ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nei  giudizi promossi con ricorsi delle Province autonome di Trento e
 di Bolzano notificati il 14 novembre 1991, depositati in  Cancelleria
 il  19  successivo, per conflitto di attribuzione sorto a seguito del
 decreto del Ministro  della  sanita'  del  26  luglio  1991,  n.  295
 (Regolamento  dei  corsi  di  qualificazione per l'accesso al profilo
 professionale  di  operatore  tecnico  addetto   all'assistenza,   in
 applicazione  dell'art. 40, terzo comma, del d.P.R. 28 novembre 1990,
 n. 384), ed iscritti ai nn. 42 e 43 del registro conflitti 1991;
    Visti gli atti di costituzione del Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
    Udito  nell'udienza pubblica del 2 giugno 1992 il Giudice relatore
 Enzo Cheli;
    Uditi gli avvocati Sergio Panunzio per  la  Provincia  di  Trento,
 Roland Riz e Sergio Panunzio per la Provincia di Bolzano e l'Avvocato
 dello  Stato  Sergio  Laporta  per  il  Presidente  del Consiglio dei
 ministri;
                           Ritenuto in fatto
    1. - Con ricorso notificato  il  14  novembre  1991  la  Provincia
 autonoma  di  Trento  ha  sollevato  conflitto  di  attribuzione  nei
 confronti del Presidente del Consiglio dei ministri in  relazione  al
 decreto  del  Ministro  della  sanita'  del  26  luglio  1991, n. 295
 (Regolamento dei corsi di qualificazione  per  l'accesso  al  profilo
 professionale   di   operatore  tecnico  addetto  all'assistenza,  in
 applicazione dell'art. 40, comma terzo, del d.P.R. 28 novembre  1990,
 n.  384),  per violazione degli artt. 8, n. 29, 9, n. 10, e 16, primo
 comma, dello Statuto regionale del  Trentino-Alto  Adige  (d.P.R.  31
 agosto 1972, n. 670).
    La  Provincia  rileva  che  - a seguito all'accordo concernente il
 personale del Servizio sanitario nazionale siglato il 6 aprile 1990 e
 recepito con d.P.R. 28 novembre 1990, n. 384 - il  decreto  impugnato
 ha  inteso  disciplinare  i  corsi di qualificazione per l'accesso al
 profilo professionale di "operatore tecnico addetto  all'assistenza",
 previsti  dall'art.  40,  terzo  comma, del suddetto d.P.R. n. 384. A
 giudizio della ricorrente, tale disciplina, in  quanto  destinata  ad
 applicarsi  anche  nel territorio della Provincia autonoma di Trento,
 sarebbe,   peraltro,   lesiva   delle   competenze   legislative   ed
 amministrative   provinciali   di   tipo   esclusivo  in  materia  di
 "addestramento e formazione professionale" di cui agli  artt.  8,  n.
 29,  e  16,  primo  comma,  dello Statuto regionale del Trentino-Alto
 Adige, nonche' delle competenze provinciali di  tipo  concorrente  in
 materia  di  "igiene e sanita', ivi compresa l'assistenza sanitaria e
 ospedaliera", di cui agli artt. 9, n. 10, e 16,  primo  comma,  dello
 stesso Statuto regionale.
    Le  censure  della ricorrente investono innanzitutto (primo motivo
 del ricorso) l'art. 1, secondo comma (ed il relativo allegato n.  3),
 dove  si  disciplina in modo dettagliato il modello dell'attestato di
 qualifica da rilasciarsi alla conclusione dei corsi e si prevede  che
 tale attestato sia sottoscritto, oltre che da un rappresentante della
 Provincia,  anche  da  un  rappresentate  del Ministro della sanita';
 nonche' l'art. 10, che stabilisce che nella commissione  esaminatrice
 debba  essere  presente anche un rappresentante dello stesso Ministro
 della sanita'.
