ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 35 della legge 27 luglio 1978, n. 392 (Disciplina delle locazioni di immobili urbani), promosso con ordinanza emessa il 25 novembre 1991 dal Pre- tore di Verona nel procedimento civile vertente tra Casa di Cura "Villa Lieta" S.p.a. e Centro Diagnostico Polispecialistico "Gallieno" S.p.a., iscritta al n. 47 del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 7, prima serie speciale, dell'anno 1992; Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 15 aprile 1992 il Giudice relatore Francesco Greco; Ritenuto in fatto 1. - Il Pretore di Verona, nel corso del procedimento civile tra la Casa di cura Villa Lieta S.p.a. e il Centro Diagnostico Polispecialistico Gallieno S.p.a. avente ad oggetto il rilascio per finita locazione dell'immobile adibito a laboratorio di analisi cliniche, sito all'interno della predetta casa di cura, con ordinanza del 25 novembre 1991 (R.O. n. 47 del 1992) ha sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 35 della legge 27 luglio 1978, n. 392, nella parte in cui non prevede, tra le ipotesi di esclusione del diritto all'indennita' per la perdita di avviamento in caso di cessata locazione (art. 34 della medesima legge), i rapporti locativi relativi ad immobili interni a cliniche o case di cura in genere. Il Pretore non ha condiviso la interpretazione che nega la caratterizzazione propriamente professionale dell'attivita' in questione, ma ha privilegiato l'aspetto organizzativo imprenditoriale dei laboratori di analisi, onde il riconoscimento della spettanza della indennita' e, quindi, la rilevanza della questione. Per la non manifesta infondatezza, ha rilevato che la norma censurata violerebbe: a) l'art. 3, primo comma, della Costituzione per la irrazionale discriminazione che determinerebbe rispetto ai rapporti locativi concernenti immobili complementari a stazioni ferroviarie, porti, aeroporti, aree di servizio, alberghi e villaggi turistici, attesa anche la impossibilita' del ricorso alla interpretazione analogica ex art. 14 preleggi; b) l'art. 42, secondo comma, della Costituzione, in relazione all'art. 3 della Costituzione, in quanto porrebbe un irragionevole limite alla proprieta' privata, risultando ingiustificatamentesacrificato il godimento dell'immobile. 2. - L'ordinanza e' stata regolarmente notificata, comunicata e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale. 3. - Nel giudizio e' intervenuta l'Avvocatura Generale dello Stato, in rappresentanza del Presidente del Consiglio dei ministri, che ha concluso per la inammissibilita' della questione per irrilevanza, alla stregua della prevalente interpretazione giurisprudenziale secondo cui l'attivita' in esame rientra tra quelle professionali, per le quali e' escluso il diritto alla indennita', o quanto meno per la infondatezza in base ad una interpretazione estensiva dell'art. 35, comprendente anche la fattispecie in esame. Considerato in diritto 1. - La Corte e' chiamata a verificare se l'art. 35 della legge 27 luglio 1978, n. 392, nella parte in cui esclude il diritto alla indennita' per perdita di avviamento commerciale in caso di cessata locazione, in relazione ad attivita' svolta in immobili interni o complementari a case di cura, violi l'art. 3, primo comma, della Costituzione per la disparita' di trattamento che si verificherebbe rispetto ai rapporti locativi concernenti immobili complementari a stazioni ferroviarie, porti, aeroporti, aree di servizio, alberghi e villaggi turistici per i quali, invece, la indennita' e' esclusa, nonche' l'art. 42, secondo comma, della Costituzione, per l'ingiustificato sacrificio posto a carico del locatore nel godimento della proprieta'. 2. - La questione non e' fondata. L'art. 34 della legge n. 392 del 1978 prevede una indennita' per la perdita di avviamento commerciale nel caso della cessazione della locazione di immobili adibiti ad attivita' industriali, commerciali, artigianali o di immobili di interesse turistico. Come piu' volte affermato da questa Corte (ordd. nn. 519 e 481 del 1989), la disposizione trova fondamento nelle esigenze di ripristinare, a seguito della cessazione della locazione, l'equilibrio economico e sociale turbato per effetto della suddetta causa, e la prevista indennita' si giustifica nei confronti del conduttore quale compenso per la perdita dell'avviamento che egli, con la sua operosita', ha creato nel locale di cui trattasi, cosi' da evitare, nei confronti del locatore, l'arricchimento che, senza causa propria, egli consegue per l'incremento di valore che l'immobile ha ricevuto per l'attivita' svoltavi dal conduttore. L'art. 35 ora impugnato stabilisce che la indennita' non e' dovuta, tra gli altri, nel caso che si tratti di immobili complementari o interni a stazioni ferroviarie, porti, aeroporti, aree di servizio stradali o autostradali, alberghi o villaggi turistici. In detti casi la esclusione e' giustificata dal fatto che l'avviamento non e' frutto dell'attivita' del conduttore perche' il locale, per la sua posizione, gode dell'avviamento di altri locali ai quali esso e' complementare o partecipante. Il legislatore ha ritenuto che i detti locali, per essere compresi in altri immobili, principali o legati da un vincolo di stabile accessorieta', non hanno una clientela propria ma godono di un avviamento parassitario, essendo frequentati dalla clientela della struttura organizzativa nella quale sono ospitati o rispetto alla quale sono accessori. In altri termini, la clientela non e' un prodotto dell'attivita' del conduttore ma e' un riflesso della peculiare collocazione dell'immobile in un complesso piu' ampio i cui utenti garantiscono di per se' un flusso stabile di domanda. 3. - Quella impugnata e' una norma derogatoria della regola generale che sancisce il diritto alla indennita' per la perdita dell'avviamento. Essa e' frutto di una valutazione discrezionale del legislatore che non e' sindacabile nel giudizio di legittimita' in quanto non concreta un mero arbitrio. Correlativamente, la soluzione adeguatrice invocata non sarebbe una estensione logicamente necessitata ed implicita nella potenzialita' interpretativa del contesto normativo e, quindi, non e' possibile emettere la invocata sentenza additiva (sent. n. 440 del 1991).