Ricorso per conflitto di attribuzioni della regione Veneto, in persona del presidente pro-tempore della giunta regionale, autorizzato con deliberazione 15 maggio 1992, n. 2766, della giunta regionale, rappresentato e difeso dagli avv.ti prof. Giorgio Berti e Guido Viola, domiciliato presso il secondo in Roma, via N. Piccolomini 34, contro il Presidente del Consiglio dei Ministri, in persona del presidente pro-tempore; perche' sia annullato, per difetto di attribuzione, il decreto del prefetto della provincia di Verona in data 13 aprile 1992, prot. n. 1304/1992 sett. I, sez. II, con cui la societa' a r.l. "Verona 10" con sede in Verona, affidataria dei lavori di costruzione di alcuni tratti della terza corsia dell'autostrada Brescia - Verona - Vicenza - Padova, nonche' del tratto della tangenziale sud di Verona, e' stata autorizzata ad occupare temporaneamente per due anni un terreno sito nel comune di Illasi, di proprieta' del signor Brazzarola Cirillo, al fine di estrarre i materiali necessari alla costruzione delle suindicate opere, prescindendo dalla preventiva autorizzazione regionale per l'esercizio dell'attivita' di cava, e perche' coneguentemente sia dichiarata la competenza della regione Veneto ad autorizzare l'esercizio di tale attivita'. F A T T O La societa' consortile Verona 10 S.r.l. subentro' al raggruppamento temporaneo di imprese nel contratto di appalto da questa stipulato con la S.p.a. Autostrada Brescia-Verona-Vicenza- Padova per la costruzione di alcuni tratti della terza corsia dell'autostrada Brescia-Verona-Vicenza-Padova, nonche' di un tratto della tangenziale sud di Verona. Assumendo a ragione giustificativa della propria richiesta la qualificazione dei suddetti tratti autostradali come opere di pubblica utilita', urgenti ed indifferibili, la societa' Verona 10 fece istanza al prefetto di Verona affinche' disponesse l'occupazione d'urgenza di un terreno sito in comune di Illasi di proprieta' del signor Cirillo Brazzarola, al fine di poter estrarre da tale terreno i materiali per la costruzione degli indicati tratti autostradali. L'istanza venne presentata alla stregua di quanto disposto dall'art. 64 della legge sull'espropriazione per p.u. 25 giugno 1865, n. 2359, secondo cui "gli intraprenditori ed esecutori di un'opera dichiarata di pubblica utilita' possono occupare temporaneamente i beni privati per estrarre pietre, ghiaia, sabbia, terra o zolle .. per .. usi necessari all'esecuzione dell'opera stessa". L'istanza venne rigettata dal prefetto di Verona con provvedimento 9 aprile 1990 n. 1375/1990, in considerazione della appartenenza alla autorita' regionale del complesso delle competenze di carattere autorizzatorio in ordine alla attivita' di cava. Il decreto prefettizio n. 1375/1990, fatto oggetto di impugnazione davanti al t.a.r. del Veneto da parte della societa' istante (ric. n. 1705/1990), fu annullato dal giudice di primo grado, il quale ha ritenuto che il fatto che nell'ambito dell'utilizzo autorizzato dal Prefetto sia compreso anche il potere di estrarre materiali dal fondo non sposterebbe la disciplina da applicarsi, che resterebbe sempre quella dell'espropriazione. L'attivita' estrattiva risulterebbe cioe' sempre subordinata all'opera pubblica, ed e' a questa che va appunto commisurata la disciplina da osservare. Trattandosi di opera pubblica statale, l'autorizzazione prefettizia toglierebbe di per se' ogni altro potere della regione. La sentenza del t.a.r., contrariamente a quanto scritto nel decreto prefettizio dal quale prende le mosse questo ricorso, non e' passata in giudicato, in quanto e' stata tempestivamente appellata dalla regione del Veneto. Peraltro, il prefetto di Verona ha ritenuto di decretare l'occupazione temporanea, autorizzando il soggetto richiedente alla estrazione dei materiali necessari alla costruzione dell'opera pubblica autostradale e tangenziale. Di qui, l'interesse della regione Veneto a sollevare conflitto d'attribuzione, in quanto l'atto prefettizio mette del tutto fuori causa la competenza regionale alla regolazione dell'attivita' di cava. D I R I T T O Violazione artt. 117 e 118 della Costituzione, e specificamente dell'art. 1 del d.P.R. 14 gennaio 1972, n. 2; dell'art. 62 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, nonche' dell'art. 2 e ss. della legge regione Veneto 7 settembre 1982, n. 44, e dell'art. 64 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, in relazione all'art. 106 del citato d.P.R. n. 616/1977. Il decreto prefettizio, sulla falsariga della sentenza del t.a.r. Veneto, si basa sul presupposto che l'art. 64 della legge n. 2359/1865 abbia creato una connessione cosi' stretta tra l'estrazione di materiale di cava e l'esecuzione di un'opera pubblica statale da togliere di mezzo ogni competenza della regione al controllo dell'attivita' di cava. In questa presupposizione e' inclusa anche la negazione di ogni necessita' di coordinamento tra l'autorizzazione all'occupazione temporanea per l'estrazione dei materiali e l'esercizio della competenza regionale in materia di cave. Questa lettura del potere esercitato e' obbligata proprio dalla circostanza che l'occupazione del suolo e' finalizzata all'estrazione di materiali in quanto necessari all'esecuzione di un'opera pubblica per la quale risultano stabiliti precisi obblighi e termini di esecuzione: nella luce dell'art. 64 della legge del 1865, anche l'estrazione dei materiali diventa cosi' obbligatoria per l'impresa autorizzata all'occupazione, con l'effetto di vanificare ogni controllo regionale dell'attivita' di cava. L'espropriazione della competenza regionale, sia dal punto di vista organizzativo sia dal punto di vista dei contenuti, consegue percio' nettamente al provvedimento che il prefetto ha adottato proprio sulla base di una norma (art. 64) che collega l'occupazione ad un'opera pubblica statale. I lavori, ai quali l'occupazione e' finalizzata, vengono in tal modo sottratti alla tutela dell'attivita' di cava ed e' cosi' che il decreto prefettizio apre una breccia nella competenza regionale. Ora e' chiaro che, una volta che l'attivita' di cava e' disciplinata in quanto tale e la relativa disciplina e connessi controlli sono fatti rientrare nella competenza regionale, non puo' essere tollerata alcuna immunita', sia per l'organo statale autorizzante, sia per l'impresa autorizzata, dall'obbligo di sottomersi all'esercizio del controllo che spetta alla regione: una qualsiasi breccia nella disciplina generale dell'attivita' di cava e connessa competenza vanifica questo controllo e ne distrugge la competenza. Il rapporto fra l'occupazione temporanea e l'autorizzazione regionale all'estrazione dei materiali deve dunque essere salvaguardato con idonee misure amministrative, e si deve far carico all'autorita' prefettizia di condizionare l'effetto dell'autorizzazione all'occupazione al controllo positivo da parte della regione, utilizzando ogni adeguato strumento giuridico messo a disposizione dall'ordinamento, qui inclusa la conferenza dei servizi ai sensi dell'art. 14 della legge 7 agosto 1990, n. 241. Nessun dubbio ovviamente sulla appartenenza alla regione dei poteri inerenti al controllo sull'estrazione dei materiali di cava e sulla necessita' che anche i poteri spettanti ad altre amministrazioni debbano salvaguardare tali altre competenze regionali quando si esplichino su materie od oggetti che ne implichino l'esercizio (v., in giurisprudenza, tra le altre: cons. di Stato, VI sez., 4 dicembre 1984, n. 684; 11 maggio 1991, n. 289). E' appena il caso di rammentare che la regione Veneto ha dettato con legge 7 settembre 1982, n. 44, regole precise in ordine alla conduzione dell'attivita' di cava, specificando all'art. 2 che costituiscono attivita' di cava i lavori di coltivazione dei giacimenti formati da materiali classificati di seconda categoria, ai sensi del terzo comma, art. 2, del r.d. 29 luglio 1927, n. 1443. Nello stesso art., quarto comma, si precisa che rientrano nelle attivita' di cava anche le escavazioni che avvengono per la costruzione di opere pubbliche, stradali ed idrauliche, in terreni diversi da quello nel quale dovrebbe effettuarsi l'attivita' estrattiva. Tutte le attivita' estrattive, comprese dunque quelle serventi alla costruzione di strade, debbono svolgersi pertanto nel rispetto di detta legge regionale, la quale prevede (artt. 4 ss.) una complessa pianificazione dell'attivita' di cava e quindi (artt. 16 e ss.) la necessita' dell'autorizzazione regionale per la coltivazione dei giacimenti in disponibilita' dei privati. Come si e' detto, i lavori che la societa' "Verona 10" si propone di svolgere nel terreno occupato rivestono senza dubbio il carattere di attivita' di cava diretta al ritrovamento di materiali occorrenti per l'esecuzione dell'opera pubblica statale, e in quanto tali ricadono sotto l'obbligo della preventiva autorizzazione regionale. La durata dell'estrazione e l'imponente previsione dei quantitativi di materiali da asportare confortano, se ve ne fosse bisogno, l'autonomia dell'attivita' estrattiva e del relativo controllo rispetto alla disciplina dell'occupazione e alla finalizzazione dell'estrazione ad un'opera pubblica. E' chiaro che l'art. 64 della legge n. 2359/1865 consente l'occupazione temporanea anche per finalita' diverse dall'estrazione di ghiaia, sabbia etc., pero' l'occupazione allo scopo di cavare questi materiali dal suolo registra gia' una qualificazione differenziata nello stesso art. 64, secondo comma. A parte cio', e forse proprio per l'ampiezza delle finalita' cui l'occupazione temporanea e' preordinata ai sensi dell'art. 64, si rende evidente la necessita' che l'occupazione non assolva l'organo che l'autorizza dall'osservanza di norme sostanziali e di organizzazione che attengono invece a quell'attivita' di estrazione di materiali alla quale e' finalizzata l'occupazione. Allo stesso modo, l'autorizzazione all'occupazione non puo' assorbire alcun'altra necessaria autorizzazione e non assolve l'occupante dalla necessita' di procurarsela ove egli voglia dar seguito all'occupazione. Per queste ragioni il prefetto non poteva autorizzare puramente e semplicemente l'occupazione finalizzata all'estrazione dei materiali necessari alle costruzioni delle indicate opere stradali, ed espropiare cosi' le ragioni della propria competenza ad autorizzare l'estrazione stessa in attuazione della legge regionale 7 settembre 1982, n. 44, e dell'art. 62 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616. In ogni caso il prefetto doveva attenersi al principio di leale collaborazione e coordinazione fra competenze statali e regionali che, anche a giudizio di codesta ecc.ma Corte, e' implicito nel sistema, quando si tratti di raggiungere in ordine a una stessa attivita' o a uno stesso oggetto i fini cui le pur distinte competenze sono insieme dirette. Al di fuori di questa collaborazione, l'esercizio di una delle competenze, nel caso quella statale, pregiudica necessariamente l'altra, quella regionale, tagliando alla base la legittimazione al relativo esercizio. Appare pertanto dimostrata la violazione della competenza regionale ad opera dell'atto prefettizio impugnato.