    Altra lesione,  a  giudizio  della  ricorrente  (secondo  motivo),
 sarebbe   poi  determinata  dagli  artt.  5  e  6,  che  stabiliscono
 l'istituzione nelle piante organiche  delle  UU.SS.LL.  di  posti  di
 "operatore  tecnico  addetto all'assistenza" nella misura massima del
 35% dei posti di "ausiliario specializzato addetto ai servizi  socio-
 assistenziali"  gia' in organico e vincolano le Regioni e le Province
 autonome a determinare annualmente il  numero  totale  dei  posti  da
 istituire  presso  le scuole di formazione professionale in relazione
 alla   proporzione   di   cui   sopra,   disponendo   altresi'   che,
 contestualmente  all'inquadramento  nella nuova qualifica, i posti di
 ausiliario specializzato  addetto  ai  servizi  socio-  assistenziali
 siano   trasformati   in   posti   di   operatore   tecnico   addetto
 all'assistenza.  Anche  tali  disposizioni,  secondo  la  ricorrente,
 sarebbero   lesive   delle  norme  statutarie  gia'  richiamate,  che
 attribuirebbero alla Provincia la competenza  in  materia  di  piante
 organiche  del  personale  sanitario. Inoltre, le stesse disposizioni
 risulterebbero  lesive  del  principio  di   legalita',   in   quanto
 interverrebbero su oggetti del tutto estranei a quelli tassativamente
 previsti  dal  terzo  comma  dell'art. 40 del d.P.R. n. 384 del 1990,
 che, nel demandare al Ministro della sanita' l'emanazione del decreto
 ora impugnato, non avrebbe fatto alcun riferimento alla materia delle
 piante organiche del personale interessato.
    Infine (terzo  motivo),  una  ulteriore  violazione  dello  stesso
 principio  di  legalita'  e  dei  principi costituzionali relativi al
 riparto delle competenze normative sarebbe rilevabile nel  fatto  che
 le  disposizioni  impugnate  sono  state  emanate  con un regolamento
 ministeriale che trova il suo specifico fondamento in una  norma  non
 legislativa,  bensi'  regolamentare  (art. 40, terzo comma, d.P.R. n.
 384 del 1990), e che viene a  incidere  -  in  contrasto  con  quanto
 previsto  dall'art.  17, primo comma, lett. d), della legge 23 agosto
 1988, n. 400 - in materie riservate alla competenza  esclusiva  delle
 Province  autonome.  Ne'  a  diversa conclusione potrebbe giungersi -
 conclude la ricorrente - anche qualora si ritenesse  che  l'impugnato
 regolamento  configuri  un atto di indirizzo e coordinamento, perche'
 anche in tale ipotesi  questo  atto  sarebbe  comunque  privo  di  un
 proprio specifico fondamento legislativo.
    2.   -  Anche  la  Provincia  autonoma  di  Bolzano,  con  ricorso
 notificato in data  14  novembre  1991,  ha  sollevato  conflitto  di
 attribuzione  in  relazione  allo  stesso  decreto del Ministro della
 sanita' n. 295 del 1991, per violazione degli artt. 8, n. 29, 9, n. 4
 e n. 10, e 16, primo comma, dello Statuto regionale del Trentino-Alto
 Adige e relative norme di attuazione.
    Svolgendo  considerazioni  identiche  a  quelle   espresse   dalla
 Provincia  di  Trento,  anche  la Provincia di Bolzano giudica lesive
 delle proprie attribuzioni le disposizioni di cui all'art. 1, secondo
 comma (e relativo allegato n. 3), ed all'art. 10 del decreto n.  295,
 in  materia  di  attestazioni  di  qualifica  e di composizione della
 commissione esaminatrice (terzo  motivo  del  ricorso),  nonche'  gli
 artt.   5   e  6  dello  stesso  decreto,  in  quanto  pretendono  di
 disciplinare  la  materia  delle  piante  organiche   del   personale
 sanitario (quarto motivo).
    La  Provincia  di  Bolzano  - con una prospettazione piu' ampia di
 quella adottata dalla  Provincia  autonoma  di  Trento  -  riferisce,
 inoltre   (secondo  motivo),  la  lesione  della  propria  competenza
 esclusiva in tema di istruzione professionale agli artt. da 1 a 4, 5,
 secondo comma, da 8 a 10 e agli allegati nn. 1, 2  e  3  del  decreto
 impugnato.
    Per quanto concerne, infine, la lamentata violazione del principio
 di  legalita' e dei principi costituzionali relativi al riparto delle
 competenze normative, la Provincia di Bolzano prospetta argomenti  in
 gran  parte analoghi a quelli avanzati dalla Provincia di Trento, pur
 allargando l'impugnativa al decreto nel suo complesso (primo motivo).
    3. - Si e' costituito in entrambi i giudizi, con distinti atti  di
 identico   contenuto,  il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
 rappresentato e difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  per
 chiedere il rigetto dei ricorsi.
