ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 16, quinto
 comma, della legge della Regione Emilia-Romagna 17  maggio  1986,  n.
 16,  "Piano  regionale per la rete di distribuzione di carburanti per
 autotrazione  e  funzioni  amministrative",  promosso  con  ordinanza
 emessa il 12 dicembre 1990 dal Tribunale regionale amministrativo del
 Lazio,  sul  ricorso proposto dalla s.p.a A.P.I. contro la Presidenza
 del Consiglio dei ministri ed altri, iscritta al n. 39  del  registro
 ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 7 prima serie speciale dell'anno 1992;
    Visti gli atti di costituzione della s.p.a. A.P.I. e della Regione
 Emilia-Romagna;
    Udito  nell'udienza pubblica del 5 maggio 1992 il Giudice relatore
 Enzo Cheli;
    Uditi gli avvocati Vittorio Zammit per la s.p.a. A.P.I.  e  Franco
 Mastragostino per la Regione Emilia-Romagna.
                           Ritenuto in fatto
    1.   -   Con   ordinanza   del   12  dicembre  1990  il  Tribunale
 amministrativo regionale  del  Lazio  -  nel  corso  di  un  giudizio
 promosso  dalla s.p.a. A.P.I. per l'annullamento di due provvedimenti
 del Comune  di  Rimini,  concernenti  il  diniego  di  rinnovo  della
 concessione  per  l'esercizio  di  un  impianto  di  distribuzione di
 carburanti ed il conseguente ordine di smantellamento dello stesso  -
 ha  sollevato  questione di legittimita' costituzionale dell'art. 16,
 quinto comma, della legge  regionale  dell'Emilia-Romagna  17  maggio
 1986,  n.  16  (Piano  regionale  per  la  rete  di  distribuzione di
 carburanti per autotrazione e funzioni amministrative),  nella  parte
 in cui fa divieto ai Comuni di rinnovare le concessioni relative agli
 impianti  di  distribuzione  considerati  marginali,  indicati  nella
 tabella n. 3, allegata alla legge stessa.
    A giudizio del Tribunale remittente, il suddetto art.  16,  quinto
 comma  -  assumendo  come  discriminante,  al  fine del rinnovo delle
 concessioni,  il  criterio  della  marginalita'  sotto   il   profilo
 produttivo  ed  operando  una  diretta  individuazione  ex lege degli
 impianti   considerati   "marginali"   rispetto   a   parametri    di
 produttivita' non specificati ne' ricavabili dal contesto normativo -
 si  porrebbe  in  contrasto  con  la  normativa statale che regola la
 materia, e precisamente con l'art. 16 del decreto- legge  26  ottobre
 1970,  n.  745,  convertito  dalla  legge  18 dicembre 1970, n. 1034,
 (Provvedimenti straordinari per la ripresa economica) e con gli artt.
 16 e 17 del relativo regolamento di  esecuzione  (d.P.R.  27  ottobre
 1971,  n.1269), secondo i quali avrebbe dovuto essere temporaneamente
 garantita  la  prosecuzione  delle  gestioni  in  atto,  mediante  il
 rilascio di nuove concessioni subordinate al "solo accertamento della
 idoneita'  tecnica  delle  attrezzature  dell'impianto  al  sicuro  e
 regolare espletamento dell'attivita' di distribuzione".
    Secondo   il   giudice   a  quo,  la  norma  regionale  impugnata,
 perseguendo la finalita' di una drastica riduzione del  numero  degli
 esercizi  in  atto  senza  tener conto degli indirizzi espressi dalla
 suddetta disciplina statale, avrebbe violato i limiti della  potesta'
 legislativa  di  mera  attuazione  demandata  alle  Regioni in questa
 materia, ai sensi dell'art. 7 del d.P.R. n. 616 del  1977,  ponendosi
 cosi'  in  contrasto  con  gli artt. 117 e 118 della Costituzione. La
 stessa norma regionale contrasterebbe, inoltre, con l'art.  41  della
 Costituzione,  per  la  insussistenza  di ragioni di utilita' sociale
 idonee  a  giustificare  il  sacrificio  imposto  alla  liberta'   di
 iniziativa  economica privata, e con l'art. 3 della Costituzione, per
 irragionevolezza nonche' per la disparita' di  trattamento  che  essa
 determinerebbe tra imprenditori esercenti la medesima attivita'.
    Infine,  sempre  a  giudizio  del  tribunale remittente, la stessa
 normativa regionale risulterebbe lesiva degli artt. 24  e  113  della
 Costituzione,  per  aver disposto una diretta e tassativa elencazione
 degli  impianti  considerati  "marginali",  determinando   cosi'   la
 sottrazione di tale elencazione alla ordinaria tutela giurisdizionale
 esperibile  nei  confronti  dei  provvedimenti di carattere puntuale,
 propri della attivita' amministrativa.
    2. - Si e' costituita in giudizio la s.p.a. A.P.I. per aderire  ai
 motivi  svolti  nell'ordinanza  di rimessione ed al fine di insistere
 per l'accoglimento della questione.
    3.  -  Anche  la  Regione  Emilia-Romagna  si  e'  costituita  nel
 giudizio,   presentando  una  memoria  volta  a  confutare  i  motivi
 dell'ordinanza ed a chiedere il rigetto della questione.
    In tale memoria si sostiene che il criterio di marginalita'  degli
 impianti - che sarebbe connesso non solo alla scarsa redditivita', ma
 anche  ad  altri  elementi  - sarebbe stato espresso, anche a seguito
 della crisi  energetica  determinatasi  negli  anni  '70,  dai  piani
 energetici  nazionali  succedutisi  nel  tempo  e  dalle  conseguenti
 direttive impartite dallo Stato alle Regioni, venendo ad integrare  e
 modificare  il  regime  originariamente definito dal decreto-legge n.
 745 del 1970 e dal d.P.R. n. 1269 del 1971, richiamati nell'ordinanza
 di rimessione.
    L'aumento della economicita' del sistema di distribuzione nel  suo
 complesso, da perseguire anche tramite la eliminazione degli impianti
 a  scarsa redditivita', costituirebbe, pertanto, uno degli obbiettivi
 della programmazione nazionale di settore, rispetto al quale la legge
 regionale impugnata risulterebbe del tutto coerente.
    Ne' sarebbe riscontrabile - secondo la Regione - alcuna immotivata
 lesione della liberta' di iniziativa economica privata, posto che  la
 razionalizzazione   del  sistema  distributivo  sarebbe  imposta  per
 esigenze  di  pubblico  interesse,   in   vista   del   miglioramento
 dell'offerta  e  della  riduzione  dei  costi  di  distribuzione. Ne'
 avrebbe,  infine,  fondamento  la  lamentata  lesione  della   tutela
 giurisdizionale  derivante  da  una  presunta  espansione della fonte
 primaria  su  materie  di  carattere  amministrativo,   non   essendo
 interdetto  al  legislatore regionale di disciplinare anche con legge
 le materie delegate.
    4. - In prossimita' dell'udienza la s.p.a.  A.P.I.  ha  presentato
 una  memoria  nella quale si insiste per l'accoglimento del ricorso e
 si ribadisce che la  legge  regionale  impugnata  avrebbe  violato  i
 limiti  della  competenza legislativa di mera attuazione riconosciuta
 alla Regione in questa materia imponendo un  criterio  (insufficiente
 produttivita')  del  tutto  difforme  da  quello (inidoneita' tecnica
 degli impianti) previsto dalla legge statale.
                        Considerato in diritto
    1. - Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio ha sollevato,
 con l'ordinanza in esame, questione  di  legittimita'  costituzionale
 nei  confronti  dell'art. 16, quinto comma, della legge della Regione
 Emilia-Romagna 17 maggio 1986, n.16 (Piano regionale per la  rete  di
 distribuzione    di    carburante   per   autotrazione   e   funzioni
 amministrative), dove, ai fini del rinnovo delle  concessioni  per  i
 distributori  di  carburante liquido, si stabilisce che "non potranno
 essere rinnovate dai  Comuni  le  concessioni  relative  ad  impianti
 considerati "marginali" di cui all'allegata Tavola n. 3".
   Ad  avviso del giudice remittente tale norma verrebbe a violare: a)
 gli artt. 117 e 118 Cost., per avere introdotto, in tema  di  rinnovo
 delle  concessioni, un limite non previsto dalla legislazione statale
 ed in contrasto con il tipo di legislazione regionale  consentita  in
 materia  delegata;  b)  gli artt. 3 e 41 Cost., per irragionevolezza,
 disparita' di trattamento e  insussistenza  di  ragioni  di  utilita'
 sociale  idonee a giustificare la norma; c) gli artt. 24 e 113 Cost.,
 per  avere  indebitamente  compresso,   attraverso   l'individuazione
 diretta    degli    impianti   da   eliminare,   l'ordinaria   tutela
 giurisdizionale nei confronti degli atti amministrativi.
    La questione non e' fondata.
    2. - Il profilo che per primo viene sviluppato  nell'ordinanza  di
 rinvio concerne l'asserita violazione degli artt. 117 e 118 Cost.
    Ad  avviso  del TAR del Lazio, la Regione Emilia Romagna - in sede
 di esercizio di una potesta' normativa di  attuazione,  quale  quella
 spettante   alla   Regione   nella   materia   delegata  relativa  ai
 distributori di carburanti ( artt. 7 e 52 d.P.R. 24 luglio  1977,  n.
 616)  -  non  avrebbe  potuto  introdurre un divieto di rinnovo delle
 concessioni per gli impianti considerati "marginali" sotto il profilo
 della produttivita', dal momento che la legislazione statale (art. 16
 L. 18 dicembre 1970, n. 1034  e  art.  17  d.P.R.  27  ottobre  1971,
 n.1269)   avrebbe   condizionato   il   rinnovo   della   concessione
 all'accertamento  del  solo  limite  della  idoneita'  tecnica  delle
 attrezzature dell'impianto.
    L'esame  completo  della  legislazione statale dimostra, peraltro,
 l'erroneita' di questa tesi.
    E invero,  il  richiamo  all'accertamento  dell'idoneita'  tecnica
 degli impianti come unico limite opponibile ai fini del rinnovo delle
 concessioni  -  oltre  al  fatto di risultare espressamente enunciato
 soltanto nell'art. 17 del d.P.R. n. 1269 del 1971,  e  cioe'  in  una
 fonte  non  primaria,  ma  regolamentare  -  e'  stato superato dalla
 normazione statale intervenuta nella materia successivamente al  1971
 e,  in  particolare, dalla disciplina enunciata dal d.P.R. n. 616 del
 1977 ai fini della delega alle Regioni delle funzioni  amministrative
 in tema di distribuzione di carburanti.
    L'art.  52,  primo comma, lett. a) del d.P.R. n. 616, nel delegare
 tale settore alle Regioni, ha richiamato, infatti, in generale,  come
 disciplina  di riferimento il "quadro degli indirizzi determinati dal
 Governo": indirizzi in  concreto  adottati  mediante  i  decreti  del
 Presidente del Consiglio dei ministri emanati in data 8 luglio 1978 e
 31  dicembre 1982, attuativi dei piani energetici nazionali approvati
 dal CIPE, rispettivamente, in data 23  dicembre  1977  e  4  dicembre
 1981.  In  tali  atti  il  criterio  della  idoneita'  tecnica  delle
 attrezzature degli impianti risulta affiancato  da  altri  criteri  -
 riferiti  sia  alla razionalizzazione della rete di distribuzione che
 alla produttivita' degli impianti - che hanno  condotto  ad  adottare
 nei  confronti delle Regioni e dei Comuni la direttiva concernente la
 riduzione dei punti di vendita, da operare  sia  mediante  la  revoca
 delle  concessioni  "relative agli impianti il cui erogato di vendita
 nell'anno 1976 sia stato  inferiore  a  100.000  litri"  (d.P.C.M.  8
 luglio  1978, n. 2), sia mediante l'ulteriore, eventuale, chiusura di
 altri impianti  fino  a  raggiungere  gradualmente  "l'erogato  medio
 europeo" (d.P.C.M. 31 dicembre 1982, art. 1, primo comma, lett. b).
    Quest'ultimo  atto  di  indirizzo, all'art. 3, ha altresi' imposto
 alle Regioni l'obbligo di approvare  un  piano  di  razionalizzazione
 della  rete  distributiva  nel territorio di competenza, in funzione,
 tra l'altro, "della riduzione del costo di  distribuzione  attraverso
 la  individuazione di una tipologia ottimale delle strutture, nonche'
 di un'adeguata produttivita' del sistema mediante  il  raggiungimento
 di livelli di erogato medio europeo".
    Al   rispetto  di  queste  finalita'  va,  dunque,  ricondotta  la
 disciplina adottata dalla Regione Emilia-Romagna con la legge  n.  16
 del  1986,  che,  nell'approvare il piano regionale, ha introdotto il
 limite riferito al  carattere  "marginale"  dell'impianto  "sotto  il
 profilo  della  produttivita'", limite che viene, pertanto, a trovare
 adeguata giustificazione nelle direttive emanate dal Governo ai sensi
 dell'art. 52 del d.P.R. n. 616 del 1977.
    La questione, con riferimento al profilo dell'asserita  violazione
 delle  competenze  regionali  di  cui  agli  artt.  117  e 118 Cost.,
 risulta, pertanto, infondata.
    3. - Infondata si  rivela,  altresi',  la  censura  relativa  alla
 violazione  degli  artt.  3  e  41  della Costituzione. Ricondotta al
 quadro complessivo della normazione di delega, dei  piani  energetici
 nazionali  e  degli atti di indirizzo del Governo innanzi richiamati,
 la norma impugnata, a differenza di quanto si afferma nell'ordinanza,
 non si prospetta ne' irragionevole, ne' discriminatoria, ne'  carente
 sul   piano   dell'utilita'   sociale.   Tale  norma,  al  contrario,
 nell'individuare come limite al rinnovo delle concessioni  la  scarsa
 produttivita'   accertata   nei  confronti  di  determinati  impianti
 qualificati come "marginali" (e, pertanto, differenziati, in  termini
 negativi, rispetto al livello medio di produttivita'), ha palesemente
 perseguito  un  fine  di razionalizzazione della rete distributiva in
 grado di  favorire  anche  una  riduzione  dei  costi  connessi  alla
 distribuzione.  Tale  fine, mentre da un lato appare consonante con i
 criteri  della  ragionevolezza,  dall'altro  rappresenta,  sul  piano
 dell'utilita' sociale, una giustificazione adeguata al limite apposto
 alla liberta' di iniziativa privata.
    4.   -   Vanno,   infine,   respinte  anche  le  censure  relative
 all'asserita lesione degli artt. 24 e 113 della Costituzione.
   Il fatto che la norma regionale, con  la  tabella  allegata,  abbia
 specificamente elencato gli impianti considerati "marginali" sotto il
 profilo  della  produttivita'  non  ha  prodotto  lesione alla tutela
 giurisdizionale garantita nei confronti  degli  atti  della  pubblica
 amministrazione,  come  risulta dimostrato dalla stessa esistenza del
 giudizio a quo, instaurato al fine di richiedere l'annullamento degli
 atti   amministrativi   adottati,   in   attuazione   della    norma,
 dall'autorita'   comunale.   Ne'   puo'   valere,   come   motivo  di
 illegittimita',  il  richiamo  al  contenuto   concreto   dell'elenco
 allegato  alla  norma impugnata, dal momento che questa Corte ha gia'
 avuto modo di sottolineare come la legislazione regionale  non  trovi
 la  sua  caratterizzazione  nei criteri materiali della generalita' e
 dell'astrattezza, ma  possa  anche  manifestarsi,  nel  rispetto  del
 principio  di  ragionevolezza,  attraverso  disposizioni di contenuto
 concreto e particolare, quale quelle espresse con  la  disciplina  in
 esame (cfr. sentt. 331 del 1988 e 190 del 1986).