IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
    Ha pronunciato la seguente  ordinanza  sul  ricorso  n.  905/1991,
 proposto  dal  dott.  Costantino  Ferrara  rappresentato e difeso dal
 proc.  Angelo  Turriziani,  con  domicilio  in  Latina  viale  Cesare
 Battisti  (presso  avv.  Taranto);  contro  il  Ministero di grazia e
 giustizia  in  persona   del   Ministro,   rappresentato   e   difeso
 dall'avvocatura  generale dello Stato, con domicilio in Roma, via dei
 Portoghesi n. 12; per l'annullamento previa sospensione della nota n.
 2088/S/Nig/3048 del 24 maggio 1991 e degli atti connessi;
    Visti il ricorso ed i relativi allegati;
    Vista la memoria del Ministero di grazia e giustizia;
    Visti gli atti tutti di causa;
    Relatore il consigliere dott. Elia Orciuolo;
    Uditi, alla  pubblica  udienza  del  10  aprile  1992,  l'avv.  A.
 Turriziani  per  il  ricorrente  e l'avv. dello Stato M. A. Scino per
 l'amministrazione resistente;
    Ritenuto e cosiderato quanto segue;
                               IN FATTO
    Con ricorso notificato il 19 luglio 1991, depositato il 24  detti,
 il     dott.     Costantino     Ferrara,     funzionario    direttivo
 dell'amministrazione  centrale  del  tesoro,  comandato  a   prestare
 servizio  fino  al  31  dicembre1991  presso il Ministero di grazia e
 giustizia (Pretura di Frosinone, dove, a suo dire, ha preso  servizio
 il 24 dicembre 1990), ha impugnato, unitamente agli atti connessi, la
 nota  in  epigrafe  con la quale il predetto Ministero ha respinto la
 domanda con cui lo  stesso  aveva  chiesto  la  corresponsione  della
 indennita'  prevista  dalla  legge  22  giugno  1988  n.  221  per il
 personale delle cancellerie e segreterie giudiziarie.
    Al fine di ottenere la predetta  indennita',  il  ricorrente,  con
 nota del 2 gennaio 1991 dallo stesso esibita in copia uniforme, aveva
 rinunciato al fondo di incentivazione del Tesoro.
    Il  ricorrente  ha dedotto la illegittimita' del diniego impugnato
 ed ha concluso per l'accoglimento del  ricorso,  previa  sospensione,
 con  declaratoria  della  spettanza  della  indennita'  pretesa,  con
 interessi e rivalutazione; con vittoria di spese.
    Il Ministero di grazia e giustizia ha contrastato il  ricorso  con
 memoria  depositata  il  4  aprile  1992  (con  assenso  verbale  del
 difensore del ricorrente a tal deposito (tardivo)) ed ha concluso per
 il rigetto, con vittoria di spese.
    La domanda cautelare e' stata respinta.
    Indi,  all'udienza del 10 aprile 1992, il ricorso e stato ritenuto
 per la decisione.
                              IN DIRITTO
    1. - Secondo quanto affermato dalla giurisprudenza,  tenuto  conto
 dell'art.  53  del  testo unico 10 gennaio 1957 n. 3 e dei successivi
 articoli 56 e 57 come sostituiti dall'art. 34 del d.P.R. 28  dicembre
 1970,  n.  1077,  la posizione di comando del pubblico dipendente non
 comporta la creazione di un nuovo rapporto  di  impiego,  ne'  alcuna
 modificazione  di quello in essere, ma lascia inalterato quest'ultimo
 rapporto,  alla  cui  regolamentazione  giuridica  ed  economica   il
 dipendente  rimane  sottoposto,  con  la  sola  variante  che egli e'
 chiamato a prestare il servizio  in  favore  di  una  amministrazione
 diversa da quella di provenienza e di appartenenza (cfr. cons. Stato,
 VI, 20 ottobre 1981, n. 503).
    Affermazione   questa  che  trova  proprio  corollario  nell'altra
 secondo cui, essendo previsto - nel cennato art. 57 -  che  la  spesa
 per  il  personale  comandato resta a carico della amministrazione di
 provenienza, e' stabilita una forma di equivalenza  ex  lege  fra  il
 servizio  prestato  presso  l'amministrazione  stessa  e  quello reso
 presso un'amministrazione diversa; con la conseguenza che l'impiegato
 comandato ha diritto a tutti  gli  emolumenti  connessi  con  il  suo
 rapporto   d'impiego,   con  l'esclusione  dei  soli  emolumenti  che
 presuppongono  una  particolare  attivita'  o  l'applicazione  ad  un
 determinato ufficio (cfr. cons. Stato II, 18 aprile 1972, n. 1049; in
 riv.   omonima,  1973,  I,  512);  dal  che  deriva,  argomentando  a
 contrario, che non spettano emolumenti ulteriori  rispetto  a  quelli
 relativi al rapporto di impiego del dipendente comandato.
    Consegue   da  cio'  che  la  pretesa  del  ricorrente  si  palesa
 infondata, non rinvenendosi, con riferimento al caso,  in  questione,
 del  pubblico  dipendente  comandato  presso il Ministero di grazia e
 giustizia, norma  che,  in  deroga  ai  principi,  sopra  richiamati,
 desumibili  dai  predetti  artt.  53, 56 e 57, riconosca a dipendente
 siffatto l'indennita' di cui alla predetta legge n. 221/1988.
    Il ricorrente, a contrasto di una tale conclusione,  richiama  gli
 art.   50   e   51  (sul  fondo  di  incentivazione  e  sul  compenso
 incentivante) del d.P.R. 8 maggio 1987, n. 266 (norme concernenti  il
 comparto  del  personale  dipendente  dai  ministeri),  deducendo che
 l'indennita' da lui pretesa ha il fine di favorire la funzionalita' e
 l'efficienza del servizio, ond'e' che tutti i dipendenti che svolgono
 identiche  mansioni,  anche  se  in  posizione  di  comando,   devono
 ritenersi avere diritto alla medesima.
    Va   peraltro   osservato   che   la   indennita'   in  questione,
 specificatamente prevista, per quanto occorre, per il personale delle
 cancellerie e segreterie giudiziarie, non subisca  l'influenza  degli
 artt.  50  e  51  cit.,  che concernono, rispettivamente, il fondo di
 incentivazione di cui all'art. 14 del d.P.R. 1º febbraio 1986, n.  13
 e  il  compenso  incentivante di cui all'art. 10 del d.P.R. 25 giugno
 1983.
    La stessa indennita', infatti, non e' formalmente connessa con  il
 raggiungimento  di determinati risultati nell'ambito del lavoro delle
 cancellerie  e  segreterie  giudiziarie,  come  invece  il  fondo  di
 incentivazione e il compenso incentivante di cui ai predetti artt. 50
 e 51 con riferimento al lavoro nei settori di pertinenza.
    La  spettanza  della  indennita'  pretesa  dal ricorrente potrebbe
 invero essere affermata sempre che potesse concludersi -  sulla  base
 di  norma  di  collegamento che in fattispecie non si rinviene - che,
 oltre che al personale delle cancellerie e segreterie giudiziarie, la
 stessa competa anche al personale comandato presso tali uffici.
    Sempre a sostegno della propria tesi, il ricorrente cita il parere
 del consiglio di Stato, Commissione speciale per il pubblico impiego,
 n.  228/1989  sezione  seconda  del  19 giugno 1989, con cui e' stato
 espresso l'avviso che talune maggiorazioni del compenso incentivante,
 previste dall'art. 19, ottavo e nono comma, della legge  1º  dicembre
 1986, n. 870, spettano anche ai dipendenti dell'amministrazione delle
 poste  e delle telecomunicazioni comandati a prestare servizio presso
 la Direzione generale della motorizzazione civile e dei trasporti  in
 concessione; parere da cui la Presidenza del Consiglio dei Ministri -
 con  nota n. uca/4321/15296/0 indirizzata alla Corte dei Conti, a cui
 risulta pervenire il 7 dicembre 1989 - ha tratto spunto per  ritenere
 che  al  personale  comandato  presso  la  Corte  dei Conti spetti la
 indennita' di cui alla legge 15 febbraio 1989, n. 51, che  ha  esteso
 al personale amministrativo delle magistrature speciali la indennita'
 pretesa dal ricorrente.