    A  giudizio  dell'Avvocatura dello Stato non sarebbe pertinente il
 richiamo  alle  competenze  provinciali  in  materia  di  "formazione
 professionale",   in  quanto  le  norme  impugnate  atterrebbero,  in
 realta', al rapporto di impiego del personale sanitario, materia  che
 la  legge  di  riforma  sanitaria  23  dicembre 1978, n. 833, avrebbe
 riservato alla competenza statale. I corsi regolati  dal  decreto  n.
 295,   secondo   l'Avvocatura,  sarebbero,  infatti,  preordinati  al
 reclutamento del personale  cui  attribuire  la  nuova  qualifica  di
 "operatore   tecnico   addetto  all'assistenza",  rappresentando  una
 condizione per l'accesso a tale qualifica.
    Le disposizioni ministeriali  in  questione  non  riguarderebbero,
 pertanto,   attribuzioni   proprie   delle  Province  autonome,  che,
 conseguentemente, non potrebbero lamentare alcuna lesione di  proprie
 competenze  e  neppure  far  valere  pretesi vizi di legittimita' del
 decreto impugnato.
    4. - In prossimita' dell'udienza, inizialmente fissata  per  il  3
 marzo  1992, le Province di Trento e Bolzano hanno presentato memorie
 di identico contenuto insistendo per l'accoglimento dei ricorsi.
    In particolare,  le  ricorrenti  deducono  che,  contrariamente  a
 quanto  sostenuto  dall'Avvocatura  dello  Stato,  i  corsi di cui al
 decreto   impugnato   rientrerebbero   tipicamente   nella    materia
 dell'addestramento  e formazione professionale, anche se istituiti ai
 fini dell'accesso ad un determinato profilo professionale.
    Inoltre, le Province ricorrenti rivendicano la propria competenza,
 nell'ambito della materia dell'igiene e  sanita',  anche  per  quanto
 concerne  la  disciplina  del  personale  sanitario,  competenza  che
 sarebbe stata fatta espressamente salva dall'art. 80 della  legge  n.
 833  del 1978 sulla riforma sanitaria, e successivamente dall'art. 81
 del d.P.R. n. 761 del 1979 sullo stato giuridico del personale  delle
 unita' sanitarie locali.
    5.  - Anche l'Avvocatura dello Stato ha presentato una memoria per
 ribadire  che  il  decreto  impugnato   trova   la   sua   fonte   di
 legittimazione  nell'accordo  sul  personale  del  servizio sanitario
 nazionale del 6 aprile 1990, stipulato in base alla legge quadro  sul
 pubblico  impiego  n.  93  del  1983, che, in quanto legge di riforma
 economico-sociale, inciderebbe anche nell'autonomia statutaria  delle
 ricorrenti.  Il  decreto  interverrebbe,  quindi,  in una materia non
 disciplinata dalla legge ne' riservata  alla  legge,  bensi'  rimessa
 alla   contrattazione  sindacale.  Lo  stesso  decreto  risulterebbe,
 pertanto, in linea con l'esigenza di unicita' dello  stato  giuridico
 ed  economico  del personale delle UU.SS.LL., sanzionata dall'art. 47
 della legge n. 833 del 1978.
    6.  -  A  seguito  di  istanze  presentate  dalle  ricorrenti   la
 trattazione dei due ricorsi e' stata rinviata al 2 giugno 1992.
    In  prossimita'  di  tale  nuova  udienza  le Province autonome di
 Trento e di Bolzano hanno presentato ulteriori  memorie  di  identico
 contenuto,  per  replicare  alle  deduzioni  della  difesa  statale e
 insistere nell'accoglimento dei ricorsi, anche in considerazione  del
 fatto  che  le  norme di attuazione dello Statuto speciale, di cui al
 decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 267, non hanno fatto venir meno
 la materia del contendere ne' l'interesse al ricorso.
                        Considerato in diritto
    1. - I ricorsi per conflitto di attribuzioni proposti dalle  Prov-
 ince   autonome  di  Trento  e  di  Bolzano  prospettano  profili  ed
 argomentazioni in gran parte coincidenti. I giudizi  relativi  devono
 essere, pertanto, riuniti ai fini dell'adozione di un'unica sentenza.
    2.  -  I  conflitti  vengono  sollevati dalle Province autonome di
 Trento e di Bolzano nei confronti  del  decreto  del  Ministro  della
 sanita'  26  luglio 1991, n. 295, mediante il quale e' stato adottato
 il regolamento relativo ai corsi di qualificazione per  l'accesso  al
 profilo  professionale  di  operatore tecnico addetto all'assistenza.
