ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel   giudizio   di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  13,  in
 relazione all'art. 22, della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme  in
 materia  di  controllo dell'attivita' urbanistico-edilizia, sanzioni,
 recupero e sanatoria delle opere edilizie),  promosso  con  ordinanza
 emessa  il  24  giugno  1991  dal Pretore di Pistoia nel procedimento
 penale a carico di D'Alessandro Antonietta, iscritta al  n.  586  del
 registro  ordinanze  1991 e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della
 Repubblica n. 38, prima serie speciale, dell'anno 1991;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito nell'udienza pubblica del 5 maggio 1992 il Giudice  relatore
 Cesare Mirabelli.
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  Con  ordinanza  emessa  il  24 giugno 1991 nel procedimento
 penale a carico di D'Alessandro Antonietta, il Pretore di Pistoia  ha
 sollevato,  in  riferimento  agli  artt.  3  e 97 della Costituzione,
 questione di legittimita' costituzionale dell'art.  13  in  relazione
 all'art.  22 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di
 controllo dell'attivita' urbanistico-edilizia, sanzioni,  recupero  e
 sanatoria  delle  opere  edilizie),  nella  parte  in  cui prevede la
 formazione in sessanta giorni del silenzio-rifiuto sulla richiesta di
 sanatoria di opere edilizie eseguite in assenza di concessione, senza
 tener conto del maggior termine previsto per la  formazione  di  atti
 presupposti.
    Il  giudice  rimettente  osserva che l'art. 22, primo comma, della
 legge n. 47 del  1985  stabilisce  la  sospensione  obbligatoria  del
 procedimento  penale relativo a violazioni edilizie finche' non siano
 esauriti i procedimenti amministrativi di sanatoria previsti dal capo
 I della legge; osserva inoltre che l'art. 13 prevede, in ordine  alla
 richiesta  di  concessione  o  di autorizzazione in sanatoria, che il
 sindaco si pronunci entro  sessanta  giorni,  trascorsi  i  quali  la
 richiesta  si  intende  respinta,  con la conseguenza che il processo
 penale riprende il suo corso. Se  l'opera  edilizia  ricade  in  zona
 vincolata ai sensi della legge 23 giugno 1939, n. 1497, e' necessaria
 (ai  sensi  dell'art.  1  della  legge  8  agosto  1985,  n.  431) la
 autorizzazione prevista dall'art. 7 della legge n. 1497 del 1939, per
 il cui rilascio il relativo procedimento, osserva il giudice  a  quo,
 puo' durare fino a 150 giorni. La procedura di sanatoria non potrebbe
 in   tal  caso  concludersi  nel  termine  di  sessanta  giorni,  ma,
 formandosi egualmente il silenzio-rifiuto e dovendo  il  procedimento
 penale  riprendere  il proprio corso, l'imputato non potrebbe fruire,
 ad  avviso  del  giudice  rimettente,  della  estinzione  dei   reati
 contravvenzionali prevista dall'art. 22 della legge n. 47 del 1985.
    Il  Pretore  di  Pistoia  ritiene che la normativa cosi' descritta
 sarebbe in contrasto con  l'art.  3  della  Costituzione  perche',  a
 parita' di situazioni di fatto (due abusi astrattamente sanabili, uno
 dei  quali  ricadente in zona vincolata), un imputato potrebbe fruire
 della causa estintiva prevista dall'art. 22 della  legge  n.  47  del
 1985 mentre l'altro no. Inoltre sarebbe irrazionale la disciplina che
 prevede  la  formazione  del  silenzio-rifiuto  senza tener conto dei
 termini  previsti  da  norme  speciali  per   procedimenti   che   si
 inseriscono  in  quello  principale  di  sanatoria.  Il  contrasto e'
 prospettato anche  con  l'art.  97  della  Costituzione,  perche'  il
 giudice  di primo grado e' tenuto a sospendere il procedimento penale
 pur essendo certa la  formazione  del  silenzio-rifiuto,  mentre  poi
 (decorsi  sessanta  giorni) si dovrebbe procedere al giudizio sebbene
 l'imputato, in caso di condanna, possa  ottenere  successivamente  la
 concessione  in sanatoria, alla quale segue l'estinzione del reato in
 grado di appello, con spreco di  attivita'  e  cattivo  funzionamento
 dell'amministrazione della giustizia.
    2.  -  E'  intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei
 ministri, rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato, che  ha
 concluso per la infondatezza della questione, richiamando la sentenza
 n.  370  del  1988 con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato
 non fondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art.  22
 della legge n. 47 del 1985, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3,
 32, 101 e 112 della Costituzione.
                        Considerato in diritto
    1.   -   Il   Pretore   di   Pistoia   dubita  della  legittimita'
 costituzionale degli artt. 22 e 13 della legge 28 febbraio  1985,  n.
 47,   che   prevedono,   rispettivamente:  il  primo  la  sospensione
 dell'azione penale relativa  alle  violazioni  edilizie  finche'  non
 siano  esauriti  i  procedimenti amministrativi di sanatoria previsti
 dal Capo I della legge; il secondo  il  termine  di  sessanta  giorni
 dalla  richiesta  di  concessione  o  di autorizzazione in sanatoria,
 decorso il quale,  senza  che  il  sindaco  si  sia  pronunciato,  la
 richiesta si intende respinta, senza tenere conto del maggior termine
 previsto per la formazione di atti presupposti.
    2.  -  Preliminarmente  si  deve rilevare che la legge 28 febbraio
 1985, n. 47,  nel  dettare  norme  per  il  controllo  dell'attivita'
 urbanistico-edilizia  e  per  il  recupero  e  sanatoria  delle opere
 edilizie, stabilisce all'art. 13 che per le opere eseguite in assenza
 di concessione, ma conformi agli strumenti urbanistici vigenti sia al
 momento della loro realizzazione sia al momento  della  presentazione
 della   domanda,   il   responsabile  dell'abuso  possa  ottenere  la
 concessione  richiedendola  entro  il   termine   previsto   per   la
 demolizione   ed  il  ripristino  dello  stato  dei  luoghi;  termine
 decorrente dalla notifica della ingiunzione di demolizione emessa dal
 sindaco e decorso il quale seguono gli effetti previsti  dall'art.  7
 della stessa legge.
    L'ordinanza   di   rimessione   non   prende   in  alcun  modo  in
 considerazione la tempestivita' o meno della richiesta di concessione
 ai fini dell'accertamento di conformita' delle opere  agli  strumenti
 urbanistici,  previsto  dall'art.  13 della legge n. 47 del 1985; non
 indica  se  si  siano  verificati  gli  ulteriori  effetti   previsti
 dall'art. 7 della stessa legge, ne' motiva, per questi aspetti, sulla
 rilevanza  della  questione,  che  deve  essere  pertanto  dichiarata
 inammissibile.