ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nei  giudizi di legittimita' costituzionale degli artt. 1 e 2, quinto
 e sesto comma, della legge 25 agosto 1991, n.  284  (Liberalizzazione
 dei  prezzi  del  settore  turistico  e  interventi  di sostegno alle
 imprese turistiche), promossi con  ricorsi  delle  Regioni  Umbria  e
 Friuli-Venezia  Giulia,  della  Provincia  autonoma di Bolzano, delle
 Regioni Toscana e Lombardia e della  Provincia  autonoma  di  Trento,
 notificati  il  30  settembre  1991  ed  il 1 e 2 ottobre successivi,
 depositati in cancelleria il 4, 8, 9 e 12 ottobre 1991 ed iscritti ai
 nn. 41, 42, 44, 45, 46 e 47 del registro ricorsi 1991.
    Visto l'atto di costituzione  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  4  febbraio  1992  il  Giudice
 relatore Antonio Baldassarre;
    Uditi gli Avvocati Goffredo Gobbi per la Regione  Umbria,  Gaspare
 Pacia  per  la  Regione  Friuli-Venezia  Giulia,  Roland Riz e Sergio
 Panunzio per la Provincia autonoma di Bolzano, Alberto  Predieri  per
 la  Regione  Toscana,  Maurizio Steccanella per la Regione Lombardia,
 Valerio Onida per la Provincia autonoma di Trento e l'Avvocato  dello
 Stato Carlo Bafile per il Presidente del Consiglio dei Ministri.
                           Ritenuto in fatto
    1.  - Con ricorso regolarmente notificato e depositato, la Regione
 Umbria  ha  sollevato  questione   di   legittimita'   costituzionale
 dell'art.  1 della legge 25 agosto 1991, n. 284 (Liberalizzazione dei
 prezzi del settore turistico e interventi di  sostegno  alle  imprese
 turistiche), per violazione degli artt. 117 e 118 della Costituzione,
 che  assicurano  alle  regioni  a  statuto  ordinario  la  competenza
 legislativa e amministrativa  in  materia  di  "turismo  e  industria
 alberghiera".
    Dopo  aver  ricordato  che il d.P.R. n. 616 del 1977, all'atto del
 secondo trasferimento delle relative  funzioni,  aveva  dato  a  tale
 materia  una  nozione  molto  ampia,  riconoscendo  alle  regioni  la
 funzione  di  determinare,  sulla  base  di  un  regime   di   prezzi
 concordati,  le  tariffe  delle  strutture  turistiche  ricettive, la
 ricorrente  osserva  che  la   legge   impugnata,   nell'imporre   un
 indifferenziato  regime  di liberalizzazione dei prezzi, lederebbe le
 competenze regionali nella materia del turismo e degli  alberghi.  Di
 queste,  infatti,  la  disciplina  dei prezzi, peraltro gia' regolata
 dalla Regione con una propria legge, costituirebbe parte  integrante,
 essendo  inestricabilmente  legata  agli  altri  profili  (economici,
 sociali, culturali,  etc.)  della  stessa  materia.  E  cio'  sarebbe
 confermato  anche  dall'art.  58  del d.P.R. n. 616 del 1977, che non
 ricomprende la fissazione dei prezzi fra le funzioni  riservate  allo
 Stato.
    La  Regione  Umbria  osserva,  inoltre, che, come risulterebbe dal
 d.P.R. n. 616 del 1977 e come avrebbe confermato la sentenza  n.  618
 del  1988 di questa Corte, la determinazione delle tariffe e' data al
 legislatore regionale a titolo di  competenza  propria,  e  non  gia'
 delegata (ai sensi dell'art. 52, primo comma, lettera c, del medesimo
 d.P.R.  n.  616),  per il fatto che la disciplina dei prezzi nei vari
 settori sarebbe assorbita all'interno delle singole materie  affidate
 dalla  Costituzione  alle  regioni,  mentre  il  ricordato art. 52 si
 riferisce alla determinazione dei prezzi in sede locale in  relazione
 a  materie  riservate  allo  Stato  (commercio). Ed e' percio' che il
 legislatore umbro ha potuto stabilire in materia alberghiera  un  re-
 gime   di  prezzi  "concordato",  diverso  da  quello  "amministrato"
 riferibile ai comitati provinciali prezzi. In ogni caso, conclude  la
 stessa  ricorrente, ove pure si ritenesse che l'art. 7 della legge n.
 217 del 1983, al periodo finale dell'ultimo  comma,  abbia  conferito
 una  semplice  delega  a  favore  delle regioni, si dovrebbe tuttavia
 considerare che l'abrogazione di tale disposizione da parte dell'art.
 1, quinto comma, della legge impugnata sarebbe parimenti lesiva degli
 artt. 117 e 118 della  Costituzione,  in  quanto  si  tratterebbe  di
 attivita'  delegate alle regioni allo scopo di assicurare l'esercizio
 organico delle competenze trasferite e, pertanto, si  tratterebbe  di
 funzioni  non  revocabili  dallo  Stato  a  proprio arbitrio, come ha
 riconosciuto questa stessa Corte a partire dalla sentenza n. 559  del
 1988.
    A  tutto  concedere,  osserva  da  ultimo  la  ricorrente,  sembra
 comunque evidente l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, quarto
 comma, della  legge  impugnata,  che,  attribuendo  al  Ministro  del
 turismo e dello spettacolo la competenza a determinare con un proprio
 decreto  le  modalita' di trasmissione e di pubblicazione dei prezzi,
 contiene una norma di estremo dettaglio, la quale riduce  la  regione
 al  ruolo  meramente  passivo  di  puro e semplice destinatario delle
 comunicazioni degli operatori, in contrasto con la sua natura di ente
 ad autonomia costituzionalmente garantita.
    2. - Contro il medesimo art. 1 della legge  n.  284  del  1991  ha
 proposto ricorso per illegittimita' costituzionale la Regione Friuli-
 Venezia  Giulia,  adducendo  la  violazione  dell'art.  4, n. 10, del
 proprio Statuto speciale,  che  assicura  alla  competenza  esclusiva
 della ricorrente la materia del turismo e dell'industria alberghiera,
 nonche'  la violazione delle norme di attuazione contenute nel d.P.R.
 26 agosto 1965, n. 1116 e nel d.P.R. 15 gennaio 1987, n. 469 (artt. 6
 e 8).
     Premesso che la definizione delle materie operata dal  d.P.R.  n.
 616  del  1977 si estende pure alla Regione ricorrente in forza delle
 norme di attuazione contenute nel d.P.R.  15  gennaio  1987,  n.  469
 (art. 6, primo comma) e che, in base all'art. 8, secondo comma, dello
 stesso decreto, le funzioni delegate alle regioni a statuto ordinario
 s'intendono  trasferite alla Regione Friuli-Venezia Giulia, ove (come
 nel caso) riguardino materie assegnate alla competenza  esclusiva  di
 quest'ultima,  la  ricorrente  osserva  che le disposizioni contenute
 nell'art. 1 della legge impugnata,  pur  a  ritenere  che  contengano
 norme  di  principio,  sarebbero  lesive  delle competenze esclusive,
 peraltro gia' esercitate, affidate alla Regione Friuli-Venezia Giulia
 riguardo alla determinazione dei prezzi nel settore turistico.  3.  -
 La  Provincia  autonoma  di  Bolzano  ha  regolarmente  depositato  e
 notificato  un  ricorso  diretto  a  chiedere  la  dichiarazione   di
 illegittimita'  costituzionale  dell'art.  1, primo, secondo, terzo e
 quarto comma, della legge n. 284 del 1991, sul presupposto che violi:
 l'art. 8, n. 20, dello Statuto speciale per il  Trentino-Alto  Adige,
 che  assegna  ad essa la competenza esclusiva in materia di turismo e
 industria alberghiera; l'art. 9, n.  7,  dello  stesso  Statuto,  che
 conferisce  alla  Provincia  la  competenza concorrente in materia di
 servizi pubblici; l'art. 16, primo comma, del medesimo  Statuto,  che
 attribuisce   alle   province  autonome  le  funzioni  amministrative
 afferenti alle materie assegnate alle  loro  competenze  legislative;
 nonche'  le  relative  norme  di  attuazione,  contenute nel d.P.R. 1
 novembre 1973, n. 686, e nel d.P.R.  22  marzo  1974,  n.  278.    La
 ricorrente,   premesso   che  ha  esercitato  con  proprie  leggi  la
 competenza in contestazione e premesso che le censure da essa  formu-
 late,  specialmente  quelle concernenti il primo comma, sono subordi-
 nate all'eventualita' che la legge impugnata abbia abrogato la  norma
 della  legge  n.  217  del  1983, la quale faceva salve le competenze
 delle regioni a statuto speciale e delle province  autonome,  osserva
 che  gravi lesioni alla propria autonomia deriverebbero dal secondo e
 dal terzo comma del ricordato art.  1.  In  particolare,  il  secondo
 comma, il quale regola la comunicazione dei prezzi ai soli fini della
 pubblicita',  interviene  in un campo gia' disciplinato compiutamente
 da leggi provinciali. Il terzo comma, invece, il quale prescrive che,
 entro il 1› marzo e il 1› ottobre di  ogni  anno,  ciascun  operatore
 comunica  i  prezzi che pratichera', rispettivamente, dal 1› giugno e
 dal 1› gennaio del l'anno successivo, contiene una norma dettagliata,
 che si pone in diretto contrasto con la disciplina  provinciale,  per
 la  quale  la predetta comunicazione deve avvenire il 10 settembre di
 ogni anno, salvo possibili variazioni da comunicare entro il 31 marzo
 di ogni anno (a parte i rifugi  alpini,  per  i  quali  l'obbligo  di
 comunicazione cade il 30 giugno di ogni anno).  Per le stesse ragioni
 sarebbe  incostituzionale anche il quarto comma dell'art. 1, il quale
 affida al Ministro del  turismo  e  dello  spettacolo  il  potere  di
 determinare  con  proprio  decreto  le modalita' di trasmissione e di
 pubblicazione dei prezzi,  trattandosi  di  materia  disciplinata  da
 leggi   provinciali,   non   modificabili  o  derogabili  da  decreti
 ministeriali con riguardo agli ambiti di  competenza  delle  province
 stesse.  Ne',  sempre  riguardo  a  questa  ultima  censura,  si puo'
 ritenere che possa valere la clausola di  salvezza  delle  competenze
 provinciali,   per   il  fatto  che  il  quarto  comma  fa  esplicito
 riferimento al  secondo,  che  parla  espressamente  della  Provincia
 autonoma di Bolzano. Del resto, la disposizione impugnata, che sembra
 riferirsi  a  un regolamento ministeriale, violerebbe altresi' l'art.
 17, primo comma, lettera c) (rectius: lettera b) e terzo comma, della
 legge n. 400 del 1988, che vieta l'adozione di  quei  regolamenti  in
 campi  riservati  alla  competenza esclusiva delle Province autonome.
 Ne', infine, ove si dovesse ritenere di essere in presenza di un atto
 governativo di indirizzo e coordinamento, si potrebbe dire di aver di
 fronte una norma costituzionalmente legittima, poiche' questa sarebbe
 comunque contraria al principio di legalita' sostanziale, dal momento
 che manca in essa qualsiasi pre determinazione dei criteri  richiesti
 per  la  definizione del contenuto del futuro atto governativo.  4. -
 Anche la Regione Toscana ha regolarmente notificato e  depositato  un
 ricorso  con  il  quale  chiede  che  sia dichiarata l'illegittimita'
 costituzionale  dell'art.  1  della  legge  n.  284  del  1991,   per
 violazione  degli  artt. 117, 118 e 97 della Costituzione.  Dopo aver
 ricordato  che  anche  durante  i  lavori  parlamentari  sono   stati
 manifestati  forti  dubbi  sulla  legittimita'  costituzionale  delle
 disposizioni impugnate, la ricorrente osserva che, in base agli artt.
 56-60 del d.P.R. n. 616 del 1977, confermati dalla legge n.  217  del
 1983,   la   materia  "turismo  e  industria  alberghiera"  e'  stata
 trasferita alle regioni accogliendo  una  nozione  molto  ampia,  che
 ricomprende,  a  suo  avviso,  la  determinazione  dei  prezzi  delle
 strutture turistiche  ricettive.  Nei  confronti  di  queste  ultime,
 l'art.  7 della legge-quadro sul turismo non contiene alcun principio
 sulla determinazione dei  prezzi,  ma  pone  l'unico  vincolo  di  un
 trattamento  identico  fra le varie strutture ricettive, estendendo a
 queste il regime dei prezzi vigente per  gli  alberghi.  La  suddetta
 competenza  regionale,  peraltro ampiamente esercitata dalla Toscana,
 risulterebbe violata, a giudizio della ricorrente, dal momento che le
 disposizioni impugnate conterrebbero norme di dettaglio su un profilo
 essenziale della disciplina delle attivita'  alberghiere.  Le  stesse
 disposizioni    contrasterebbero,    poi,   con   il   principio   di
 collaborazione tra Stato e regioni, piu' volte  affermato  da  questa
 Corte,  poiche'  esse,  pur  incidendo  in  una materia di competenza
 regionale, sono state adottate senza alcuna previa consultazione  con
 le  regioni  stesse o con gli organi in cui queste sono rappresentate
 unitamente allo Stato.   5. - La Regione  Lombardia  ha  regolarmente
 notificato  e  depositato un ricorso per chiedere la dichiarazione di
 illegittimita' costituzionale dell'art.  1,  primo,  quinto  e  sesto
 comma,  e  dell'art.    2,  sesto comma, della legge n. 284 del 1991,
 ritenendoli contrastanti con l'art. 117  della  Costituzione.    Dopo
 aver  ricordato,  nell'ambito  di  un'ampia ricostruzione delle norme
 vigenti in materia, che nella legislazione anteriore al trasferimento
 alle regioni  delle  competenze  contestate  le  potesta'  economico-
 tariffarie erano intrinsecamente connesse al potere di classificare i
 servizi  alberghieri  e  che  le  competenze dei comitati provinciali
 prezzi godevano di una propria autonomia in relazione a una  funzione
 di  controllo  nell'ambito  di un regime di "prezzi amministrati", la
 ricorrente osserva che con l'art. 56 del d.P.R.  n.    616  del  1977
 questo  complesso  di  competenze  e'  stato attribuito alle regioni,
 essendo state trasferite ad esse "tutte" le funzioni  in  materia  di
 "turismo  e  industria alberghiera", eccettuate quelle riservate allo
 Stato dall'art. 58 del medesimo decreto. L'art. 52 del d.P.R. n. 616,
 tuttavia, ha assegnato a titolo di delega, sia pure  con  riferimento
 generico  alle  attivita'  commerciali,  le  funzioni  relative  alla
 "attivita' dei comitati provinciali prezzi", anche con riguardo  alle
 tariffe  alberghiere  e ai servizi turistici, funzioni che sono state
 delegate  ad  "integrazione  necessaria"  di  competenze  trasferite.
 Secondo  la ricorrente, l'art. 1, primo comma, nel disporre la totale
 liberalizzazione dei prezzi dei servizi  alberghieri  e  delle  altre
 strutture  ricettive,  sottrae  ai comitati provinciali prezzi e agli
 enti preposti al turismo locale dipendenti dalla  Regione  competenze
 che  l'art.  117  attribuisce  all'autonomia  regionale  senza alcuna
 specifica  limitazione  materiale.  In  tal  modo,  non  solo   viene
 incostituzionalmente  soppressa  una  funzione trasferita, ma subisce
 altresi' uno svuotamento quella  relativa  alla  classificazione  dei
 servizi  alberghieri,  intimamente  legata  alla  funzione soppressa.
 Questa illegittimita' e' resa palese,  ad  avviso  della  ricorrente,
 dall'art.  1,  quinto  comma,  che  espressamente abroga il regime di
 "prezzi concordati", rectius  "amministrati",  disposto  dall'art.  7
 della  legge n. 217 del 1983.  Ancor piu' evidente sarebbe, sempre ad
 avviso della ricorrente,  l'incostituzionalita'  dell'art.  1,  sesto
 comma, il quale, nel disporre la liberalizzazione delle tariffe delle
 attivita'   turistiche   ad   uso   pubblico  gestite  in  regime  di
 concessione, lederebbe le competenze, oggetto di delega organica alle
 regioni, concernenti le aree  e  le  spiagge  fluviali  e  lacuali  a
 destinazione  turistica  (art.   59 del d.P.R. n. 616 del 1977). Tale
 previsione sarebbe palesemente irragionevole, poiche'  esproprierebbe
 la  regione  di  poteri  che  sono  connaturati alla sua posizione di
 concedente, volta a controllare attivita' imprenditoriali svolgentisi
 su beni demaniali destinati a uno specifico uso  pubblico.    Infine,
 conclude  la  ricorrente,  sarebbe  incostituzionale  anche l'art. 2,
 sesto  comma,  il  quale,  "avocando"  esclusivamente   all'ENIT   la
 realizzazione   e   la  gestione  di  interventi  finanziari  che  si
 configurano come iniziative di sostegno e  di  promozione  turistica,
 lederebbe  le  attribuzioni trasferite alle regioni dall'art. 4 della
 legge-quadro n. 217 del 1983,  attualmente  esercitate  in  Lombardia
 dalle Aziende di promozione turistica.  6. - Con ricorso regolarmente
 depositato  e notificato, la Provincia autonoma di Trento ha proposto
 questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, secondo, terzo,
 quarto e sesto comma, della legge n. 284  del  1991,  per  violazione
 degli  artt.  8,  n.  20, 9, n. 7, e 16 dello Statuto speciale per il
 Trentino Alto Adige e delle relative norme di attuazione e  dell'art.
 2,  quinto e sesto comma, della medesima legge, in riferimento, oltre
 che ai cia' citati parametri statutari,  all'intero  titolo  V  dello
 Statuto (come attuato dalla legge 30 novembre 1989, n. 386), il quale
 garantisce  l'autonomia finanziaria provinciale.  Dopo aver ricordato
 che la  materia  in  considerazione  e'  stata  oggetto  di  un'ampia
 legislazione  provinciale  e  che l'abrogazione del regime dei prezzi
 amministrati incide soltanto sulla normativa generale  del  controllo
 dei  prezzi,  non  gia'  su  quella delle specifiche norme in tema di
 prezzi degli esercizi ricettivi (es.  pubblicita' dei prezzi, divieto
 di variazione dei prezzi nel semestre di riferimento), la  ricorrente
 rileva  che  su  questi  ultimi  aspetti, regolati dalle citate leggi
 provinciali, non sembra che trovino applicazione il secondo, terzo  e
 quarto comma dell'art. 1 della legge impugnata, i quali, a differenza
 dei  commi  primo e quinto dello stesso articolo (che stabiliscono il
 principio  della  liberalizzazione  dei  prezzi),  contengono   norme
 specifiche  in  materia di industria alberghiera. Se cosi' non fosse,
 tuttavia, la ricorrente chiede che le  disposizioni  impugnate  siano
 dichiarate   costituzionalmente   illegittime   per   lesione   delle
 attribuzioni prima ricordate.    Parimenti  lesivo  delle  competenze
 provinciali  sarebbe,  ad  avviso  della  ricorrente, l'art. 1, sesto
 comma,  poiche'  l'estensione  del  regime  dei  prezzi  liberi  alle
 attivita' turistiche ad uso pubblico gestite in concessione contrasta
 con   i  principi  generali  del  rapporto  concessorio,  di  cui  la
 determinazione delle tariffe costituisce un elemento essenziale,  per
 il  fatto  che  il  titolare  dell'attivita'  in  tal  caso offre sul
 mercato, non servizi da lui stesso  prodotti  con  mezzi  propri,  ma
 servizi  per  i quali utilizza beni pubblici e facolta' di pertinenza
 della amministrazione provinciale.   Costituzionalmente  illegittimo,
 pur  sotto  il  profilo  dell'autonomia finanziaria, sarebbe, infine,
 l'art. 2, quinto e sesto comma, il quale attribuisce al Ministero del
 turismo  e  dello  spettacolo,  "anche"  per il tramite dell'ENIT, il
 potere di effettuare interventi sulla promozione turistica all'estero
 che le norme di attuazione dello Statuto, contenute nell'art.  5  del
 d.P.R.  n.  278  del 1974, assegnano, con riguardo alle iniziative da
 realizzare nel loro rispettivo territorio,  alle  province  autonome,
 che  a  tal  fine, al pari delle regioni a statuto ordinario, possono
 avvalersi dell'ENIT stesso. Ne', sempre ad avviso  della  ricorrente,
 varrebbe  a  giustificare l'articolo impugnato la rituale limitazione
 agli "interventi urgenti"  in  un  campo  caratterizzato  da  risorse
 stabili  e  da attivita' stagionali permanenti e ricorrenti.  7. - Il
 Presidente del Consiglio dei Ministri si e'  regolarmente  costituito
 in  tutti i giudizi introdotti dai ricorsi precedentemente illustrati
 chiedendo che le questioni di legittimita'  costituzionale  sollevate
 siano  dichiarate  non fondate.   L'Avvocatura dello Stato osserva in
 via generale che la premessa dalla quale muovono tutte le ricorrenti,
 ad eccezione della Provincia autonoma di Trento  -  e  cioe'  che  il
 controllo  dei prezzi delle attivita' alberghiere e ricettive rientra
 nella piu' ampia competenza in materia  di  turismo  e  di  industria
 alberghiera  ovvero  e'  attratta  da questa, trattandosi di funzione
 conferita a titolo di delega "organica" -, non sembra  corretta,  dal
 momento che, come questa Corte ha gia' affermato (v. sent. n. 474 del
 1988),  la disciplina del controllo dei prezzi si collega a finalita'
 generali (quali la lotta all'inflazione, etc.), che  trascendono  gli
 interessi  tutelati con le attribuzioni regionali (o provinciali). In
 questo, come in altri settori (ad esempio, agricoltura), la  politica
 dei  prezzi  sarebbe  distinta e autonoma dalle competenze attribuite
 alle ricorrenti, tanto che i relativi poteri sono rimasti in capo  al
 comitato  interministeriale  prezzi,  in  ragione  del  fatto che gli
 indirizzi di politica economica non possono subire  frammentazioni  o
 frazionamenti  fra  Stato  e  regioni  (o  province  autonome).  Ne',
 continua l'Avvocatura dello Stato, le funzioni affidate  ai  comitati
 provinciali  prezzi  possono essere configurate come frutto di delega
 "organica"   (cioe'   necessariamente   integrativa    di    funzioni
 trasferite), cosi' che una legge dello Stato puo' ben disciplinare ex
 novo  il settore, senza incontrare ostacolo in competenze regionali o
 provinciali.  Quanto alle censure piu' specifiche, l'Avvocatura dello
 Stato,  nel  contestare  la  pretesa  lesione  delle  competenze  che
 spettavano  agli  enti  provinciali  per  il  turismo, invocata dalla
 Regione Lombardia, rileva  che  il  trasferimento  di  tali  funzioni
 riguarda,  non  gia' l'imposizione dei prezzi (v. regio decreto-legge
 n. 2049 del 1935), ma la pubblicizzazione  delle  tariffe  dichiarate
 dagli  operatori e il controllo sulla loro effettiva applicazione (v.
 regio decreto-legge n. 2049 del 1935). Inoltre, dopo  aver  affermato
 che  il  quinto  comma  sembra  puramente  consequenziale rispetto al
 principio  della  liberalizzazione   stabilito   dal   primo   comma,
 l'Avvocatura  dello Stato osserva, in relazione alle censure mosse al
 sesto comma, che l'inerenza delle strutture turistiche ivi previste a
 un rapporto tra concedente e concessionario non ha  alcuna  rilevanza
 rispetto ai prezzi, poiche' il concedente puo' sempre tutelare in via
 negoziale il proprio interesse alla determinazione del canone e delle
 altre  condizioni  del  disciplinare della concessione. In ogni caso,
 afferma l'Avvocatura, il trasferimento delle funzioni  amministrative
 sulle  pertinenze  demaniali fluviali e lacuali, operato dall'art. 59
 del  d.P.R.  n. 616 del 1977, non avrebbe comportato il trasferimento
 del diritto demaniale, che sarebbe rimasto in via prevalente in  capo
 allo Stato. Infine, a proposito delle censure mosse all'art. 2, sesto
 comma,  l'Avvocatura  rileva che, a norma del d.P.R. n. 616 del 1977,
 non e' certo inibito al Ministero e all'ENIT esercitare  con  proprie
 risorse  finanziarie  il  sostegno dell'immagine del turismo italiano
 all'estero, salvi i poteri delle singole regioni o delle Province  di
 Trento  e  di Bolzano di adottare autonome iniziative per valorizzare
 il turismo nei propri territori.  Nei confronti delle  censure  mosse
 dalle  Regioni  Toscana e Umbria all'art. 1, l'Avvocatura dello Stato
 osserva che nulla puo' escludere che  il  principio  contenuto  nella
 legge-quadro  n. 217 del 1983, relativo all'attuazione del regime dei
 prezzi "concordati", possa  essere  modificato  o  abrogato.  Analogo
 ragionamento  varrebbe  per  le  censure  mosse dalla Regione Friuli-
 Venezia  Giulia.    Infine,  relativamente  alle  censure  mosse   in
 parallelo   dalle   Province   autonome   di  Trento  e  di  Bolzano,
 l'Avvocatura dello Stato rileva che la legge impugnata, riguardo alla
 pubblicita', trasmissione e pubblicazione  dei  prezzi,  non  fa  che
 richiamare  il  regio  decreto-legge  n.  2049 del 1935, che e' stato
 sempre  applicato  su  tutto  il  territorio  nazionale,  sulla  base
 dell'evidente interesse generale a che la pubblicita' dei prezzi, che
 e'  diretta  a tutelare gli utenti, trovi un'attuazione omogenea e la
 comunicazione  delle  tariffe  sia  finalizzata  alla   pubblicazione
 nell'annuario  degli  alberghi d'Italia. Tali disposizioni, pertanto,
 non ledono competenze delle Province autonome, poiche' si limitano  a
 porre  su queste ultime un onere, non certo gravoso, di comunicazione
 di dati al fine della pubblicazione degli stessi a livello nazionale.
