Ricorso della regione  Liguria,  in  persona  del  presidente  pro-
 tempore,  rappresentato  e  difeso per procura a margine del presente
 atto dall'avv. Giuseppe Petrocelli, con  domicilio  eletto  in  Roma,
 presso  la studio dell'avv. Gian Paolo Zanchini, via XX Settembre, 1,
 contro la Presidenza del  Consiglio  dei  Ministri,  in  persona  del
 Presidente   pro-tempore   per  la  declaratoria  dell'illegittimita'
 costituzionale dell'art. 3 del d.-l. 1› marzo 1992, n.  195,  recante
 "differimento  di  termini  previsti  da  disposizioni legislative ed
 altre disposizioni urgenti".
                               F A T T O
    Sulla  Gazzetta  Ufficiale  n.  52  del  3  marzo  1992  e'  stato
 pubblicato  il  d.-l.  indicato  in epigrafe ove, all'art. 3 e' stato
 qualificato come perentorio il termine di 180 giorni  assegnato  alle
 regioni dall'art. 9 del d.-l. 10 novembre 1978, n. 702, convertito in
 legge  8  gennaio  1979,  n.  3,  per  l'approvazione degli strumenti
 urbanistici comunali, pena la formazione del silenzio-assenso.
    La regione Liguria assume la illegittimita'  costituzionale  della
 disposizione  ridetta,  e  pertanto  si  vede costretta ad impugnarla
 davanti a codesta ecc.ma Corte, adducendo i seguenti motivi di
                             D I R I T T O
    I. - Violazione degli  artt.  117  e  118  della  Costituzione  in
 relazione all'art. 1 del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8 e agli artt. 79
 e 80 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 16.
    Com'e'   noto,  l'art.  1  del  d.P.R.  15  gennaio  1972,  n.  8,
 nell'individuare le funzioni amministrative statali  trasferite  alle
 regioni in materia di "urbanistica", vi ha ricompenso la approvazione
 degli strumenti urbanistici ivi elencati.
    Successivamente,  il  d.P.R.  24  luglio  1977,  n. 616, ha ancora
 ribadito il totale trasferimento alle regioni delle funzioni  statali
 in     detta     materia,     specificando     la    riconducibilita'
 all'"urbanistica"di  "tutti  gli  aspetti  conoscitivi,  normativi  e
 gestionali   riguardanti   le   operazioni   di   salvaguardia  e  di
 trasformazione del suolo".
    In tale ambito, trova piena applicazione  il  paradigma  delineato
 dall'art.  117  della  Costituzione,  ove  e'  imposto il rispetto di
 quella rigorosa ripartizione di competenze tra  Stato  e  regioni  in
 virtu'  della quale nelle materie ivi elencate al legislatore statale
 spetta enunciare le sole scelte di indirizzo, mentre lo svolgimento e
 la attuazione di quelle scelte inerisce incontestabilmente alla sfera
 di attivita' del legislatore regionale, il quale realizza l'autonomia
 ordinaria mediante la creazione della cd. "normativa di dettaglio".
    Ora, appare evidente  che  la  norma  qui  denunciata,  lungi  dal
 costituire  un  "principio"  per l'ordinamento regionale afferente la
 materia  "urbanistica",  introduce  una  disposizione  che   per   la
 limitatezza  e settorialita' del relativo contenuto, si appalesa come
 tipica norma di dettaglio (che interviene, tra l'altro, in  un  campo
 gia' ampliamente disciplinato dalla normativa regionale ligure: leggi
 regionali nn. 8/1972 e 9/1980)".
    Ed  invero,  l'aver  attribuito  da  parte del d.-l. qui impugnato
 carattere di perentorieta' al termine massimo di 180 giorni assegnato
 dall'art. 9 del d.-l. 10 novembre 1978,  n.  702,  alle  regioni  per
 l'approvazione  degli  strumenti urbanistici, sanzionando il silenzio
 regionale con l'attribuzione del significato  di  "assenso"  al  mero
 decorso del suddetto termine, non costituisce sicuramente espressione
 di  principio, ma comporta l'indebita interferenza statale nel potere
 regionale  di  autoorganizzazione,  pacificamente  riconosciuto  alle
 regioni  stesse  quando si tratti di stabilire gli aspetti gestionali
 delle procure  ricadenti  in  materie  elencate  all'art.  117  della
 Costituzione.
    Pertanto,  in  quanto norma di dettaglio statale, emanata in campo
 gia' coperto da copiosa normativa di fonte regionale, la disposizione
 qui impugnata si pone in insanabile contrasto con le norme di cui  in
 rubrica.
    II. - Violazione dell'art. 97 della Costituzione.
    L'attribuzione  del  carattere  di perentorieta' al termine di cui
 all'art. 9 del d.-l. n. 702/1978 confligge irrimediabilmente  con  il
 principio  di  buon  andamento  dell'attivita' amministrativa sancito
 dalla norma costituzionale di cui in rubrica,  a  cui  il  potere  di
 autoorganizzazione regionale risulta funzionale.
    Ora,  la  giurisprudenza  di codesta Corte ha piu' volte insegnato
 che, in  sede  di  giudizio  di  costituzionalita'  delle  leggi,  la
 violazione  del principio del buon andamento "non puo' esser invocata
 se  non   quando   si   assuma   l'arbitrarieta'   o   la   manifesta
 irragionevolezza  della discilina impugnata rispetto al fine indicato
 dall'art. 97, primo  comma,  della  Costituzione"  (v.  sentenze  nn.
 277/1983,  217/1987, e numerose altre); ma per chi conosca a fondo la
 complessita' delle  valutazioni  di  competenza  dell'amministrazione
 regionale  nei  procedimenti approvativi di strumenti urbanistici, e'
 di tutta evidenza che la messa a disposizione delle  regioni  di  uno
 spazio  temporale quale e' quello di 180 giorni, al termine del quale
 l'approvazione  dello  strumento  urbanistico  e'   da   considerarsi
 intervenuta,  appare davvero "arbitraria" e "irragionevole", al punto
 da  poter  sin  da  ora  prevedere,  nella  maggioranza   dei   casi,
 l'impossibilita' di qualsivoglia controllo da parte regionale.
    Le   affermazioni   di   cui  sopra  possono  agevolmente  trovare
 dimostrazione ponendo mente al fatto che - in sede di approvazione di
 strumenti  urbanistici  -  sono  richieste  alla  regione   verifiche
 tecnico-amministrative  di  estrema  complessita'  e  varieta', avuto
 riguardo alla grande confluenza degli  interessi  pubblici  coinvolti
 nel procedimento de quo.
    Sono,  invero,  richiesti  all'apparato  regionale pareri di varia
 natura, tra cui quelli di tipo geologico, idraulico, sismico, nonche'
 valutazioni di conformita' sotto  il  profilo  paesistico-ambientale,
 che  non  e'  pensabile  possano essere svolte nel perentorio termine
 assegnato.
    Cosi' come appare irragionevole ed arbitrario, e pertanto  sintomo
 di  negazione  del  buon andamento della p.a., privare le regioni del
 potere di decidere, una volta scaduto il limite di tempo  imposto  da
 parte statale.
    III.  -  Violazione  dei principi generali dell'ordinamento di cui
 alla legge 7 agosto 1990, n. 241.  Violazione,  sotto  altro  profilo
 dell'art. 117 della Costituzione.
    Com'e' noto, le disposizioni della legge n. 241/1990 costituiscono
 "principi   generali  dell'ordinamento"  per  le  regioni  a  statuto
 ordinario. L'affermazione e' contenuta nell'art. 29 di  detta  legge,
 ove   e'   enunciata   altresi'   la  piena  competenza  regionale  a
 disciplinare  autonomamente  i  procedimenti   amministrativi   nelle
 materie  di  loro  spettanza,  tra cui rientrano, ovviamente, anche i
 procedimenti urbanistici. Il principio  e'  stato  altresi'  ribadito
 dalla recente sentenza di codesta Corte n. 465/1991, ove e' affermato
 che  "la  disciplina  di  vari  procedimenti dovra' essere affidata a
 fonti statali o a  fonti  regionali,  a  seconda  che  gli  interessi
 attengano all'esercizio di competenze materiali proprie dello Stato o
 delle  regioni.  E  questo tanto piu' ove si consideri la connessione
 naturale esistente tra la disciplina del procedimento  e  la  materia
 dell'organizzazione,  connessione  che  conduce  ad individuare nella
 regolamentazione   ad   opera   della   regione   dei    procedimenti
 amministrativi  di  propria  spettanza un corollario della competenza
 regionale, richiamata nell'art. 117 della  Costituzione,  concernente
 l'ordinamento degli uffici e degli enti dipendenti dalle regioni".
    La  norma  che  qui  si denuncia viola pertanto anche il principio
 generale suddetto, nonche' l'art. 117 della Costituzione.