 Tale regolamento (che non assume le  connotazioni,  ne'  formali  ne'
 sostanziali,  proprie dell'atto di indirizzo e coordinamento) viene a
 trovare la sua base normativa nell'art. 40, terzo comma,  del  d.P.R.
 28  novembre  1990, n. 384, che - in sede di recepimento dell'accordo
 sindacale del 6 aprile 1990, concernente il  personale  del  comparto
 del  servizio  sanitario  nazionale  -  ha disposto l'istituzione del
 profilo professionale di "operatore tecnico addetto  all'assistenza",
 cui  possono accedere gli ausiliari specializzati o candidati esterni
 "previo superamento di un apposito corso annuale  le  cui  modalita',
 requisiti di accesso, percentuali di ammissioni per candidati interni
 ed   esterni   sono   stabiliti,   nell'ambito  della  programmazione
 sanitaria, con decreto del Ministro della sanita' ...".
   Con i ricorsi in esame, le Province autonome di Trento e di Bolzano
 denunciano come  lesiva  delle  proprie  attribuzioni  la  disciplina
 adottata   con  il  regolamento  in  questione,  deducendo  vizi  che
 investono: a) il  decreto  nel  suo  complesso,  per  violazione  dei
 principi  costituzionali sul riparto delle competenze normative e del
 principio di legalita' (terzo motivo ricorso Provincia Trento e primo
 motivo ricorso Provincia Bolzano);  b)  gli  artt.  1-4,  5,  secondo
 comma,  8-10 e gli allegati 1, 2 e 3, per violazione delle competenze
 provinciali in tema di "addestramento e formazione professionale", di
 "apprendistato;  libretto  di  lavoro;  categorie  e  qualifiche  dei
 lavoratori"  e  di  "igiene  e  sanita',  ivi  compresa  l'assistenza
 sanitaria ed ospedaliera" (secondo motivo ricorso Provincia Bolzano);
 c) l'art. 1, secondo comma, e all. 3, e  l'art.  10,  per  violazione
 delle  stesse  competenze provinciali (primo motivo ricorso Provincia
 Trento e terzo motivo ricorso Provincia Bolzano); d) gli artt. 5 e 6,
 per violazione delle stesse competenze provinciali e del principio di
 legalita' (secondo motivo ricorso Provincia di Trento e quarto motivo
 ricorso Provincia di Bolzano).
    I  ricorsi  delle  due  Province  autonome  non  sono  fondati con
 riferimento ai profili richiamati sub a), b) e c),  mentre  risultano
 fondati con riferimento ad uno dei profili enunciati sub d).
    3.  - Va innanzitutto escluso che il decreto in esame, considerato
 nel suo complesso,  possa  aver  violato  i  principi  costituzionali
 relativi  al  riparto  delle  competenze normative ed al principio di
 legalita'  sotto  i  due  profili  denunciati  dalle  ricorrenti  che
 investono,  da  un lato, l'asserito difetto di fondamento legislativo
 del potere regolamentare esercitato dal Ministro della sanita'  (art.
 17,  terzo  comma,  legge  23  agosto  1988,  n. 400), e, dall'altro,
 l'asserita invasione operata, attraverso la fonte  regolamentare,  in
 una  materia  riservata  alla  competenza (esclusiva, o, quanto meno,
 concorrente) provinciale (art. 17, primo comma, lett. b, legge n. 400
 del 1988).
    In proposito occorre osservare che il decreto del  Ministro  della
 sanita'  n.  295  del 1991, pur qualificandosi sul piano formale come
 regolamento ministeriale,  e'  tale  da  assumere,  in  relazione  ai
 caratteri   della   disciplina  cui  risulta  collegato  in  funzione
 attuativa (d.P.R. n.  384  del  1990),  una  collocazione  del  tutto
 peculiare,  suscettibile  di  incidere  anche  sull'operativita'  dei
 limiti di cui all'art. 17 della legge n. 400 del 1988.  Il  decretoin
 esame  e' stato, infatti, adottato dal Ministro della sanita' al fine
 di attuare una disciplina espressa da una fonte  speciale  (ancorche'
 formalmente  riconducibile  alla  categoria  generale dei regolamenti
 governativi), quale quella che ha consentito di recepire,  attraverso
 un  decreto del Presidente della Repubblica (d.P.R. 28 novembre 1990,
 n. 384), un'accordo sindacale (accordo del 6 aprile 1990, concernente
 il personale del comparto del servizio sanitario nazionale) stipulato
 ai sensi della legge-quadro sul  pubblico  impiego  (legge  29  marzo
 1983, n. 93).
    Quest'ultima   legge  -  che  in  quanto  diretta  a  porre  norme
 fondamentali di riforma economico-sociale vincola, attraverso i  suoi
 principi,  anche  le  competenze delle Province autonome (v. sent. n.
 219  del  1984)  -  impone,  com'e'  noto,  per  determinati  oggetti
 attinenti   alla   disciplina   del   pubblico   impiego   (tra   cui
 "l'identificazione delle qualifiche funzionali in rapporto ai profili
 professionali ed alle  mansioni":  v.  art.  3,  n.  3),  il  ricorso
 all'accordo  sindacale  come  strumento necessario e alternativo alla
 legge: accordo alla cui stipula  sono  chiamati  a  concorrere  quali
 parti  contraenti  -  ove  la  disciplina  attenga  al  comparto  del
 personale del sevizio sanitario nazionale -  anche  i  rappresentanti
 delle  Regioni e delle Province autonome (art. 9 legge n. 93 del 1983
 e art. 6 d.P.R. n. 68 del 1986).
    Il  carattere  necessitato  dello  strumento  dell'accordo  e   la
 tipicita'  del  procedimento  di recepimento dello stesso nel sistema
 delle fonti  statuali  inducono,  pertanto,  a  riferire  al  decreto
 presidenziale  di  recepimento  un  valore peculiare che non puo' non
 riflettersi anche nei limiti  della  fonte  subordinata  (regolamento
 ministeriale) chiamata a svolgere ed applicare le norme poste in sede
 di  accordo sindacale: con la conseguenza di attenuare, nei confronti
 di  tale  fonte,  sia  il  limite di cui all'art. 17, terzo comma, in
 ordine al fondamento legislativo dei  regolamenti  ministeriali,  dal
 momento   che,  in  questo  caso,  e'  il  decreto  presidenziale  di
 recepimento dell'accordo  che  assume,  di  necessita',  la  funzione
 propria  della  legge; sia il limite di cui all'art. 17, primo comma,
 lett. b), dal momento che l'ente  regionale  e  provinciale  ha  gia'
 concorso  a  determinare,  in  sede  di  formazione  dell'accordo,  i
 contenuti   della   disciplina   che,   attraverso   il   regolamento
 ministeriale, si e' inteso attuare.
    4.  -  Del pari infondate si prospettano le censure di cui sub b),
 avanzate dalla  Provincia  di  Bolzano  e  riferite  genericamente  a
 numerose  norme del decreto impugnato, sotto il profilo dell'asserita
 lesione  della  competenza  provinciale  esclusiva  in   materia   di
 "addestramento  e  formazione  professionale" (art. 8, n. 29, Statuto
 speciale), nonche' delle competenze provinciali concorrenti  in  tema
 di  "apprendistato;  libretti  di  lavoro; categorie e qualifiche dei
 lavoratori"  e  di  "igiene  e  sanita',  ivi  compresa  l'assistenza
 sanitaria ed ospedaliera" (art. 9, nn. 4 e 10, Statuto speciale).
    In  proposito  va rilevato che la disciplina posta dal decreto del
 Ministero della sanita' n. 295 del 1991, ancorche' diretta a regolare
 criteri  di  ammissione  e  modalita'  di  svolgimento  di  corsi  di
 qualificazione  professionale,  risulta  innanzitutto  indirizzata  a
 integrare  le  previsioni  relative   all'accesso   ad   un   profilo
 professionale  del ruolo sanitario di nuova istituzione, quale quello
 di "operatore tecnico addetto all'assistenza", cioe'  a  regolare  in
 dettaglio  i  criteri  di  ingresso  in un nuovo settore del comparto
 sanitario gia' predisposti, in generale, in sede di accordo sindacale
 e recepiti successivamente attraverso l'art.  40,  terzo  comma,  del
 d.P.R. n. 384 del 1990.
    I  contenuti  e  le  finalita'  del  decreto impugnato vengono, di
 conseguenza, a incidere, in linea  principale,  nella  materia  della
 sanita'  e  piu'  specificamente  nel  settore della disciplina dello
 stato giuridico del personale delle unita' sanitarie locali, rispetto
 a cui l'art. 47 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, ha  imposto  il
 criterio  dell'"  unico ordinamento in tutto il territorio nazionale"
 (criterio successivamente attuato mediante la  disciplina  posta  dal
 d.P.R.  20  dicembre  1979, n. 761), salvo il riconoscimento a favore
 delle Regioni e delle Province autonome di una potesta' di normazione
 attuativa, ai sensi dell'art. 117, ultimo comma,  della  Costituzione
 (v. sentt. nn. 122 e 181 del 1990; n. 484 del 1991; n. 28 del 1992).
    Con  riferimento  a tali criteri di distribuzione delle competenze
 relative al settore in esame, il decreto impugnato non appare  lesivo
 della  sfera  di  attribuzioni  spettanti alla Provincia di Bolzano e
 questo tanto piu' ove si consideri che l'art. 2 dello stesso  decreto
 -  con riferimento ai profili piu' direttamente connessi alla materia
 dell'istruzione professionale - ha ritenuto di dover  riservare  alle
 Regioni  ed alle Provincie autonome sia l'individuazione delle scuole
 e delle altre strutture  destinate  ad  ospitare  i  nuovi  corsi  di
 qualificazione,  sia  la  disciplina dell'organizzazione degli stessi
 corsi.
    5. - Anche le censure di cui sub c), formulate dalle due Province,
 nei confronti delle norme relative al rilascio degli attestati  (art.
 1, secondo comma, e allegato 3; art. 10), non meritano accoglimento.
    La previsione di un modello di attestato unico in ambito nazionale
 e la disciplina unitaria relativa alla composizione della commissione
 chiamata  a  valutare  l'esito  del  colloquio  e della prova pratica
 possono trovare la loro giustificazione nel  fatto  che  l'esame  che
 conclude il corso di qualificazione ed il documento che ne attesta il
 superamento  sono  diretti  ad  accertare,  sulla  base  di standards
 omogenei, l'idoneita' all'inquadramento in un  profilo  professionale
 definito  in  sede  nazionale  e  che,  di  conseguenza,  e'  tale da
 legittimare  all'esercizio  della  relativa   attivita'   nell'intero
 territorio nazionale.
    Puo'  valere,  pertanto, il richiamo alla giurisprudenza di questa
 Corte, che da  tempo  ha  precisato  come  -  in  tema  di  corsi  di
 qualificazione  professionale suscettibili di abilitare all'esercizio
 di attivita' sull'intero territorio nazionale -  la  valutazione  dei
 risultati  (rispetto  a cui i criteri di formazione delle commissioni
 giudicatrici rappresentano  un  presupposto  organizzativo)  comporti
 forme  di coordinamento in sede centrale nonche' l'adozione di disci-
 pline omogenee di competenza statale (v. sentt. nn. 216 del 1976;  89
 del 1977; 165 del 1989; 245 del 1990; 346 del 1991).
    6.  -  Risultano,  invece,  fondate  le  censure  di  cui  sub d),
 prospettate dalle ricorrenti nei confronti degli  artt.  5  e  6  del
 decreto  n.  295  sotto  il  profilo  della  lesione del principio di
 legalita'.
    Le disposizioni in questione hanno previsto alcune limitazioni  in
 tema  di  piante  organiche delle UU.SS.LL. ed istituzioni assimilate
 (con la determinazione di un "tetto" per i nuovi posti  di  operatore
 tecnico  addetto  all'assistenza,  percentualmente  riferito ai posti
 esistenti di ausiliario specializzato); di conseguente determinazione
 dei posti disponibili nei corsi di qualificazione  presso  le  scuole
 per   infermieri   professionali;  di  trasformazione  dei  posti  di
 ausiliario specializzato in posti di operatore tecnico.
    Nessuna di tali previsioni trova  copertura  nell'art.  40,  terzo
 comma,  del  d.P.R.  n. 384 del 1990 che, nel legittimare il Ministro
 della   sanita'   all'adozione   del   regolamento   dei   corsi   di
 qualificazione    di   cui   e'   causa,   ha   delimitato   l'ambito
 dell'intervento ministeriale soltanto alle modalita', ai requisiti di
 accesso ed alle percentuali di ammissione per i candidati esterni  ed
 interni,  senza in alcun modo richiamare la composizione quantitativa
 e qualitativa delle piante organiche.
    L'assenza  di  un  fondamento  normativo  idoneo   a   legittimare
 l'intervento  regolamentare  comporta, di conseguenza, da parte delle
 disposizioni  in  esame,  la  lesione  della  sfera   di   competenze
 spettanti,  in  materia,  alle  Province ricorrenti, lesione idonea a
 giustificare l'annullamento delle stesse disposizioni.