ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale degli artt. 446, 516 e
 519 del codice di procedura penale, come richiamati dagli artt. 563 e
 567 dello stesso codice, promosso con ordinanza emessa il  3  ottobre
 1991  dal  Pretore  di  Treviso  nel  procedimento penale a carico di
 Bolzan Francesco, iscritta al n. 704 del registro  ordinanze  1991  e
 pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  della Repubblica n. 48, prima
 serie speciale, dell'anno 1991;
    Visto l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 1› aprile 1992 il Giudice
 relatore Francesco Greco;
    Ritenuto che il Pretore di  Treviso,  nel  procedimento  penale  a
 carico di Bolzan Francesco, con ordinanza del 3 ottobre 1991 (R.O. n.
 704  del 1991), ha sollevato questione di legittimita' costituzionale
 degli artt. 446, 516, 519 c.p.p., come richiamati dagli artt.  563  e
 567  c.p.p.,  nella  parte  in  cui  non  prevedono per l'imputato la
 possibilita' di richiedere l'applicazione della pena ai  sensi  degli
 artt.  444 e segg. c.p.p., nel caso di modifica della imputazione nel
 corso dell'istruttoria dibattimentale;
      che, a parere del remittente, sarebbero violati:
        a) l'art.  3,  primo  comma,  della  Costituzione,  risultando
 ingiustamente  discriminata la posizione degli imputati che nel corso
 del dibattimento si trovino a rispondere di fatti e reati diversi  da
 quelli di cui all'originario capo d'imputazione;
        b)  l'art.  24,  secondo  comma,  della  Costituzione,  per la
 compressione del diritto di  difesa  del  quale  e'  esplicazione  la
 facolta' di avvalersi dei riti speciali previsti dall'ordinamento;
        c)   l'art.  27,  terzo  comma,  della  Costituzione,  perche'
 verrebbero frustrate le finalita' speciali preventive della pena  che
 trovano  concreta  attuazione  nel  riconoscimento all'imputato della
 facolta' di ricorrere al patteggiamento;
      che  nel  giudizio  e'  intervenuta,   in   rappresentanza   del
 Presidente  del  Consiglio  dei ministri, l'Avvocatura Generale dello
 Stato, la  quale  ha  concluso  per  l'infondatezza  della  questione
 rilevando  che la peculiarita' del rito di cui agli artt. 444 e segg.
 c.p.p. consiste nell'applicazione di una pena concordata dalle  parti
 quale  corrispettivo della rinuncia al dibattimento e che rientra tra
 le valutazioni sulle quali si fonda la scelta del rito  la  evenienza
 della  modificazione  dell'imputazione  a  seguito  della istruttoria
 dibattimentale,  non  infrequente  nell'attuale  sistema  processuale
 penale il quale riserva al dibattimento la formazione della prova;
    Considerato  che  il  rito  speciale di cui agli artt. 444 e segg.
 c.p.p. ha come peculiarita', in stretto collegamento, la rinuncia  da
 parte  dell'imputato al dibattimento con l'assunzione del conseguente
 rischio e la concessione del beneficio  della  riduzione  della  pena
 quale incentivo per la scelta del detto rito;
      che  il  termine  per  avanzare la domanda di applicazione della
 pena su  richiesta  delle  parti  e'  logicamente  individuato  nella
 dichiarazione  di  apertura  del dibattimento di primo grado, dopo la
 quale  non  sarebbero   piu'   giustificati   i   benefici   concessi
 all'imputato  ne'  dallo  scopo,  ormai  impossibile, di eliminare il
 dibattimento,  ne'  dalle   scelte   fatte   dall'imputato,   e   non
 risulterebbe  realizzata  la finalita' dell'istituto di assicurare la
 rapida definizione del maggior numero di processi (sentt. nn.  277  e
 593 del 1990; ordd. n. 355 e 421 del 1990);
      che,  come  ha  osservato  l'Avvocatura  Generale  dello  Stato,
 rientra nelle valutazioni che lo stesso  imputato  deve  compiere  ai
 fini  della  determinazione  alla  scelta del rito la evenienza della
 modificazione    dell'imputazione    a    seguito    dell'istruttoria
 dibattimentale,  non  infrequente  nell'attuale  sistema  processuale
 penale il quale riserva al dibattimento la  formazione  della  prova,
 mentre  nella  fase  preliminare  si  raccolgono  solo  gli  elementi
 sufficienti per la formulazione dell'accusa e il rinvio al giudizio;
      che in tale situazione non sussiste la denunciata disparita'  di
 trattamento tra imputati per i quali sia stato aperto il dibattimento
 e  imputati  per  i quali non lo sia stato, trattandosi di situazioni
 non omogenee; non e' compresso il diritto alla difesa e non risultano
 frustrate  le   finalita'   della   pena   non   connesse   al   c.d.
 patteggiamento;
      che, pertanto, la questione e' manifestamente infondata;
    Visti  gli  artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale;