IL GIUDICE DELL'UDIENZA PRELIMINARE
    Ha  pronunciato la seguente ordinanza nella causa contro Strumendo
 Fernando, nato il 22 dicembre 1940 a Roma,  residente  a  Portogruaro
 (Venezia)  in via Giulia n. 10; maresciallo capo in congedo, gia' nel
 nucleo regionale polizia tributaria guardia di  finanza  in  Venezia-
 Mestre. Imputato di insubordinazione con ingiuria aggravata (artt. 47
 n.  2,  189,  secondo comma, e 238 del c.p.m.p.) perche', maresciallo
 capo della g. di f. in congedo dal 20 giugno 1991,  il  12  settembre
 1991  alle  h.  12,50  circa  in  via Altobello di Mestre, a causa di
 precedenti fatti inerenti al servizio e successivi in servizio (e per
 i quali vi e' stato anche un giudizio penale il 13 marzo 1990 ed il 5
 ottobre 1990 presso autorita' giudiziarie militari), recava nocumento
 alla dignita', onore  e  decoro  del  maresciallo  maggiore  aiutante
 Caroli  Angiolino profferendo in sua presenza l'espressione: "ci sta'
 quel figlio di  puttana,  pezzo  di  merda,  stronzo,  delinquente  e
 ruffiano  del  capitano  Vecchione?  questo vale anche per voi, pussa
 via".
    Con l'aggravante del grado ricoperto.
    Il  g.u.p.  ha  pronunciato  e  pubblicato  mediante  lettura  del
 dispositivo la  seguente  ordinanza:  sentito  il  p.m.  il  quale  -
 rilevato  che  l'imputato  gia'  maresciallo  capo  g. di f. e' stato
 chiamato a rispondere per il disposto congiunto degli artt. 189 e 238
 del c.p.m.p., di  insubordinazione  con  ingiuria  per  aver  offeso,
 quando  gia'  era  in congedo, altro militare di grado piu' elevato a
 causa del servizio prestato, reato la cui cognizione  appartiene,  ai
 sensi  dell'art. 163 del c.p.m.p., ai tribunali militari - ha chiesto
 di  rimettere  gli  atti  alla  Corte  costituzionale  deducendo   la
 illegittimita'  dell'art.  263  del c.p.m.p. per contrasto con l'art.
 103,  terzo  comma,  della  Costituzione,  in  quanto  quella   norma
 assoggetta  alla  giurisdizione  militare  ogni  reato militare senza
 conferire alcun rilievo alla qualita' del soggetto agente;
                             O S S E R V A
    Secondo l'art. 263 del c.p.m.p. appartiene ai  tribunali  militari
 la cognizione dei reati militari commessi dalle persone alle quali e'
 applicabile la legge penale militare.
    Tale norma e' fondamentale nell'economia della legislazione penale
 militare  perche'  da  essa  il  giudice  militare  deriva la propria
 giurisdizione in quanto come e' noto il  terzo  comma  dell'art.  103
 della Costituzione - la cui introduzione peraltro non ha fatto venire
 meno,  dovendosi  escludere  una  abrogazione tacita, la validita' di
 quella disposizione - ha solamente la funzione di stabilire i  limiti
 dell'assoggettamento alla giurisdizione militare. Peraltro l'art. 263
 attribuendo  al giudice militare la cognizione di ogni reato militare
 abbia o meno il suo autore la qualita'  di  appartenente  alle  Forze
 armate,  purche'  ad  esso  sia applicabile la legge penale militare,
 contrasta col terzo comma dell'art. 103  della  Costituzione  perche'
 comporta  la  devoluzione  al  giudice  militare  dei  reati militari
 commessi non solo dai militari in servizio ma anche dai  militari  in
 congedo illimitato e persino da persone del tutto estranee alle Forze
 armate.
    In  verita' la Corte costituzionale, pronunciandosi in ordine alla
 legittimita' di altra disposizione  del  Codice  penale  militare  di
 pace,   ha   reiteratamente   affermato   che   nell'art.  103  l'uso
 dell'avverbio  "soltanto"  vuole  esprimere  la   volonta'   che   la
 giurisdizione  militare  in tempo di pace sia circoscritta nei limiti
 soggettivi  ed  oggettivi  a  tal   fine   precisati   (qualita'   di
 appartenenti alle Forze armate dei soggetti, carattere obiettivamente
 militare  dei  reati) e che i limiti stessi, determinati dal concorso
 di entrambi i requisiti, non siano per nessuna  ragione  oltrepassati
 nei   confronti   della   giurisdizione  ordinaria  la  quale  e'  da
 considerarsi normale e prevalente fuori da quei limiti.
    Pertanto, come del resto e' pacificamente riconosciuto,  i  limiti
 di  assoggettamento  alla  legge  penale  militare  in relazione alle
 persone, dopo l'entrata in vigore della Costituzione, non  coincidono
 con i limiti dell'assoggettamento alla giurisdizione militare.
    Questa,  escluso  ormai che possano essere piu' assoggettabili gli
 estranei alle Forze  armate  in  tutti  i  casi,  rimane  applicabile
 esclusivamente agli appartenenti alle Forze armate.
    Ora  la  nozione di appartenente, atteso il rigore con il quale il
 Costituente ha  inteso  circoscrivere  l'ambito  della  giurisdizione
 militare,  non  puo' essere quella definita dal legislatore ordinario
 dall'art. 292- bis del c.p. (introdotto dall'art. 9, della  legge  23
 marzo  1956,  n.  167)  con  rinvio  agli artt. 8 e 9 del c.p.m.p. in
 quanto quella, come e' stato diffusamente chiarito, "e'  una  nozione
 limitata  ed  eccezionale  che vale soltanto per le ipotesi in cui il
 militare in congedo illimitato viene assoggettato alla  legge  penale
 militare".  In verita' i militari in congedo illimitato ed in congedo
 assoluto, gli assimilati ai militari e gli iscritti ai  corpi  civili
 militarmente ordinati sono persone estranee alle Forze armate.
    In  definitiva  la  nozione  di  appartenente non puo' prescindere
 dalla attualita' del servizio e fa necessariamente  riferimento  alla
 situazione  del  militare  in  servizio  attivo o considerato tale in
 virtu' di un specifico  rapporto  di  dipendenza  che  lo  lega  alla
 amministrazione militare.
    Pertanto  rilevato che un militare non piu' in servizio viene cio'
 nondimeno assoggettato alla giurisdizione  militare  si  ritiene  non
 manifestamente   infondata  la  proposta  questione  di  legittimita'
 costituzionale dell'art. 263 del  c.p.m.p.  per  contrasto  dell'art.
 103, terzo comma, della Costituzione.
    La  questione e' indubbiamente rilevante nel presente procedimento
 in quanto la caducazione della norma della cui  costituzionalita'  si
 dubita comporterebbe la riconducibilita' del fatto alla giurisdizione
 del giudice ordinario.