Ricorso per il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato, nei confronti della regione Veneto, in persona del presidente della Giunta regionale in carica, avverso la delibera legislativa riapprovata dal Consiglio regionale il 5 marzo 1992, comunicata al commissario del Governo il 10 marzo 1992, e recante referendum consultivo in merito alla presentazione di proposta di legge statale per la modifica di disposizioni concernenti l'ordinamento delle regioni". Con telegramma 20 gennaio 1992 il Governo ha rinviato la delibera legislativa 20 dicembre 1991 poi riapprovata. L'art. 123, primo comma, secondo periodo, della Costituzione stabilisce che lo statuto regionale "regola l'esercizio. . . del ref- erendum su leggi e provvedimenti amministrativi della regione". La disposizione da un lato pone una "riserva di statuto" (e quindi prevede una precisa competenza legislativa statale, con riguardo al comma secondo dello stesso art. 123), e d'altro lato individua e delimita i possibili oggetti di quesiti referendari. Gli artt. 45, 46 e 47 dello statuto regionale del Veneto approvato con legge 22 maggio 1971, n. 340, danno attuazione al predetto art. 123 della Costituzione. Gli artt. 45 e 46 citati non interessano in questa controversia; l'art. 47, e segnatamente il primo comma di esso, e' invece menzionato nell'art. 1 della delibera legislativa oggi in esame. Detto comma statutario recita: "Il consiglio regionale puo' deliberare l'indizione di referendum consultivi delle popolazioni interessate a provvedimenti determinati". Dagli artt. 1 e 2, primo comma, della delibera legislativa in esame "e' promosso" un referendum che - sebbene "consultivo" - esorbita vistosamente dalla previsione dell'art. 47, primo comma, dello statuto regionale; l'art. 1, primo comma, ammette esplicitamente che il quesito referendario riguarda non gia' "provvedimenti determinati" di competenza regionale, bensi' "la modifica delle disposizioni costituzionali concernenti l'ordinamento delle regioni". Gli artt. 1 e 2, primo comma, citati quindi contrastano sia con lo statuto regionale sia con l'art. 123 della Costituzione. In particolare, il contrasto con l'art. 123 della Costituzione si ha sotto molteplici profili: I) sarebbe realizzata mediante legge regionale una modifica statutaria, II) sarebbe promosso un referendum portato non su "provvedimenti determinati", la mera iniziativa di un procedimento legislativo statale - per di piu' in materia costituzionale - non essendo ne' "provvedimento" proprio della regione, ne' atto di portata "determinata" (e quindi circoscritta anche territorialmente) incidente su "interessati" parimenti definiti e circoscritti, III) sarebbero violati i "limiti" ed il principio indicati nella sentenza Corte costituzionale 18 maggio 1989, n. 256 (stranamente non menzionata nella relazione della commissione consiliare), e IV) mediante il collegamento tra referen- dum ed iniziativa regionale in procedimento legislativo statale, si supererebbero i limiti propri di questa iniziativa, indicati espressamente in statuti delle regioni ad autonomia differenziata (ad esempio nell'art. 26 dello statuto per il Friuli-Venezia Giulia) e correttamente ritenuti di generale applicazione. E' appena il caso di osservare, inoltre, che l'art. 121, secondo comma, secondo periodo, della Costituzione recita "(il consiglio regionale) puo' fare proposte di legge alle Camere", e non prevede una facolta' di iniziativa per "leggi costituzionali" o leggi "in materia costituzionale". piu' norme della Costituzione, e tra esse oltremodo significativo l'art. 75, primo comma, della Costituzione, usano le espressioni "legge" e "legge costituzionale" con il significato preciso a ciascuna di esse proprio. D'altro canto, la previsione mediante legge regionale di una iniziativa di legge costituzionale la quale (iniziativa) sia rafforzata da un previo ref- erendum regionale consultivo appare, nella sostanza, non compatibile con la disciplina della revisione costituzionale quale accuratamente definita nell'art. 138 della Costituzione. Quanto precede rende superfluo sia prospettare una questione analoga a quella riferita nella prima parte del paragrafo 7 della menzionata sentenza di codesta Corte sia soffermarsi sull'art. 2, secondo comma, e sull'art. 3 della delibera in esame, i quali prevedono la possibilita' per la regione di influire su consultazioni elettorali o referendum nazionali, e per effetto della "contestualita'" (rectius, contemporaneita') e mediante le "iniziative idonee" a propagandare "il contenuto della proposta".