Ricorso   della  provincia  autonoma  di  Trento,  in  persona  del
 presidente della giunta provinciale sig. Mario Malossini, autorizzato
 con deliberazione della giunta provinciale n. 3959 del 30 marzo 1992,
 rappresentato e difeso dagli avvocati prof. Valerio Onida e Gualtiero
 Rueca, ed elettivamente  domiciliato  presso  quest'ultimo  in  Roma,
 largo  della Gancia, 1, per mandato speciale a rogito dott. Pierluigi
 Mott di Trento in data 31 marzo 1992, n. 57450  di  rep.,  contro  il
 Presidente   del   Consiglio   dei   Ministri   pro-tempore,  per  la
 dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli artt. 1,  4,  5,
 7,  9  e 10 della legge 26 febbraio 1992, n. 211, recante "Interventi
 nel settore dei sistemi di trasporto  rapido  di  massa",  pubblicata
 nella Gazzetta Ufficiale n. 55 del 6 marzo 1992.
    La  legge  n. 211/1992 prevede dei benefici a carico dello Stato a
 favore della citta' metropolitane e di altri comuni, consistenti  nel
 finanziamento  di  piani  di  intervento  "ai fini dello sviluppo del
 trasporto pubblico nelle aree urbane e per  favorire  l'installazione
 di  sistemi  di  trasporto  rapido di massa a guida vincolata in sede
 propria e di  tramvie  veloci"  (art.  1,  primo  comma),  cioe'  per
 costruzione di metropolitane, metropolitane "leggere", tramvie veloci
 e altri sistemi analoghi di trasporto.
    La materia cui la legge attiene - il trasporto pubblico nelle aree
 urbane  o  in generale il trasporto pubblico locale - rientra a pieno
 titolo e interamente nell'ambito delle competenze provinciali.
    Infatti, ai sensi dell'art. 1 del d.P.R. 19 novembre 1987, n. 527,
 spettano  alle  province  tutte  le attribuzioni - comprese quelle in
 tema di "sicurezza  dei  trasporti  ferrotramviari  e  filotramviari"
 (art.   2,   secondo   comma)  -  relative  a  "tutti  i  servizi  di
 comunicazione e di trasporto di persone e di merci, di linea e non di
 linea, soggetti a concessione o ad autorizzazione" che si svolgono in
 via esclusiva o prevalente nell'ambito territoriale  della  provincia
 stessa,  "per  via terrestre, lacuale, fluviale, su canali navigabili
 ed idrovie e per via aerea" (secondo comma). Si aggiunga che  secondo
 l'art.  84 del d.P.R. n.  616/1977 (applicabile residualmente anche a
 favore della provincia di Trento ai sensi degli  artt.  9  e  10  del
 d.P.R.  19  novembre  1987, n.   526) i servizi pubblici di trasporto
 esercitati  con   "linee   tramviarie,   metropolitane,   filoviarie,
 funicolari  e  ferroviarie  di ogni tipo, automobilistiche" rientrano
 nell'ambito  delle  funzioni  spettanti  alle  regioni  e   ad   esse
 trasferite.
    Ora  la  legge  26  febbraio  1992,  n.  211, prevede e disciplina
 interventi statali diretti, finanziari e amministrativi, nel  settore
 dei  "sistemi  di trasporto rapido di massa", che vengono ad invadere
 le attribuzioni provinciali.
    In  particolare,  l'art.  1  dispone  che  possono  avvalersi  dei
 benefici  previsti  dalla  legge  le  citta' metropolitane e i comuni
 "individuati, su proposta delle regioni interessate, dal Ministro per
 i problemi delle  aree  urbane,  di  concerto  con  il  Ministro  dei
 trasporti,  sulla  base  delle  indicazioni  del  piano  generale dei
 trasporti e, ove esistenti ed aggiornati,  dei  piani  regionali  dei
 trasporti".  Gia' qui e' palese lo "scavalcamento" delle attribuzioni
 provinciali, attraverso la competenza decisoria rimessa ai  Ministri,
 riservandosi  alla  provincia  un  mero  compito di proposta, laddove
 nella regione Trentino-Alto Adige  la  programmazione  nazionale  dei
 trasporti e gli stessi interventi di spettanza dello Stato in materia
 di   linee  di  trasporto  incidenti  nell'ambito  provinciale,  sono
 affidati a meccanismi di intesa con la provincia  (cfr.  art.  6  del
 d.P.R.  n. 527/1987; art. 20 del d.P.R. 22 marzo 1974, n. 381; art. 2
 della legge 15 giugno 1984, n. 245; e cfr. in proposito  le  sentenze
 di questa Corte nn. 524/1988 e 38/1992).
