ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 53 del d.P.R.
 20 dicembre 1979, n. 761 (Stato giuridico del personale delle  unita'
 sanitarie locali) e dell'art. 1, comma quarto-quinquies, del decreto-
 legge  27  dicembre  1989, n. 413 (Disposizioni urgenti in materia di
 trattamento economico dei dirigenti dello Stato e delle categorie  ad
 essi equiparate, nonche' in materia di pubblico impiego), convertito,
 con  modificazioni, nella legge 28 febbraio 1990, n. 37, promosso con
 ordinanza emessa il  18  aprile  1991  dal  Tribunale  Amministrativo
 Regionale  della  Calabria  sul  ricorso proposto da Pisano Francesco
 contro la Regione Calabria ed altra, iscritta al n. 722 del  registro
 ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 51, prima serie speciale, dell'anno 1991;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito nella camera di consiglio  del  18  marzo  1992  il  Giudice
 relatore Francesco Greco;
    Ritenuto che nel procedimento promosso dal dott. Francesco Pisano,
 Direttore  Amministrativo  Capo  Servizio  presso  la  U.S.L.  19  di
 Chiaravalle Centrale,  avverso  il  provvedimento  con  il  quale  il
 CO.RE.CO.  aveva  annullato  la  delibera  della  predetta  U.S.L. di
 trattenimento in servizio  del  ricorrente  fino  al  compimento  del
 settantesimo  anno  di  eta', il T.A.R. della Calabria, con ordinanza
 del 18 aprile 1991 (R.O. n. 722 del 1991), ha sollevato questione  di
 legittimita' costituzionale dell'art. 53 del d.P.R. 20 dicembre 1979,
 n.  761  e  dell'art. 1, comma quarto-quinquies, del decreto-legge 27
 dicembre 1989, n. 413, convertito, con modificazioni, nella legge  28
 febbraio  1990,  n.  37, nella parte in cui dette norme non prevedono
 anche per il personale delle Unita' Sanitarie Locali avente qualifica
 dirigenziale l'estensione delle  disposizioni  di  cui  all'art.  15,
 secondo e terzo comma, della legge 30 luglio 1973, n. 477 ed all'art.
 10,   sesto  comma,  del  decreto-legge  6  novembre  1989,  n.  357,
 convertito, con modificazioni, nella legge 27 dicembre 1989, n.  417,
 che  prevedono il trattenimento in servizio fino al settantesimo anno
 di eta' del personale ivi contemplato per conseguire il massimo della
 pensione;
      che, ad avviso del giudice a quo, le  norme  censurate,  siccome
 prive  di  razionalita' e determinatrici di ingiustificata disparita'
 di trattamento, contrasterebbero con l'art. 3 della  Costituzione  e,
 inoltre,  violerebbero  l'art. 38, secondo comma, della Costituzione,
 in quanto non assicurerebbero  ad  una  categoria  di  lavoratori  un
 adeguato trattamento previdenziale e di fine rapporto;
      che  nel  giudizio  ha spiegato intervento l'Avvocatura Generale
 dello Stato, in  rappresentanza  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri, che ha concluso per la infondatezza della questione;
    Considerato  che  questa  Corte,  con sentenza n. 440 del 1991, ha
 gia' dichiarato non fondata analoga questione, in base  al  principio
 per  cui,  nel  vigente  quadro  di  riferimento  normativo,  non  e'
 configurabile una regola generale, per tutti i  pubblici  dipendenti,
 di  collocamento a riposo oltre il limite del sessantacinquesimo anno
 per il conseguimento del massimo trattamento pensionistico,  ma  solo
 la sussistenza di deroghe a favore di determinate categorie, disposte
 dal  legislatore  in  virtu'  di  discrezionale  apprezzamento  delle
 ragioni varie e diverse che di  volta  in  volta  si  presentano  per
 ciascuna di esse (v. anche ord. n. 98 del 1992);
      che  non  sono  dedotti argomenti o motivi nuovi per una diversa
 decisione;
      che,  pertanto,  la  questione  va   dichiarata   manifestamente
 infondata;
    Visti  gli  artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale;