ha pronunciato la seguente ORDINANZA nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 10 del regio decreto 11 febbraio 1929, n. 274 (Regolamento per la professione di geometra) e 2 della legge 25 aprile 1938, n. 897 (Norme sulla obbligatorieta' dell'iscrizione negli albi professionali e sulle funzioni relative alla custodia degli albi), promosso con ordinanza emessa il 10 luglio 1991 dal Consiglio nazionale dei geometri, sul ricorso proposto da Del Sordo Fabrizio avverso la delibera del 7 novembre 1990 del Consiglio del Collegio dei Geometri di Firenze iscritta al n. 156 del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 13, prima serie speciale, dell'anno 1992; Udito nella camera di consiglio del 17 giugno 1992 il Giudice relatore Giuseppe Borzellino; Ritenuto che con ordinanza emessa il 10 luglio 1991 (pervenuta alla Corte costituzionale il 17 marzo 1992) dal Consiglio nazionale dei geometri, sul ricorso proposto da Del Sordo Fabrizio avverso la delibera del 7 novembre 1990 del Consiglio del Collegio dei Geometri di Firenze (Reg. ord. n. 156 del 1992), e' stata sollevata questione incidentale di legittimita' degli artt. 10 del regio decreto 11 febbraio 1929, n. 274 (Regolamento per la professione di geometra) e 2 della legge 25 aprile 1938, n. 897 (Norme sulla obbligatorieta' dell'iscrizione negli albi professionali e sulle funzioni relative alla custodia degli albi), assumendosi per l'iscritto dichiarato fallito l'automatica cancellazione dall'albo, a differenza di altre categorie di professionisti (dottori commercialisti) ovvero degli impiegati civili dello Stato, i quali, pur in caso di condanna penale, beneficiano di procedure disciplinari che consentono l'esercizio del diritto di difesa, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione; Considerato che, come altre volte evidenziato, l'impugnato regio decreto 11 febbraio 1929, n. 274, stante la sua natura regolamentare, sfugge al sindacato di questa Corte (cfr. ordinanza n. 219 del 1983 e sentenza n. 16 del 1975); che pertanto, sotto tale aspetto, la questione va dichiarata manifestamente inammissibile; che con riferimento all'art. 2 della legge 25 aprile 1938, n. 897, premesso che secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione non e' richiesto il procedimento disciplinare per la cancellazione dall'albo quando questa sia disposta per il venir meno dei requisiti per l'iscrizione (tra cui la perdita del godimento dei diritti civili, ex art. 2, n. 2, della legge 7 marzo 1985, n. 75), va rilevata la disomogeneita' delle situazioni poste a confronto dal Collegio remittente che richiama i precedenti di questa Corte in tema di cosiddetta destituzione di diritto (cfr. sentenze n. 158 e 40 del 1990 e n. 971 del 1988); che, infatti, l'assenza del carattere disciplinare nel provvedimento de quo per la perdita del requisito dell'iscrizione (godimento dei diritti civili, la cui mancanza e' di per se' ostativa al concreto ed efficace esercizio della professione) e, di conseguenza, l'esclusione, in capo al soggetto deliberante, della benche' minima valutazione discrezionale in ordine al provvedimento da adottare, implica l'incomparabilita', in radice, delle posizioni poste a confronto ex art. 3 della Costituzione, in uno all'incongruenza del richiamo al successivo art. 24; che pertanto tale questione va dichiarata manifestamente infondata; Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale;