  atto  dell'autorita'
 giudiziaria.
    Certamente  l'attivita'  del  privato  che esercita l'attivita' di
 trasmissione  di  programmi   radiotelevisivi   e'   tutelata   dalla
 Costituzione  anche  con  la  previsione  contenuta nell'art. 41, che
 protegge  l'iniziativa  economica  privata  ammettendone  limiti  per
 ragioni  di  utilita'  sociale  e  controlli ai fini dell'indirizzo e
 coordinamento ai fini sociali. Sotto  tale  profilo  la  prosecuzione
 nell'esercizio di emittenti (art. 32, legge 230/1990 collocato fra le
 norme transitorie), che gia' operavano in situazione di oligopolio di
 fatto,  non  parrebbe  garantire  a  tutti  i  privati su un piano di
 parita' sostanziale la possibilita'  di  accedere  a  tali  attivita'
 economiche  con  possibile violazione anche del generale principio di
 eguaglianza (art. 3 della Costituzione),  anche  per  la  prioritaria
 ragione che non e' dato vedere quale "fini sociali" e quale "utilita'
 sociale" si perseguano tutelando la situazione in atto.
    Dal  susseguirsi  delle  pronunzie  della  Corte costituzionale in
 materia e' agevole evincere un criterio di fondo che  avrebbe  dovuto
 ispirare   il   legislatore   nell'assetto  della  materia,  criterio
 ineliminabile   al   fine   di   poter   garantire   la   conformita'
 costituzionale della normativa emananda, consistente nella necessita'
 di  un  regime  fondato  non sul sistema della concessione, bensi' su
 quello della autorizzazione amministrativa (v. sentenza n. 237 del 30
 luglio 1984 e prima ancora nella gia' citata sentenza 202/1976 e piu'
 recentemente nella sentenza n. 1030 del  15  novembre  1988  dove  si
 argomenta    circa   la   necessita'   di   apposita   "licenza   per
 l'installazione e l'esercizio di stazioni  radioelettriche",  laddove
 come  reputato dalla parte prevalente della dottrina, licenza e' spe-
 cies del genus "autorizzazione".
    Il sistema della legge 223 non solo  e'  incentrato  invece  sulla
 concessione amministrativa, che presuppone l'attribuzione di poteri e
 facolta' amplianti una situazione giuridica e propria del concedente,
 e  dunque  un  mero  interesse  legittimo del privato ontologicamente
 diverso  dal  diritto soggettivo perfetto del privato stesso indicato
 da  Corte  costituzionale  nella  sentenza  n.  202/1z976,  non  solo
 riverbera  sul tipo di tutela e dunque sulla giurisdizione (ordinaria
 od amministrativa) invocabile in  caso  di  scorretto  esercizio  del
 potere  da  parte  dell'amministrazione,  ma  e'  anche  in  sospetto
 contrasto con se' stesso.
    Pare infatti da valutarsi da parte  del  giudice  di  legittimita'
 costituzionale  anche  se  sia  legittimo,  oppure contraddittorio, e
 dunque illogico e irrazionale, il sistema di  un  cosiddetto  "doppio
 binario"  istituito  dal  legislatore  che ha stabilito all'art. 2 (e
 richiamato alla disposizione  transitoria  di  cui  all'art.  38)  la
 perpetuazione  del sistema autorizzatorio di cui alla legge 14 aprile
 1975, n. 103, e successive modifiche per le imprese  che  ripetano  e
 diffondano   nel  territorio  italiano  programmi  esteri,  cosicche'
 dovrebbe comprendersi perche' l'attivita' sia soggetta a  concessione
 se  di radioteletrasmissione e costituisca invece l'espressione di un
 diritto soggettivo  se  di  mera  ripetizione  di  programmi  esteri,
 allorquando  entrambe utilizzino le medesime forme di comunicazione e
 siano espressione di identiche esigenze di liberta' di espressione  e
 manifestazione del pensiero e di svolgimento di attivita' economica.
    Bene  ha  evidenziato  la  difesa della parte attrice, la quale ha
 citato le  note  pronunzie  della  Corte  di  legittimita'  circa  la
 inesistenza  di differenziazione, sul piano della tutela accordabile,
 fra la irradiazione di programmi esteri e la diffusione di  programmi
 nazionali,  che  il legislatore non ha previsto una proporzionalita',
 un "punto di equilibrio" fra imprese di radiotelediffusione e imprese
 di ripetizione di programmi esteri (cosicche' le  seconde  potrebbero
 in  teoria  occupare  lo  spettro  radioelettrico disponibile a danno
 delle prime, sacrificando cosi' completamente il  diritto  soggettivo
 in  esame  anche  se  degradato  a  interesse  legittimo),  con  cio'
 lasciando comunque irrisolto il problema delle imprese "miste".
    Ed  ulteriore  ingiustificata  disparita'  di   trattamento   deve
 ravvisarsi nella piu' volte citata disciplina transitoria: per i soli
 impianti esistenti infatti non viene distinto fra radiotelediffusione
 e   ripetizione,   sancendo   per  entrambi  i  casi  la  sufficienza
 dell'autorizzazione alla  prosecuzione  dell'esercizio  con  evidente
 contrasto con l'art. 3 della Costituzione.