ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel  giudizio  promosso  con  ricorsi della Regione Lombardia e delle
 Province autonome di Bolzano e Trento notificati l'8 e l'11  febbraio
 1992,  depositati  in  cancelleria,  rispettivamente,  il 14, 17 e 21
 febbraio 1992, per conflitto di  attribuzione  sorto  a  seguito  del
 decreto  del  Ministro del Tesoro in data 21 novembre 1991 dal titolo
 "Modalita' per la costituzione dei fondi speciali per il volontariato
 presso le regioni", ed iscritti rispettivamente ai nn. 4, 5 e  6  del
 registro conflitti 1992;
    Visti  gli  atti  di costituzione del Presidente del Consiglio dei
 Ministri;
    Udito nell'udienza pubblica del 19 maggio 1992 il Giudice relatore
 Antonio Baldassarre;
    Uditi gli Avvocati Sergio Panunzio per la  Provincia  autonoma  di
 Bolzano,  Giuseppe  F.  Ferrari  per  la Regione Lombardia, e Valerio
 Onida per la Provincia autonoma di Trento e  l'Avvocato  dello  Stato
 Carlo Bafile per il Presidente del Consiglio dei Ministri;
                           Ritenuto in fatto
    1.   -  Con  ricorso  regolarmente  notificato  e  depositato,  la
 Provincia autonoma di Bolzano ha sollevato conflitto di  attribuzione
 nei  confronti  dello  Stato in relazione al decreto del Ministro del
 tesoro in data 21 novembre 1991, adottato di concerto con il Ministro
 degli affari sociali, intitolato "Modalita' per la  costituzione  dei
 fondi  speciali  per  il  volontariato presso le regioni", chiedendo,
 previa   declaratoria   della   propria   competenza   in    materia,
 l'annullamento dello stesso.
    La  Provincia,  dopo  aver  ricordato  l'impugnazione  a suo tempo
 proposta nei confronti della legge 11 agosto 1991 e, in  particolare,
 nei confronti dell'art. 15 della stessa e sul presupposto che i fondi
 speciali  disciplinati  dal decreto impugnato concernono attivita' di
 competenza provinciale, deduce la violazione  delle  attribuzioni  ad
 essa  garantite  dagli artt. 8, primo comma, nn. 1, 4, 25 e 29, 9, n.
 10, e 16 dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige e relative
 norme di attuazione, nonche' la violazione  della  propria  autonomia
 finanziaria  (titolo  VI  dello  Statuto e legge 30 novembre 1989, n.
 386).
    La ricorrente rileva, infatti, come lo stesso Ministro del  tesoro
 sia consapevole della inerenza della materia disciplinata dal decreto
 impugnato  alle competenze regionali (o provinciali), dal momento che
 ha previsto la necessaria partecipazione del Presidente della  giunta
 provinciale  nel comitato di gestione del fondo speciale, attribuendo
 altresi'  il  compito  di  nominare  altri  membri  del  comitato  al
 Presidente del Consiglio provinciale; il che, peraltro, darebbe luogo
 ad  una  specifica  causa  di  illegittimita', non potendosi con atto
 amministrativo attribuire poteri e funzioni  ad  organi  regionali  o
 provinciali.  Ne'  la  invasivita'  del  decreto  impugnato  potrebbe
 ritenersi esclusa in forza dell'art. 6 dello stesso, il quale dispone
 che "le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e
 di Bolzano disciplinano  con  proprio  provvedimento,  tenendo  conto
 delle  rispettive  realta'  locali,  quanto  previsto  nei precedenti
 articoli 2, 3, 4 e 5, nel rispetto dei principi contenuti nella legge
 n. 266 del 1991 e dei criteri risultanti  dalle  norme  del  presente
 decreto".   La   Provincia   ricorrente  deduce,  infatti,  che  tale
 disposizione sarebbe a sua volta illegittima, sia perche'  le  impone
 di  disciplinare  la  materia  con  un  determinato  contenuto, sia e
 soprattutto perche' le impone di  rispettare,  non  solo  i  principi
 della  legge n. 266 del 1991 (principi peraltro non idonei a limitare
 le competenze provinciali), ma anche i  criteri  posti  dallo  stesso
 decreto.   Quest'ultimo,   del  resto,  intervenendo  in  materie  di
 competenza provinciale sarebbe per cio' solo illegittimo (v. sent. n.
 204 del 1991).
    1.1. - Si e' costituito il Presidente del Consiglio dei  ministri,
 il quale, sottolineando come le norme contenute nel decreto impugnato
 siano rivolte direttamente agli istituti di credito ed esulino quindi
 dalle competenze provinciali, ha chiesto la reiezione del ricorso.
    Con particolare riferimento all'impugnazione concernente l'art. 6,
 l'Avvocatura  dello  Stato rileva che lo stesso "mira a soddisfare le
 rispettive realta' locali in merito a quanto disposto negli  articoli
 da  2  a  5",  senza  che cio' comporti la disciplina di attivita' di
 competenza  provinciale,  ne'  che  le  province  debbano  seguire  i
 principi  e  i  criteri ivi stabiliti. Il decreto impugnato, infatti,
 "ha disciplinato una  attivita'  statale  finanziata  attraverso  gli
 istituti  di credito e destinata alla creazione di centri di servizio
 gestiti dalle organizzazioni di  volontariato;  in  tutto  questo  la
 Provincia,  che  non ha alcuna competenza riservata, puo' partecipare
 in maniera piu' che marginale nel rispetto della normativa statale".
    2. - Con ricorso notificato al Ministro del  tesoro,  al  Ministro
 degli  affari  sociali  e  al  Presidente  del Consiglio dei ministri
 presso l'Avvocatura generale dello Stato, anche la Regione  Lombardia
 ha impugnato il decreto del Ministro del tesoro 21 novembre 1991.
    La   ricorrente,   muovendo   dalla  premessa  che  la  previsione
 legislativa della costituzione di fondi speciali presso le regioni al
 fine di istituire, per  il  tramite  degli  enti  locali,  centri  di
 servizio  (art.  15, primo comma, legge n. 266 del 1991) non puo' non
 presupporre la gestione regionale dei  fondi,  rileva,  innanzitutto,
 che  la  disposizione  di  cui all'art. 2, secondo comma, del decreto
 impugnato, disciplina, al contrario, la composizione del comitato  di
 gestione  del  fondo  comprimendo  fino  ad  annullarla  la  potesta'
 organizzativa regionale. La Regione Lombardia deduce, poi, che l'art.
 1, primo comma, il quale prevede la sottrazione al fondo speciale del
 50 per cento delle somme da erogarsi da parte degli enti creditizi, e
 la destinazione di queste ad altri fondi speciali scelti dai soggetti
 erogatori, sarebbe lesivo delle attribuzioni  regionali,  cosi'  come
 lesivi  delle  medesime  attribuzioni  sarebbero  gli artt. 2, quarto
 comma, 3, e 5, secondo  comma,  i  quali  demandano  al  comitato  di
 gestione, oltre all'istituzione, anche la predisposizione dell'elenco
 regionale,   il   controllo,   il   funzionamento  dei  centri  e  la
 ripartizione dei fondi speciali.
   Da ultimo, la Regione Lombardia contesta la legittimita'  dell'art.
 4,  il  quale,  nell'affidare  ai  centri  di  servizio il compito di
 erogare le proprie prestazioni sotto forma di servizi,  attribuirebbe
 agli stessi centri compiti che sicuramente (lett. a, b e c) rientrano
 nell'ambito delle competenze regionali.
    2.1. - Anche in questo giudizio si e' costituito il Presidente del
 Consiglio dei ministri chiedendo la reiezione del ricorso.
    L'Avvocatura  dello  Stato,  oltre  a ribadire argomentazioni gia'
 svolte  nel  precedente  giudizio,  sottolinea  come  sia  del  tutto
 ragionevole  che  agli  istituti di credito erogatori sia attribuita,
 nella misura del 50 per cento, la facolta' di scegliere i destinatari
 dei propri interventi. Dall'art. 15 della  legge  n.  266  del  1991,
 deriverebbe   anche,  a  giudizio  dell'Avvocatura  dello  Stato,  la
 competenza del Ministro del tesoro a disciplinare il fondo  speciale,
 non  ravvisandosi  sul  punto  alcuna attribuzione regionale (semmai,
 secondo la legge, sarebbero gli enti locali i  soggetti  maggiormente
 interessati alla istituzione dei centri).
    3.   -  Con  ricorso  regolarmente  notificato  e  depositato,  la
 Provincia autonoma di Trento ha sollevato conflitto  di  attribuzione
 nei  confronti  dello  Stato in relazione al decreto del Ministro del
 Tesoro 21 novembre 1991, chiedendone, previa declaratoria  della  non
 spettanza  allo Stato del potere esercitato con il decreto impugnato,
 l'annullamento.
    La  Provincia  autonoma  di  Trento  contesta,  innanzitutto,   la
 legittimita'  dell'art.  6  del  decreto  impugnato, in quanto, da un
 lato, la legge n. 266 del 1991  non  sarebbe  idonea  a  limitare  la
 competenza  legislativa di tipo primario statutariamente attribuitale
 nelle materie interessate dalla legge  stessa,  e,  dall'altro,  deve
 sicuramente   escludersi,  in  ossequio  al  principio  di  legalita'
 sostanziale, che la potesta'  legislativa  provinciale  possa  essere
 subordinata  ai  criteri  risultanti  dalle norme poste da un decreto
 ministeriale (il quale certamente non puo' essere qualificato atto di
 indirizzo e coordinamento).
    La ricorrente contesta, poi, le singole disposizioni contenute nel
 decreto,  osservando,  quanto all'art. 1, che la erogazione dei fondi
 da  parte  degli  enti  creditizi,  ancorche'   avvenga   in   ambito
 provinciale  e per finalita' rientranti nelle competenze provinciali,
 illegittimamente e' sottratta, non solo ad ogni forma  di  disciplina
 provinciale,  ma  anche  al necessario coordinamento con la normativa
 finanziaria provinciale.
    La ricorrente deduce, quindi, che l'art. 2 del  decreto  impugnato
 contiene  un meccanismo attuativo non previsto dalla legge n. 266 del
 1991, ed anzi in  contrasto  con  essa.  Mentre,  infatti,  la  legge
 prevede  che  il  fondo  speciale sia provinciale, e cioe' gestito ed
 amministrato in base alla normativa provinciale, e sia impiegato  per
 istituire,   in  base  a  determinazioni  provinciali,  i  centri  di
 servizio, i quali  devono  a  loro  volta  essere  incardinati  nella
 organizzazione  provinciale,  l'art.  2, al contrario, prevede che ai
 fondi non affluiscano le somme destinate dagli istituti  di  credito,
 dovendo  le  stesse  essere  solo contabilizzate nel fondo, rimanendo
 comunque di pertinenza  degli  istituti  erogatori  come  "patrimonio
 separato".  In  questo modo, pertanto, non vi sarebbe alcun fondo, ma
 solo un comitato di gestione con il compito, non di  amministrare  il
 fondo, ma di istituire centri di servizio e di ripartire le somme, le
 quali  passano  direttamente  dalle  banche ai centri di servizio. La
 stessa composizione del comitato di gestione, prosegue la ricorrente,
 sarebbe lesiva delle attribuzioni provinciali, in quanto  esclude  la
 possibilita'   di   configurare  il  fondo  come  organo  provinciale
 assoggettato alla disciplina provinciale.
    La Provincia autonoma di Trento contesta, infine, la  legittimita'
 dell'art.  3  del  decreto  impugnato,  dal  momento  che  lo  stesso
 configurerebbe i centri di servizio, non  come  strutture  pubbliche,
 istituite  dalle  regioni  o  dalle  province autonome per il tramite
 degli enti locali, ma come organizzazioni di volontariato o  soggetti
 autonomi di imputazione di rapporti giuridici, istituiti dal comitato
 di  gestione  del  fondo speciale, alla regolamentazione dei quali la
 provincia  o  la  regione  rimangono  del  tutto  estranee.  E   cio'
 nonostante  che  l'art. 4, nel disciplinare l'attivita' dei centri di
 servizio, attribuisca  agli  stessi  compiti  sicuramente  rientranti
 nell'ambito delle competenze provinciali.
    3.1.  -  Il  Presidente  del  Consiglio dei ministri, costituitosi
 chiedendo la reiezione del ricorso, oltre a ribadire le  difese  gia'
 svolte  negli altri giudizi, sottolinea come la sorte dell'art. 6 sia
 strettamente legata a quella della legge n. 266 del 1991,  nel  senso
 che,  se si ritiene che la legge non viola le competenze provinciali,
 deve  conseguentemente  ritenersi  che  il  decreto  ministeriale  ha
 legittimamente  attuato, anche in ambito provinciale, quanto disposto
 dall'art. 15. In sostanza, il decreto non impone  alla  Provincia  di
 disciplinare  la  materia nel rispetto delle norme in esso contenute,
 ma e'  direttamente  applicabile  anche  nella  Provincia,  salva  la
 possibilita',  per  quest'ultima,  di  integrare la normativa in base
 alle realta' locali.
    L'Avvocatura dello  Stato  rileva,  poi,  come  le  censure  della
 Provincia  muovano dalla errata premessa che l'art. 15 della legge n.
 266 del 1991 abbia inteso  destinare  gli  utili  degli  istituti  di
 credito  direttamente  alla  finanza  provinciale;  al  contrario, il
 legislatore, con l'art.  15,  ha  inteso  istituire  fondi  autonomi,
 semplicemente  "ospitati"  dalla Provincia, destinati a creare centri
 di  servizio  autogestiti  dalle  organizzazioni  di volontariato, il
 tutto nell'ambito di una potesta' soltanto statale.
    Il decreto impugnato, anzi, sarebbe stato  illegittimo  se  avesse
 concepito  i  fondi  speciali  e  i centri di servizio come strutture
 pubbliche gestite dalla Provincia.
    4. - In prossimita' dell'udienza, la Provincia autonoma di  Trento
 ha  depositato  una  memoria  difensiva  con  la  quale  insiste  per
 l'accoglimento del ricorso.
    La ricorrente, oltre a ribadire argomentazioni gia' svolte, prende
 atto che questa Corte con la sentenza n. 75 del 1992,  ha  dichiarato
 non  fondate  le questioni di legittimita' costituzionale della legge
 n. 266 del 1991 ed  in  particolare  quella  concernente  l'art.  15,
 quarto  comma,  ma precisa di ritenere l'affermazione contenuta nella
 citata pronuncia, secondo la quale l'art. 15 della legge n.  266  del
 1991  atterrebbe  alla  materia  dell'ordinamento  degli  istituti di
 credito  (materia  di  spettanza  statale),   non   convincente   ne'
 condivisibile.  La  previsione  della  costituzione di fondi speciali
 "presso  le  regioni",  infatti,  sembrerebbe  riferirsi  piu'   alla
 disciplina  delle  organizzazioni  di  volontariato  e  dei centri di
 servizio, che non a quella degli istituti di credito. Del resto,  che
 il  riferimento  alle  regioni  non  valga  soltanto  ad  individuare
 l'ambito territoriale in relazione al quale i  fondi  speciali  vanno
 costituiti  e  resi  operanti,  sarebbe  dimostrato,  ad avviso della
 ricorrente, dalla disposizione di cui all'art. 16 della legge n.  266
 del  1991,  la  quale  demanda  alle  regioni il compito di attuare i
 principi della legge, facendo espressamente salve le competenze delle
 regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento  e  di
 Bolzano.
                        Considerato in diritto
    1.  -  Con  distinti  ricorsi  la  Regione Lombardia e le Province
 autonome  di  Bolzano  e  di  Trento  hanno  sollevato  conflitto  di
 attribuzione  nei  confronti dello Stato, in relazione al decreto del
 Ministro del tesoro 21 novembre 1991, adottato  di  concerto  con  il
 Ministro   degli   affari  sociali,  dal  titolo  "Modalita'  per  la
 costituzione  dei  fondi  speciali  per  il  volontariato  presso  le
 regioni".  Ad  avviso  delle  ricorrenti,  il  decreto  impugnato  in
 numerose sue  disposizioni  contiene  prescrizioni  lesive  di  varie
 attribuzioni  provinciali  o  regionali,  e  segnatamente  di  quelle
 garantite alle Province autonome di Bolzano e di Trento dall'art.  8,
 nn. 1 (ordinamento degli uffici provinciali), 4 (usi e costumi locali
 e  istituzioni culturali), 25 (assistenza e beneficenza pubblica), 29
 (addestramento  e  formazione  professionale),  dall'art.  9,  n.  10
 (igiene  e  sanita'),  dall'art.  16  (potesta' amministrative) e dal
 titolo  VI  (finanza  provinciale)  dello  Statuto  speciale  per  il
 Trentino-Alto  Adige  (d.P.R.  31  agosto  1972,  n. 670); nonche' di
 quelle garantite alla Regione Lombardia dagli artt. 117 e  118  della
 Costituzione.   Su   tale   base,   le   stesse  ricorrenti  chiedono
 l'annullamento di varie disposizioni  del  predetto  decreto,  previa
 declaratoria della propria competenza in materia.
    Poiche'  i  ricorsi  investono  disposizioni  identiche o connesse
 contenute in un medesimo atto, i relativi giudizi vanno  riuniti  per
 essere decisi con un'unica sentenza.
    2.  -  Il  ricorso  proposto  dalla  Regione Lombardia deve essere
 dichiarato  inammissibile.  Esso,  infatti,  risulta  notificato   al
 Ministro  del  tesoro  e  al  Ministro  degli  affari  sociali  e  al
 Presidente del Consiglio dei ministri  presso  l'Avvocatura  generale
 dello  Stato.  Questa  Corte  ha  gia' affermato che l'unico soggetto
 legittimato a rappresentare lo Stato nel giudizio  per  conflitto  di
 attribuzione proposto dalle regioni (o dalle province autonome) e' il
 Presidente  del  Consiglio  dei  ministri (v. sent. n. 215 del 1988 e
 ordd. nn. 652 e 653 del 1988) e che l'atto introduttivo del  giudizio
 deve  essere  notificato  al  Presidente  del  Consiglio dei ministri
 personalmente, non essendo a tal fine  sufficiente  la  notificazione
 presso  la sola Avvocatura generale dello Stato (v. sentt. nn. 13 del
 1960 e 548 del 1989).
    Per tali ragioni, il ricorso della Regione Lombardia  deve  essere
 dichiarato inammissibile.
