IL PRETORE
                              R I L E V A
      che  all'odierna  udienza  Pinciaroli  Enrico  veniva citato per
 rispondere, tra l'altro, della contravvenzione di cui all'art. 26 del
 d.P.R. 10 settembre 1982, n.  915,  perche'  nella  sua  qualita'  di
 titolare  di  una  ditta di autocarrozzeria e verniciatura effettuava
 stoccaggio  di  rifiuti  tossici  e  nocivi  (polveri  di  cabina  di
 verniciatura) senza l'autorizzazione prevista dall'art. 16 del d.P.R.
 medesimo.  Fatto avvenuto ed accertato in Sarnano, fino al 23 ottobre
 1990.
   Acquisite le prove testimoniali e documentali ritenute  ammissibili
 nonche'  sentito  l'imputato  il  pretore,  raccolto come da separato
 verbale  le  conclusioni  del  pubblico  ministero  e  della  difesa,
 pronuncia  la  seguente  ordinanza con cui si rimettono gli atti alla
 Corte  costituzionale  per  la   valutazione   della   questione   di
 legittimita'  costituzionale  dell'art.  34, secondo comma, lett. c),
 della legge regione Marche 26  aprile  1990,  n.  31,  contenente  le
 disposizioni  sulle  "procedure  e  norme  di  attuazione  del  piano
 regionale di organizzazione dei servizi di smaltimento dei rifiuti".
                             R I T I E N E
    Sul punto della rilevanza della questione.
    Dalle emergenze testimoniali, segnatamente  dalla  deposizione  di
 Corvatta  Gianni ufficiale giudiziario del servizio multizonale della
 u.s.l. n. 15  di  Macerata,  risulta  che  la  quantita'  di  rifiuti
 rinvenuti  in  capo  all'odierno  imputato era inferiore ai cinquanta
 chilogrammi.  Di   conseguenza   i   fatti   all'esame   dell'odierno
 giudicante,  almeno con riferimento all'imputazione di cui al capo c)
 sopra ricordato, sembrano  rientrare  nella  fattispecie  di  cui  al
 menzionato  art. 34, secondo comma, lett. c), legge regione Marche n.
 31/1990 che recita: "Non e' soggetto all'autorizzazione lo stoccaggio
 provvisorio  di  rifiuti  tossici  e  nocivi  derivanti  da attivita'
 commerciali   e   artigianali,   quali   falegnamerie,   carrozzerie,
 lavanderie,  fotografi,  fabbri,  meccanici  e  simili,  purche' tale
 stoccaggio  rispetti   contestualmente   le   seguenti   condizioni:"
 (Omissis)  "  c)  non  superi  il quantitativo massimo di chilogrammi
 cinquanta, in recipienti definiti dalle  norme  tecniche  applicative
 statali".  Quindi,  alla  luce  del  disposto normativo regionale, si
 evince che l'imputato andrebbe  assolto,  in  relazione  al  capo  c)
 dell'imputazione  con  la formula piu' ampia, in ossequio al criterio
 gerarchico di cui all'art. 129, secondo comma, del  c.p.p.,  "poiche'
 il fatto non sussiste".
    Sul punto della non manifesta infondatezza.
    Appare  conformemente a quanto pronunciato in precedenti decisioni
 della Corte costituzionale che l'art. 34 della legge regionale  sopra
 indicato viola i seguenti principi:
      a)  art.  3  della Costituzione per la disparita' di trattamento
 ingiustificata che si verificherebbe tra i carrozzieri della  regione
 Marche, esercenti l'attivita' in forma artigianale, e quelli di altre
 regioni;
      b)  art. 25, secondo comma, della Costituzione avendo la regione
 illegittimamente interferito in materia penale;
      c) art. 117 della Costituzione in quanto la regione  Marche  non
 ha  potesta'  legislativa  in  materia  di  rifiuti e comunque, anche
 qualora l'avesse, non potrebbe dettare disposizioni contrastanti  con
 le  norme  fondamentali di una riforma economico sociale dello Stato,
 quali quelle di cui al d.P.R. n. 915/1982  emesse,  tra  l'altro,  in
 attuazione  di  direttive  comunitarie (cfr. Corte costituzionale nn.
 79/1977, 179/1986 e 370/1989).
    Sembra dunque ad avviso del giudicante che la potesta' legislativa
 regionale e' destinata a cedere  all'intervento  legislativo  statale
 ispirato  a  criteri  di  omogeneita'  ed  univocita'  di indirizzo e
 generalita' di applicazione in tutto il territorio dello  Stato,  con
 specifiche  norme  che costituiscono attuazione di direttive C.E.E. e
 che disciplinano anche i risvolti penali dei problemi affrontati.
    Sul punto e' decisiva la considerazione che la  fonte  del  potere
 punitivo risiede nella sola legislazione statale e che le regioni non
 hanno   potesta'   di  rimuovere  o  variare  con  proprie  leggi  la
 punibilita' di reati sanciti da leggi dello Stato  in  modo  che  non
 possono  interferire  negativamente con leggi statali rendendo lecita
 una attivita' che, invece, l'ordinamento statale considera illecita e
 sanziona penalmente (cfr. Corte costituzionale sentenze nn. 370/1989,
 43 e 309 del 1990, 117/1991).  Per  questi  motivi,  in  accoglimento
 della  richiesta  del  pubblico  ministero, ritenuto che la questione
 appare  rilevante  per  la  soluzione  del  caso  di  specie  e   non
 manifestamente   infondata,   si   rimettono   gli  atti  alla  Corte
 costituzionale nel procedimento penale rubricato al n. 137/1991  r.g.
 dell'intestata pretura nei confronti di Pinciaroli Enrico.