IL PRETORE
    Il  pretore  di  Salerno  -  sezione  distaccata  di  Montecorvino
 Rovella, nelle cause riunite  al  n.  11875/1991  racc.  promosse  da
 Paolillo  Luigi, Celano Gaetano, Garofalo Silvio, Guarracino Umberto,
 Pulignano Carlo, Scelta  Francesco,  Stanziola  Pasquale,  Scotellaro
 Aldo,  Cirone  Enrico,  Castiello  Raffaele, Cennamo Carmine, Cennamo
 Mario, Costante Rocco, De Caro Agostino, Falivena Michele, Forte Vito
 Antonio, Ruggia Giuseppe, Tortoriello  Pasquale,  Carella  Francesco,
 Pacella  Vito e Maria Umberto, rappresentati e difesi dal dott. proc.
 Alfonso Mancino, contro l'ente Ferrovie dello Stato, rappresentato  e
 difeso  dal capo dell'ufficio affari legali compartimentali di Napoli
 dott. Perrella Francesco;
    Visti i ricorsi, ritualmente depositati e notificati,  con  cui  i
 sopraindicati   ricorrenti,   dipendenti   dell'ente   FF.SS.,  hanno
 convenuto in giudizio l'ente stesso per sentirlo dichiarare tenuto  a
 riconoscere   loro,  con  ogni  conseguenza  sul  piano  retributivo,
 l'applicazione dell'art. 20 della legge 24 dicembre 1986, n. 958,  in
 relazione al servizio militare prestato;
    Vista la difesa del convenuto, di totale opposizione alla domanda;
    Esaminati i documenti prodotti;
    Vista   la   eccezione   proposta   dalla  difesa  ricorrente,  di
 illegittimita' costituzionale dell'art. 7, primo comma,  della  legge
 30  dicembre  1991,  n.  412,  in  relazione  agli artt. 3 e 52 della
 Costituzione.
                             O S S E R V A
    Risulta,  agli  atti  che  tutti  i  ricorrenti  ebbero a prestare
 servizio militare di leva prima della loro assunzione  presso  l'ente
 Ferrovie e prima del 30 gennaio 1987, data di entrata in vigore della
 legge  n.  958/1986  e  dunque  l'accertamento  della rilevanza della
 proposta eccezione passa innanzitutto attraverso la  soluzione  della
 questione  relativa  alla  applicabilita' dell'art. 20 della legge n.
 958/1986 ai dipendenti dell'ente resistente.
    L'art. 20 della legge citata riconosce la validita' del periodo di
 servizio militare ai  fini  dell'inquadramento  economico  e  per  la
 determinazione  dell'anzianita'  lavorativa  ai  fini del trattamento
 previdenziale del "settore pubblico".
    Ritiene questo pretore che l'ente ferrovie dello Stato  appartenga
 al settore pubblico, e cio' per le seguenti considerazioni.
    Anzitutto  trattasi  indubbiamento  di  ente  pubblico,  sia  pure
 economico,  e  percio'  escluso  dal  settore  privato,  nel   nostro
 ordinamento  non  puo'  configurarsi,  in  ordine  alla  personalita'
 giuridica, una categoria intermedia tra gli enti  pubblici  e  quelli
 privati.
    Lo  stesso  art.  1  della legge n. 210/1985, istitutiva dell'ente
 ferrovie, afferma che questo e' dotato di personalita' giuridica  con
 autonomia  patrimoniale  e  finanziaria  ai  sensi dell'art. 2093 del
 c.c., che disciplina l'esercizio  di  imprese  da  parte  degli  enti
 pubblici.
    L'ente e' soggetto alla vigilanza del Ministro dei trasporti ed al
 controllo  della corte dei conti, i suoi amministratori sono nominati
 con decreto del Presidente della  Repubblica,  che  nomina  altresi',
 previa   delibera   del   Consiglio  dei  Ministri,  l'amministratore
 straordinario; i suoi revisori dei conti sono nominati dal Presidente
 del Consiglio dei Ministri; i bilanci, i programmi ed i finanziamenti
 devono essere trasmessi al Ministro del tesoro perche' ne tenga conto
 in vista, della presentazione al Parlamento dei documenti propri  del
 bilancio dello Stato.
