IL TRIBUNALE
    Ha pronunciato la seguente ordinanza  nel  procedimento  penale  a
 carico  di  Invigorito Francesco, sulla opposizione della difesa alla
 acquisizione al fascicolo  per  il  dibattimento  dell'interrogatorio
 reso  al  p.m.  da  Gaspari Pietro, imputato di reato connesso per il
 quale si e'  proceduto  separatamente,  chiamante  in  correita'  nei
 confronti  dell'Invigorito,  nonche',  al  solo scopo di integrare il
 contenuto dello stesso, del  verbale  delle  dichiarazioni  spontanee
 resa   alla   p.g.   al   cui   testo   il  dichiarante  si  riporto'
 nell'interrogatorio al p.m.;
    Sentite le parti;
    Visti gli artt. 210, 513, 238, terzo comma, e 512 del c.p.p.;
                             O S S E R V A
    La lettura piu' ragionevole e piana del disposto di  cui  all'art.
 513,   secondo   comma,  del  c.p.p.  (che  disciplina  la  posizione
 del'imputato di reato connesso) in relazione  al  primo  comma  dello
 stesso  articolo  (che  disciplina  la  posizione dell'imputato parte
 processuale) conduce a ritenere che e' consentito disporre la lettura
 dei  verbali  contenenti  le  dichiarazioni  delle  persone  indicate
 nell'art.  210  del c.p.p., ancorche' rese al p.m. o al giudice, solo
 nel caso in cui sia risultato impossibile ottenerne  la  presenza  in
 giudizio  e  quindi  non  anche  nel caso in cui le persone stesse si
 siano avvalse della facolta', riconosciuta loro dalla legge,  di  non
 rispondere.
    Neppure  soccorre  la norma dell'art. 238, terzo comma, del c.p.p.
 dovendosi intendere per atti irripetibili quelli  che  tali  sono  ab
 origine  per loro caratteristica intrinseca (chiaro il riferimento ad
 una tipicita' di atti che e' la medesima prevista dall'art.  431  del
 c.p.p.)  e  non  anche  quelli  che sono divenuti irripetibili ma non
 rientrano  nella  diversa  ipotesi  che  consente la lettura ai sensi
 dell'art. 512 del c.p.p. perche' apparivano prevedibili i fatti e  le
 circostanze che potevano determinare l'impossibilita' di ripetizione.
    Ne'   appare  infine  consentito,  alla  luce  del  chiaro  tenore
 letterale dell'art. 513 del c.p.p., un recupero del  primo  comma  di
 esso  per  la parte in cui non viene dettata una disciplina specifica
 da parte del secondo comma, atteso che il primo comma,  a  differenza
 del  secondo,  disciplina  la posizione dell'imputato del processo in
 cui si  intende  inserire  la  dichiarazione  della  persona  di  cui
 all'art. 210 del c.p.p.
    Cio'  premesso  in  ordine  alla  interpretazione  delle  norme in
 questione, pare al tribunale  che  la  norma  di  cui  all'art.  513,
 secondo  comma,  del c.p.p. non sfugga ad una censura di legittimita'
 costituzionale nella parte in  cui  non  consente  la  lettura  delle
 dichiarazioni precedentemente rese, a differenza di quanto avverrebbe
 se la posizione del dichiarante non fosse stata separata, nel caso in
 cui  detta  persona  si  presenti  al dibattimento e si avvalga della
 facolta' di non rispondere. Invero possono delinearsi  due  categorie
 di  ipotesi per cui la condizione ostativa alla lettura si determina:
 vale a dire che cio' sia avvenuto o per un evento del tutto sottratto
 alla possibilita' di dissenso del p.m. o per  una  libera  scelta  di
 strategia  processuale  da  parte  dello  stesso.  Per  la  prima  si
 richiamano le ipotesi di definizione con giudizio abbreviato (cui  il
 p.m. puo' legittimamente opporsi solo se non ravvisi la definibilita'
 del  procedimento  allo  stato  degli  atti),  di proscioglimento del
 coimputato, di applicazione della pena richiesta in termini  corretti
 e  congrui  dall'imputato di separazione ai sensi dell'art. 18, primo
 comma, del c.p.p. ove il giudice  non  abbia  ritenuto  assolutamente
 necessaria  la  riunione per l'accertamento dei fatti. Per la seconda
 categoria si richiamano le ipotesi  di  accordo  per  la  separazione
 (art.  18, secondo comma, del c.p.p. sempre che vi sia la valutazione
 conforme  del  giudice)  e  di  mancato  utilizzo   dello   strumento
 dell'incidente probatorio pur ricorrendone i presupposti di legge.
