Ricorso della regione Lombardia, in persona del presidente della giunta regionale ing. Giuseppe Giovenzana, autorizzato con deliberazione della giunta regionale n. 20493 del 1 aprile 1992, rappresentato e difeso dagli avvocati prof. Valerio Onida e Gualtiero Rueca, ed elettivamente domiciliato presso quest'ultimo in Roma, largo della Gancia, 1, come da delega in calce al presente atto, speciale a rogito dott. Pierluigi Mott contro il Presidente del Consiglio dei Ministri pro-tempore, per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli articoli 1, 4, 5, 7, 9 e 10 della legge 26 febbraio 1992, n. 211, recante "Interventi nel settore dei sistemi di trasporto rapido di massa", pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 55 del 6 marzo 1992. La legge n. 211/1992 prevede dei benefici a carico dello Stato a favore delle citta' metropolitane e di altri comuni, consistenti nel finanziamento di piani di intervento "ai fini dello sviluppo del trasporto pubblico nelle aree urbane e per favorire l'installazione di sistemi di trasporto rapido di massa a guida vincolata in sede propria e di tramvie veloci" (art. 1, primo comma), cioe' per costruzione di metropolitane, metropolitane "leggere", tramvie veloci e altri sistemi analoghi di trasporto. La materia cui la legge attiene - il trasporto pubblico nelle aree urbane o in generale il trasporto pubblico locale - rientra a pieno titolo e interamente nell'ambito delle competenze regionali. Infatti, secondo l'art. 84 del d.P.R. n. 616/1977, i servizi pubblici di trasporti esercitati con "linee tramviarie, metropolitane, filoviarie, funicolari e ferroviarie di ogni tipo, automobilistiche" rientrano nell'ambito delle funzioni ad esse trasferite. Ora la legge 26 febbraio 1992, n. 211, prevede e disciplina interventi statali diretti, finanziari e amministrativi, nel settore dei "sistemi di trasporto rapido di massa", che vengono ad invadere le attribuzioni regionali. In particolare, l'art. 1 dispone che possono avvalersi dei benefici previsti dalla legge le citta' metropolitane e i comuni "individuati, su proposta delle regioni interessate, dal Ministro per i problemi delle aree urbane, di concerto con il Ministro dei trasporti, sulla base delle indicazioni del piano generale dei trasporti e, ove esistenti ed aggiornati, dei piani regionali dei trasporti". Gia' qui e' palese lo "scavalcamento" delle attribuzioni regionali, attraverso la competenza decisoria rimessa ai Ministri, riservandosi alla regione un mero compito di proposta. Lo stesso riferimento al piano generale dei trasporti appare improprio, dato che questo ha solo lo scopo di "assicurare un indirizzo unitario alla politica dei trasporti" e di coordinare ed armonizzare l'esercizio delle competenze e l'attuazione degli interventi amministrativi dello Stato, delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano (art. 1 della legge 15 giugno 1984, n. 245); mentre il riferimento ai piani regionali dei trasporti solo se "esistenti ed aggiornati" fa pensare ad una possibilita' di superamento del contenuto di tali piani col pretesto di un loro mancato "aggiornamento", che oltretutto non e' chiaro in base a quali criteri e parametri sia ritenuto necessario. Ma l'art. 1 della legge impugnata va anche oltre. Il secondo comma prevede che "qualora le regioni non formulino le proposte di cui al primo comma entro centoventi giorni" dalla data di entrata in vigore della stessa legge "i comuni 'beneficiari' possono essere individuati dal Ministro per i problemi delle aree urbane, di concerto con il Ministro dei trasporti, sentita la conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano". Ora, poiche' le proposte di individuazione in questione attengono a scelte discrezionali di localizzazione di opere e di allocazione di risorse, la loro mancata formulazione non equivale affatto ad una inerzia nell'attuazione di un obbligo: puo' semplicemente essere il frutto consapevole di una valutazione negativa della regione circa la sussistenza delle condizioni che rendono opportuni gli interventi e dunque il loro finanziamento. Pertanto e' in radice escluso che siffatto adempimento possa essere oggetto di poteri sostitutivi degli organi statali. In ogni caso tali interventi sostitutivi si svolgerebbero senza nessun raccordo procedimentale con la regione interessata (mentre il parere della conferenza non adempie ad alcuna utile funzione, trattandosi di localizzazione di opere riguardanti singoli territori regionali), e