    Anche tale deduzione non si presenta utile alla bisogna.
    Con  il  citato parere, il Consiglio di Stato ha ritenuto spettare
 al personale  comandato  a  prestare  servizio  presso  la  Direzione
 generale  della  m.c.t.c. la maggiorazione del compenso incentivante,
 di cui ai cennati ottavo e nono comma, nella  considerazione  che  le
 somme  in  argomento  erano  da  attribuirsi,  secondo  la previsione
 legislativa, "al personale in servizio" presso la  cennata  direzione
 generale.
    Nel  caso  in  esame, invece, la indennita' pretesa dal ricorrente
 non e' dalla legge attribuita al  personale  in  servizio  presso  le
 cancellerie  e  segreterie  giudiziarie,  bensi'  "al personale delle
 cancellerie e segreterie giudiziarie".
    La diversa dizione utilizzata nelle due ipotesi induce a  ritenere
 che il legislatore abbia inteso attribuire la indennita' in questione
 (soltanto)  al  personale  appartenente  ai ruoli delle cancellerie e
 segreterie giudiziarie.
    La stessa dizione (e cioe'  "personale  delle  .."),  inoltre,  e'
 stata  utilizzata  dal legislatore nella successiva legge 15 febbraio
 1989, n. 51, con  la  quale  la  indennita'  in  questione  e'  stata
 attribuita  anche  al  personale  amministrativo  delle  magistrature
 speciali.
    Non e' inutile osservare, poi, che  in  tale  ultima  legge  (cfr.
 l'art.  1)  la  stessa  indennita',  oltre  che  essere attribuita al
 predetto personale, e' stata attribuita altresi', al personale civile
 del Ministero della difesa della IV e della  V  qualifica  funzionale
 distaccato  a  prestare  servizio  presso gli uffici giudiziari della
 giustizia militare limitatamente ad un contingente di 129 unita'.
    Cio' consente le seguenti due osservazioni:
      allorquando la  norma  ha  voluto  estendere  la  indennita'  in
 questione  in favore del personale non appartenente a taluni ruoli (e
 cioe', nel caso, al personale non appartenente ai ruoli del Consiglio
 di Stato, dei tribunali amministrativi  regionali,  della  Corte  dei
 conti,  dell'avvocatura  dello  Stato  e  dei  tribunali militari, ma
 distaccato a prestare servizio presso  gli  uffici  giudiziari  della
 giustizia militare), lo ha espressamente detto, con cio' operando una
 distinzione  (fra  personale  di  taluni ruoli e personale altro) che
 l'interprete deve mantenere,  in  apolicazione  dell'antico  brocardo
 secondo cui ubi lex distinguit nos distinguere debemus;
      allorquando  la  legge  ha  esteso  la indennita' in argomento a
 personale non appartenente a taluni ruoli (ed e' il caso specifico di
 cui all'art. 1 cit.), e' previsto un limite numerico  di  soggetti  a
 cui  attribuirla,  con  cio' palesando l'intendimento di non ritenere
 estendibile senza limitazione (mediante la utilizzazione, per  quanto
 occorre,  dell'istituto  del  comando)  la stessa indennita' ad altro
 personale oltre quello dalla legge stessa  individuato  (mediante  la
 indicazione  dei  ruoli  di appartenenza o mediante la determinazione
 numerica).
    Va poi osservato - e  cio'  conferma  la  limitazione  legislativa
 nella  attribuzione  della  indennita' in questione - che la legge n.