    3. - Vanno accolte le censure che le Province autonome di Trento e
 di  Bolzano  hanno  sollevato  nei  confronti dell'art. 6 del decreto
 impugnato, il quale stabilisce che "le regioni a statuto  speciale  e
 le  province  autonome  di  Trento e Bolzano disciplinano con proprio
 provvedimento, tenendo conto delle rispettive realta' locali,  quanto
 previsto  nei  precedenti  articoli  2,  3,  4  e 5, nel rispetto dei
 principi contenuti  nella  legge  n.  266  del  1991  e  dei  criteri
 risultanti  dalle norme del presente decreto". Secondo le ricorrenti,
 l'articolo  appena  riferito  lederebbe  le  attribuzioni   di   tipo
 esclusivo  ricordate  al  punto  1  della  motivazione,  sia  perche'
 vincolerebbe le Province a  esercitare  poteri  in  materie  di  loro
 competenza  esclusiva sulla base di principi stabiliti nella legge e,
 persino, nello stesso decreto  ministeriale  impugnato,  sia  perche'
 stabilirebbe  i suddetti vincoli senza che il relativo potere statale
 abbia un adeguato fondamento in previe disposizioni di legge. Sebbene
 non possa  accettare  le  motivazioni  delle  ricorrenti  nella  loro
 integrale   formulazione,   questa   Corte   non  puo'  esimersi  dal
 riconoscere nell'articolo impugnato una violazione del  principio  di
 legalita'  sostanziale  comportante  un'ingiustificata interferenza e
 una  menomazione  dell'autonomia  costituzionalmente  garantita  alle
 Province ricorrenti.
    Con  la sentenza n. 75 del 1992, questa Corte ha affermato, in via
 generale, che "il volontariato costituisce, non gia' una materia,  ma
 un  modo  di essere della persona nell'ambito dei rapporti sociali o,
 detto altrimenti,  un  paradigma  dell'azione  sociale  riferibile  a
 singoli individui o ad associazioni di piu' individui". Con specifico
 riferimento  all'art.  15  della legge 11 agosto 1991, n. 266 (Legge-
 quadro sul volontariato), le cui modalita' di attuazione  sono  state
 predisposte  con  il  decreto  impugnato,  la  stessa  Corte,  con la
 medesima decisione, ha escluso che quell'articolo riguardasse materie
 di competenza regionale o provinciale.  Piu'  precisamente,  essa  ha
 affermato  che,  "poiche'  loro  oggetto e' l'accantonamento di quote
 degli utili realizzati da istituti di credito e da casse di risparmio
 affinche' queste siano destinate  in  direzione  della  promozione  e
 dello  sviluppo del volontariato, le disposizioni contenute nei primi
 due commi dell'art. 15 riguardano la materia, di  spettanza  statale,
 concernente  l'ordinamento  degli  istituti  di  credito".  Con  tali
 previsioni, e' precisato nella stessa sentenza,  "il  legislatore  ha
 voluto  prefigurare  una  soluzione  organizzativa  che,  tendendo  a
 salvaguardare  per  quanto  possibile  l'autonomia delle attivita' di
 volontariato e, quindi, a porle al riparo  anche  da  condizionamenti
 derivanti  dalla  gestione  pubblica dei servizi di sostegno a favore
 delle  stesse  attivita',  individua  nella  costituzione  dei  fondi
 speciali  presso  le  regioni  o  le  province autonome, non gia' una
 funzione  conferita  o  demandata  a  tali  enti  autonomi,  ma  piu'
 semplicemente,  la  collocazione e la operativita' spaziale dei fondi
 stessi: ( ..) di fondi destinati a finanziare centri  di  servizio  a
 sostegno delle organizzazioni di volontariato" e gestiti direttamente
 da queste stesse.
    Considerato entro l'anzidetto contesto legislativo, definito sulla
 base   di   una  interpretazione  non  contrastante  con  il  riparto
 costituzionale delle competenze  tra  Stato  e  regioni  (o  province
 autonome),   l'art.   6   del  decreto  impugnato  si  rivela  lesivo
 dell'autonomia costituzionalmente garantita alle Province ricorrenti,
 per il fatto che,  con  un  semplice  atto  amministrativo  privo  di
 qualsiasi   base   legislativa   demanda  alle  Province  stesse,  la
 disciplina di determinati oggetti (segnatamente: l'istituzione  e  la
 gestione   di  fondi  speciali,  l'organizzazione,  i  compiti  e  le
 modalita' di funzionamento dei centri di servizio), producendo  cosi'
 un'illegittima    interferenza   nei   confronti   delle   competenze
 costituzionalmente imputate all'autonomia delle ricorrenti.