quindi sono in contrasto con il principio di leale cooperazione. L'art. 3 della legge prevede che gli enti locali interessati (citta' metropolitane e comuni individuati), predispongano i piani di intervento e definiscano, ove necessario, accordi di programma con le amministrazioni ed i soggetti interessati, ai sensi dell'art. 27 della legge n. 142/1990. L'art. 4 stabilisce a sua volta che "in carenza di tempestive iniziative dei soggetti competenti di cui all'art. 3, il Ministro per i problemi delle aree urbane esercita il potere di iniziativa di cui all'art. 27 della legge 8 giugno 1990, n. 142, per promuovere la definizione di interventi, anche ricadenti nell'ambito di programmi gia' in corso di esecuzione, per la realizzazione, l'ammodernamento e l'ampliamento di sistemi di trasporto rapido di massa a guida vincolata in sede propria anche ad automazione integrale, ivi compresi i connessi sistemi attrezzati di interscambio nonche' l'acquisizione del relativo materiale rotabile, con esclusione delle spese relative ad opere gia' realizzate". La fattispecie prevista, francamente incredibile, e' quella del Ministro che si sostituisce agli enti interessati addirittura nel ..p revedere il programma di intervento e la richiesta di finanziamento statale, nonche' perfino nell'integrare programmi gia' in corso di esecuzione| Che cosa ci sia in cio' di vincolato, o di rispondente a interessi unitari infrazionabili, tali da giustificare un intervento sostitutivo dello Stato, davvero non e' dato di vedere. In realta' si vuole semplicemente, attraverso questa anomala ipotesi di potere sostitutivo, trasferire sbrigativamente a livello statale la definizione di iniziative e di procedimenti di esclusiva pertinenza regionale e locale. In ogni caso, il "potere di iniziativa" in ordine agli accordi di programma, che dovrebbe essere esercitato dal Ministro, e' in contrasto con la Costituzione, nonche' con il pur richiamato art. 27 della legge n. 142/1990 (onde fra l'altro si prospetta la violazione dell'art. 1, terzo comma, della stessa legge, ai cui sensi tale legge non puo' essere derogata se non "mediante espressa modificazione delle sue disposizioni", e conseguentemente la violazione dell'art. 128 della Costituzione). Infatti detto art. 27 riserva la competenza a promuovere gli accordi di programma al presidente della regione, a quello della provincia e al sindaco, "in relazione alla competenza primaria o prevalente"; mentre gli organi statali sono del tutto eslcusi, salvo l'ipotesi del settimo comma (non richiamato dall'art. 3, primo comma, della legge in oggetto), che attribuisce al Presidente del Consiglio dei Ministri (e non ad un Ministro) la competenza a promuovere i soli accordi di programma relativi a interventi che comportino "il concorso di due o pi'u regioni finitime". A nessun titolo dunque puo' ammettersi l'intervento del Ministro per le aree urbane, previsto dalla legge in esame. Trattandosi, nel sistema della legge, di interventi sostitutivi in presenza di una presunta inerzia di enti locali, la sostituzione, casomai, avrebbe dovuto essere prevista in capo alla regione e non gia' dello Stato. L'intervento sostitutivo e' poi configurato al di fuori di qualsiasi raccordo procedimentale (diffida o altro) con la regione e gli enti locali, e quindi in palese violazione del principio di leale cooperazione. L'art. 5 della legge prevede che i programmi di interventi e gli accordi di programma siano trasmessi, previo parere di una commissione di vigilanza costituita dai Ministri dei trasporti e delle aree urbane, allo stesso Ministro per i problemi delle aree ur- bane, il quale, di concerto col Ministro dei trasporti, li sottopone al Cipe "per l'approvazione nonche' per l'individuazione delle eventuali fonti di finanziamento a carico dello Stato e per la determinazione delle quote delle disponibilita' di cui all'art. 9 da destinare annualmente ai singoli interventi" (primo comma). Tale previsione di approvazione ad opera di organi statali dei programmi di interventi e degli accordi di programma (che, ai sensi dell'art. 27 della legge n. 142/1990, costituiscono strumenti di coordinamento di competenze proprie delle diverse amministrazioni stipulanti, sottratti come tali a qualsiasi approvazione da parte di altri organi) comporta di per se' lesione delle attribuzioni regionali, a prescindere dal successivo meccanismo di finanziamento a carico dello Stato, della cui illegittimita' si dira' piu' avanti. Il secondo