    Ritiene  il  tribunale  che  nelle  ipotesi ricomprese nella prima
 categoria il profilo di incostituzionalita' sia  quello  dell'art.  3
 della  Costituzione,  atteso  che  non  appare  conforme a criteri di
 ragionevolezza e di coerenza intrinseca  del  sistema  prevedere  una
 disciplina    difforme    della    utilizzabilita'   della   medesima
 dichiarazione  a  seconda  dello  sviluppo  del  procedimento   anche
 indipendente dal potere di intervento della parte che ha interesse ad
 avvalersi  come prova della dichiarazione. E' ben vero che il sistema
 del codice privilegia  la  formazione  della  prova  al  dibattimento
 (peraltro  con eccezioni alla regola), ma e' altresi' vero che inser-
 ire una sorta di divieto legale di mezzi di prova non e' giustificato
 da una impossibilita' di assoluta di contraddittorio, che nella  spe-
 cie  permarrebbe  tra versione resa precedentemente dal dichiarante e
 versione anche attuale dell'imputato. In buona sostanza il giudice in
 siffatti casi ben potrebbe valutare la forma della dichiarazione,  il
 fatto  che  essa non sia stata ripetuta al dibattimento, il fatto che
 il dichiarante si sia sottratto alla possibilita' del controesame. Ma
 il divieto legale costituisce un qualcosa di eccessivo, non  previsto
 dal   legislatore   delegante,  non  congruo  rispetto  al  fine  del
 procedimento che e' quello di tendere all'accertamento dei fatti;  ed
 integra  proprio per tale eccesso l'ipotesi di irragionevolezza della
 disparita' di trattamento.
    Il rilevato profilo di incostituzionalita' appare valido anche nel
 caso  in  cui  la  separazione sia dipesa da una mera scelta del p.m.
 (esempio:  caso  in  cui  esistevano  i  presupposti   dell'incidente
 probatorio  ma  il  p.m.  abbia  ritenuto  di  non  avvalersi di tale
 strumento accettando il rischio che si verifichi il  pregiudizio  che
 si  aveva  fondato  motivo di temere). Infatti la utilizzazione dello
 stesso mezzo di prova deve trovare una disciplina astratta che  possa
 essere  valida  per  tutte le possibili ipotesi. Nello stesso esempio
 fatto, del resto, non si vede per quale  motivo  debba  prodursi  una
 situazione deteriore nel caso in cui sia stata prescelta la strada di
 fare   assumere   la  prova  al  dibattimento  salvaguardando  cosi',
 indirettamente,  anche  esigenze   diverse   che   sarebbero   invece
 compromesse dall'utilizzo dello strumento dell'incidente probatorio.
    Nelle  ipotesi appartenenti alla seconda categoria si evidenzia un
 contrasto anche con l'art. 101,  secondo  comma,  della  Costituzione
 atteso  che  la  strategia  processuale  del  p.m., per ipotesi anche
 erronea, determinando le condizioni del divieto legale di una  prova,
 vulnera  il  principio  di  sottoposizione del giudice esclusivamente
 alla  legge,  esprimendosi  al  di  fuori  di  ogni  possibilita'  di
 controllo da parte del giudice.
    La  rilevanza  della  questione  appare  evidente,  dipendendo  la
 definizione del processo dalla possibilita' di dare lettura e  quindi
 di  utilizzare  come  prova  secondo  le  regola dell'art. 192, terzo
 comma, del c.p.p. le dichiarazioni rese  a  carico  dell'imputato  da
 Gaspari Pietro davanti al pubblico ministero.