    Lo  stesso  riferimento  al  piano  generale  dei trasporti appare
 improprio, dato che  questo  ha  solo  lo  scopo  di  "assicurare  un
 indirizzo  unitario  alla  politica dei trasporti" e di coordinare ed
 armonizzare  l'esercizio  delle  competenze  e   l'attuazione   degli
 interventi amministrativi dello Stato, delle regioni e delle province
 autonome  di  Trento e di Bolzano (art. 1 della legge 15 giugno 1984,
 n. 245); mentre il riferimento ai piani regionali dei trasporti  solo
 se  "esistenti  ed  aggiornati"  fa  pensare  ad  una possibilita' di
 superamento del contenuto di tali  piani  col  pretesto  di  un  loro
 mancato "aggiornamento", che oltretutto non e' chiaro in base a quali
 criteri e parametri sia ritenuto necessario.
    Ma l'art. 1 della legge impugnata va anche oltre. Il secondo comma
 prevede  che  "qualora le regioni non formulino le proposte di cui al
 primo comma entro centoventi giorni" dalla data di entrata in  vigore
 della stessa legge "i comuni 'beneficiari' possono essere individuati
 dal  Ministro  per  i  problemi delle aree urbane, di concerto con il
 Ministro dei  trasporti,  sentita  la  conferenza  permanente  per  i
 rapporti  tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e
 di Bolzano".
    Ora,  poiche' le proposte di individuazione in questione attengono
 a scelte discrezionali di localizzazione di opere e di allocazione di
 risorse, la loro mancata formulazione non  equivale  affatto  ad  una
 inerzia  nell'attuazione  di un obbligo: puo' semplicemente essere il
 frutto consapevole di una valutazione negativa della provincia  circa
 la  sussistenza delle condizioni che rendono opportuni gli interventi
 e dunque il loro finanziamento.
    Pertanto e' in  radice  escluso  che  siffatto  adempimento  possa
 essere oggetto di poteri sostitutivi degli organi statali.
    In  ogni  caso  tali interventi sostitutivi si svolgerebbero senza
 nessun raccordo procedimentale con la provincia  interessata  (mentre
 il  parere  della  conferenza  non  adempie ad alcuna utile funzione,
 trattandosi di localizzazione di opere riguardanti singoli  territori
 regionali e provinciali), e quindi sono in contrasto con il principio
 di leale cooperazione.
    L'art.  3  della  legge  prevede  che  gli enti locali interessati
 (citta' metropolitane e comuni individuati), predispongano i piani di
 intervento e definiscano, ove necessario, accordi di programma con le
 amministrazioni ed i soggetti  interessati,  ai  sensi  dell'art.  27
 della legge n. 142/1990.
    L'art.  4  stabilisce  a  sua  volta che "in carenza di tempestive
 iniziative dei soggetti competenti di cui all'art. 3, il Ministro per
 i problemi delle aree urbane esercita il potere di iniziativa di  cui
 all'art.  27  della  legge  8  giugno 1990, n. 142, per promuovere la
 definizione di interventi, anche ricadenti nell'ambito  di  programmi
 gia' in corso di esecuzione, per la realizzazione, l'ammodernamento e
 l'ampliamento  di  sistemi  di  trasporto  rapido  di  massa  a guida
 vincolata  in  sede  propria  anche  ad  automazione  integrale,  ivi
 compresi  i  connessi  sistemi  attrezzati  di  interscambio  nonche'
 l'acquisizione del realtivo materiale rotabile, con esclusione  delle
 spese relative ad opere gia' realizzate".
    La  fattispecie  prevista,  francamente incredibile, e' quella del
 Ministro che si sostitusice agli enti interessati addirittura nel  ..
 prevedere  il programma di intervento e la richiesta di finanziamento
 statale, nonche' perfino nell'integrare programmi gia'  in  corso  di
 esecuzione|
    Che cosa ci sia in cio' di vincolato, o di rispondente a interessi
 unitari   infrazionabili,   tali   da   giustificare   un  intervento
 sostitutivo dello Stato, davvero non e' dato di vedere. In realta' si
 vuole semplicemente, attraverso  questa  anomala  ipotesi  di  potere
 sostitutivo,   trasferire   sbrigativamente   a  livello  statale  la
 definizione di iniziative e di procedimenti di  esclusiva  pertinenza
 provinciale e locale.
    In  ogni caso, il "potere di iniziativa" in ordine agli accordi di
 programma,  che  dovrebbe  essere  esercitato  dal  Ministro,  e'  in
 contrasto  con  la Costituzione e lo statuto speciale, nonche' con il
 pur richiamato art. 27 della legge n. 142/1990 (onde fra  l'altro  si
 prospetta la violazione dell'art. 1, terzo comma, della stessa legge,
 ai  cui  sensi  tale  legge non puo' essere derogata se non "mediante
 espressa modificazione delle sue disposizioni", e conseguentemente la
 violazione dell'art. 128 della Costituzione). Infatti detto  art.  27
 riserva  la  competenza  a  promuovere  gli  accordi  di programma al
 Presidente della regione, a quello della provincia e al sindaco,  "in
 relazione  alla  competenza primaria o prevalente"; mentre gli organi
 statali sono del tutto esclusi, salvo  l'ipotesi  del  settimo  comma
 (non  richiamato  dall'art.  3, primo comma, della legge in oggetto),
 che attribuisce al Presidente del Consiglio dei Ministri (e non ad un
 Ministro) la competenza a promuovere  i  soli  accordi  di  programma
 relativi  a  interventi  che  comportino  "il  concorso di due o piu'
 regioni finitime".
    A nessun titolo dunque puo' ammettersi l'intervento  del  Minsitro
 per le aree urbane, previsto dalla legge in esame.
    Trattandosi, nel sistema della legge, di interventi sostitutivi in
 presenza  di  una  presunta  inerzia di enti locali, la sostituzione,
 casomai, avrebbe  dovuto  essere  prevista  in  capo  alla  provincia
 autonoma, e non gia' dello Stato.
    L'intervento  sostitutivo  e'  poi  configurato  al  di  fuori  di
 qualsiasi raccordo procedimentale (diffida o altro) con la  provincia
 e  gli  enti  locali,  e quindi in palese violazione del principio di
 leale cooperazione.
    L'art. 5 della legge prevede che i programmi di interventi  e  gli
 accordi   di   programma   siano  trasmessi,  previo  parere  di  una
 commissione di vigilanza costituita  dai  Ministri  dei  trasporti  e
 delle aree urbane, allo stesso Ministro per i problemi delle aree ur-
 bane,  il quale, di concerto col Ministro dei trasporti, li sottopone
 al  Cipe  "per  l'approvazione  nonche'  per  l'individuazione  delle
 eventuali  fonti  di  finanziamento  a  carico  dello  Stato e per la
 determinazione delle quote delle disponibilita' di cui all'art. 9  da
 destinare annualmente ai singoli interventi" (primo comma).
    Tale  previsione  di  approvazione  ad opera di organi statali dei
 programmi di interventi e degli accordi di programma (che,  ai  sensi
 dell'art.  27  della  legge  n.  142/1990, costituiscono strumenti di
 coordinamento di competenze  proprie  delle  diverse  amministrazioni
 stipulanti,  sottratti come tali a qualsiasi approvazione da parte di
 altri  organi)  comporta  di  per  se  lesione   delle   attribuzioni
 provinciali, a prescindere dal successivo meccanismo di finanziamento
 a carico dello Stato, della cui illegittimita' si dira' piu' avanti.
