IL TRIBUNALE MILITARE Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa contro Gentile Giuseppe, nato il 10 dicembre 1935 a Buscemi (Siracusa), atto di nascita n. 50/A.I., residente a Treviso in via Grado n. 6, coniugato, incensurato; mar. magg. in congedo gia' nella stazione dei carabinieri di Roncade (Treviso), libero, imputato di peculato militare continuato (artt. 81 cpv., del c.p. e 215 del c.p.m.p.) perche', maresciallo comandante la stazione dei carabinieri di Roncade, avendo, per ragioni inerenti il suo incarico di comandante di stazione, il possesso di bollettari per contravvenzioni e di somme di denaro frutto di proventi contravvenzionali con piu' azioni distinte, ma esecutive di un medesimo disegno criminoso, indate imprecisate comunque anteriori all'8 agosto 1991 si appropriava di n. 50 bollettari serie L dal numero 0050001 al 0055000, appartenenti all'a.m. nonche' di lit. 6.880.000 costituenti proventi contravvenzionali, pure appartenenti all'a.m. FATTO E DIRITTO Prima che venisse dichiarata l'apertura del dibattimento, la difesa, nella considerazione che contro l'imputato Gentile Giuseppe per il medesimo fatto (qualificato peculato ex art. 314 c.p.) procede anche il giudice ordinario, il quale il 19 marzo 1992 ha pronunciato sentenza (non ancora passata in giudicato) su richiesta delle parti a norma dell'art. 444 del c.p.p., e che inoltre lo stesso g.i.p. presso questo tribunale militare il 28 febbraio 1992 ha rilevato la situazione di conflitto di giurisdizione ed attivata la procedura per la sua risoluzione (artt. 30 e 31 del c.p.p.), ha chiesto il rinvio del dibattimento in attesa del giudicato e della decisione della Corte di cassazione. Il pubblico ministero, da parte sua, ha osservato che, per la disposizione dell'art. 30, terzo comma, del c.p.p., il conflitto di giurisdizione e la conseguente ordinanza non possono determinare alcuna sospensione dei procedimenti in corso. Ha eccepito, tuttavia, l'incostituzionalita' della citata norma processuale, apparentemente in contrasto con plurimi principi costituzionali (artt. 2, 3, 25, primo comma, 76 e 77, 97 e 103, terzo comma). Questo tribunale militare concorda con l'orientamento espresso dalla parte pubblica, sia nel senso di non poter disporre la sospensione del procedimento o un rinvio del dibattimento, sia per quanto riguarda i dubbi sulla legittimita' costituzionale dell'art. 30, terzo comma, del c.p.p. La norma che stabilisce la prosecuzione, sino alla sentenza risolutiva della Cassazione, dei procedimenti in conflitto (senza dubbio innovativa rispetto alla disciplina desumibile secondo la prevalente giurisprudenza e dottrina dall'art. 53 del c.p.p. 1930), costringe l'imputato a difendersi per un medesimo fatto dinanzi e piu' giudici, con evidente compromissione dei suoi diritti fondamentali e sostanziale ingiustificato aggravio della sua situazione nei confronti dell'autorita' (artt. 2 e 3 della Costituzione). I procedimenti in conflitto, nelle more del giudizio risolutivo possono persino giungere, uno solo o anche tutti e due, al giudicato: pertanto, l'art. 30, terzo comma, permette che l'imputato sia distolto dal giudice naturale (art. 25, primo comma, della Costituzione) e, quando si tratti di conflitto tra giudice ordinario e giudice militare, che quest'ultimo conosca di un reato estraneo alla sua giurisdizione (art. 103, terzo comma, della Costituzione). E' evidente che con la decisione della Cassazione viene caducata ogni anomalia inerente al conflitto ed alla prosecuzione dei procedimenti. Tuttavia, appare in contrasto con l'esigenza del buon andamento dell'amministrazione della giustizia (art. 97, primo comma, della Costituzione) la norma secondo cui, sino al momento della risoluzione del conflitto, la pluralita' dei procedimenti per un medesimo fatto debba andare avanti il piu' possibile, senza alcuna sospensione. L'innovazione posta dall'art. 30, terzo comma, non trova, infine, riscontro nel criterio direttivo n. 15 della legge-delega (artt. 76 e 77 della Costituzione).