    4. - Va, invece, respinta la censura che le Province  autonome  di
 Trento  e  di  Bolzano  hanno  proposto nei confronti dell'art. 2 del
 decreto impugnato, nella parte in  cui,  nell'istituire  presso  ogni
 regione  (o  provincia  autonoma)  un  fondo  speciale nel quale sono
 contabilizzati gli importi segnalati dagli  enti  e  dalle  casse  di
 risparmio  indicati  nel primo comma dell'art. 1 dello steso decreto,
 dispone che "tali  somme  costituiscono  patrimonio  separato  avente
 speciale destinazione, di pertinenza degli stessi enti e casse".
    Premesso  che,  come si e' gia' precisato, in ipotesi non si verte
 in  materia  di   competenza   regionale   o   provinciale,   occorre
 sottolineare  che  il  trasferimento  delle somme da parte degli enti
 creditizi e delle casse di risparmio  sopra  indicati  e'  di  natura
 meramente  contabile, di modo che, fino a che non verranno utilizzate
 per l'istituzione dei centri di servizio previsti dall'art. 15  della
 legge  n.  266  del 1991, tali somme restano nella disponibilita' dei
 soggetti che sono  tenuti  a  erogarle.  Nel  sistema  stabilito  dal
 legislatore,  come  ha gia' riconosciuto questa Corte (v. sent. n. 75
 del 1992), non c'e' spazio per poteri di disciplina o di disposizione
 delle  regioni  o  delle  province  autonome  o   per   esigenze   di
 coordinamento  della finanza statale con quella regionale. E a questo
 sistema si e' coerentemente attenuto anche il decreto  impugnato  con
 la disposizione oggetto della presente censura.
    5.  -  Indubbiamente  invasiva delle competenze costituzionalmente
 assegnate  alle  Province  autonome  e'  la  disposizione   contenuta
 nell'art.  2,  secondo  comma,  del decreto impugnato, nella parte in
 cui, nel definire la composizione del comitato di gestione dei  fondi
 speciali, designa direttamente gli organi regionali o provinciali che
 vi partecipano o che sono tenuti a nominare ulteriori rappresentanti.
    Pur  se  i  comitati  di  gestione  dei fondi speciali non possono
 fondatamente esser considerati organi regionali (o  provinciali)  per
 le ragioni gia' esposte da questa Corte nella sentenza n. 75 del 1992
 e  riprese nei punti precedenti della presente motivazione, nondimeno
 tanto il diretto inserimento del Presidente della Giunta regionale (o
 provinciale)  nel  comitato  di  gestione,  quanto  l'attribuzione al
 Consiglio regionale (o provinciale) del potere di nomina dei  quattro
 rappresentanti  delle  organizzazioni  di  volontariato  maggiormente
 presenti  nel  territorio   regionale   (o   provinciale),   denotano
 un'indubbia  lesione  delle  competenze  costituzionalmente assegnate
 alle ricorrenti in materia di ordinamento degli uffici provinciali  o
 di  organizzazione  interna. Infatti, analogamente a quanto affermato
 da questa Corte in altre occasioni (v. sent. n.  407  del  1989),  va
 ribadito  che  lo  Stato,  nello  stabilire la composizione di organi
 sottoposti alle proprie competenze eppur comprendenti  rappresentanze
 dirette o indirette delle regioni o delle province autonome, non puo'
 esso   stesso  individuare  gli  organi  o  gli  uffici  regionali  o
 provinciali da  includere  nella  predetta  composizione,  ma  dovra'
 lasciare  che siano le regioni o le province autonome, nell'esercizio
 della propria potesta' in tema di organizzazione interna, a designare
 le rappresentanze di propria competenza  o  a  individuare  i  propri
 organi o uffici destinati a rappresentare l'ente di appartenenza.
    6.  - Non possono invece essere accolte le censure che le Province
 autonome di Trento e di Bolzano prospettano nei  confronti  dell'art.
 3.