 221 del 1988 cit., di cui il ricorrente chiede la applicazione in suo
 favore,  ha  previsto  (cfr.  art.  2,  terzo  comma)  che  la  spesa
 complessiva  per il personale appartenente alle qualifiche funzionali
 dei ruoli delle cancellerie e segreterie giudiziarie non debba super-
 are un prestabilito importo.
    Non e' condivisibile, pertanto, la tesi espressa dalla  Presidenza
 del  Consiglio  dei  Ministri  nella cennata nota n. uca/4321/15296/0
 sopra citata  sulla  estensibilita',  in  via  interpretativa,  della
 indennita' giudiziaria al personale comandato.
    Consegue l'infondatezza del ricorso.
    2.  - Si osserva, peraltro con cio' ritenendosi non manifestamente
 infondata, ma con  riferimento  all'art.  57  ut  infra,  l'eccezione
 sollevata  in  subordine  dal ricorrente, che la disciplina contenuta
 nel citato art. 57 (del testo unico 10 gennaio 1957, n. 3),  relativo
 al trattamento del personale comandato, si palesa contrastante con la
 Costituzione  nella  parte  in  cui  non ha previsto per il personale
 comandato la spettanza  dell'eventuale  piu'  favorevole  trattamento
 economico che compete al personale dell'ufficio di destinazione.
    Appare infatti violato il principio di uguaglianza di cui all'art.
 3  della  Costituzione,  dato  che, in mancanza di evidenti motivi di
 diversita', nell'ambito del lavoro svolto negli stessi uffici, fra il
 personale  comandato  e  il  personale  rimanente,  le   disposizioni
 normative che escludono il personale comandato dai benefici economici
 attribuiti   al  rimanente  personale  comportano  un  ingiustificato
 trattamento di favore per quest'ultimo personale.
    Appare violato altresi' il principio, contenuto nell'art. 36 della
 Costituzione, in base al  quale  il  lavoratore  ha  diritto  ad  una
 retribuzione proporzionata alla quantita' e qualita' del suo lavoro.
    E'  di  evidenza,  invero,  che  il ricorrente, prestando servizio
 presso la Pretura  di  Frosinone,  espleta  le  stesse  mansioni  che
 vengono  espletate dal personale delle cancellerie e delle segreterie
 giudiziarie in servizio presso la stessa Pretura.
    Con la  conseguenza  che,  essendo  a  lui  negata  la  indennita'
 giudiziaria  invece  attribuita  al  personale  delle  cancellerie  e
 segreterie giudiziarie, il suo lavoro, pur essendo identico a  quello
 di detto personale, e' tuttavia retribuito in misura inferiore.
    Appare  violato  inoltre  l'art.  97 della Costituzione, in quanto
 l'amministrazione, corrispondendo retribuzioni differenti per  lavori
 uguali, viene meno al dovere di imparzialita'.
    La   non  manifesta  infondatezza  della  eccezione  deriva  dalle
 considerazioni teste' svolte.
    La  rilevanza  della  stessa  discende dalla considerazione che la
 spettanza al ricorrente della indennita' in questione potrebbe essere
 affermata soltanto qualora il sopra  menzionato  art.  57  del  testo
 unico  10 gennaio 1957, n. 3, come sostituito dall'art. 34 del d.P.R.
 28 dicembre 1970, n. 1077, fosse  dichiarato  incostituzionale  nella
 parte  in  cui  non  prevede  che il personale comandato presso altra
 amministrazione  abbia  diritto  al   piu'   favorevole   trattamento
 economico   eventualmente  spettante  ai  dipendenti  di  tale  altra
 amministrazione.
    3.  -  Viene  pertanto   sollevata   questione   di   legittimita'
 costituzionale  della  cennata  norma,  disponendosi  la trasmissione
 degli atti alla Corte costituzionale e la  sospensione  del  presente
 giudizio  fino  all'esito  del  giudizio  incidentale di legittimita'
 costituzionale.
    Ogni diversa statuizione resta riservata.