 Da ultimo, riguardo alle censure mosse all'art. 1, sesto comma, e  2,
 quinto  comma,  l'Avvocatura  rimanda  a  quanto ha gia' replicato ad
 altre ricorrenti, salvo ad aggiungere, riguardo  all'art.  2,  quinto
 comma,  che  l'urgenza  degli  interventi e' legata, come risulta dai
 lavori preparatori, alla finalita' di rilanciare il  turismo  colpito
 da eventi negativi contingenti di ordine politico o sociale.  8. - In
 prossimita'   dell'udienza  hanno  depositato  ulteriori  memorie  le
 Regioni Umbria e Toscana e  la  Provincia  autonoma  di  Bolzano,  le
 quali, oltre a ribadire posizioni gia' espresse, hanno aggiunto nuove
 considerazioni.    In  particolare,  la  Regione Umbria, ribadendo la
 propria opinione sulla inerenza della determinazione dei prezzi delle
 strutture alberghiere e ricettive alla politica del  turismo  (e  non
 gia'  a  quella  economica)  e,  in particolare, alla classificazione
 degli alberghi (anche a tutela dell'utente), afferma che  proprio  in
 base  a  tale  inerenza,  piuttosto  che  in  base al labile richiamo
 operato dall'art. 7 della legge n. 217 del 1983, molte regioni  hanno
 disciplinato  organicamente  le  tariffe  alberghiere  e  degli altri
 esercizi ricettivi. Tra queste, rientra anche la Regione Umbria, che,
 con la propria legge n. 43 del 1988, ha altresi'  indicato  "in  modo
 analitico  ed  esaustivo  le  norme  abrogate,  tra le quali il regio
 decreto-legge  24  ottobre  1935,  n.  2049",  cui  invece  la  legge
 impugnata  fa  riferimento.  La  stessa ricorrente prospetta, poi, la
 lesione dei principi di ragionevolezza e di leale cooperazione, sulla
 falsariga di quanto dedotto dalla  Regione  Toscana.    La  Provincia
 autonoma  di  Bolzano,  oltre  a  precisare,  in contrasto con quanto
 mostra di presupporre l'Avvocatura dello  Stato,  di  aver  impugnato
 anche l'art. 1, primo comma, pur se a condizione che debba applicarsi
 al  proprio  territorio, e oltre a ribadire di ritenere la disciplina
 dei prezzi dei servizi alberghieri ricompresa nella materia turismo e
 industria alberghiera, afferma che  la  liberalizzazione  dei  prezzi
 rientra  nelle  scelte  di  propria  competenza  e  non  puo'  essere
 considerata principio generale dell'ordinamentoo  norma  fondamentale
 di   riforma  economico-sociale.    Tantomeno,  poi,  essa  prosegue,
 sussisterebbe un interesse statale dietro a norme di  dettaglio  come
 quelle   impugnate   e,   in   particolare,  dietro  all'esigenza  di
 raccogliere unitariamente tutte le  comunicazioni  dei  prezzi  degli
 operatori  turistici  per  pubblicarli  nell'annuario  degli alberghi
 d'Italia.   La Regione Toscana, ribadendo  che  l'esaustivita'  e  la
 completezza  del  trasferimento  in  materia  di  turismo e industria
 alberghiera   inducono   a   ricomprendere   in    quest'ultima    la
 determinazione  dei  prezzi,  contesta l'affermazione dell'Avvocatura
 dello Stato, per la quale la disciplina impugnata e' riconducibile  a
 finalita'  unitarie di politica economica e, specialmente, alla lotta
 all'inflazione. A conferma del suo assunto, la ricorrente  sottolinea
 che  la  determinazione delle tariffe e' prevista nella legge-quadro,
 dove, all'art.  14,  esiste  un  significativo  collegamento  tra  la
 distribuzione  delle  risorse a favore delle regioni e gli "indici di
 utilizzazione del  patrimonio  ricettivo  regionale",  i  quali  sono
 indubbiamente condizionati dai prezzi degli esercizi alberghieri.
                        Considerato in diritto
    1.  -  Con  sei  distinti  ricorsi  le Regioni a statuto ordinario
 Umbria, Toscana e Lombardia, la Regione a  statuto  speciale  Friuli-
 Venezia  Giulia  e  le  Province  autonome  di  Bolzano  e  di Trento
 sollevano  questioni  di   legittimita'   costituzionale   su   varie
 disposizioni  contenute negli artt. 1 e 2 della legge 25 agosto 1991,
 n.  284  (Liberalizzazione  dei  prezzi  del  settore   turistico   e
 interventi  di  sostegno alle imprese turistiche), essenzialmente per
 violazione  delle  norme  costituzionali  ad  esse   attributive   di
 competenze  legislative  e  amministrative  in  materia di "turismo e
 industria alberghiera".   Piu'  precisamente,  le  Regioni  Umbria  e
 Toscana  contestano la legittimita' costituzionale dell'intero art. 1
 in  riferimento  agli  artt.  117  e  118   della   Costituzione   e,
 limitatamente  alla  Toscana,  anche in riferimento all'art. 97 della
 Costituzione. Lo stesso art.  1, nella totalita' dei suoi  commi,  e'
 impugnato   dalla   Regione  Friuli-Venezia  Giulia,  per  violazione
 dell'art. 4, n. 10, del proprio Statuto, che conferisce alla predetta
 ricorrente la competenza esclusiva in materia di "turismo e industria
 alberghiera", e per  violazione  delle  relative  norme  d'attuazione
 contenute  nel d.P.R. 26 agosto 1965, n. 1116 e nel d.P.R. 15 gennaio
 1987, n. 469 (artt. 6 e 8). La Provincia autonoma  di  Bolzano,  poi,
 dubita  della  costituzionalita' dell'art. 1, primo, secondo, terzo e
 quarto comma, ritenendo le disposizioni ivi  contenute  lesive  della
 propria  competenza  esclusiva  in  materia  di  "turismo e industria
 alberghiera", di quella concorrente in materia di servizi pubblici  e
 delle   corrispondenti   funzioni   amministrative,   le  quali  sono
 rispettivamente garantite alla ricorrente dagli artt. 8, n. 20, 9, n.
 7, e 16 dello Statuto  speciale  per  il  Trentino-Alto  Adige,  come
 attuati  dal  d.P.R.   1› novembre 1973, n. 686 e dal d.P.R. 22 marzo
 1974, n. 278. Questi medesimi parametri  sono  invocati  per  addurre
 l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, secondo, terzo, quarto e
 sesto  comma,  da  parte della Provincia autonoma di Trento, la quale
 prospetta  altresi'  la  violazione degli stessi, in combinazione con
 l'intero titolo V dello Statuto (come attuato dalla legge 30 novembre
 1989, n. 386), ad opera dell'art. 2, quinto e sesto comma. Infine, la
 Regione  Lombardia  lamenta  la  violazione   dell'art.   117   della
 Costituzione  da  parte  dell'art.  1, primo, quinto e sesto comma, e
 dell'art. 2, sesto comma.   Poiche'  tutti  i  ricorsi  ora  indicati
 prospettano  questioni  di  legittimita'  costituzionale  su medesime
 disposizioni o su disposizioni fra loro connesse, i relativi  giudizi
 vanno  riuniti  per essere decisi con un'unica sentenza.  2. - L'art.
 1, primo comma, della legge n. 284 del 1991  -  il  quale  stabilisce
 che,  dalla  data  di  entrata  in  vigore  della legge, i prezzi dei
 servizi alberghieri e delle altre strutture ricettive  (di  cui  alla
 legge  17  maggio  1983,  n.  217,  e successive modificazioni) "sono
 liberamente  determinati  dai  singoli  operatori"  -  e'  sospettato
 d'illegittimita'  costituzionale  dalle  Regioni  a statuto ordinario
 Umbria, Toscana  e  Lombardia.  Le  anzidette  ricorrenti  ritengono,
 infatti, che la legge impugnata, nel disporre la liberalizzazione dei
 prezzi  dei  servizi  erogati  dagli alberghi e dalle altre strutture
 turistiche ricettive, sia lesiva del potere di  determinazione  delle
 medesime  tariffe  che  gli artt. 56-60 del d.P.R. 24 luglio 1977, n.
 616, e l'art. 7, undicesimo comma, della legge  17  maggio  1983,  n.
 217,  in  attuazione  degli  artt.  117  e  118  della  Costituzione,
 avrebbero  incluso  fra  gli  oggetti  trasferiti   alle   competenze
 regionali in materia di "turismo e industria alberghiera". Le Regioni
 Umbria  e  Lombardia  osservano,  inoltre, che, pur a ritenere che la
 predetta determinazione  dei  prezzi  debba  essere  considerata  una
 funzione  delegata  alle  regioni ai sensi dell'art. 52, primo comma,
 lettera c), del d.P.R. n. 616 del  1977,  la  disposizione  impugnata
 sarebbe  parimenti  incostituzionale  per  essere lesiva di norme che
 affidano alle regioni funzioni delegate, le quali sono  organicamente
 e necessariamente connesse a quelle trasferite in materia di "turismo
 e industria alberghiera".
    La questione non e' fondata.
    Il  potere  di  determinazione  delle  tariffe dei servizi erogati
 dagli alberghi e dalle altre strutture turistiche ricettive non  puo'
 essere   ricompreso   fra   gli  oggetti  concernenti  il  pur  ampio
 trasferimento alle regioni a statuto ordinario  delle  competenze  in
 materia  di turismo e industria alberghiera. Con riferimento a questo
 specifico settore, tanto all'atto dell'adozione del d.P.R. 14 gennaio
 1972, n. 6, quanto nel momento del successivo trasferimento  compiuto
 con  il  d.P.R.  n.  616  del  1977,  non sussisteva nell'ordinamento
 giuridico alcuna norma di legge volta a ricomprendere tra le funzioni
 relative alla  materia  del  turismo  e  dell'industria  alberghiera,
 esercitate  dagli  organi  centrali  e periferici dello Stato, quella
 concernente la determinazione dei  prezzi  dei  servizi  alberghieri.
 Quest'ultima  funzione, come ha correttamente riconosciuto la Regione
 Lombardia, rientrava  e  rientra  in  una  piu'  generale  competenza
 attinente  al  complesso dei rapporti commerciali, in base alla quale
 il potere di determinare i prezzi "dei servizi e delle  prestazioni",
 oltreche'  delle merci, e' affidato al comitato interministeriale dei
 prezzi (CIP) e, in sede locale, ai comitati provinciali  dei  prezzi,
 che   operano   nell'ambito  delle  direttive  emanate  dal  comitato
 interministeriale  (v.  artt.  4  e   7   del   decreto   legislativo
 luogotenenziale   19  ottobre  1944,  n.  347;  art.  9  del  decreto
 legislativo  del  Capo  provvisorio dello Stato 15 settembre 1947, n.
 896).   In base a tale collocazione  nell'ambito  della  materia  del
 commercio,  la  fissazione delle tariffe dei servizi alberghieri deve
 ritenersi ricompresa tra le funzioni che  sono  state  delegate  alle
 regioni  a  statuto  ordinario dall'art. 52, primo comma, lettera c),
 del d.P.R. n. 616 del 1977, il quale  fa  riferimento  "all'attivita'
 dei  comitati  provinciali  per  i  prezzi  sulla base delle norme di
 riforma del sistema dei prezzi controllati".  Tale  delega  e'  stata
 successivamente   ampliata  dall'art.  7,  undicesimo  comma,  ultima
 proposizione,  della  legge   n.   217   del   1983,   ora   abrogato
 dall'impugnato  art.  1, quinto comma, il quale disponeva che "il re-
 gime dei prezzi concordati, previsto dalla presente legislazione  per
 gli  alberghi,  e'  esteso  a  tutte  le strutture ricettive indicate
 nell'art. 6, gestite da imprese turistiche".   Analogamente a  quanto
 affermato  da  questa Corte a proposito di un'altra funzione prevista
 dallo stesso art. 52, primo comma, del d.P.R. n.  616  del  1977  (v.
 sent.  n.  559  del  1988), non si puo' negare che anche il potere di
 determinare le tariffe imputato ai comitati  provinciali  dei  prezzi
 deve  esser  considerato,  nello  specifico  riferimento  ai  servizi
 erogati dagli alberghi e dalle strutture turistiche  ricettive,  come
 una  funzione  delegata  alle  regioni al fine di rendere possibile a
 queste ultime l'esercizio "organico" delle competenze  trasferite  e,
 in  particolare,  di  quelle  concernenti  il  turismo  e l'industria
 alberghiera. Anche in tal caso, infatti,  non  residuano  allo  Stato
 poteri  "concorrenti",  ma  solo  una potesta' di indirizzo a fini di
 coordinamento; e,  inoltre,  sussiste  tra  la  determinazione  delle
 tariffe  alberghiere  (e  di  quelle delle altre strutture turistiche
 ricettive) e lo svolgimento di varie competenze "proprie" in  materia
 di  turismo  e di alberghi (classificazione degli immobili adibiti ad
 uso di albergo, sviluppo del turismo regionale, etc.) una connessione
 funzionale necessaria in vista di  quell'esercizio  "organico"  delle
 attribuzioni  "proprie"  che  la legge n. 382 del 1975 e il d.P.R. n.
 616 del 1977 hanno voluto garantire alle regioni (v. anche sentt. nn.
 977, 1034 e 1112 del 1988, 278 del 1991).   Tutto  cio'  non  toglie,
 tuttavia,  che,  come  questa  Corte ha costantemente ammesso (v., da
 ultimo, sentt. nn. 211 del 1988, 101 del 1989  e  85  del  1990),  il
 legislatore  statale,  nello  svolgimento  non  irragionevole del suo
 potere  di  attuazione  delle  disposizioni   costituzionali,   possa
 modificare  la  portata  o il significato delle competenze trasferite
 alle regioni e, a maggior ragione, di quelle delegate alle stesse per
 l'esercizio "organico" delle loro attribuzioni.  Infatti,  una  volta
 che  si  e'  riconosciuto  al  legislatore statale un ampio potere di
 conformazione delle materie assegnate  alle  attribuzioni  regionali,
 nel  senso  di  un  significativo ampliamento della consistenza e del
 numero delle funzioni rientranti in un medesimo ambito di  competenza
 costituzionalmente  predefinito,  nel  contempo  non puo' logicamente
 negarsi che il legislatore statale  possa  usare  lo  stesso  potere,
 nella  sua discrezionale valutazione dei rapporti fra Stato e regioni
 nel loro divenire, anche nel senso di restringere la  consistenza  o,
 persino, il numero delle funzioni rientranti in un determinato ambito
 materiale  di  competenza costituzionalmente predefinito.  Sotto tale
 profilo,  non  puo'  considerarsi  arbitraria  la   scelta   che   il
 legislatore  statale  ha  effettuato con l'art. 1, primo comma, della
 legge n. 284 del 1991, il quale, nel disciplinare ex novo la funzione
 considerata,  ha  predisposto  una  riforma  radicale  implicante  la
 soppressione della stessa e la conseguente sottrazione alle regioni a
 statuto ordinario del potere delegato di  determinazione  dei  prezzi
 dei  servizi  alberghieri  e  para-alberghieri.  Con  la disposizione
 impugnata, in altri termini, il legislatore nazionale  ha  realizzato
 una  riforma  fondamentale  del mercato dei predetti servizi, in base
 alla quale da un  regime  di  prezzi  controllati,  "amministrati"  o
 "concordati" che fossero, si e' passati a un regime di prezzi liberi.
 Siffatta  scelta di politica economica - che, come tale, non e' certo
 sindacabile da questa Corte - comporta una trasformazione radicale  e
 globale  del  sistema  di  determinazione  delle  tariffe nel settore
 considerato, in relazione alla quale la  consequenziale  soppressione
 della  funzione  delegata  di  formazione  in  via amministrativa dei
 prezzi dei servizi erogati dagli alberghi e dalle strutture ricettive
 turistiche non puo' considerarsi costituzionalmente illegittima.  Per
 gli stessi motivi  appena  enunziati  viene  meno  anche  l'ulteriore
 censura  mossa dalla Regione Toscana all'art. 1, primo comma, ripresa
 pure dalla regione Umbria nella  memoria  difensiva,  in  riferimento
 alla pretesa incidenza della disposizione impugnata su una materia di
 competenza  regionale  in mancanza di adeguate forme di cooperazione.
 3. - Per effetto della  pronunzia  ora  resa,  deve  dichiararsi  non
 fondata  anche  la  questione  di  legittimita' costituzionale che le
 Regioni Umbria, Toscana e Lombardia  hanno  sollevato  nei  confronti
 dell'art.  1,  quinto  comma,  della  legge n. 284 del 1991, il quale
 dispone che "l'ultimo periodo dell'undicesimo comma dell'art. 7 della
 legge 17  maggio  1983,  n.  217,  e'  abrogato".    La  disposizione
 considerata,  infatti,  e' meramente consequenziale all'introduzione,
 operata con il gia'  esaminato  primo  comma  dello  stesso  art.  1,
 concernente  il  principio  della  liberalizzazione  dei  prezzi  dei
 servizi  erogati  dagli  alberghi  e   dalle   strutture   turistiche
 ricettive.  L'introduzione  di  tale  principio  comporta logicamente
 l'eliminazione di una statuizione che, non solo confermava il sistema
 dei prezzi "concordati",  ma  lo  estendeva,  altresi',  dai  servizi
 alberghieri  ai  servizi erogati dalle strutture turistiche ricettive
 indicate nell'art. 6 della medesima legge.   4.  -  Non  fondata  e',
 altresi',  la questione di legittimita' costituzionale che la Regione
 a statuto speciale Friuli-Venezia Giulia e la Provincia  autonoma  di
 Bolzano   hanno   sollevato,   quest'ultima   subordinatamente   alla
 eventualita' che la legge impugnata abbia  abrogato  la  disposizione
 della  legge  n.  217  del  1983, la quale faceva salve le competenze
 delle regioni a  statuto  speciale  e  delle  province  autonome,  in
 riferimento  ai  parametri  statutari  indicati nel punto primo della
 motivazione, nei confronti dell'art.  1, primo comma, della legge  n.
 284  del  1991.   In tema di determinazione delle tariffe alberghiere
 tanto la Regione Friuli-Venezia Giulia quanto la  Provincia  autonoma
 di  Bolzano  dispongono  di  competenza  esclusiva.  Per  l'una e per
 l'altra,  infatti,  le  norme  di  attuazione  dei  relativi  Statuti
 speciali  -  contenute,  rispettivamente, nell'art. 8, secondo comma,
 del d.P.R. 15 gennaio 1987, n. 469, e nell'art.  11,  secondo  comma,
 del  d.P.R.  19  novembre 1987, n. 526 - stabiliscono che le funzioni
 delegate alle regioni a statuto ordinario dal d.P.R. n. 616 del 1977,
 ove attengano a materie attribuite alla  competenza  esclusiva  della
 Regione  e  della Provincia anzidette, qual'e', per l'appunto, quella
 in tema di turismo e industria alberghiera, sono a queste  trasferite
 per  la  parte  che  gia'  non  spetti loro per competenza propria. E
 poiche', come s'e' prima detto,  la  determinazione  dei  prezzi  dei
 servizi erogati dagli alberghi e dalle strutture turistiche ricettive
 e'  stata  delegata  alle  regioni  ad autonomia comune dall'art. 52,
 primo comma, lettera c), del d.P.R. n. 616 del 1977, non v'e'  dubbio
 che   le   relative   funzioni  devono  intendersi  ricomprese  nella
 competenza esclusiva delle ricorrenti ora in  considerazione.    Cio'
 non di meno, si deve escludere che l'art. 1, primo comma, contenga un
 limite   alla   predetta   competenza   che   possa  essere  ritenuto
 costituzionalmente illegittimo, dal momento che  ricorrono  nel  caso
 tutti  i requisiti che questa Corte ha riconosciuto come propri delle
 disposizioni costituenti "norme fondamentali delle riforme economico-
 sociali" (v., ad esempio, sentt. nn. 116 del 1967, 13 del  1980,  151
 del 1986, 99 del 1987, 274, 1002 e 1033 del 1988, 85 del 1990 e 349 e
 396  del  1991).  Non  si puo' dubitare, infatti, che la disposizione
 impugnata sia diretta al fine di modificare radicalmente o, anzi,  di
 capovolgere il meccanismo di determinazione delle tariffe dei servizi
 in un settore, quello turistico-alberghiero, di grande importanza per
 la  vita  economica e sociale della collettivita' nazionale. Inoltre,
 la stessa disposizione di legge statale, nel segnare il passaggio  da
 un  sistema  di  formazione  dei  prezzi  in via amministrativa a uno
 basato sul libero incontro della domanda e  dell'offerta,  stabilisce
 un  principio,  quello  del  "libero  mercato",  che,  concernendo un
 profilo fondamentale del regime economico  nel  settore  considerato,
 esige  un'attuazione  uniforme  su tutto il territorio nazionale. In-
 fine, il principio della  liberalizzazione  dei  prezzi  dei  servizi
 erogati  dagli  alberghi e dalle altre strutture turistiche ricettive
 si inserisce in  un  congiunto  di  funzioni  in  base  al  quale  le
 ricorrenti,  nel  campo  di  competenza  interessato,  conservano uno
 spazio di poteri sufficiente per adattare il predetto principio  alle
 condizioni  e  alle peculiarita' delle loro realta' locali.  Ne' puo'
 riconoscersi un qualche rilievo al fatto che l'introduzione  per  via
 legislativa  del  principio  riformatore  prima  indicato comporti la
 soppressione di  una  funzione,  quella  di  determinare  le  tariffe
 alberghiere  e  para-alberghiere  che,  in  base alle disposizioni di
 legge  preesistenti,  era  ricompresa  nella  sfera   di   competenza
 (esclusiva)  della  Regione  e  della  Provincia autonoma ricorrenti.
 Rientra, infatti, nel concetto stesso delle "norme fondamentali delle
 riforme  economico-sociali"   l'effetto   di   trasformazione   delle
 situazioni   normative   o   istituzionali   preesistenti,  cui  puo'
 conseguire tanto la creazione di funzioni  nuove,  quanto,  come  nel
 caso  di specie, la soppressione di funzioni fino ad allora esistenti
 ed esercitate. Resta il fatto, tuttavia,  che  il  venir  meno  della
 funzione   di   determinazione  delle  tariffe  alberghiere  e  para-
 alberghiere  non  comporta   la   vanificazione   delle   pur   ampie
 possibilita'  di  intervento  che  le  regioni e le province autonome
 conservano  in  materia  di  turismo  e  di  industria   alberghiera,
 possibilita' fra le quali sono indubbiamente ricomprese anche ipotesi
 di  sostegno o di incentivazione che incidono sui costi di impianto e
 di gestione delle strutture turistiche e alberghiere e che  ricadono,
 in  definitiva, sulla formazione dei prezzi dei relativi servizi.  5.
