ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nei giudizi di legittimita' costituzionale  dell'articolo  13,  comma
 primo,  del  decreto-legge 5 maggio 1957, n. 271 (Disposizioni per la
 prevenzione e la  repressione  delle  frodi  nel  settore  degli  oli
 minerali)  convertito,  con modificazioni, nella legge 2 luglio 1957,
 n. 474, come sostituito dall'articolo  21  della  legge  31  dicembre
 1962,   n.   1852  (Modificazioni  al  regime  fiscale  dei  prodotti
 petroliferi) promossi con ordinanze emesse  il  21  ottobre,  18,  27
 novembre, 6 dicembre 1991 e 12 febbraio 1992 dal Pretore di Prato nei
 procedimenti  penali  a carico di Mazzi Giancarlo, ed altri, iscritte
 rispettivamente ai  nn.  109,  133,  134,  193  e  185  del  registro
 ordinanze 1992 e pubblicata nelle Gazzette Ufficiali della Repubblica
 nn. 10, 12 e 16, prima serie speciale, dell'anno 1992;
    Visti  gli  atti  di  intervento  del Presidente del Consiglio dei
 ministri;
    Udito nella camera di consiglio del  17  giugno  1992  il  Giudice
 relatore Vincenzo Caianiello;
    Ritenuto  che  nel  corso  di  un  procedimento penale a carico di
 Giancarlo Mazzi, imputato del reato di cui all'art. 13, primo  comma,
 d.l.  5  maggio  1957,  n. 271, convertito in legge 2 luglio 1957, n.
 474, il Pretore di Prato con ordinanza del 21 ottobre 1991 (reg. ord.
 n. 109 del 1992) sollevava, in riferimento all'art. 27, terzo  comma,
 della  Costituzione,  questione  di legittimita' costituzionale della
 norma ora citata, secondo cui "chiunque esercita un deposito  di  oli
 minerali  carburanti,  combustibili  o  lubrificanti, una stazione di
 servizio o un apparecchio di distribuzione automatica di  carburanti,
 non  denunciati  a  termini  dell'art.  1, e' punito con la multa dal
 doppio al decuplo  dell'imposta  relativa  ai  prodotti  trovati  nel
 deposito,  nella  stazione di servizio o nel distributore automatico,
 e, in ogni caso, non inferiore a lire 300.000";
      che il Pretore rilevava che nel caso di specie gli oli  minerali
 non denunciati corrispondevano a Kg. 4.085 di olio combustibile denso
 ed  a Kg. 52 di olio diatermico, con un minimo di pena applicabile di
 Lire 121.281.170;
      che  a  suo   avviso   tale   sanzione   era   irragionevolmente
 sproporzionata alla gravita' del fatto, tenendo conto anche di quanto
 affermato  da  questa Corte con sentenza n. 313 del 1990, cio' che lo
 induceva a dubitare del contrasto tra la norma  denunciata  e  l'art.
 27, terzo comma, della Costituzione;
      che  il  medesimo  Pretore  sollevava  la  stessa  questione con
 ordinanze del 18 novembre 1991  (reg.  ord.  n.  133  del  1992,  nel
 procedimento  contro Piero Franco Baroni), del 27 novembre 1991 (reg.
 ord. n. 134 del 1992, nel procedimento contro Rosalinda  Lombardi  ed
 altri) e 6 dicembre 1991 (reg. ord. n. 193 del 1991, nel procedimento
 contro Vincenzo La Porta ed altro);
      che  sempre  la stessa questione veniva sollevata dal Pretore di
 Prato con ordinanza del 12 febbraio 1992 (reg. ord. n. 185 del  1992,
 nel  procedimento  contro  Gabriele  Maurizio Guasti ed altro), nella
 quale il Pretore afferma di conoscere l'ordinanza di questa Corte  n.
 427   del  1991,  dichiarativa  della  manifesta  infondatezza  della
 questione,  e  tuttavia  ritiene  di  prospettare   il   profilo   di
 incostituzionalita'   costituito   dall'inadeguatezza   della   norma
 impugnata alla finalita' rieducativa della pena;
      che la Presidenza del Consiglio  dei  ministri,  intervenuta  in
 tutte  le cause, chiedeva dichiararsi la manifesta infondatezza della
 questione, richiamando la sentenza di questa Corte n. 887 del 1988  e
 l'ordinanza n. 129 del 1989;
    Considerato   che   i   giudizi  debbono  essere  riuniti,  stante
 l'identicita' delle questioni;
      che la sussistenza del reato di  cui  all'art.  13  del  decreto
 legge 5 maggio 1957, n. 271, di omessa denuncia di un deposito di oli
 minerali   destinato   al   consumo   diretto   dipende,  secondo  la
 giurisprudenza della Cassazione, dalla  capacita'  del  deposito  (in
 quanto  solo  quelli  di  una certa consistenza possono costituire un
 piu' facile veicolo per le frodi  fiscali),  mentre,  ai  fini  della
 relativa  sanzione,  rileva  la  quantita' di prodotto effettivamente
 introdotta nello stesso deposito ovvero estratta;
      che, sotto quest'ultimo aspetto,  il  trattamento  sanzionatorio
 appare  non  irragionevolmente commisurato alla quantita' di prodotto
 effettivamente transitata piuttosto che alla capacita' del  deposito,
 e  cio'  anche  in relazione alla natura permanente del reato, da cui
 consegue la punibilita' di tutta  la  condotta  mantenuta  nel  corso
 della situazione illecita;
      che, pertanto, poiche' la gravita' del reato e' commisurata alla
 quantita'  del  prodotto  complessivamente  immesso nei recipienti, a
 nulla  rileva  -  al  fine  di  censurare  il  relativo   trattamento
 sanzionatorio   in   riferimento  all'art.  27,  terzo  comma,  della
 Costituzione - la circostanza che la quantita' di olio rinvenuta  nel
 deposito appartenente all'imputato sia stata esigua;
      che   in  tal  senso  questa  Corte  gia'  si  e'  espressa  con
 l'ordinanza n. 497 del 1991;
      che a diverso avviso non puo' indurre il richiamo,  operato  dal
 giudice  rimettente,  alla  sentenza di questa Corte n. 313 del 1990,
 nella  quale  sono  indicate  alcune  caratteristiche  generali   del
 principio    di    proporzionalita'    della   pena,   poiche'   tali
 caratteristiche sono riscontrabili nella norma censurata,tenuto conto
 delle modalita' di commisurazione della pena,  tali  da  superare  il
 dubbio di inadeguatezza della sanzione alla finalita' rieducativa;
      che  pertanto  la questione dev'essere dichiarata manifestamente
 infondata;
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo  1953,  n.
 87  e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale;