IL TRIBUNALE
    Ha pronunciato la seguente ordinanza.
                           PREMESSO IN FATTO
    Con decreto del 14  gennaio  1992  il  g.i.p.  presso  la  pretura
 circondariale di Trani, su richiesta del p.m., disponeva il sequestro
 preventivo  di  alcuni  silos  contenenti  olio  ubicati  all'interno
 dell'azienda "Riolio" S.r.l., con sede in Barletta, ritenendo che  la
 libera  disponibilita'  di quei serbatoi da parte dell'amministratore
 unico,   Ribatti   Domenico,    avrebbe    potuto    consentire    la
 commercializzazione  di olio di oliva sofisticato in violazione degli
 articoli 5 e 8 della legge n. 1407/1960.
    Avverso detto  provvedimento  proponeva  tempestiva  richiesta  di
 riesame ai sensi dell'art. 322 del c.p.p. il difensore del Ribatti.
    All'udienza  in  camera  di  consiglio  fissata  innanzi  a questo
 tribunale, in funzione di giudice ex art. 324 del  c.p.p.,  compariva
 oltre  al rappresentante della procura della Repubblica presso questo
 tribunale e al difensore  dell'indagato,  anche  il  p.m.  presso  la
 pretura  circondariale di Trani il quale chiedeva di intervenire alla
 discussione  e,  in  caso  di   diniego,   sollevava   eccezione   di
 illegittimita' costituzionale dell'art. 324, sesto comma, del c.p.p.
    Il   p.m.   di   Bari   aderiva  all'eccezione  di  illegittimita'
 costituzionale.
    La difesa aderiva alla  richiesta  di  partecipazione  all'udienza
 camerale  del  p.m.  presso  la  pretura  circondariale  di  Trani ed
 eccepiva   la   irrilevanza   della   questione    di    legittimita'
 costituzionale.
    All'udienza  del 20 febbraio 1992 il tribunale rigettava l'istanza
 di partecipazione alla discussione  del  riesame  avanzata  dal  p.m.
 presso  la  pretura  circondariale  di  Trani  ed  il  p.m. presso il
 tribunale di Bari insisteva nella eccezione.
                        CONSIDERATO IN DIRITTO
    L'art.  324,  sesto  comma, del c.p.p. applicabile ex art. 322 del
 c.p.p. anche nel procedimento per il riesame del decreto di sequestro
 preventivo,  sancisce  che  la  legittimazione   a   partecipare   al
 procedimento  stesso  ed  a  ricevere  l'avviso dell'udienza camerale
 spetta  al  pubblico  ministero.  La  genericita'  della   previsione
 normativa  impone nella specie l'applicazione del principio, basilare
 del nostro sistema processuale, che vuole la competenza del  pubblico
 ministero  strettamente  collegata  con  quella del giudice presso il
 quale il primo e' costituito.
    Trattasi di principio che trova il suo fondamento nell'art. 51 del
 c.p.p. e negli  artt.  2  e  70  dell'ordinamento  giudiziario  (come
 sostituiti dagli artt. 2 e 20 del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 449) e
 rispetto  al  quale  non  sono  previste  deroghe  per  il  riesame e
 l'appello in materia di misure cautelari.
    Una tale interpretazione  del  complesso  sistema  normativo,  che
 impone  l'esclusiva  legittimazione  del procuratore della Repubblica
 presso il tribunale del riesame, e'  stata  di  recente  affermata  a
 sezioni  unite dalla suprema Corte di cassazione con decisione n. 278
 del 31 maggio 1991.
    Pertanto, rilevante e non manifestamente infondata si appalesa  la
 questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 324, sesto comma,
 del c.p.p.
    La questione e' rilevante poiche' implica  la  individuazione  del
 pubblico  ministero legittimato a partecipare all'udienza camerale di
 discussione  del  ricorso  per  riesame.  Ne'   la   rilevanza   puo'
 considerarsi  venuta meno per effetto dell'adesione della difesa alla
 richiesta  di  partecipazione  del  p.m.  di  Trani,  atteso  che  il
 tribunale  ha  per  contro rigettato la richiesta in applicazione del
 gia' citato orientamento assolutamente prevalente della Cassazione.
    Ne' la materia  puo'  ritenersi  rientrante  nella  disponibilita'
 delle  parti posto che la partecipazione del p.m. legittimato attiene
 al corretto svolgimento del processo e  le  relative  norme  sono  di
 ordine pubblico.
    Ne  consegue che ove all'udienza camerale partecipasse un p.m. non
 legittimato,  la  irritualita'  del  procedimento  comporterebbe   la
 nullita'  dell'udienza  e  di tutti gli atti successivi, ai sensi del
 combinato disposto di cui  agli  artt.  178  e  180  del  c.p.p.  (v.
 Cassazione, sezione terza, 30 maggio 1991, n. 2491).
    Cio'  premesso,  rileva  il tribunale che l'art. 324, sesto comma,
 del c.p.p. nella parte in cui prevede la legittimazione a partecipare
 al procedimento del p.m. presso il giudice del  riesame  si  pone  in
 netto contrasto con la precisa volonta' del legislatore delegante.
    Invero  con  la direttiva n. 3 dell'art. 2 della legge 16 febbraio
 1987, n. 81, e' stato imposto  il  principio  per  cui  nel  processo
 penale  deve  essere  attuata  la "partecipazione dell'accusa e della
 difesa su basi di parita' in ogni stato e  grado  del  procedimento".
 Ritenuto  che  la  locuzione  "in  ogni  stato  ..  del procedimento"
 ricomprende anche lo sviluppo incidentale del procedimento  di  primo
 grado  innanzi  al  tribunale della Liberta', e' evidente come l'art.
 324, sesto comma, del c.p.p. non consenta all'accusa  di  partecipare
 su basi di parita' con la difesa.
    La   disparita'   emerge   ove  si  prenda  in  considerazione  la
 delicatezza della fase delle indagini preliminari in cui si inserisce
 la fase incidentale del procedimento di riesame e la  necessita'  per
 il  p.m.  che  quelle  indagini conduce di effettuare una "discovery"
 degli indizi gia' raccolti che consenta da un  lato  di  ottenere  la
 conferma  del  provvedimento  cautelare richiesto e dall'altro di non
 pregiudicare l'ulteriore corso delle indagini.
    La necessita', ai fini dell'attuazione del  principio  di  parita'
 delle  parti processuali, della partecipazione del pubblico ministero
 che sta compiendo le indagini  emerge  ancor  piu'  evidente  ove  si
 consideri che, a norma del combinato disposto degli artt. 324, quarto
 e  settimo  comma,  e 309, nono comma, del c.p.p., chi ha proposto la
 richiesta ha la facolta' di enunciare nuovi motivi davanti al giudice
 del riesame in sede di udienza camerale fino a che non  abbia  inizio
 la  discussione  e  che  il  tribunale puo' decidere anche sulla base
 degli elementi nuovi addotti dalle parti nel corso  dell'udienza.  Ne
 consegue  che  un pubblico ministero diverso da quello procedente non
 e' in grado di sostenere  l'accusa  a  fronte  di  prove  a  sorpresa
 addotte dal difensore.
    Ne'  l'esigenza  di parita' e' idoneamente soddisfatta mediante il
 coordinamento e la collaborazione tra i due uffici del p.m.  a  mente
 dell'art.  371  del  c.p.p.  Invero  lo  scambio di informazioni e la
 trasmissione   di   atti   contemplati   da    detta    norma    sono
 istituzionalmente   previsti   in   ipotesi  di  indagini  collegate,
 ontologicamente diverse  dal  procedimento  incidentale  di  riesame,
 ditalche'  lo  scambio  di  informazioni  costituirebbe  un informale
 rimedio di fatto rispetto ad una lacuna legislativa, comunque di  per
 se'  inidoneo  a fronteggiare gli elementi nuovi addotti dalla difesa
 in udienza in considerazione della imprevedibilita' dei medesimi.
    La norma denunciata si pone allora in contrasto non  solo  con  il
 principio  della parita' fra le parti processuali sancito dalla legge
 delega,  ma  anche  con  quello   affermato   dall'art.   112   della
 Costituzione   della   obbligatorieta'   dell'azione  penale  il  cui
 esercizio  viene  necessariamente  compromesso  ove  gestito  da   un
 pubblico  ministero  diverso  da quello che ha piena conoscenza delle
 indagini per averle dirette.