    Il  secondo  comma  dell'art.  5  aggiunge poi un'altra previsione
 lesiva dell'autonomia, la' dove dispone che  i  soggetti  interessati
 trasmettano  al  Ministro dei trasporti addirittura "la progettazione
 esecutiva,  distinta  per  lotti  funzionali,  delle  opere  e  degli
 interventi  ammessi a finanziamento ai sensi del primo comma", e cio'
 "ai fini degli adempimenti approvativi di cui all'art. 2 della  legge
 29 dicembre 1969, n. 1042, e all'art. 3 del d.P.R. 11 luglio 1980, n.
 753".
    Ora,   l'art.   2   della  legge  n.  1042/1969  prevedeva  bensi'
 l'approvazione da parte del Ministro dei trasporti  dei  progetti  di
 massima  ed esecutivi di costruzione di ferrovie metropolitane, ma in
 un contesto normativo - non a caso anteriore al  trasferimento  delle
 funzioni alle regioni ordinarie - nel quale questo tipo di interventi
 faceva  capo  sia  dal punto di vista amministrativo che dal punto di
 vista finanziario allo Stato.
    Rinverdire oggi, dopo  l'avvenuta  regionalizzazione  piena  della
 materia,  dopo che, fra l'altro, sono state specificamente trasferite
 alle  regioni  ordinarie  fin  dal  1972  le   funzioni   concernenti
 "l'approvazione  dei programmi e dei progetti di massima ed esecutivi
 delle metropolitane" (art. 3, lett. b), del d.P.R. 14  gennaio  1972,
 n.  5),  e  dopo che, per quanto riguarda la provincia ricorrente, ha
 avuto luogo analogo integrale trasferimento di funzioni a suo  favore
 (cfr.  d.P.R.  19  novembre 1987, n. 527, nonche', in quanto occorra,
 gli artt. 9 e 10 del d.P.R. 19 novembre 1987,  n.  526):  rinverdire,
 dicevamo, la gi'a soppressa approvazione ministeriale dei progetti di
 ferrovie  metropolitane,  di cui all'art. 2 della legge n. 1042/1969,
 significa  violar  clamorosamente  le  attribuzioni  della  provincia
 autonoma.
    Del tutto improprio e' poi il riferimento all'art. 3 del d.P.R. 11
 luglio 1980, n. 753, che contiene "nuove norme in materia di polizia,
 sicurezza  e  regolarita'  dell'esercizio  delle  ferrovie e di altri
 servizi di trasporto".
    Detto art. 3, infatti, si  limita  a  prevedere  che  l'esecuzione
 delle  opere  per la realizzazione di una ferrovia in concessione non
 possa  iniziarsi  senza  apposita  autorizzazione   "rilasciata   dai
 competenti uffici delle m.c.t.c. o dagli organi delle regioni o degli
 enti  locali territoriali, secondo le rispettive attribuzioni"; e che
 detta autorizzazione e' in  ogni  caso  subordinata  alla  preventiva
 approvazione  dei  progetti  relativi  a  dette  opere  "da parte dei
 competenti  uffici  della  m.c.t.c.,  per  i  servizi  di  competenza
 statale,  o  degli  organi regionali, previo nulla osta ai fini della
 sicurezza da parte degli stessi uffici della m.c.t.c. per  i  servizi
 rientranti  nelle  attribuzioni  delle  regioni  o  degli enti locali
 territoriali" (primo e secondo comma).
    Dunque nessuna approvazione ministeriale di progetti  e'  prevista
 da    tali    norme,    e   nessun   intervento   della   commissione
 interministeriale istituita dall'art. 12, secondo comma, della  legge
 14  giugno 1949, n. 410 (i cui compiti sono stati estesi dell'art. 10
 della legge 2 agosto 1952, n. 1221  e  dall'art.  2,  secondo  comma,
 della  legge 29 dicembre 1969, n. 1042 - tutte disposizioni anteriori
 al trasferimento delle funzioni delle regioni ordinarie -  e  la  cui
 composizione  e'  stata  modificata dallo stesso art. 2, terzo comma,
 della legge n. 1042/1969  e  ora  viene  nuovamente  integrata  dalla
 disposizione   in   esame,   immettendovi   -   fra   l'altro  -  una
 rappresentanza del Ministro per i problemi delle aree urbane, la  cui
 competenza in materia di progettazione ferroviaria e di sicurezza dei
 trasporti ferroviari e' veramente tutta da dimostrare|).
