IL PRETORE Ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento penale n. 1775/91 nei confronti di Panzera Nino, imputato del reato p. e p. dall'art. 10, sesto e decimo comma, della legge 18 aprile 1975, n. 110, e art. 20, terzo e quarto comma, della legge n. 110/1975. La Corte Costituzionale con sentenza del 26 giugno 1990, pubblicata il 2 luglio 1990, ha chiarito che il rito speciale di cui all'art. 444 del c.p.p. non esclude che il giudice eserciti una funzione giurisdizionale.Ed invero al giudice viene sottoposto un progetto (di sentenza), progetto che puo' accogliere, assumendolo a contenuto della propria sentenza, ovvero procedere nelle forme ordinarie. Nel procedimento ex art. 444 del c.p.p. dunque, anche se la decisione non si forma, come nel procedimento ordinario, sulla base della discussione, il confronto dialettico tra accusa e difesa non e' escluso, essendo il contraddittorio fra le parti garantito, se pure in materia atipica, dall'accordo. Il giudice, da parte sua, non e' vincolato alla richiesta delle parti, che puo' rigettare, ma solo in quanto ritenga diversa la qualificazione del fatto e con le parti non concordi in ordine all'esistenza o meno di circostanze, al giudizio di comparazione, o (a seguito della citata sentenza) non ritenga congrua la pena. Il giudizio sulla responsabilita', come puo' desumersi dalla citata sentenza, deve considerarsi sostanzialmente formulata dal giudice nel momento in cui, senza che la difesa intervenga con proprie deduzioni in ordine alla valutazione degli elementi in atti, egli valuta se pronunciare sentenza di proscioglimento ex art. 129 del c.p.p. o applicare la pena (sul punto vedi il seguente passo: "va richiamato il modello generale di sentenza di cui all'art. 546 del c.p.p. e le prescrizioni della lettera e) del primo comma, dove si esige che il giudice indichi le prove che intende porre a base della sua decisione ed enunci le ragioni per le quali non ritiene attendibili le prove contrarie. Dal che si evince che anche la decisione di cui all'art. 444 del c.p.p., quando non e' decisione di proscioglimento, non puo' prescindere dalle prove di responsabilita'"). Il diritto di difesa viene quindi garantito in ordine alla qualificazione del fatto, all'esistenza o meno di circostanze, al giudizio di comparazione e alla determinazione della pena, ma non in ordine al giudizio di responsabilita', che non puo' essere oggetto di un accordo. E' ben vero che, come esattamente avverte la Corte, bisogna guardarsi dal pericolo di confondere il diritto di difesa con l'assoluto diritto di esercitarlo. La rinuncia al diritto di difesa, che e' una facolta', puo' pero' solo ammettersi all'interno di un procedimento e non puo' essere imposta dalla legge come condizione per accedere ai benefici derivanti dalla attuazione di un rito speciale. L'art. 24, secondo comma, della Costituzione, definisce infatti la difesa diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento; puo' certamente essere limitato, come ad esempio nella fase istruttoria, dovendosi intimamente correlare, come e' stato esattamente rilevato, alla natura dell'attivita' svolta, ma, proprio per questa ragione, non puo' essere escluso in ordine alla valutazione degli elementi su cui viene affermata o negata la responsabilita'. E' stato rilevato che l'imputato con la scelta di rito di cui all'art. 444 del c.p.p. non nega sostanzialmente la sua responsabilita'. Cio' non sembra pero' rilevante, poiche', se cosi' fosse, il giudice non potrebbe limitare il suo giudizio sulla base degli atti, ma dovrebbe anche tenere conto di un comportamento avente valore di confessione e darne conto in motivazione, il che' e' escluso dalla legge; in ogni caso la confessione non costituisce prova legale e pertanto, anche in presenza di essa, il diritto di difesa deve essere ugualmente garantito. Va infine rilevato che la rinuncia al diritto di difesa non puo' essere giustificata dal fatto che la sentenza di cui all'art. 444 del c.p.p. non avrebbe valore di vera e propria condanna, essendo soltanto alla condanna equiparata. A prescindere infatti dal senso che puo' essere attribuito alla equiparazione, effetto tipico della sentenza di condanna e l'applicazione ed esecuzione della pena e tali effetti ha pure la sentenza ex art. 444 del c.p.p. La natura di quest'ultima non e' quindi diversa, anche se conseguono per legge taluni effetti secondari, trattandosi di aspetti premiati al pari della riduzione della pena. Ritiene pertanto il decidente di riproporre la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 444 del c.p.p. in relazione al solo art. 24, secondo comma, della Costituzione, non apparendo, sulla base delle superiori considerazioni, irrilevante (la rilevanza e' data dal fatto che e' stata formulata a richiesta di un rito alternativo regolato dalla norma ritenuta incostituzionale) e manifestamente infondata la questione stessa.