    Anche  l'ente ferrovie usufruisce della rappresentanza e difesa in
 giudizio dell'avvocatura dello Stato, consentita di regola  solo  per
 le amministrazioni pubbliche.
    Questa  incisiva  ingerenza  dello  Stato  nella struttura e nella
 gestione dell'ente e' indicativa della sua personalita' giuridica del
 diritto pubblico e dunque della sua appartenenza al settore pubblico.
    La tesi e' rafforzata dalla considerazione del carattere  pubblico
 delle  finalita'  perseguite  dall'ente,  nonche'  dal  fatto  che il
 concetto di "pubblico impiego" e' ben  definito  e  di  uso  corrente
 nella legislazione italiana se il legislatore avesse voluto escludere
 l'applicabilita'  dell'art.  20 della legge n. 958/1986 ai dipendenti
 di alcuni enti pubblici il cui rapporto di lavoro e' definito su basi
 privatistiche  avrebbe  ben  potuto  (e  dovuto)  usare  la  suddetta
 espressione.
    Priva  di fondamento e', secondo questo pretore, la tesi sostenuta
 dalla difesa dell'ente resistente, secondo cui il "settore  pubblico"
 di  cui  all'art.  20 della legge citata e' costituito soltanto dagli
 enti indicati nel presente art. 19. La lettera e la ratio  delle  due
 norme  non  consentono  infatti  alcun  collegamento tra le medesime.
 Sotto il primo profilo, l'art. 19  limita  la  propria  portata  alle
 amministrazioni dello Stato, delle regioni e delle provincie, nonche'
 dei comuni superiori a 150.000 abitanti, mentre l'art. 20 usa l'ampia
 espressione   "settore   pubblico",   nel   senso   sopra  descritto.
 Oltretutto, seguendo la tesi che qui si critica, si giungerebbe  alla
 conclusione  di non ritenere parte del settore pubblico ai fini della
 applicabilita' dell'art. 20, ad esempio,  i  comuni  con  popolazione
 inferiore ai 150.000 abitanti.
    Dal  punto  di  vista  della  ratio delle due norme si osserva che
 l'art. 20 si riferisce a tutti i militari, mentre l'art. 19  riguarda
 solo quelli in ferma di leva prolungata ed i volontari specializzati,
 congedati senza demerito. Quest'ultima norma, inoltre, e' finalizzata
 a  stabilire una mera riserva di posti in sede di assunzione, laddove
 quella invocata dai ricorrenti tende al riconoscimento  del  servizio
 militare   di   leva   ai   fini   dell'inquadramento   economico   e
 previdenziale, sicche' esse rispondono a logiche ed esigenze diverse.
    Tutto cio' considerato, e' evidente la  rilevanza  della  preposta
 eccezione  di illegittimita' costituzionale dell'art. 7, primo comma,
 della legge n. 412/1991, secondo cui "il servizio militare valutabile
 ai sensi dell'art. 20 della  legge  24  dicembre  1986,  n.  958,  e'
 esclusivamente  quello  in corso alla data di entrata in vigore della
 predetta legge nonche' quello prestato successivamente".
    A norma dell'art. 7 cit.,  infatti,  tutti  i  ricorsi  andrebbero
 respinti  per  avere i ricorrenti prestato il servizio militare prima
 del 30 gennaio 1987  (data  di  entrata  in  vigore  della  legge  n.
 958/1986).
    E'  necessario  ora  valutare  la non manifesta infondatezza della
 questione di legittimita' costituzionale.
    L'art.  7,  primo  comma,  della  legge  n.  412/1991,  con  norma
 interpretativa   dell'art.   20   legge  n.  958/1986  introduce  una
 disparita' di trattamento tra i dipendenti che prestarono il servizio
 militare prima del 30 gennaio 1987 e coloro che  lo  prestarono  dopo
 tale  data  e  che  per  cio'  possono  usufruire  di  una anzianita'
 aggiuntiva ai fini dell'inquadramento  economico  e  del  trattamento
 previdenziale.
