ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 20, quarto
 comma, della legge 22 ottobre 1971, n. 865 (Programmi e coordinamento
 dell'edilizia residenziale pubblica; norme sulla  espropriazione  per
 pubblica utilita'; modifiche ed integrazioni alle LL. 17 agosto 1942,
 n.  1150;  18  aprile  1962,  n.  167;  29 settembre 1964, n. 847; ed
 autorizzazione di  spesa  per  interventi  straordinari  nel  settore
 dell'edilizia  residenziale, agevolata e convenzionata), promosso con
 ordinanza emessa il 5 luglio 1991 dalla Corte di  Appello  di  Torino
 nel  procedimento  civile  vertente  tra  il Comune di Sauze d'Oulx e
 Melania Faure ed altre, iscritta al n.  107  del  registro  ordinanze
 1992  e  pubblicata  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 10,
 prima serie speciale, dell'anno 1992;
    Visto l'atto di costituzione di Melania Faure ed altre;
    Udito nell'udienza pubblica del 2 giugno 1992 il Giudice  relatore
 Gabriele Pescatore.
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  La  Corte  d'Appello  di  Torino - nel corso di un giudizio
 promosso  dall'espropriante,  per   la   determinazione   giudiziaria
 dell'indennita'  di  occupazione  d'urgenza  di  alcuni  terreni,  in
 conseguenza della ritenuta  eccessivita'  di  quella  compiuta  dalla
 Commissione  provinciale  per  gli  espropri - con ordinanza 5 luglio
 1991 ha sollevato, in riferimento  all'art.  24  della  Costituzione,
 questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 20, comma quarto,
 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, "nella parte in cui non  prevede
 che  l'espropriante  possa  proporre  opposizione  davanti alla Corte
 d'appello contro la determinazione dell'indennita' di occupazione".
    Nell'ordinanza di rimessione si deduce  in  proposito  che  questa
 Corte,   con   la   sentenza   n.   173   del   1991,  ha  dichiarato
 l'illegittimita' costituzionale, per contrasto con  l'art.  24  della
 Costituzione,  dell'art.  12,  comma  quinto,  della legge n. 865 del
 1971, nella  parte  in  cui  non  prevedeva  che  l'espropriante,  in
 alternativa  al pagamento dell'indennita' accettata dall'espropriato,
 potesse esperire opposizione, entro il termine di sessanta giorni, ai
 sensi dell'art. 19.
    Analoga ratio sussisterebbe, in favore dell'estensione del diritto
 all'impugnazione   all'espropriante,   nella   fattispecie   regolata
 dall'art.  20,  quarto  comma,  della  legge  n. 865 del 1971, con la
 conseguente  richiesta  di  un'analoga   pronuncia   d'illegittimita'
 costituzionale,  che  stabilisca  anche  il momento di decorrenza del
 termine per proporre l'opposizione.  Il  quarto  comma  dell'art.  20
 impugnato,  infatti,  fa  decorrere  detto  termine  dalla data della
 comunicazione,  da  parte  del  sindaco,  dell'indennita'  liquidata:
 decorrenza  questa che, secondo il giudice a quo, non potrebbe essere
 adottata in relazione alle  impugnazioni  dell'espropriante,  poiche'
 essendo  la  maggior  parte delle espropriazioni promosse dai comuni,
 sarebbe lo stesso espropriante  a  stabilire  il  termine  dal  quale
 decorrerebbe il suo diritto ad adire l'autorita' giudiziaria.
    Davanti  a  questa  Corte  si sono costituite talune parti private
 controinteressate,  chiedendo  che  la   questione   sia   dichiarata
 inammissibile per difetto di rilevanza o altrimenti infondata.
    In   proposito,   nell'atto  di  costituzione  si  deduce  che  la
 determinazione dell'indennita' di occupazione e' rapportata dall'art.
 20 della legge n. 865 del 1971 ad una percentuale (per ciascun  anno,
 mese, o frazione di mese di durata dell'occupazione), dell'indennita'
 che  sarebbe  dovuta per l'espropriazione dell'area stessa. Pertanto,
 qualora la misura di tale indennita' fosse  ritenuta  dall'occupante-
 espropriante  non  congrua, egli potrebbe sempre ottenere, ex art. 19
 della medesima  legge,  in  seguito  alla  declaratoria  di  parziale
 incostituzionalita'   di   tale   articolo  pronunciata  dalla  Corte
 costituzionale   con   la   sentenza   n.   67   del   1990,   tutela
 giurisdizionale.  Inoltre, in seguito alla pronuncia d'illegittimita'
 costituzionale dell'art. 20, quarto comma, della  legge  n.  865  del
 1971 - nella parte in cui, in mancanza della determinazione, ad opera
 della   commissione   prevista   dall'art.   16,  dell'indennita'  di
 occupazione o della sua comunicazione agli interessati, non  consente
 ai  medesimi  di  agire  in giudizio per ottenerne la liquidazione, a
 decorrere dall'occupazione  del  bene  che  ne  e'  oggetto  -  anche
 l'occupante-espropriantee'    legittimato    ad   adire   l'Autorita'
 giudiziaria (prima della determinazione della su detta indennita')  e
 di trovare in quella sede tutela.
    L'esclusione   dell'occupante-espropriante   dalla   facolta'   di
 impugnativa, in sede giurisdizionale, dell'indennita' di  occupazione
 determinata  ex  art.  20, comma terzo, della legge n. 865 del 1971 -
 viceversa - risponderebbe ad una  scelta  del  legislatore  logica  e
 conforme  a  principi costituzionali, la quale non confliggerebbe con
 l'art. 24 della Costituzione.
    L'occupazione espropriativa, infatti, non puo' protrarsi  oltre  i
 cinque  anni ed e' in facolta' dell'espropriante-occupante contenerne
 la durata, cosicche' non sarebbe irragionevole,  bensi'  conforme  ai
 principi   enunciati   negli   artt.  42  e  97,  primo  comma  della
 Costituzione,  l'attribuzione  ai  soli  espropriandi   del   diritto
 d'impugnare  l'indennita'  come  determinata  a norma del terzo comma
 dell'art. 20. L'attribuzione all'espropriante di un'analoga  facolta'
 d'impugnativa,   al  contrario,  agevolerebbe  manovre  dilatorie  di
 quest'ultimo  e  incentiverebbe  l'allungamento  della  durata  della
 procedura espropriativa.
                        Considerato in diritto
   1.  -  Il  giudice  a  quo  ha  sollevato questione di legittimita'
 costituzionale,  in  riferimento  all'art.  24  della   Costituzione,
 dell'art.  20,  comma  quarto,  della  legge 22 ottobre 1971, n. 865,
 nella parte in cui non  prevede  che  l'espropriante  possa  proporre
 opposizione  davanti  alla  Corte  d'appello contro la determinazione
 dell'indennita' di occupazione d'urgenza delle  aree  da  espropriare
 compiuta  in  sede  amministrativa. Ha esposto al riguardo che questa
 Corte,  con  la   sentenza   n.   173   del   1991,   ha   dichiarato
 l'illegittimita'  costituzionale,  per  contrasto con l'art. 24 della
 Costituzione, dell'art. 12, comma quinto,  della  legge  n.  865  del
 1971,  nella  parte  in  cui  non  prevedeva  che  l'espropriante, in
 alternativa al pagamento dell'indennita' accettata  dall'espropriato,
 potesse esperire opposizione, entro il termine di sessanta giorni, ai
 sensi  dell'art.  19.  Ha dedotto che analoga ratio decidendi impone,
 nella fattispecie regolata dall'art. 20, quarto comma, della legge n.
 865 del 1971, l'estensione all'espropriante del diritto ad  impugnare
 la determinazione dell'indennita' di occupazione d'urgenza delle aree
 da espropriare, compiuta in sede amministrativa.
    2.    -    Vanno    preliminarmente    respinte    le    eccezioni
 d'inammissibilita' della questione per difetto di rilevanza, proposte
 dalle parti private, secondo le quali: a) essendo  la  determinazione
 dell'indennita' di occupazione rapportata dall'art. 20 della legge n.
 865  del  1971 ad una percentuale (per ciascun anno, mese, o frazione
 di mese  di  durata  dell'occupazione)  dell'indennita'  che  sarebbe
 dovuta  per  l'espropriazione  dell'area stessa, qualora la misura di
 tale  indennita'  fosse  ritenuta   dall'occupante-espropriante   non
 congrua,  egli  potrebbe  sempre  ottenere, ex art. 19 della medesima
 legge, in seguito alla declaratoria di  parziale  incostituzionalita'
 di  tale  articolo  pronunciata  dalla  Corte  costituzionale  con la
 sentenza n. 67 del 1990, tutela giurisdizionale;  b)  parimenti  egli
 godrebbe  di  detta tutela in seguito alla pronuncia d'illegittimita'
 costituzionale (sentenza n. 470 del 1990) dell'art. 20, quarto comma,
 della legge n. 865 del 1971, nella parte in cui,  in  mancanza  della
 determinazione,  ad  opera  della  commissione prevista dall'art. 16,
 dell'indennita'  di  occupazione  o  della  sua  comunicazione   agli
 interessati,  non  consentiva  ai  medesimi  di agire in giudizio per
 ottenerne la liquidazione, a decorrere dall'occupazione del bene.
    In proposito va osservato che l'art. 16, comma primo, della  legge
 n.  865  del  1971  ha  previsto  la  costituzione di una commissione
 tecnica, in ogni provincia, alla quale  e'  demandata,  tra  l'altro,
 (art.   20,  comma  terzo)  la  determinazione  delle  indennita'  di
 occupazione.
    Il quarto comma dell'impugnato art. 20 statuisce  che,  contro  la
 determinazione  di  tale indennita', "gl'interessati possono proporre
 opposizione davanti alla Corte d'appello competente  per  territorio,
 con  atto  di  citazione notificato all'occupante entro trenta giorni
 dalla comunicazione dell'indennita' a cura del sindaco,  nelle  forme
 prescritte per la notificazione degli atti processuali civili".
    Dal   tenore   della   norma,   che   prevede   la   notificazione
 dell'opposizione  all'"occupante",   e'   evidente   che   essa   non
 attribuisce   l'azione   per  contestare  la  misura  dell'indennita'
 stabilita in sede amministrativa anche all'espropriante-occupante.
    Nel caso di specie quest'ultimo ha impugnato, nel giudizio a  quo,
 la  determinazione  dell'indennita' compiuta in sede amministrativa e
 la rilevanza della questione deriva - come si  evince  dall'ordinanza
 di  rimessione  -  dalla circostanza che l'art. 20, comma quarto, non
 consente all'occupante d'impugnare la determinazione dell'indennita'.
    Ne' e' fondata l'affermazione  delle  parti  private  costituitesi
 dinanzi a questa Corte, secondo la quale l'art. 19 della legge n. 865
 del  1971  (modificato  dall'art. 14 della legge n. 10 del 1977), nel
 testo risultante dalla declaratoria  d'illegittimita'  costituzionale
 pronunciata con la sentenza n. 67 del 1990, attribuirebbe la facolta'
 di  impugnativa all'occupante, giacche' - a prescindere da ogni altra
 considerazione   -   tale   norma    riguarda    la    determinazione
 dell'indennita'  di  espropriazione  e la relativa azione puo' essere
 proposta solo dopo  che  l'espropriazione  ha  avuto  luogo:  ipotesi
 questa che nel caso di specie, non si era verificata.
    Neppure fa venir meno la rilevanza della questione la declaratoria
 d'illegittimita'  costituzionale,  pronunciata con la sentenza n. 470
 del 1990, dell'art. 20, quarto comma, della legge  n.  865  del  1971
 "nella parte in cui, in mancanza della determinazione, ad opera della
 commissione  prevista  dall'art. 16, dell'indennita' di occupazione o
 della sua comunicazione agl'interessati, non consente ai medesimi  di
 agire   in  giudizio  per  ottenerne  la  liquidazione,  a  decorrere
 dall'occupazione del bene che ne e' oggetto".
    Tale declaratoria,  infatti,  non  riguarda  l'impugnabilita',  da
 parte  dell'occupante,  dell'indennita' di occupazione determinata in
 sede  amministrativa,   ma   la   diversa   ipotesi   della   mancata
 determinazione dell'indennita' in sede amministrativa e la tutela del
 diritto dei proprietari (e soggetti assimilati) dei beni occupati.
    3. - Nel merito la questione e' fondata.
    L'art.  42,  terzo  comma, della Costituzione, nello statuire - in
 connessione con  la  garanzia  posta  dal  secondo  comma  -  che  la
 proprieta'  privata  "puo'  essere, nei casi preveduti dalla legge, e
 salvo indennizzo espropriata per motivi  d'interesse  generale",  da'
 fondamento  e  disciplina,  con le relative implicazioni di carattere
 costituzionale,  non  soltanto  agli  atti  espropriativi  in   senso
 proprio,   ma  pure  a  quelli  inerenti  all'occupazione  del  bene,
 imponendo  un  giusto  indennizzo  anche  per  la  durata   di   tale
 occupazione,  che  impedisce  al  proprietario la disponibilita' e il
 godimento del bene. Inoltre, il principio  del  giusto  indennizzo  -
 come  questa  Corte  ha gia' affermato a proposito dell'indennita' di
 espropriazione (sentenza n. 173 del 1991) - deve essere operante,  in
 base  all'art.  42, terzo comma, della Costituzione, non soltanto nei
 confronti dei soggetti  passivi  dell'espropriazione,  ma  anche  dei
 soggetti  che la promuovono e che, di conseguenza, hanno un interesse
 a che l'indennizzo non travalichi la giusta misura  prescritta  dalla
 norma costituzionale.
    L'apprensione del bene attraverso l'occupazione concreta, infatti,
 una  fase  autonoma del procedimento ablativo, che deve essere munita
 delle necessarie garanzie a favore di tutti i soggetti implicati, sia
 rispetto  all'elemento  bene,  oggetto  dell'ablazione,   sia   nella
 corresponsione del giusto indennizzo, che concerne, nel quadro di pur
 distinte   posizioni,  il  soggetto  passivo  dell'occupazione  e  il
 soggetto che la promuove.
    Ne deriva che la garanzia sancita dall'art. 24, primo comma, della
 Costituzione debba operare anche riguardo  ai  soggetti  che  abbiano
 promosso  l'occupazione  d'urgenza  dei  beni (art. 20, commi primo e
 secondo, della legge n. 865 del 1971).
    Va quindi dichiarata l'illegittimita' costituzionale dell'art. 20,
 comma quarto, della legge 22 ottobre 1971, n. 865, nella parte in cui
 non prevede  che  anche  l'espropriante  possa  proporre  opposizione
 davanti alla corte d'appello contro la determinazione dell'indennita'
 di  occupazione d'urgenza delle aree da espropriare. Tale opposizione
 andra' proposta con atto di citazione notificato alle controparti nel
 termine e  con  le  forme  ivi  stabilite,  salvo  nel  caso  in  cui
 l'espropriante  sia  il  comune.  In  detta  ipotesi,  non  potendosi
 consentire  che  sia  rimesso  alla   discrezionalita'   del   comune
 espropriante  lo  stabilire  il  momento  iniziale  di decorrenza del
 termine per l'opposizione, questo termine dovra' decorrere dal giorno
 in cui sia pervenuta al comune, ai sensi del  terzo  comma  dell'art.
 20,   la   comunicazione   della  determinazione  dell'indennita'  di
 occupazione da parte della commissione prevista dall'art. 16.  L'art.
 20,  terzo comma, infatti, disponendo che il sindaco debba provvedere
 alla  comunicazione dell'indennita' "agl'interessati", presuppone che
 la suddetta  commissione  sia  tenuta  a  trasmettere  al  comune  la
 determinazione dell'indennita' da essa effettuata.