IL TRIBUNALE DELLA LIBERTA'
    Riunito  in  camera di consiglio per deliberare sulla richiesta di
 riesame proposta il 24 febbraio 1992 dal difensore di  Nicola  Porro,
 avverso  il  provvedimento  con  il quale in data 14 febbraio 1992 il
 p.m.  presso  la   pretura   di   Trani   convalido'   il   sequestro
 dell'autocarro tg. BA208072, operato dalla polizia giudiziaria;
                             O S S E R V A
    All'udienza  in  camera  di  consiglio  fissata  innanzi  a questo
 tribunale e' comparso il difensore ed il rappresentante della procura
 della Repubblica presso questo tribunale,  il  p.m.  ha  eccepito  la
 nullita'  dell'udienza,  a  norma  dell'art.  324,  sesto  comma, del
 c.p.p., per omessa trasmissione dell'avviso al p.m. presso la pretura
 circondariale  di  Trani.  Ha  sollevato,  in subordine, eccezione di
 illegittimita' costituzionale dell'art. 324, sesto comma, del c.p.p.
    Il difensore  si  e'  opposto  all'eccezione  di  nullita'  ed  il
 tribunale ha rigettato la stessa, ritenendola infondata.
                        CONSIDERATO IN DIRITTO
    L'art.  324,  sesto comma, del c.p.p., applicabile ex art. 322 del
 c.p.p. anche nel procedimento per il riesame del decreto di sequestro
 probatorio,  sancisce  che   la   legittimita'   a   partecipare   al
 procedimento  stesso  ed  a  ricevere  l'avviso dell'udienza camerale
 spetta  al  pubblico  ministero.  La  genericita'  della   previsione
 normativa  impone nella specie l'applicazione del principio, basilare
 del nostro sistema processuale, che vuole la competenza del  pubblico
 ministero  strettamente  collegata  con  quella del giudice presso il
 quale il primo e' costituito.
    Trattasi di principio che trova il suo fondamento nell'art. 51 del
 c.p.p. e negli  artt.  2  e  70  dell'ordinamento  giudiziario  (come
 sostituiti dagli artt. 2 e 20 del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 449) e
 rispetto  al  quale  non  sono  previste  deroghe  per  il  riesame e
 l'appello in materia di misure cautelari.
    Una tale interpretazione  del  complesso  sistema  normativo,  che
 impone  l'esclusiva  legittimazione  del procuratore della Repubblica
 presso il tribunale del riesame; e'  stata  di  recente  affermata  a
 sezioni  unite dalla suprema Corte di cassazione con decisione n. 278
 del 31 maggio 1991.
    Pertanto, rilevante e non manifestamente infodanta si appalesa  la
 questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 324, sesto comma,
 del c.p.p.
    La questione e' rilevante poiche' implica  la  individuazione  del
 pubblico  ministero legittimato a partecipare all'udienza camerale di
 discussione del ricorso per riesame.
    Cio' premesso, rileva il tribunale che l'art.  324,  sesto  comma,
 del c.p.p. nella parte in cui prevede la legittimazione a partecipare
 al  procedimento  del  p.m.  presso il giudice del riesame si pone in
 netto contrasto con la precisa volonta' del legislatore delegante.
    Invero con la direttiva n. 3 dell'art. 2 della legge  16  febbraio
 1987,  n.  81,  e'  stato  imposto  il principio per cui nel processo
 penale deve essere attuata la  "partecipazione  dell'accusa  e  della
 difesa  su  basi  di parita' in ogni stato e grado del procedimento".
 Ritenuto che  la  locuzione  "in  ogni  stato  ..  del  procedimento"
 ricomprende  anche  lo sviluppo incidentale del procedimento di primo
 grado innanzi al tribunale della liberta', e'  evidente  come  l'art.
 324,  sesto  comma, del c.p.p. non consenta all'accusa di partecipare
 su basi di parita' con la difesa. La disparita' emerge ove si  prenda
 in   considerazione   la   delicatezza   della  fase  delle  indagini
 preliminari in cui si inserisce la fase incidentale del  procedimento
 di riesame e la necessita' per il p.m. che quelle indagini conduce di
 effettuare una "discovery" degli indizi gia' raccolti che consenta da
 un lato di ottenere la conferma del provvedimento cautelare richiesto
 e dall'altro di non pregiudicare l'ulteriore corso delle indagini.
    La  necessita',  ai  fini dell'attuazione del principio di parita'
 delle parti  processuali,  della  partecipazione  del  p.m.  che  sta
 compiendo  le  indagini  emerge  ancor piu' evidente ove si consideri
 che, a norma del combinato disposto degli artt. 324, quarto e settimo
 comma, e 309, nono comma, del c.p.p., chi ha proposto la richiesta ha
 la  facolta' di enunciare nuovi motivi davanti al giudice del riesame
 in  sede  di  udienza  comerale  fino  a  che  non  abbia  inizio  la
 discussione  e  che il tribunale puo' decidere anche sulla base degli
 elementi  nuovi  addotti  dalle  parti  nel  corso  dell'udienza.  Ne
 consegue  che  un pubblico ministero diverso da quello procedente non
 e' in grado di sostenere  l'accusa  a  fronte  di  prove  a  sorpresa
 addotte dal difensore.
    Ne'  l'esigenza  di parita' e' idoneamente soddisfatta mediante il
 coordinamento e la collaborazione tra i due uffici del p.m.  a  mente
 dell'art.  371  del  c.p.p.  Invero  lo  scambio di informazioni e la
 trasmissione   di   atti   contemplati   da    detta    norma    sono
 istituzionalmente   previsti   in   ipotesi  di  indagini  collegate,
 ontologicamente diverse  dal  procedimento  incidentale  di  riesame,
 ditalche'  lo  scambio  di  informazioni  costituirebbe  un informale
 rimedio di fatto rispetto ad una lacuna legislativa, comunque di  per
 se'  inidoneo  a fronteggiare gli elementi nuovi addotti dalla difesa
 in udienza in considerazione della imprevedibilita' dei medesimi.
    La norma denunciata si pone allora in contrasto non  solo  con  il
 principio  della parita' fra le parti processuali sancito dalla legge
 delega, ma anche con  quello  affermato  dall'art.  112  Cost.  della
 obbligatorieta'   dell'azione   penale   il   cui   esercizio   viene
 necessariamente compromesso ove gestito da un p.m. diverso da  quello
 che ha piena conoscenza delle indagini per averle dirette.