    Questa  disparita'  di  trattamento non appare giustificata da una
 analoga disparita' delle situazioni sopra descritte (prestazione  del
 servizio  militare prima o dopo il 30 gennaio 1987), tale da derogare
 al principio di uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione.
    Non c'e' differenza tra il servizio militare  anteriore  e  quello
 successivo  all'entrata  in  vigore  della  legge  n.  958/1991, anzi
 quest'ultima ha attenuato il rigore della ferma,  ne  ha  ridotto  la
 durata,   ha   aumentato  la  paga  giornaliera  ed  ha  ampliato  la
 possibilita' di licenze,  insomma  ha  configurato  un  serivizio  di
 militare di leva meno gravoso di quello precedente.
    Non   puo'   percio'  giustificarsi  il  diverso  trattamento  con
 l'esigenza di "compensare" i  soldati  dai  maggiori  sacrifici  loro
 richiesti a partire dal 30 gennaio 1987.
    Se  cio' puo' dirsi in linea di principio, altrettanto evidente e'
 la violazione dell'art. 3 della Costituzione che  scaturirebbe  dalla
 applicazione  della  norma contestata, con riferimento, ad esempio, a
 chi avendo prestato il servizio militare entro il 30 gennaio 1987  ed
 essendo  stato  assunto dall'ente subito dopo, non avrebbe diritto ai
 benefici previsti dall'art. 20 della legge n.  958/1986,  rispetto  a
 chi, prestato il servizio militare dopo il 30 gennaio 1987 ed assunto
 il  1ยบ  gennaio  1988,  usufruira'  di  detti benefici pur avendo una
 anzianita' inferiore rispetto al primo dipendente.
    Con  riferimento,  poi,  all'art.  52  della  Costituzione,   puo'
 richiamarsi  il parere del Consiglio di Stato del 5 aprile 1989, reso
 su quesito della Presidenza del  Consiglio  dei  Ministri  sul  tema:
 "l'art.  52  della Costituzione stabilisce la sacralita' del dovere e
 l'obbligatorieta'  della   prestazione   (del   servizio   militare),
 precisando   (nel   capoverso)   che  il  suo  adempimento  non  deve
 pregiudicare  la  posizione  di  lavoro  e  l'esercizio  dei  diritti
 politici.  Entro le identiche linee direttrici il menzionato art. 20,
 attraverso l'equiparazione volta a trasfonderlo  nella  formazione  o
 nella  progressione  della  medesima  posizione  di lavoro, ha inteso
 evitare  che  il  suo  svolgimento  costituisca  un  danno  (reale  o
 virtuale) ed assicuri invece un concreto beneficio per l'interessato.
 Trattasi,  dunque,  della  volonta'  di  procedere  a quella generale
 rivalutazione sociale ed economica della  materia,  la  cui  esigenza
 emerge chiaramente dall'intero corso dei lavori preparatori.
    Tale  essendo,  dunque,  la lettera, oltre alla ratio della norma,
 non vi e'  campo  ne'  margini  almeno  per  differenziare  (ed  anzi
 contrapporre)  il servizio militare prestato anteriormente rispetto a
 quello successivo reso  dopo  l'entrata  in  vigore  della  legge  n.
 958/1986,  secondo le modalita' della nuova disciplina. Cio' vale non
 soltanto in linea estrinseca, ma anche in via intrinseca dal  momento
 che,  se  sono  variate  le  connotazioni materiali di tale servizio,
 rimangono immutate le sue caratteristiche di essenziale valore per il
 substrato effettivamente incidente sul rapporto di pubblico  impiego,
 sicche' la discriminazione, lungi dall'essere conforme, finirebbe per
 introdurre  un  risultato  profondamente  divaricato ed assolutamente
 ingiustificato ..".