ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 1, quarto comma
 quinquies,  del  decreto-legge 27 dicembre 1989, n. 413 (Disposizioni
 urgenti in materia di trattamento economico dei dirigenti dello Stato
 e delle categorie ad essi equiparate, nonche' in materia di  pubblico
 impiego),  convertito,  con  modificazioni,  nella  legge 28 febbraio
 1990, n. 37, promosso con ordinanza  emessa  il  20  marzo  1991  dal
 Tribunale  amministrativo regionale per il Lazio sul ricorso proposto
 da Francesco Paolo Di Carlo contro il Ministero di grazia e giustizia
 ed altra, iscritta al n. 723 del registro ordinanze 1991 e pubblicata
 nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  51,  prima   serie
 speciale, dell'anno 1991;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito nella camera di consiglio  del  18  marzo  1992  il  Giudice
 relatore Francesco Paolo Casavola;
    Ritenuto  che  nel  corso  di  un  giudizio, in cui il ricorrente,
 dipendente del Ministero di  grazia  e  giustizia  con  qualifica  di
 direttore di Cancelleria del ruolo ad esaurimento, aveva impugnato le
 note  con  cui  l'Amministrazione  aveva respinto la domanda volta ad
 ottenere il trattenimento in servizio sino  al  raggiungimento  della
 massima   anzianita'   pensionabile,   il   Tribunale  amministrativo
 regionale per il Lazio, con ordinanza emessa  il  20  marzo  1991  (e
 pervenuta  il 5 dicembre 1991), ha sollevato, in riferimento all'art.
 3  della  Costituzione,  questione  di  legittimita'   costituzionale
 dell'art.  1,  quarto  comma quinquies, del decreto-legge 27 dicembre
 1989, n. 413, convertito, con modificazioni, nella legge 28  febbraio
 1990,  n. 37, nella parte in cui non estende al predetto personale la
 possibilita' di permanere in servizio tra il sessantacinquesimo ed il
 settantesimo anno di eta', onde  raggiungere  la  massima  anzianita'
 pensionabile;
      che,  per  il  giudice  rimettente,  il  beneficio in questione,
 previsto per il personale della scuola e poi  concesso  ai  dirigenti
 civili  dello  Stato  nonche',  con legge 19 febbraio 1991, n. 50, ai
 primari ospedalieri, risulterebbe ispirato al fine  di  concedere  ai
 dipendenti  un'agevolazione  intesa a ridurre gli effetti negativi di
 una  tardiva  assunzione  nella  pubblica  Amministrazione,  onde  si
 paleserebbe  del  tutto irrazionale e discriminatoria l'esclusione di
 una categoria -  qual  e'  quella  cui  il  ricorrente  appartiene  -
 preposta  a compiti di rilievo nell'organizzazione delle cancellerie,
 non dissimili da quelli dirigenziali;
      che e' intervenuto il Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
 rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  dello  Stato,  la quale ha
 concluso per la  declaratoria  di  non  fondatezza  della  questione,
 richiamandosi  alle  considerazioni  svolte  da  questa  Corte  nella
 sentenza n. 440 del 1991, nonche' - in successiva memoria  depositata
 nell'imminenza  dell'udienza - al contenuto della sentenza n. 490 del
 1991;
    Considerato che questa Corte - con sentenza n. 490 del 1991  -  ha
 gia'  dichiarato  non  fondata  la  medesima  questione, argomentando
 essenzialmente  dall'inesistenza  di  un   principio   generale   che
 garantisca  il  pensionamento  al  settantesimo anno di eta', ipotesi
 questa da considerare eccezionale rispetto alla generale  regola  del
 collocamento  in  quiescenza a sessantacinque anni (v. anche sentenza
 n. 491 del 1991);
      che  il  giudice  a  quo  non aggiunge argomenti nuovi o diversi
 rispetto a quelli  a  suo  tempo  esaminati,  onde  la  questione  e'
 manifestamente infondata;
    Visti  gli  artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale;