IL TRIBUNALE Ha pronunciato ordinanza e dato lettura del seguente dispositivo all'udienza di discussione del 24 febbraio 1992 nella causa n. 863/91 r.g. tra l'Amministrazione degli interni (avvocatura dello Stato), appellante, contro Baldi Benito (avv. N. Gagliano), appellata. A seguito di ricorso 8 febbraio 1991 di Baldi Benito, il pretore di Grosseto pronunciava sentenza 1-14 ottobre 1991 colla quale stabiliva: "a) condanna il Ministero dell'interno .. a corrispondere al ricorrente l'indennita' di accompagnamento a decorrere dal 1 dicembre 1989, con la rivalutazione monetaria e gli interessi legali dal 17 marzo 1990, per i ratei a tale data scaduti, e dalle singole scadenze per quelli successivi ..". Riconosceva, infatti, la totale inabilita' e incapacita' di compiere gli atti quotidiani della vita, come vuole la legge n. 18/1980 e n. 508/1988; aggiungeva: "Sui ratei arretrati sono dovuti rivalutazione monetaria ed interessi legali dal centoventunesimo giorno successivo alla data di presentazione della domanda amministrativa, per i ratei scaduti, e dalle singole scadenze per quelli successivi (art. 442 del c.p.c., come modificato con sentenza n. 156/1991 della Corte costituzionale)". La decisione veniva tempestivamente appellata dal Ministero per negare che oltre agli interessi potesse essere riconosciuta anche la rivalutazione monetaria dei ratei arretrati di indennita' di accompagnamento; cosi' argomentava: "con la recente sentenza n. 156/1991 la Corte costituzionale ha ritenuto di estendere l'applicazione dell'art. 429, ultimo comma, del c.p.c. laddove nel rinvio ivi disposto non include la somma sostanziale di cui all'art. 429, terzo comma, del c.p.c. Come risulta dalla motivazione, cio' che avvicina, sotto l'aspetto funzionale, le prestazioni previdenziali ai crediti di lavoro cessato o ridotto a causa di uno degli eventi considerati dall'art. 38, secondo comma, della Costituzione. La detta circostanza rende illegittima in quanto lesiva del principio di uguaglianza e dello stesso art. 38, secondo comma, della Costituzione, disparita' di disciplina derivante dall'art. 442, tra i crediti previdenziali e crediti di lavoro in ordine al riconoscimento del danno da svalutazione monetaria. Ma l'esplicito riferimento ai crediti relativi a prestazioni previdenziali e la dichiarata illegittimita' della norma per violazione del solo secondo comma dell'art. 38 della Costituzione, lascia del tutto aperta la discussione riguardo l'eventuale applicabilita' dell'art. 429 del c.p.c. ai crediti per prestazioni assistenziali, che hanno nel primo comma dell'art. 38 della Costituzione la primaria fonte di tutela. Cio' comporta che la disposizione dell'art. 442 del c.p.c., relativamente ai crediti di tale natura, sotto tale aspetto non ha costituito oggetto di esame da parte della Corte costituzionale (che in varie occasioni, d'altra parte, ha gia' avuto modo di sottolineare la differenziazione tra crediti previdenziali e crediti di assistenza sociale) e che pertanto la norma stessa, relativamente alle controversie di assistenza e' da ritenere legittima ed operante. Esclusa in tal modo l'applicabilita' dell'art. 429 del c.p.c. ultimo comma, .. il risarcimento del maggior danno da svalutazione monetaria a favore dei minorati aventi diritto alle prestazioni assistenziali appare configurabile in astratto ai sensi dell'art. 1224, secondo comma, del c.c., limitatamente alla maggior somma eccedente l'ammontare degli interessi legali, conformemente all'orientamente o consolidato della Corte di cassazione". L'appellato si costitutiva per dedurre: l'art. 442 del c.p.c. si riferisce congiuntamente alla previdenza e all'assistenza obligatorie dettando una sola disciplina per ambedue, senza distinguere tra riconducibilita' o meno a pregresso rapporto di lavoro; e cio' non ha modificato la sentenza n. 156/1991; "se si riconosce .. che il credito previdenziale e assistenziale comporta in via automatica il risarcimento da svalutazione, allora risponde al fine generale di rapidita' e concentrazione processuale la semplificazione operata dall'art. 429 riguardo alla decorrenza sia riguardo alla misura. Cio' vale ancor di piu' per i crediti previdenziali e assistenziali, dove l'uniformita' di trattamento e la particolare urgenza della definizione processuale corrisponde anche alle dimensioni dell'intervento. Pertanto in caso di ritardo, l'originario credito previdenziale o assistenziale deve essere corrisposto con l'aggiunta degli interessi legali e dell'importo della svalutazione monetaria nel frattempo maturata, nei termini di cui all'art. 150 delle disp. att. del c.p.c.". All'udienza 24 febbraio 1991 la causa e' stata discussa sulle conclusioni d'epigrafe. Per la sua decisione e' inevitabile applicare l'art. 442 del c.p.c.: la sua originaria formulazione e' stata corretta dalla sentenza n. 156/1991 della Corte costituzionale, con riguardo ai crediti previdenziali, per i quali soltanto il giudice remittente aveva dato occasione di intervento, in un confronto con i crediti di retribuzione: cosi', ora, il richiamo alla disciplina del risarcimento del danno dettata dall'art. 429, terzo comma, del c.p.c. non appare estensibile anche alle controversie in tema di crediti per assistenza obbligatoria, operando sul piano meramente interpretativo (per un risultato che questo tribunale riteneva corretto) affidato al giudice ordinario. Si tratta, allora, di chiamare a pronunciarsi il giudice delle leggi, poiche' la parita' di trattamento del credito previdenziale con quello assistenziale e' stato affermato da Corte costituzionale n. 85/1/979 con riferimento all'art. 152 delle disp. att. del c.p.c., ma per ragioni di profonda somiglianza tra due tipi di crediti, in via funzionale. Si legge nella sentenza n. 156/1991 della Corte costituzionale: "Le sezioni unite della Corte di cassazione interpretano l'art. 442 del c.p.c., nel senso che il rinvio .. riguarda le sole disposizioni di natura processuale restando esclusa l'applicabilita' nelle controversie relative a prestazioni previdenziali della norma sostanziale contenuta nell'art. 429, terzo comma. La disparita' di disciplina che l'art. 442 cosi' interpretato comporta tra crediti previdenziali e crediti di lavoro in ordine al risarcimento del danno da svalutazione monetaria .. e' ritenuta lesiva del principio di eguaglianza .. sotto il profilo del diritto agli interessi legali. Mentre l'art. 429 ammette il cumulo della rivalutazione (automatica) del credito con gli interessi legali, da calcolarsi, secondo l'opinione prevalsa, sulla somma rivalutata, invece, il risarcimento nella forma della rivalutazione del credito e' previsto dall'art. 1224, secondo comma, in alternativa al risarcimento forfettario nella forma degli interessi legali di cui al primo comma .. La differenza di trattamento si e' ulteriormente accentuata in seguito alla recente legge 26 novembre 1990, n. 353, che ha elevato al 10% annuo il saggio degli interessi legali, ne' la corte puo' tener conto nel presente giudizio dei sospetti di illegittimita' costituzionale che, ad avviso dell'I.N.A.I.L., graverebbero ora sullo stesso art. 429, terzo comma, in relazione al principio di razionalita' di cui all'art. 3 della Costituzione. La valutazione comparativa del giudice a quo procede dal punto di vista funzionale, da quale i crediti previdenziali sono assimilabili ai crediti di retribuzione in ragione della comune finalita' di sostentamento del lavoratore e della sua famiglia, prospettandosi cosi' anche per i secondi la ratio sottesa al piu' volte citato art. 429, cioe' l'esigenza di difendere il potere di acquisto destinato a tale finalita' commisurando ai nuovi valori della moneta le somme spettanti al lavoratore e inoltre compensandolo, nella misura degli interessi legali, del pregiudizio sofferto per la mancata tempestiva disponibilita'. Piu' esattamente - tenendo conto del caso di specie, in cui si tratta di una prestazione previdenziale alla quale una parte della giurisprudenza attribuisce natura indennitaria e non alimentare - cio' che avvicina, sotto l'aspetto funzionale, le prestazioni previdenziali ai crediti di retribuzione non e' tanto la finalita' alimentare o di sostentamento del lavoratore e della sua famiglia (che in certi casi, o oltre una certa misura, puo' mancare), quanto la funzione di surrogare o integrare un reddito di lavoro cessato o ridotto a causa di uno degli eventi considerati dall'art. 38, secondo comma, della Costituzione. Per il tramite e nella misura di questa norma si rende applicabile anche alle prestazioni previdenziali l'art. 36, primo comma, quale parametro delle "esigenze di vita" del lavoratore; e poiche' l'art. 429, terzo comma, del c.p.c. e' un modo di attuazione dell'art. 36, appare fondata la valutazione del giudice remitttente che nella mancata previsione di una regola analoga per i crediti previdenziali ravvisa una violazione non solo dell'art. 3 della Costituzione, ma altresi' dell'art. 38. Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 442 del c.p.c. nella parte in cui non prevede che il giudice, quando pronuncia sentenza di condanna al pagamento di somme di denaro per crediti relativi a prestazioni di previdenza sociale, deve determinare, oltre gli interessi nella misura legale, il maggior danno eventualmente subito dal titolare per la diminuzione del valore del suo credito, applicando l'indice dei prezzi calcolato dall'Istat per la scala mo- bile nel settore dell'industria e condannando al pagamento della somma relativa con decorrenza dal giorno in cui si sono verificate le condizioni legali di responsabilita' dell'istituto o ente debitore per il ritardo dell'adempimento, ossia 'dalla data del provvedimento di reiezione della domanda oppure dopo centoventi giorni dalla presentazione della medesima senza che l'istituto si sia pronunciato (arg. ex artt. 47, quarto comma, del d.P.R. 30 aprile 1970, n. 693, e 7 della legge n. 533/1973, in relazione all'art. 1219, secondo comma, n. 2, del c.c.)'". Si legge nella sentenza n. 85/1979 della Corte costituzionale: "il disegno costituzionale delineato dall'art. 38 in materia di sicurezza sociale viene realizzato per gli invalidi al lavoro attraverso l'assistenza diretta e per i lavoratori mediante il sistema della mutualita' e dell'assicurazione obbligatoria. Pur essendo diversi i mezzi e gli strumenti adoperati, comune e' la finalita' perseguita. E la evoluzione normativa in materia dimostra la tendenza ad assicurare ai due metodi predisposti dal legislatore un comune trattamento. Ne e' prova la disciplina legislativa introdotta dalla legge n. 533/1973, la quale, dettando nuove norme per le controversie in materia di previdenza ed assistenza, ha in esse ricompreso ogni forma di previdenza e assistenza obbligatorie. Invero, in base al nuovo testo dell'art. 442 del c.p.c. la disciplina dettata per il procedimento giudiziario riguarda tutte le controversie relative ad ogni forma di assistenza e previdenza obbligatorie e comprende, quindi, anche quelle promosse da mutilati e invalidi civili, ai quali l'ordinamento attribuisce un diritto soggettivo perfetto alla assistenza, con il correlativo obbligo dello Stato a prestarla. Pertanto, tali controversie sono devolute, al pari delle altre, alla competenza funzionale del pretore .. ed il relativo procedimento e' retto dalle stesse norme che regolano le controversie in materia di lavoro, tendenti in vario modo ad agevolare la realizzazione della pretesa fatta valere in giudizio. In base a tali premesse non puo' non riconoscersi omogeneita' tra le situazioni comparate; il che comporta un trattamento uniforme ove non sussistano fondate ragioni per differenziarlo. E nella specie queste non ricorrono. Se, infatti, le due situazioni sono assimilabili sul piano sostanziale e sono regolate dal medesimo procedimento in caso di controversia giudiziaria, non si vede per quale ragione debba escludersi l'applicazione della particolare norma processuale di favore contenuta nel nuovo testo dell'art. 152 delle disp. att. del c.p.c. in tema di compensazione delle spese in caso di soccombenza. Non vale opporre che la disposizione anzidetta e' dettata ad esclusivo favore dei lavoratori, in quanto non appare razionalmente giustificata tale limitazione, posta la sostanziale identita' del mezzo processuale predisposto per assicurare la tutela giurisdizionale ad entrambe le categorie. Appare quindi del tutto ingiustificato il trattamento differenziato, con la conseguente violazione dell'art. 32, primo comma, della Costituzione". Il raffronto delle due decisioni suggerisce la seguente equazione: funz./retribuzione = funz./previdenza = funz./assistenza = 429, terzo comma, del c.p.c. La correttezza di tale equazione e' decisiva in causa, come si e' detto, dipendendo da esso il rigetto o l'accoglimento dell'appello, che non ha altro tema.