ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale del combinato disposto
 degli artt. 565 e 460 del codice di procedura  penale,  promosso  con
 ordinanza  emessa  il  7  ottobre  1991  dal  Giudice per le indagini
 preliminari presso la Pretura di Verona  nel  procedimento  penale  a
 carico  di  Guido  Morari,  iscritta al n. 708 del registro ordinanze
 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  49,
 prima serie speciale, dell'anno 1991;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito nella camera di  consiglio  del  4  marzo  1992  il  Giudice
 relatore Vincenzo Caianiello;
    Ritenuto  che  il  Giudice  per  le indagini preliminari presso la
 Pretura  di  Verona,  con  ordinanza  in  data  7  ottobre  1991,  ha
 sollevato,  in  riferimento  agli  artt.  3  e 24 della Costituzione,
 questione di legittimita' costituzionale del combinato disposto degli
 artt. 565 e 460 c.p.p. nella parte in cui non prevede, nel decreto di
 condanna, la nomina di un difensore all'imputato che ne sia  privo  e
 la  notifica  del  decreto  stesso  al  medesimo difensore, affinche'
 questi possa  consigliare  l'imputato  per  l'eventuale  richiesta  -
 prevista dall'art. 565, capoverso, c.p.p. - del giudizio abbreviato o
 dell'applicazione della pena a norma dell'art. 444;
      che la mancanza di tale previsione puo' dar luogo, ad avviso del
 rimettente,  ad  un contrasto delle norme impugnate con gli artt. 3 e
 24 della Costituzione;
      che il giudice  a  quo  non  condivide  la  tesi  interpretativa
 seguita  nella  sentenza  di  questa  Corte  n.  344  del  1991,  che
 consentirebbe  all'opponente  di  formulare  la  scelta  tra  i  riti
 alternativi anche dopo il decreto che dispone il giudizio;
    Considerato  che,  anche  a ritenere con il giudice a quo e con il
 piu' recente orientamento interpretativo della  Corte  di  cassazione
 che  il decreto che dispone il giudizio debba essere emanato ai sensi
 dell'art. 464 c.p.p. anche per i reati di competenza  del  pretore  e
 non  debba  quindi  contenere  un  nuovo avviso all'imputato circa le
 opzioni per i procedimenti speciali, non puo'  ravvisarsi  l'asserito
 contrasto  degli  artt.  565  e  460  c.p.p. con il diritto di difesa
 dell'imputato;
      che, difatti, essendo tale avviso  gia'  contenuto  nel  decreto
 penale  di  condanna (art. 460, comma 1, lett. e, c.p.p.), il termine
 di quindici giorni previsto  per  l'opposizione,  oltre  ad  apparire
 congruo  ai  fini di questa - come gia' ritenuto dalla giurisprudenza
 costituzionale (sentt. nn. 189 e 159 del 1972, n. 16 del 1970, n. 136
 del  1967,  nn.  27  del  1966  e 170 del 1963) nel regime del codice
 abrogato, per un termine ancora minore - e' tale da consentire  anche
 la opzione tra i diversi riti;
      che, invero, il predetto termine e' sufficiente all'imputato per
 consultarsi  eventualmente con un difensore di sua fiducia, mentre la
 natura della pena e' tale da non esigere necessariamente la nomina di
 un difensore  di  ufficio,  nel  bilanciamento  con  le  esigenze  di
 speditezza dell'attivita' giudiziaria;
      che  la  questione,  anche  sotto il profilo ora prospettato, e'
 manifestamente infondata;
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo  1953,  n.
 87  e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.