Ricorso  della  regione  autonoma  della  Sardegna,  in persona del
 presidente pro-tempore della giunta  regionale,  on.  ing.  Antonello
 Cabras, rappresentata e difesa, anche disgiuntamente, come da procura
 a  margine  del  presente  atto,  giusta  deliberazione  della giunta
 regionale in data 31 marzo 1992  (10/2),  dall'avv.  Graziano  Campus
 dell'ufficio  legale  dell'ente  e dal prof. avv. Sergio Panunzio del
 Foro  di  Roma,  elettivamente  domiciliata  presso  lo   studio   di
 quest'ultimo  in Roma, piazza Borghese n. 3, contro la Presidenza del
 Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente  del  Consiglio  in
 carica  per  il regolamento di competenza in relazione al decreto del
 Ministro della sanita' 29  gennaio  1992,  recante  "Elenco  di  alte
 specialita'  e  fissazione  dei  requisiti  necessari  alle strutture
 sanitarie per l'esercizio delle attivita' di alta specialita'".
                               F A T T O
    In base all'art. 4,  lett.  i),  dello  statuto  speciale  per  la
 Sardegna  (legge  costituzionale  26 febbraio 1948, n. 3), la regione
 ricorrente  ha  competenza  legislativa  concorrente  in  materia  di
 "sanita'  pubblica".  In  base  al successivo art. 6 spettano ad essa
 anche le corrispondenti funzioni amministrative. Tale  disciplina  e'
 poi  integrata  dall'art.  20  del  d.P.R. 22 maggio 1975, recante le
 norme d'attuazione dello statuto.
    In  base  alle  suddette  competenze,  e  nella  sua  qualita'  di
 componente  essenziale  del  servizio sanitario nazionale, la regione
 Sardegna e' responsabile, nel proprio territorio, delle attivita'  di
 assistenza  sanitaria  ed ospedaliera e della tutela della salute dei
 cittadini. Tali attivita' sono state  fatte  oggetto  di  un'organica
 disciplina   legislativa,  ed  in  particolare  gli  indirizzi  e  le
 modalita' delle attivita'  finalizzate  all'attuazione  del  servizio
 sanitario  nazionale  nel  territorio  sardo sono stati stabiliti dal
 "Piano sanitario regionale" approvato dalla  regione  (  ex  art.  55
 della  legge  23 dicembre 1978, n. 833) con legge regionale 30 aprile
 1985, n. 10.
    Il piano sanitario regionale (pubblicato in suppl.  str.  al  B.U.
 regione  Sardegna n. 24 del 29 maggio 1985) prevede fra l'altro anche
 la   esistenza   nella   regione   di    attivita'    sanitarie    di
 "superspecialita'".      Tali      superspecialita'     corrispondono
 sostanzialmente  alle  "alte  specialita'"  successivamente  definite
 dall'art. 5, primo comma, della legge statale 23 ottobre 1985, n. 595
 (Norme  per  la  programmazione  sanitaria  e  per il piano sanitario
 triennale  1986-88)  come  quelle  "attivita'  di  diagnosi,  cura  e
 riabilitazione  che richiedono particolare impegno di qualificazione,
 mezzi, attrezzature e personale specificatamente formato".
    Attualmente gia' esistono e sono operanti in Sardegna vari  centri
 di  alta  specialita', e cioe': alte specialita' di emergenza, per le
 grandi ustioni, del cuore, di nefro-urologia, di trapianti d'organo e
 trapianti renali, di oncoematologia, di radioterapia  oncologica.  Si
 tratta  di  servizi  di  alta  specialita'  che  vengono svolti dagli
 ospedali regionali anche  in  base  ad  espresse  autorizzazioni  del
 Ministro  della  sanita'.  Al  riguardo  si  possono  in  particolare
 richiamare il d.m. 20 dicembre 1990 (in Gazzetta Ufficiale n. 42  del
 19  febbraio  1991),  concernente  l'autorizzazione  all'Ospedale  S.
