Ricorso della regione Puglia, in persona del presidente della giunta regionale in carica, difeso e rappresentato, come da procura speciale a margine dagli avvocati professori Aldo Loiodice e Giorgio Recchia e con domicilio eletto presso lo studio di quest'ultimo in Roma a corso Trieste, 88, contro il Presidente del Consiglio dei Ministri, in personale del titolare della carica pro-tempore, avverso il d.-l. 1 marzo 1992, n. 195, avente ad oggetto "differimento di termini previsti da disposizioni legislative ed altre disposizioni urgenti" ed in particolare dell'art. 3 del d.-l., avente ad oggetto "termine per l'approvazione di strumenti urbanistici", pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 3 marzo 1992, serie generale n. 52. PREMESSE IN FATTO 1. - Con l'art. 9 del d.-l. 10 novembre 1978, n. 702 (convertito con modificazioni della legge 8 gennaio 1979, n. 3) e' stato - tra l'altro - stabilito che "entro sei mesi dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto le regioni, qualora non abbiano gia' provveduto, dovranno emanare norme per accelerare le procedure per la formazione e l'approvazione degli strumenti urbanistici. Tali norme dovranno informarsi ai seguenti principi: a) prevedere termini per ogni fase relativa all'iter di adozione degli strumenti urbanistici; b) stabilire il termine massimo entro il quale la regione deve adottare il provvedimento definitivo di approvazione; c) definire le modalita' di esercizio del potere sostitutivo in caso di inosservanza da parte di comuni nei termini fissati. Il termine massimo di cui al precedente comma, lett. b), non puo' essere superiore a centottanta giorni per il piano regolatore generale e tale termine deve essere adeguatamente ridotto per gli altri atti urbanistici che, secondo le norme regionali, sono assoggettabili alla formale approvazione della regione". 2. - In attuazione di tale previsione, l'art. 16 della legge reg. (Puglia) 31 maggio 1980, n. 54, ha provveduto ad articolare la procedura di formazione ed approvazione del piano regolatore comunale in modo tale da pervenire al perfezionamento del piano nei termini ipotizzati dalla normativa statale. In particolare e' stato stabilito, quanto ai tempi di formazione dello strumento, che, entro quindici giorni dall'adozione, il piano e' depositato presso la Segreteria ove resta pubblicato per trenta giorni. Le osservazioni, da proporsi nei trenta giorni successivi, sono esaminate dal consiglio comunale nei sessanta giorni successivi alla scadenza del termine di proposizione delle osservazioni. Nei successivi quindici giorni gli atti della procedura sono rimessi alla regione. Tutti gli adempimenti di quest'ultima debbono poi compiersi nel termine di centoventi giorni dal momento di ricezione degli atti. 3. - Con la disposizione dell'art. 3 del d.-l. 1 marzo 1992, n. 195, avverso la quale si ricorre, e' stato, infine, stabilito che "il termine massimo di centottanta giorni previsto dall'art. 9, secondo comma, del d.-l. 10 novembre 1978, n. 702, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 gennaio 1979, n. 3, deve considerarsi perentorio e la sua decorrenza comporta la tacita approvazione dello strumento urbanistico adottato con l'esame delle osservazioni da parte del consiglio comunale". In considerazione di quanto previsto dall'art. 117 primo comma della Costituzione e dell'assetto della materia cosi' come delineato dall'art. 1 del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8 e dall'art. 80 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, non v'e' dubbio che la vista previsione dell'art. 3 del d.-l. n. 195/1992 risulta illegittima sul piano dei principi costituzionali e, pertanto, essa viene impugnata dalla regione Puglia, per i seguenti motivi in D I R I T T O 1. - Il procedimento di approvazione del piano regolatore e' incompatibile per natura e contenuti con la previsione di automatica maturazione dell'atto di approvazione per silenzio-assenso. E' infatti ben noto che l'atto d'approvazione costituisce provvedimento complesso nel quale confluiscono sia l'attivita' di formazione del comune (con le relative competenze e con i relativi ambiti di discrezionalita'), sia l'attivita' di approvazione ed eventuale modifica della regione (anche qui con i relativi ambiti di specifica competenza e discrezionalita'). E' altresi' ben noto che nel procedimento di formazione del piano regolatore (o di altro strumento di pianificazione urbanistica a carattere generale) l'ambito di attivita' di competenza della regione non si esaurisce nell'assolvimento di funzioni di mero controllo circa il corretto svolgimento dell'attivita' di pianificazione da parte del comune, ma comporta - invece - l'esercizio di potesta' primaria di pianificazione e programmazione che si attua anche attraverso l'esercizio dei poteri di modifica d'ufficio (art. 10, secondo comma, e segg. della legge 17 agosto 1942, n. 1150 e succ. mod. ed integr.). Risulta, percio', del tutto evidente che la previsione di una maturazione del provvedimento di approvazione, come conseguenza del semplice decorso del termine assegnato, e' incompatibile con la natura e l'assetto dei poteri regionali in materia in quanto finisce con eliminare potenzialmente - o comunque elidere in modo sostanziale - le potesta' proprie della regione che debbono essere invece esercitate in modo positivo e concreto perche' si possa concepire la stessa esistenza dell'atto di approvazione. Dal che' la violazione dell'art. 117, primo comma, della Costituzione. 2. - Per di piu', la norma dell'art. 3 del d.-l. n. 195/1992, ottiene e raggiunge il detto risultato incidendo sul procedimento di formazione del piano regolatore nella sola parte di esso nel quale si articolano le attivita' di competenza della regione. Tale previsione risulta del tutto irrazionale anche in considerazione dell'intento perseguito con la norma dell'art. 9 del d.-l. 10 novembre 1978, n. 702, che si dice di voler modificare. Quest'ultima disposizione e', infatti, concepita per accelerare il procedimento di formazione del piano regolatore considerato nel suo complesso. Si prevede cosi' - tra l'altro - che vengano indicati i termini massimi relativi alle fasi di formazione dello strumento in sede comunale. Con la conseguenza che tutto il procedimento che ne deriva, tanto in sede comunale come regionale, appare improntato all'esigenza di concentrazione ed accelerazione delle attivita' di formazione e perfezionamento del piano regolatore. La disposizione dell'art. 3 del d.-l. n. 195/1992, tradisce invece ed elude tale logica complessiva e risulta irragionevole rispetto all'intento che il legislatore manifesta di voler perseguire. Essa infatti incide - come gia' osservato - sul solo ambito del procedimento di competenza regionale privando la regione delle proprie competenze e potesta' e, da' luogo ad un sistema nel quale risulta possibile che l'amministrazione comunale adotti il piano regolatore, ne rinvii sine die la trasmissione alla regione per l'approvazione (con l'intento di sfruttare - ad esempio - gli effetti di salvaguardia) e poi ottenga ugualmente di far scattare a danno della regione il meccanismo di maturazione del provvedimento di approvazione per silenzio-assenso. Sotto il profilo in esame non e' percio' dubbio che debba rilevarsi a carico dell'art. 3 del d.-l. n. 195/1992, oltre alla violazione dell'art. 117, anche quella dell'art. 3 della Costituzione (per quest'ultima norma, quanto meno, sotto il profilo dell'irrazionalita'). 3. - La norma dell'art. 3 del d.-l. n. 195/1992, impugnata, incide anche in modo evidente oltre che sul contenuto delle potesta' della regione in materia di urbanistica, anche sulla organizzazione delle relative procedure. Nel caso che riguarda la regione Puglia, come ricordato nelle premesse di fatto, quelle procedure sono state compiutamente regolate ed articolate con la legge regionale 31 maggio 1980, n. 54: norma che tiene conto delle disposizioni di accelerazione di cui al d.-l. n. 702/1978. In altri termini, nel caso in esame, la nuova norma e' andata ad incidere su di un ambito integralmente regolato dall'autonomia regionale, per di piu' con modalita' conformi alle indicazioni della ricordata legislazione statale. Appartenendo l'organizzazione e regolamentazione della materia urbanistica all'ambito garantito all'autonomia regionale, e' certo che la norma impugnata si pone, sotto questo profilo, in violazione dell'art. 117 della Costituzione e dei principi che da tale norma derivano.