comma dell'art. 5 aggiunge poi un'altra previsione lesiva dell'autonomia, la' dove dispone che i soggetti interessati trasmettano al Ministro dei trasporti addirittura "la progettazione esecutiva, distinta per lotti funzionali, delle opere e degli interventi ammessi a finanziamento ai sensi del primo comma", e cio' "ai fini degli adempimenti approvativi di cui all'art. 2 della legge 29 dicembre 1969, n. 1042, e all'art. 3 del d.P.R. 11 luglio 1980, n. 753". Ora, l'art. 2 della legge n. 1042/1969 prevedeva bensi' l'approvazione da parte del Ministro dei trasporti dei progetti di massima ed esecutivi di costruzione di ferrovie metropolitane, ma in un contesto normativo - non a caso anteriore al trasferimento delle funzioni alle regioni - nel quale questo tipo di interventi faceva capo sia dal punto di vista amministrativo che dal punto di vista finanziario allo Stato. Rinverdire oggi, dopo l'avvenuta regionalizzazione piena della materia, dopo che, fra l'altro, sono state specificamente trasferite alle regioni fin dal 1972 le funzioni concernenti "l'approvazione dei programmi e dei progetti di massima ed esecutivi delle metropolitane" (art. 3, lett. b) del d.P.R. 14 gennaio 1972, n. 5): rinverdire, dicevamo, la gia' soppressa approvazione ministeriale dei progetti di ferrovie metropolitane, di cui all'art. 2 della legge n. 1042 del 1969, significa violare clamorosamente le attribuzioni della regione. Del tutto improprio e' poi il riferimento all'art. 3 del d.P.R. 11 luglio 1980, n. 753, che contiene "nuove norme in materia di polizia, sicurezza e regolarita' dell'esercizio delle ferrovie e di altri servizi di trasporto". Detto art. 3, infatti, si limita a prevedere che l'esecuzione delle opere per la realizzazione di una ferrovia in concessione non possa iniziarsi senza apposita autorizzazione "rilasciata dai competenti uffici delle m.c.t.c. o dagli organi delle regioni o degli enti locali territoriali, secondo le rispettive attribuzioni"; e che detta autorizzazione e' in ogni caso subordinata alla preventiva approvazione dei progetti relativi a dette opere "da parte dei competenti uffici della m.c.t.c., per i servizi di competenza statale, o degli organi regionali, previo nulla osta ai fini della sicurezza da parte degli stessi uffici della m.c.t.c. per i servizi rientranti nelle attribuzioni delle regioni o degli enti locali territoriali" (primo e secondo comma). Dunque nessuna approvazione ministeriale di progetti e' prevista da tali norme, e nessun intervento della commissione interministeriale istituita dall'art. 12, secondo comma, della legge 14 giugno 1949, n. 410 (i cui compiti sono stati estesi dall'art. 10 della legge 2 agosto 1952, n. 1221, e dall'art. 2, secondo comma, della legge 29 dicembre 1969, n. 1042 - tutte disposizioni anteriori al trasferimento delle funzioni delle regioni - e la cui composizione e' stata modificata dallo stesso art. 2, terzo comma, della legge n. 1042/1969 e ora viene nuovamente integrata dalla disposizione in esame, immettendovi - fra l'altro - una rappresentanza del Ministro per i problemi delle aree urbane, la cui competenza in materia di progettazione ferroviaria e di sicurezza dei trasporti ferroviari e' veramente tutta da dimostrare|). L'art. 3 del d.P.R. n. 753/1980 fa riferimento, per i servizi rientranti nelle attribuzioni delle regioni o degli enti locali territoriali, ad una approvazione da parte degli organi regionali, con semplice nulla osta ai fini della sicurezza da parte dell'ufficio della motorizzazione. Pertanto l'art. 5 della legge in esame risulta, sotto tutti i profili indicati, lesivo delle attribuzioni regionali. Gli articoli 7 e 9 della legge disciplinano l'erogazione dei finanziamenti statali per le opere in questione. Precisamente si tratta di contributi, in misura non superiore al dieci per cento dell'investimento, per la durata massima di trenta anni, in relazione ad operazioni di mutuo con la Cassa depositi e prestiti o con istituti di credito nazionali o esteri, al cui fine sono autorizzati limiti di impegno trentennali di 175 miliardi per il 1993 e di ulteriori 50 miliardi per il 1994 (art. 9). L'erogazione dei finanziamenti e' disposta dal Ministro dei trasporti di concerto con il Ministro per i problemi delle aree ur- bane, ed e' subordinata alle approvazioni di cui all'art. 5, secondo comma, nonche' alla dimostrata disponibilita' delle altre fonti di finanziamento (art. 7). Emerge qui, anzitutto, una logica per la quale il finanziamento