 Michele "G. Brotzu" di Cagliari ad effettuare trapianti di cornea; il
 d.m.  30  maggio  1990  (in  Gazzetta  Ufficiale  n.  146/1990),  che
 autorizza  l'Ospedale  S.   Michele della U.S.L. n. 21 di Cagliari ad
 effettuare trapianti di cuore; il d.m. 26 luglio  1988  (in  Gazzetta
 Ufficiale n. 182 del 17 agosto 1988) che autorizza lo stesso ospedale
 ad  effettuare trapianti di rene da cadavere; il d.m. 7 novembre 1989
 (in Gazzetta Ufficiale n. 270 del 18 novembre 1989) che autorizza  lo
 stesso  ospedale  ad effettuare il trapianto del pancreas; il d.m. 23
 febbraio 1989 (in Gazzetta Ufficiale n. 114 del 18 maggio  1989)  che
 autorizza  il  medesimo  ospedale ad effettuare il trapianto del rene
 tra persone viventi. Merita ancora ricordare che  in  particolare  le
 attivita'  dei  prelievi  e  dei  trapianti  di  organi,  che vengono
 effettuate nei centri operanti in Sardegna, sono  disciplinate  dalla
 legge  regionale  8  gennaio  1988,  n.  3 (Disciplina dei prelievi e
 trapianti di organi e tessuti nell'uomo), poi modificato dalla  legge
 regionale 14 novembre 1988, n. 41.
    E'  appena  il  caso  di  osservare  che  la  peculiare situazione
 geografica della Sardegna rende assolutamente  indispensabile  che  i
 suddetti servizi di alta specialita' siano operanti nell'ambito delle
 strutture  del  Servizio sanitario esistenti nell'isola. Il disagio e
 le difficolta' di un  viaggio  nel  continente,  e  le  delicatissime
 condizioni  dei  pazienti  che debbono fruire delle attivita' di cura
 dei  suddetti  servizi, escludono - nella maggior parte dei casi - la
 possibilita'  che  i  malati  vengono  curati  in  servizi  di   alta
 specialita' opranti fuori della regione.
    Cio'  premesso,  sulla  Gazzetta  Ufficiale  n. 26 del 1› febbraio
 1992, e' stato pubblicato il decreto del Ministro  della  sanita'  29
 gennaio  1992  intitolato "Elenco delle alte specialita' e fissazione
 dei requisiti necessari  alle  strutture  sanitarie  per  l'esercizio
 delle  attivita'  di alta specialita'". Tale decreto e' stato emanato
 dal Ministro della sanita' (sentito il Consiglio superiore di sanita'
 ed il Consiglio sanitario nazionale) ai sensi  dell'art.  5,  secondo
 comma, della citata legge 23 ottobre 1985, n. 595, che attribuisce al
 Ministro  il potere di emanare un decreto concernente "l'elenco delle
 alte specialita' riconosciute ai  fini  dell'organizzazione  e  della
 fruizione dell'assistenza .. in rapporto a bacini di utenza di larghe
 dimensioni secondo i criteri del rapporto costi-benefici".
    La disciplina di tale decreto, ove applicabile (come sembra) anche
 in  Sardegna  e'  gravemente  lesiva delle attribuzioni proprie della
 regione Sardegna, che pertanto si vede costretta ad impugnarla per  i
 seguenti motivi di
                             D I R I T T O
 Violazione delle attribuzioni regionali di cui agli artt. 4, lett.
    i),  e  6  dello  statuto  sardo (legge costituzionale 26 febbraio
    1948,  n.  3)  e  relative  norme  d'attuazione.  Violazione   del
    principio di legalita'.
   1.  -  Si e' gia' detto che l'art. 5, secondo comma, della legge n.
 595/1985 attribuisce al Ministro della sanita' il potere di stabilire
 l'elenco delle alte specialita' "in rapporto a bacini  di  utenza  di
 larghe  dimensioni".  L'esercizio  del  potere ministeriale e' dunque
 subordinato alla definizione dei bacini di utenza, che  peraltro  non
 spetta  al Ministro, bensi' al "piano sanitario nazionale" il quale -
 come stabilisce il quarto comma dell'art. 5 - "stabilisce il  numero,
 definisce  i  bacini  di  utenza  e l'attribuzione alle regioni delle
 strutture preposte all'esercizio  delle  singole  attivita'  di  alta
 specialita',  nonche'  delle apparecchiature ad avanzata tecnologia".
 Com'e' noto, l'approvazione del piano sanitario nazionale  (ai  sensi
 dell'art.  53  della  legge n. 833/1978, come modificato dalla stessa
 legge n. 595/1985)  spetta  al  Parlamento.  Il  piano,  infatti,  e'
 predisposto  dal  Governo,  su proposta del Ministro della sanita', e
 viene approvato dal Parlamento "con atto non legislativo"  (art.  53,
 secondo  e  terzo  comma,  legge  n.  833/1978). E' altrettanto noto,
 tuttavia, come il Parlamento non abbia finora approvato  alcun  piano
 sanitario  nazionale, e come di conseguenza le regioni abbiano dovuto
 operare indipendentemente da esso, anche mediante l'approvazione  dei
 relativi  piani sanitari regionali ex art. 55 della legge n. 833/1978
 (come ha fatto anche la Sardegna). E' ovvio, tuttavia, che la mancata
 approvazione del piano sanitario nazionale di  cui  al  quarto  comma
 dell'art.  5  della  legge  n.  595/1985  non modifica la natura ed i
 limiti del  potere  del  Ministro  della  sanita',  disciplinato  dal
 secondo comma dello stesso art. 5.
    2.   -  Orbene,  il  decreto  ministeriale  impugnato  all'art.  1
 individua dodici attivita' assistenziali di alta specilita'. Fra esse
 sono comprese anche quelle che - come si e'  detto  in  precedenza  -
 sono  gia' operanti in Sardegna: emergenza, grandi ustioni, trapianti
 d'organo, ecc.
    Ma  il  decreto  ministeriale  non  si limita a questo: cioe' alla
 elencazione delle alte specialita'. Esso infatti (come  dice  il  suo
 art.  2)  ha  anche  "individuato" le strutture di alta specialita' e
 soprattutto i loro "bacini di utenza".
    Tale individuazione e' contenuta nell'art. 5 il  quale,  al  primo
 comma,  stabilisce  che le strutture di alta specialita' operano "per
 aree coordinate interregionali tali da  assicurare  complessivamente,
 all'interno  dell'area,  bacini di utenza effettivi compresi entro le
 fasce di standard sottoindicate per  ciascuna  alta  specilita'".  Al
 secondo  comma lo stesso art. 5 stabilisce appunto gli standards. Per
 le alte specialita' gia' operanti in Sardegna gli standards oscillano
 tra fasce di 3-4 milioni di abitanti (trapianti d'organo) a fasce  di
 8-10 milioni (nefrourologia, oncoematologia).
    Poiche'  la  popolazione  residente  in Sardegna (anche in base ai
 dati dell'ultimo censimento) e'  di  circa  un  milione  e  mezzo  di
 abitanti,  ed  il  decreto  non  prevede alcuna deroga per la regione
 Sardegna alla  disciplina  dei  bacini  di  utenza  dell'art.  5,  la
 conseguenza  e'  che il decreto in questione comporta la eliminazione
 dei servizi di  alta  specialita'  gia'  operanti  in  Sardegna.  Gli
 abitanti  dell'isola,  per  fruire delle prestazioni di quei servizi,
 dovranno  attraversare  il  mare  Tirreno  e  rivolgersi  ai  servizi
 operanti  in  altre regioni (che - secondo quanto previsto dal quinto
 comma dell'art. 5 della legge n. 595/1985  -  potranno  eventualmente
 essere individuati dal piano sanitario regionale sardo).
    E'   quindi  evidente  come  il  decreto  ministeriale  impugnato,
 individuando dei bacini di utenza  con  dimensioni  eccedenti  quelle
 della  Sardegna  (e  non stabilendo per essa alcuna deroga), in primo
 luogo sconvolge il funzionamento del  servizio  sanitario  regionale,
 vanificando   tutta   l'attivita'   programmatoria,  organizzativa  e
 gestionale    che,    nell'esercizio    delle    sue     attribuzioni
 costituzionalmente  garantite, la regione Sardegna ha svolto per fare
 funzionare nell'isola i servizi di alta specialita'. E di conseguenza
 il decreto pregiudica gravemente la  possibilita'  per  gli  abitanti
 della   Sardegna  di  fruire  effettivamente  dei  servizi  di  alta-
 specialita', costringendoli a trasferirsi nel continente (cosa che  -
 per  i  motivi  gia'  detti  -  in  molti  casi risulta impossibile).
 Certamente pregiudica la possibilita' che gli abitanti della Sardegna
 possono fruire dei servizi  di  alta  specialita'  in  condizioni  di
 eguaglianza  rispetto  agli  abitanti  delle  altre regioni italiane,
 cosi' violando l'art. 4 della legge n.  833/1978  e  quella  esigenza
 fondamentale  della  "eguale  fruizione di date prestazioni sanitarie
 (quelle appunto di alta specialita') da parte di tutti  i  cittadini"
 giustamente  sottolineata  da  codesta ecc.ma Corte nella sentenza n.
 294/1986 (n. 5 della motivazione in diritto).
    Il decreto ministeriale  in  questione  (oltretutto  adottato  dal
 Ministro  della  sanita' al di fuori di qualsivoglia intesa o diretta
 consultazione con la regione ricorrente), per le ragioni sovraesposte
 e' dunque gravemente  lesivo  delle  attribuzioni  costituzionalmente
 assegnate alla regione ricorrente.
    3.  -  Nella sentenza n. 294/1986, gia' richiamata, codesta ecc.ma
 Corte ha definito quella del secondo comma dell'art. 5 della legge n.
 595/1985 "una norma sul coordinamento dei servizi sanitari". Si  puo'
 dunque  ritenere  che  il  decreto  ministeriale  emanato ai sensi di
 quella norma costituisca un atto di  indirizzo  e  coordinamento  nei
 confronti delle regioni.
    O  che  il  decreto ministeriale impugnato sia tale (cioe' un atto
 che  e'  espressione  della   funzione   statale   di   indirizzo   e
 coordinamento),  o  che  esso  abbia  altra  natura,  certo e' che il
 relativo potere ministeriale  soggiace  al  principio  di  legalita',
 secondo il costante insegnamento di codesta ecc.ma Corte.
    Ma  nessuna  norma  di  legge,  secondo  quanto  si  e'  visto  in
 precedenza, attribuisce al  Ministro  della  sanita'  il  compito  di
 individuare  le  strutture  di  alta  specialita' ed i loro bacini di
 utenza (o di stabilire i criteri per la definizione di tali  bacini).
 Tale compito, al contrario, e' attribuito dalla legge (art. 5, quarto
 comma,  della  legge  n.  595/1985) esclusivamente al piano sanitario
 nazionale, in ordine al quale  il  Ministro  ha  solo  un  potere  di
 proposta,  mentre  la  sua  predisposizione  spetta  al Consiglio dei
 Ministri, e la sua approvazione e' riservata al Parlamento (art.  53,
 secondo e terzo comma, della legge n. 833/1978).
    Pertanto,  la individuazione delle strutture di alta specialita' e
 la determinazione dei bacini di utenza mediante la  fissazione  delle
 fasce  standard  stabilite  dal Ministro della sanita' con il decreto
 impugnato (artt. 2 e ss., ma specialmente art. 5) e' del tutto  priva
 di  fondamento  legale.  La lesione delle attribuzioni costituzionali
 della regione ricorrente, dunque, rileva anche sotto il profilo della
 violazione del principio di legalita'.
    Se poi si considera che  ai  sensi  dell'art.  5  della  legge  n.
 595/1985  (secondo  e  quarto comma) la definizione dell'elenco delle
 alte specialita' presuppone che il piano  sanitario  nazionale  abbia
 gia'  definito i bacini di utenza (il che ancora non e' avvenuto), ne
 deriva che, sotto questo profilo, il principio di  legalita'  risulta
 violato   anche  dall'art.  1  del  decreto  ministeriale  impugnato,
 contenente appunto l'elenco delle alte specialita' riconosciute.