    L'art.  3  del  d.P.R.  n.  753/1980 fa riferimento, per i servizi
 rientranti nelle attribuzioni  delle  regioni  o  degli  enti  locali
 territoriali,  ad  una  approvazione da parte degli organi regionali,
 con semplice nulla osta ai fini della sicurezza da parte dell'ufficio
 della motorizzazione, le cui  competenze,  peraltro,  sono  state  in
 Trentino   ulteriormente  ridotte,  escludendosene  anche  quelle  in
 materia di sicurezza dei trasporti ferrotramviari,  filotramviari,  e
 ferroviari,  trasferite  alla provincia (cfr. artt. 1, primo, secondo
 comma, secondo comma, e 4, secondo  comma,  del  d.P.R.  19  novembre
 1987,  n.  527:  e cfr. in proposito la sentenza n. 37/1989 di questa
 Corte, nonche'  la  modifica  apportata  all'art.  2  del  d.P.R.  n.
 527/1987 dell'art. 1 del d.lgs. 25 gennaio 1991, n. 33).
    Pertanto  l'art.  5  della  legge  in esame risulta, sotto tutti i
 profili indicati, lesivo delle attribuzioni provinciali.
    Gli  artt.  7  e  9  della  legge  disciplinano  l'erogazione  dei
 finanziamenti  statali  per  le  opere  in questione. Precisamente si
 tratta di contributi, in misura non superiore  al  diceci  per  cento
 dell'investimento, per la durata massima di trenta anni, in relazione
 ad  operazioni  di  mutuo  con  la  Cassa  depositi  e prestiti o con
 istituti di credito nazionali o esteri, al cui fine sono  autorizzati
 limiti  di  impegno  trentennali  di  175  miliardi  per il 1993 e di
 ulteriori 50 miliardi per il 1994 (art. 9).
    L'erogazione  dei  finanziamenti  e'  disposta  dal  Ministro  dei
 trasporti  di  concerto con il Ministro per i problemi delle aree ur-
 bane, ed e' subordinata alle approvazioni di cui all'art. 5,  secondo
 comma,  nonche'  alla  dimostrata disponibilit'a delle altre fonti di
 finanziamento (art. 7).
    Emerge qui, anzitutto, una logica per la  quale  il  finanziamento
 statale  (peraltro  limitato  ad  una quota, nemmeno molto rilevante,
 degli investimenti) giustificherebbe l'intero assorbimento delle pro-
 cedure di programmazione di interventi e di approvazione dei progetti
 in capo agli organi statali (secondo  le  previsioni  gi'a  esaminate
 degli artt. 1, 3, 4 e 5).
    Il che da un lato e' del tutto illogico e incongruo, dato anche il
 carattere  parziale  della  partecipazione  finanziaria  dello Stato;
 dall'altro  lato  e'  palesemente  in   contrasto   con   i   criteri
 costituzionali  di riparto delle competenze, sia perche', trattandosi
 di interventi rientranti nell'ambito delle competenze provinciali, lo
 Stato non pu'o erogare finanziamenti diretti agli enti  locali  o  ad
 altri  soggetti,  ne',  in  ogni  caso,  sostituirsi  alla  provincia
 nell'esercizio di competenze amministrative o normative.