statale (peraltro limitato ad una quota, nemmeno molto rilevante, degli investimenti) giustificherebbe l'intero assorbimento delle pro- cedure di programmazione di interventi e di approvazione dei progetti in capo agli organi statali (secondo le previsioni gia' esaminate degli articoli 1, 3, 4 e 5). Il che da un lato e' del tutto illogico e incongruo, dato anche il carattere parziale della partecipazione finanziaria dello Stato; dall'altro lato e' palesemente in contrasto con i criteri costituzionali di riparto delle competenze, sia perche', trattandosi di interventi rientranti nell'ambito delle competenze regionali, lo Stato non puo' erogare finanziamenti diretti agli enti locali o ad atri soggetti, ne', in ogni caso, sostituirsi alla regione nell'esercizio di competenze amministrative o normative. Sotto il profilo finanziario, poi, come si e' accennato, la previsione di contributi discrezionalmente concessi da organi dello Stato, sulla base di programmi e progetti da essi approvati, per opere sicuramente rientranti nella sfera di competenza regionale, viola l'autonomia finanziaria oltre che amministrativa della regione (cfr. ad es. sentenze nn. 307/1983, 517/1987 e 921/1988). Come questa Corte ha chiarito ad esempio nella sentenza n. 517/1987 (punto 6 del considerato in diritto), con le norme di riparto della competenza e di trasferimento delle funzioni "sono riconosciuti alla competenza regionale, ovviamente in relazione alle opere rientranti nella propria sfera di attribuzioni, gli interventi finanziari diretti ad agevolare l'accesso al credito, la disciplina dei rapporti con gli istituti di credito, la determinazione dei criteri dell'ammissibilita' al credito agevolato e il controllo sulla destinazione dello stesso". L'art. 10 della legge prevede un ulteriore tipo di intervento finanziario dello Stato. Esso autorizza "gli enti indicati all'art. 8 della legge 15 dicembre 1990, n. 385" - cioe' l'ente Ferrovie dello Stato e i soggetti gestori delle ferrovie in regime di concessione o in gestione commissariale governativa - nonche' "gli altri enti interessati" ad accendere mutui decennali, garantiti dallo Stato, per la realizzazione delle finalita' indicate in detto art. 8 (cioe' "per l'ammodernamento e la realizzazione di collegamenti ferroviari fra gli aeroporti intercontinentali e internazionali e la rete ferroviaria esistente, per la realizzazione di reti su guida vincolata strettamente integrate con le linee ferroviarie esistenti all'interno dei sistemi urbani, nonche' per interventi volti alla realizzazione di innovazioni tecnologiche tendenti a incentivare la riduzione di personale"), e inoltre "per la realizzazione di sistemi ferroviari passanti, di collegamenti ferroviari con aree aeroportuali, espositive ed universitarie, di sistemi di trasporto rapido di massa e di programmi urbani integrati". Come si vede le opere specificamente elencate da detto art. 10 si sovrappongono largamente, ma vanno al di la' di quelle gia' indicate dall'art. 8 della legge n. 385/1990, e in particolare si riferiscono piu' chiaramente a opere strettamente riguardanti il trasporto urbano. A tali fini l'art. 10 in esame prevede che gli enti interessati presentino domanda, sulla base dei relativi progetti, entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della legge (primo comma); che il Cipet, su proposta del Ministro dei trasporti di concerto con quello per i problemi delle aree urbane, approvi il piano di riparto delle risorse e conceda, per i singoli interventi, contributi in misura pari agli oneri per capitale e interessi derivanti dall'ammortamento dei mutui (secondo comma: si tratta, dunque, in realta', di un finanziamento diretto del costo delle opere); che le modalita' per la concessione e l'erogazione dei contributi siano stabilite dal Ministro del tesoro, su proposta del Ministro dei trasporti di concerto, come al solito, col Ministro per i problemi delle aree ur- bane (terzo comma). Il quarto comma autorizza, per l'erogazione dei contributi, limiti di impegno decennali di 195 miliardi per il 1993 e di ulteriori 155 miliardi per il 1994. Anche tali disposizioni sono lesive dell'autonomia regionale, in quanto prevedono interventi finanziari diretti dello Stato, senza alcun coinvolgimento della regione, per opere e interventi che almeno in parte rientrano certamente nell'ambito delle competenze provinciali (almeno per quanto riguarda i "sistemi di trasporto rapido di massa" e i "programmi urbani integrati").