 -  In  conseguenza  della  dichiarazione  di  non  fondatezza   della
 questione  di  costituzionalita'  esaminata  nel punto immediatamente
 precedente deve pervenirsi a un'identica pronunzia relativamente alla
 censura che la Regione Friuli-Venezia Giulia ha mosso, in riferimento
 all'art.  4,  n.  10,  del  proprio  Statuto  speciale, nei confronti
 dell'art. 1, quinto comma, della legge n. 284 del 1991.  Come  si  e'
 precisato  nel  precedente  punto  n.  3,  la  disposizione impugnata
 contiene una norma di abrogazione espressa  dell'art.  7,  undicesimo
 comma,  ultimo periodo, della legge n. 217 del 1983, che e' puramente
 consequenziale  rispetto   alla   introduzione   del   principio   di
 liberalizzazione  dei  prezzi alberghieri e para-alberghieri e il cui
 esame di costituzionalita' porta alla medesima conclusione alla quale
 si e' giunti a proposito di quel principio.  6. - Non ricorre neppure
 la pretesa lesione delle competenze costituzionalmente assegnate alle
 ricorrenti in materia  di  turismo  e  industria  alberghiera  e,  in
 particolare, in tema di determinazione delle forme di pubblicita' dei
 prezzi  dei  servizi  alberghieri,  che  le Regioni Umbria, Toscana e
 Friuli-Venezia Giulia e le Province autonome di Bolzano e  di  Trento
 hanno  lamentato in relazione all'art.  1, secondo comma, della legge
 n.  284  del  1991.     La  disposizione,  della   cui   legittimita'
 costituzionale  si dubita, stabilisce che "gli operatori comunicano i
 prezzi di pernottamento nelle strutture alberghiere ed i  prezzi  dei
 servizi turistici delle altre strutture ricettive alle regioni e alle
 Province  autonome  di  Trento  e  di  Bolzano  ai  soli  fini  della
 pubblicita' di cui al regio decreto-legge 24 ottobre 1935,  n.  2049,
 convertito,  con  modificazioni, dalla legge 26 marzo 1936, n. 526, e
 successive modificazioni". Dall'espresso  tenore  letterale  di  tale
 disposizione  risulta  chiaramente  che  l'onere di comunicazione ivi
 previsto  e'  imposto  ai  singoli  operatori  "ai  soli  fini  della
 pubblicita'"  di  cui al regio decreto-legge n. 2049 del 1935, vale a
 dire sia allo scopo di "denunciare" agli  enti  regionali  subentrati
 agli  enti  provinciali  per  il  turismo i prezzi (minimi e massimi,
 fissi) relativi a una serie di servizi (art. 1), sia  allo  scopo  di
 trasmettere  i  dati,  comprensivi  dei  prezzi praticati in un certo
 periodo,  che  dovranno   esser   pubblicati,   a   cura   dell'ENIT,
 nell'annuario  ufficiale  degli  alberghi  e  delle  altre  strutture
 turistiche ricettive (art. 10, come modificato  da  successive  norme
 legislative).    In altri termini, e' evidente che la disposizione di
 legge esaminata  non  comporta  alcuna  violazione  delle  competenze
 regionali  o  provinciali  in  materia  di  turismo  e  di  industria
 alberghiera. Essa, infatti, per un verso, conferma che le  regioni  e
 le  province  autonome sono le destinatarie esclusive delle "denunce"
 previste nell'art. 1 del regio decreto-legge n. 2049 del 1935 al fine
 di  esercitare  i  controlli  contemplati  nello  stesso  decreto   e
 trasferiti  alle  ricorrenti  in forza dell'art. 56 del d.P.R. n. 616
 del 1977 e delle norme di attuazione  degli  Statuti  speciali  prima
 ricordate.  Per  altro  verso, poi, la stessa disposizione impugnata,
 attraverso il generico rinvio alle forme di pubblicita' previste  dal
 regio  decreto-legge n.   2049 del 1935, si riferisce anche al potere
 statale  di  curare  direttamente  la   pubblicazione   dell'annuario
 ufficiale   degli   alberghi   e  delle  altre  strutture  turistiche
 ricettive, la  cui  disciplina  legislativa,  contenuta  basilarmente
 nell'art.  10  del  regio  decreto-legge  n.  2049 del 1935, e' stata
 modificata, da ultimo, dall'art. 3, secondo comma, lettera g),  della
 legge  11  ottobre  1990,  n.  292  (Ordinamento  dell'Ente nazionale
 italiano per  il  turismo).    In  relazione  a  quest'ultimo  potere
 statale,  il  quale  e'  previsto  dalla  legge  appena  citata quale
 strumento  della  commercializzazione e della promozione dell'offerta
 turistica italiana anche verso l'estero, non  puo'  configurarsi  una
 lesione  delle  competenze  regionali  e  provinciali  in  materia di
 turismo e di industria alberghiera, poiche' l'onere  di  trasmissione
 dei  dati  che,  in conseguenza di esso, ricade sulle regioni e sulle
 province autonome rientra fra  le  attivita'  di  informazione  e  di
 comunicazione, giustificate dal principio di cooperazione che informa
 i  rapporti  tra  Stato  e  regioni (e province autonome), piu' volte
 giudicate da  questa  Corte  come  conformi  a  Costituzione  (v.  ad
 esempio, sentt. nn. 359 del 1985, 201 del 1987, 924 del 1988, 338 del
 1989,  550  del  1990 e 32 del 1991).  7. - Non fondate, nei sensi di
 cui in motivazione, sono le questioni di legittimita'  costituzionale
 che,  in riferimento alle norme costituzionali che attribuiscono loro
 competenze in materia di turismo e  industria  alberghiera  (nonche',
 limitatamente  alla Provincia di Bolzano, in riferimento all'art. 17,
 primo comma, lettera. c), ((rectius: lettera b)) e terzo comma, della
 legge 23 agosto 1988, n. 400),  tutte  le  ricorrenti,  ad  eccezione
 della  Regione  Lombardia, hanno sollevato nei confronti dell'art. 1,
 terzo e quarto comma, della legge impugnata.    Le  disposizioni  ora
 considerate  si  collegano  direttamente  al  potere  statale, appena
 esaminato,  relativo  alla  pubblicazione  -  a  cura   dell'ENIT   -
 dell'annuario  ufficiale  degli alberghi italiani, cui fa riferimento
 il secondo comma dello  stesso  art.  1.  Il  terzo  comma,  infatti,
 prevede  che  "ciascun operatore comunica, entro il 1› marzo ed entro
 il 1› ottobre di ogni anno, i prezzi di cui al comma  2  che  intende
 applicare,  rispettivamente, dal 1› giugno e dal 1› gennaio dell'anno
 successivo". Il quarto comma,  poi,  dispone  che  "il  Ministro  del
 turismo e dello spettacolo, entro trenta giorni dalla data di entrata
 in  vigore  della presente legge, stabilisce, con proprio decreto, le
 modalita' di trasmissione e di pubblicazione dei  prezzi  di  cui  al
 comma  2".    Iniziando  dall'ultima  delle  disposizioni  ricordate,
 occorre sottolineare che  essa,  nel  riferirsi  alle  "modalita'  di
 trasmissione  e  di  pubblicazione dei prezzi di cui al comma 2", non
 puo' riguardare le "denunce", esaminate nel  punto  precedente  della
 motivazione,  che  i  singoli  conduttori  di  alberghi  e  di  altre
 strutture turistiche ricettive sono tenuti a fare, ai sensi dell'art.
 1 del regio decreto-legge n. 2049 del  1935,  agli  organi  regionali
 competenti  al fine di permettere le relative funzioni di controllo e
 di vigilanza.  Tali funzioni, come e' confermato dallo stesso art.  1
 della  legge  impugnata  (che, al secondo e al sesto comma, prescrive
 che gli operatori comunichino alle regioni o alle province autonome i
 prezzi che intendono praticare), sono state trasferite dal d.P.R.  n.
 616  del  1977  alle  regioni a statuto ordinario e, successivamente,
 grazie alle gia' ricordate norme di attuazione estensive dei medesimi
 trasferimenti di funzioni, anche alle regioni a  statuto  speciale  e
 alle  province autonome. Infatti, in forza dell'art. 56 del d.P.R. n.
 616 del 1977, sono stati assegnati alle competenze regionali "tutti i
 servizi, le strutture e le attivita' pubbliche e private  riguardanti
 l'organizzazione  e  lo  sviluppo  del  turismo  regionale, anche nei
 connessi aspetti ricreativi e dell'industria alberghiera, nonche' gli
 enti e le aziende pubbliche operanti nel settore sul  piano  locale".
 Sicche',  ove  la  disposizione  impugnata  attribuisse  al potere di
 regolazione  ministeriale  le   competenze   oggetto   del   predetto
 trasferimento,  non  potrebbe evitarsi la conclusione di considerarla
 lesiva  delle  norme costituzionali che assegnano alle regioni e alle
 province autonome le attribuzioni  legislative  e  amministrative  in
 materia  di turismo e di industria alberghiera.  Tuttavia, come si e'
 avuto modo di constatare nel corso dell'esame del secondo comma dello
 stesso art. 1, nell'ambito dei "fini della pubblicita'" ivi  indicati
 e' altresi' ricompresa la pubblicazione dell'annuario ufficiale degli
 alberghi.  Ed e' proprio in relazione alla anzidetta finalita' che la
 disposizione impugnata  assume  un  significato  non  contrario  alla
 Costituzione,   in   quanto   il   potere   ministeriale  oggetto  di
 contestazione, interpretato in connessione con tale  scopo,  viene  a
 concernere  modalita'  attuative  relative ad attivita' di competenza
 dell'amministrazione centrale  dello  Stato.  In  altri  termini,  la
 violazione  delle  competenze  regionali  e provinciali in materia di
 turismo e di industria alberghiera  deve  escludersi  una  volta  che
 l'art.   1,   quarto   comma,   sia   interpretato,  come  dev'essere
 interpretato,  nel  senso  che  il  Ministro  del  turismo  e   dello
 spettacolo  e'  chiamato  a  stabilire,  con  un  proprio decreto, le
 modalita' con le quali i dati relativi ai  prezzi  degli  alberghi  e
 delle  altre strutture turistiche ricettive dovranno essere trasmessi
 all'ENIT, per essere pubblicati, a cura di questo Ente, nell'annuario
 ufficiale degli alberghi, ai fini della commercializzazione  e  della
 promozione  di cui all'art. 3, secondo comma, lettera g), della legge
 n. 292 del 1990.   Anche la disposizione contenuta  nel  terzo  comma
 dello  stesso  art.    1  e' strettamente collegata, come si e' prima
 accennato, alla  pubblicazione  dei  prezzi  nell'annuario  ufficiale
 degli  alberghi.    L'onere  imposto  a ciascun operatore del settore
 alberghiero  di  comunicare  i  prezzi  entro  date   prefissate   e'
 giustificato,  infatti,  dalla  finalita'  di  consentire all'ENIT di
 provvedere a pubblicare, in modo  tempestivo  e  nel  rispetto  della
 necessaria  omogeneita'  dei  criteri  e dei tempi di rilevazione, il
 predetto annuario. Per tali ragioni, anche  se  la  disposizione  ora
 esaminata si riferisce a scansioni temporali largamente usate in sede
 regionale  e  provinciale  ai  fini delle "denunce" dei prezzi di cui
 alle funzioni disciplinate dal regio decreto-legge n. 2049 del  1935,
 essa, tuttavia, non concerne tali competenze. Sicche' le regioni e le
 province  autonome  restano  libere  - ai fini da ultimo menzionati e
 salva pur sempre, agli stessi fini, la possibilita'  di  applicazione
 in  via suppletiva della normativa statale - di indicare date diverse
 in relazione alle quali gli operatori siano tenuti a ottemperare alle
 ricordate "denunce".  8. - Non fondate sono  anche  le  questioni  di
 legittimita'  costituzionale  che  le  Regioni Umbria, Friuli-Venezia
 Giulia, Toscana, Lombardia e la Provincia autonoma  di  Trento  hanno
 sollevato  nei confronti dell'art. 1, sesto comma, della legge n. 284
 del 1991. Le disposizioni impugnate, infatti, non solo non violano le
 competenze regionali  e  provinciali  in  materia  di  turismo  e  di
 industria  alberghiera  (come  ritengono  tutte  le ricorrenti appena
 menzionate), ma non ledono neanche le competenze relative al  proprio
 demanio  e  al  proprio  patrimonio  indisponibile  (come  lamenta la
 Provincia autonoma di Trento) e  neppure  i  principi  connessi  alla
 struttura  stessa  dell'istituto  della  concessione (come suppone la
 Regione Lombardia).   Il  sesto  comma  dell'art.  1,  oggetto  della
 presente  impugnazione,  dispone  che  "sono  altresi'  liberamente e
 annualmente determinati e comunicati alle regioni e alle  capitanerie
 di  porto  competenti  per territorio, con le modalita' stabilite nel
 decreto  di  cui  al  comma  4, entro il 1› ottobre di ogni anno, con
 validita'  dal  1›  gennaio  dell'anno  successivo,  i  prezzi  delle
 attivita'   turistiche   ad   uso   pubblico  gestite  in  regime  di
 concessione". Se pure con formulazione tutt'altro che  perspicua,  si
 deve  ritenere  che  il  comma  ora  esaminato  riprenda alcune norme
 stabilite in commi precedenti e li estenda alle "attivita' turistiche
 ad uso pubblico gestite in regime di concessione". Piu' precisamente,
 esso, innanzitutto, introduce anche per queste attivita' il principio
 della liberalizzazione dei  prezzi;  in  secondo  luogo,  prevede  la
 "denuncia" dei prezzi stabiliti dai singoli operatori alle regioni (e
 alle  province  autonome)  e  alle  capitanerie  di porto; e, infine,
 dispone la comunicazione degli stessi prezzi con le modalita' fissate
 dal  decreto  ministeriale  previsto  dal  precedente  quarto  comma.
 Mentre,  in  relazione  alle  due  ultime  norme,  le  ricorrenti non
 formulano censure diverse rispetto a quelle  proposte  nei  confronti
 del  secondo e del quarto comma dello stesso art. 1 - per le quali si
 rinvia all'esame svolto nei punti precedenti della motivazione -,  al
 contrario   esse   dubitano  che  l'estensione  del  principio  della
 liberalizzazione dei prezzi alle attivita' turistiche ad uso pubblico
 gestite in regime di concessione si ponga in contrasto con la  natura
 giuridica  propria dei rapporti concessori. Tale dubbio e', tuttavia,
 infondato, poiche' la posizione dell'ente pubblico come concedente di
 attivita' o di beni d'interesse pubblico non puo' essere confusa  con
 la  posizione del medesimo ente pubblico ove questo sia investito, in
 ipotesi, del potere di stabilire in via amministrativa  i  prezzi  di
 certe  merci  o  di certi servizi. In altri termini, qualunque sia il
 regime di formazione delle tariffe relative ai servizi alberghieri  o
 para-alberghieri,  il  concedente ha pur sempre il potere, in sede di
 definizione delle condizioni  del  "disciplinare",  di  vincolare  il
 concessionario  a  praticare  determinate tariffe.   9. - Non fondate
 sono, infine, la censura che la sola Provincia di Trento ha  proposto
 verso  il  quinto  comma  dell'art.  2 della legge n.   284 del 1991,
 nonche' quella che la stessa Provincia e la Regione  Lombardia  hanno
 prospettato  anche nei confronti del sesto comma del medesimo art. 2.
 Secondo la  Provincia  di  Trento,  l'art.  2,  quinto  comma  -  nel
 prevedere  il  finanziamento  di  interventi  urgenti per il sostegno
 dell'immagine del turismo italiano sui mercati dei  paesi  generatori
 della  domanda  turistica, con la riserva del cinquanta per cento del
 finanziamento  stesso  a   favore   degli   interventi   a   sostegno
 dell'immagine del turismo nei territori delle regioni del Mezzogiorno
 -,  contemplerebbe  attivita'  statali illegittimamente interferenti,
 oltreche' con l'autonomia finanziaria provinciale, con la  competenza
 esclusiva  che  la  ricorrente  ha,  in  base  al proprio Statuto, in
 materia di turismo e di  industria  alberghiera.  Con  le  rispettive
 attribuzioni  costituzionalmente assegnate in questa medesima materia
 alla  Regione  Lombardia  e  alla  Provincia   autonoma   di   Trento
 contrasterebbe,  altresi',  a giudizio di queste ultime, anche l'art.
 2, sesto  comma,  il  quale  stabilisce  che  gli  interventi  appena
 menzionati   sono   effettuati  dal  Ministro  del  turismo  e  dello
 spettacolo,  anche  per  il  tramite  dell'ENIT,  in  attuazione  del
 programma  predisposto  dallo  stesso Ministro, sentita la Conferenza
 permanente per i rapporti tra lo Stato,  le  regioni  e  le  province
 autonome.    In  realta',  stando all'espresso tenore letterale delle
 disposizioni impugnate e all'interpretazione sistematica delle stesse
 (la  quale  esige  che  il  significato  delle  norme  impugnate  sia
 determinato in connessione con quanto  disposto  dall'art.  3,  primo
 comma,  della  legge  n.  292  del  1990),  deve escludersi qualsiasi
 lesione o illegittima interferenza  nei  confronti  delle  competenze
 delle   ricorrenti,   poiche'   gli   interventi  per  i  quali  sono
 utilizzabili i fondi stanziati dalle norme impugnate sono chiaramente
 finalizzati a un'azione straordinaria di promozione e di sostegno sui
 mercati  esteri  dell'immagine  turistica  dell'Italia,  come   paese
 unitariamente considerato. Si tratta, in altri termini, di competenze
 sicuramente  spettanti  al Ministro del turismo e dello spettacolo ed
 esercitabili  per  il  tramite  dell'ENIT,   il   cui   finanziamento
 straordinario  e'  giustificato, come risulta dai lavori preparatori,
 dalla bassa congiuntura che  ha  complessivamente  caratterizzato  il
 turismo   italiano   a   partire  dal  1989.    A  fenomeni  negativi
 particolari, la cui intensita' e' aumentata  negli  ultimi  anni,  va
 altresi'   ricondotta  la  riserva  del  cinquanta  per  cento  degli
 interventi finanziari a favore delle regioni meridionali: una riserva
 che,  oltre  ad  apparire  non  irragionevole  in  considerazione  di
 elementi    di   fatto   comunemente   rilevabili   (intensificazione
 dell'attivita'  della  criminalita'   organizzata,   vicende   legate
 all'esodo  degli  albanesi, etc.) e oltre a costituire espressione di
 un criterio di fondo della legislazione in materia (v.  gli artt.  13
 e  14 della legge n. 217 del 1983, i quali assumono, tra le priorita'
 da conseguire con i fondi da quella legge previsti,  il  riequilibrio
 territoriale  delle  attivita'  turistiche  con specifico riferimento
 alle zone del Mezzogiorno), ha una sua giustificazione nel potere del
 Ministro del turismo e dello spettacolo e, per suo  conto,  dell'ENIT
 di   valutare,  ad  uno  sguardo  complessivo  delle  varie  esigenze
 nazionali, le aree locali  piu'  bisognose  di  promozione  turistica
 all'estero.