    Sotto il profilo  finanziario,  poi,  come  si  e'  accennato,  la
 previsione  di  contributi discrezionalmente concessi da organi dello
 Stato, sulla base di programmi e  progetti  da  essi  approvati,  per
 opere  sicuramente  rientranti nella sfera di competenza provinciale,
 viola l'autonoma finanziaria oltre che amministrativa della provincia
 (cfr. ad es. sentenze nn. 307/1983, 517/1987 e 921/1988). Come questa
 Corte ha chiarito ad esempio nella sentenza n. 517/1987 (punto 6  del
 considerato  in  diritto), con le norme di riparto della competenza e
 di trasferimento delle funzioni "sono  riconosciuti  alla  competenza
 regionale,  ovviamente  in  relazione  alle  opere  rientranti  nella
 propria sfera di attribuzioni, gli interventi finanziari  diretti  ad
 agevolare  l'accesso  al  credito, la disciplina dei rapporti con gli
 istituti    di    credito,    la    determinazione    dei     criteri
 dell'ammissibilita'   al  credito  agevolato  e  il  controllo  sulla
 destinazione dello stesso".
    L'art. 10 della legge prevede  un  ulteriore  tipo  di  intervento
 finanziario dello Stato. Esso autorizza "gli enti indicati all'art. 8
 della  legge  15 dicembre 1990, n. 385" - cioe' l'ente Ferrovie dello
 Stato e i soggetti gestori delle ferrovie in regime di concessione  o
 in  gestione  commissariale  governativa  -  nonche'  "gli altri enti
 interessati" ad accendere mutui decennali, garantiti dallo Stato, per
 la realizzazione delle finalita' indicate in detto art. 8 (cioe' "per
 l'ammodernamento e la realizzazione di  collegamenti  ferroviari  fra
 gli   aeroporti   intercontinentali   e   internazionali  e  la  rete
 ferroviaria  esistente,  per  la  realizzazione  di  reti  su   guida
 vincolata  strettamente  integrate con le linee ferroviarie esistenti
 all'interno dei sistemi urbani, nonche'  per  interventi  volti  alla
 realizzazione  di  innovazione tecnologiche tendenti a incentivare la
 riduzione di personale"), e inoltre "per la realizzazione di  sistemi
 ferroviari    passanti,   di   collegamenti   ferroviari   con   aree
 aeroportuali,  espositive  ed  universitarie, di sistemi di trasporto
 rapido di massa e di programmi urbani integrati".  Come  si  vede  le
 opere  specificamente  elencate  da  detto  art.  10 si sovrappongono
 largamente, ma vanno al di la' di quelle gia'  indicate  dall'art.  8
 della  legge  n.  385/1990,  e  in  particolare  si  riferiscono piu'
 chiaramente a opere strettamente riguardanti il trasporto urbano.
    A tali fini l'art. 10 in esame prevede che  gli  enti  interessati
 presentino  domanda, sulla base dei relativi progetti, entro sessanta
 giorni dall'entrata in vigore  della  legge  (primo  comma);  che  il
 Cipet,  su proposta del Ministro dei trasporti di concerto con quello
 per i programmi delle aree urbane, approvi il piano di riparto  delle
 risorse  e  conceda,  per  i singoli interventi, contributi in misura
 pari agli oneri per capitale e interessi  derivanti  all'ammortemento
 dei  mutui  (secondo  comma:  si  tratta  dunque,  in  realta', di un
 finanziamento diretto del costo delle opere); che le modalita' per la
 concessione  e  l'erogazione  dei  contributi  siano  stabilite   dal
 Ministro  del  tesoro,  su  proposta  del  Ministro  dei trasporti di
 concerto, come al solito, col Ministro per i problemi delle aree  ur-
 bane terzo comma).
    Il quarto comma autorizza, per l'erogazione dei contributi, limiti
 di  impegno  decennali di 195 miliardi per il 1993 e di ulteriori 155
 miliardi per il 1994.
    Anche tali disposizioni sono lesive  dell'autonommia  provinciale,
 in  quanto prevedono interventi finanziari diretti dello Stato, senza
 alcun coinvolgimento della provincia,  per  opere  e  interventi  che
 almeno  in  parte  rientrano  certamente nell'ambito delle competenze
 provinciali (almeno per  quanto  riguarda  i  "sistemi  di  trasporto
 rapido di massa" e i "programmi urbani integrati").