    Nel dolersi che l'articolo impugnato esclude praticamente le prov-
 ince autonome dalla disciplina della costituzione e del funzionamento
 dei   centri   di   servizio,   le  ricorrenti  mostrano  di  muovere
 dall'erronea premessa che la materia  regolata  dall'art.  3  rientri
 nelle  proprie  competenze.  In realta', l'art. 15 della legge n. 266
 del  1991,  di  cui  l'articolo  impugnato  rappresenta  un  coerente
 svolgimento,  prevede,  come  e'  gia'  stato  ricordato,  un modello
 organizzativo in base al  quale,  utilizzando  le  somme  allo  scopo
 erogate  dagli  istituti  di  credito  e dalle casse di risparmio, le
 organizzazioni di volontariato costituiscono i centri di  servizio  e
 ne  gestiscono l'attivita'. Da questo circuito, chiaramente diretto a
 tutelare  l'autonomia  delle  organizzazioni   di   volontariato   da
 qualsivoglia  autorita'  o soggetto pubblico, sono escluse, in base a
 una valutazione non incostituzionale operata dalla legge  e  riflessa
 nell'articolo impugnato, le province autonome.
    7.  -  Per  motivi  identici  a  quelli appena esposti non possono
 essere accolte neppure le censure che la Provincia autonoma di Trento
 ha proposto nei confronti dell'art. 1, primo comma, ne' quella che la
 Provincia autonoma di Bolzano ha prospettato in relazione all'art. 5.
 In ambedue le ipotesi, infatti, vengono regolate attivita' interne al
 circuito relativo alla erogazione delle somme  da  parte  degli  enti
 creditizi  e  delle  casse  di  risparmio a favore dei fondi speciali
 ovvero a quello concernente le attivita' di controllo dei comitati di
 gestione nei confronti dei centri di  servizio,  circuiti  dai  quali
 sono  escluse, in base alla legge-quadro sul volontariato, le regioni
 e le province autonome.
    Vanno rigettate anche le censure proposte da entrambe le  Province
 autonome  nei confronti dell'art. 4. Pur in tal caso, infatti, non si
 puo' parlare di invasione delle  competenze  provinciali,  ovvero  di
 ingiustificata  compressione  delle  stesse,  per i motivi gia' fatti
 valere da questa Corte con la sentenza n. 75 del  1992  in  relazione
 alle censure allora mosse all'art. 12 della legge n. 266 del 1991.
    Nel  definire i compiti dei centri di servizio istituiti e gestiti
 dalle associazioni di volontariato utilizzando  i  fondi  allo  scopo
 erogati dagli istituti di credito e dalle casse di risparmio indicati
 nell'art.   15   della   legge-quadro  sul  volontariato,  l'art.  4,
 analogamente a  quanto  compiuto  dall'art.  12  della  legge  appena
 ricordata,  non  interviene  a  ripartire  materie  fra gli ambiti di
 competenza regionale (o provinciale)  e  gli  ambiti  riservati  allo
 Stato,  ma  determina,  invece,  le  finalita'  generali in vista del
 raggiungimento delle quali opereranno i centri di servizio  (crescita
 della  cultura  del  volontariato,  promozione  di nuove iniziative e
 rafforzamento di quelle gia' intraprese, erogazione di  consulenza  e
 di assistenza qualificata nonche' di sostegno a specifiche attivita',
 assunzione  di  iniziative  di  formazione  e  di  qualificazione nei
 confronti  degli  aderenti  alle  organizzazioni   di   volontariato,
 attivita'  di  informazione e di documentazione). Il perseguimento di
 tali finalita' sara' soggetto alla disciplina statale ovvero a quella
 regionale (o provinciale) a seconda che le attivita' di  volontariato
 poste  in  essere  ineriranno a materie riservate allo Stato ovvero a
 quelle attribuite alle regioni (o alle province  autonome).  Da  cio'
 deriva  che  l'impugnato  art.  4 non puo' arrecare alcun pregiudizio
 all'integrita' delle  competenze  costituzionalmente  garantite  alle
 ricorrenti.