ha pronunciato la seguente ORDINANZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 1-sexies, aggiunto al decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312 (Disposizioni urgenti per la tutela delle zone di particolare interesse ambientale) dalla legge 8 agosto 1985, n. 431 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312, recante disposizioni urgenti per la tutela delle zone di particolare interesse ambientale), promosso con ordinanza emessa il 20 gennaio 1992 dal Pretore di Udine - Sezione distaccata di Palmanova nel procedimento penale a carico di Renzo Osso ed altri, iscritta al n. 132 del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 12, prima serie speciale, dell'anno 1992; Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 17 giugno 1992 il Giudice relatore Gabriele Pescatore; Ritenuto che con ordinanza del 20 gennaio 1992 il Pretore di Udine - Sezione staccata di Palmanova, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 9, secondo comma, della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1-sexies aggiunto al decreto- legge 27 giugno 1985, n. 312 (Disposizioni urgenti per la tutela delle zone di particolare interesse ambientale) dalla legge di conversione 8 agosto 1985, n. 431, nella parte in cui assoggetta soltanto a sanzioni amministrative, e non anche a sanzioni penali, la violazione dei singoli vincoli posti su beni ambientali ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497; che nel giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione venga dichiarata infondata; Considerato che la proposta questione si fonda su una premessa interpretativa tutt'altro che consolidata, tant'e' che questa Corte - con ordinanza n. 67 del 1992 - si e' trovata a dichiarare non fondata altra questione di legittimita' costituzionale dello stesso art. 1-sexies, censurato allora sul presupposto che estendesse le sanzioni penali previste dall'art. 20, lett. c), della legge 28 febbraio 1985, n. 47, all'inosservanza dell'art. 7 della legge 29 giugno 1939, n. 1497, e quindi all'esecuzione di qualsiasi opera non autorizzata in area sottoposta a vincolo; che l'ordinanza di rimessione dichiarava come prevalente l'interpretazione prospettata, che risulta difforme da quella ritenuta dal giudice a quo del presente giudizio; che nel recepire detta interpretazione questa Corte aveva ritenuto giustificato il rigore sanzionatorio della normativa, essendo quest'ultima ispirata alla considerazione che l'integrita' ambientale e' un bene unitario, il quale puo' risultare compromesso anche da interventi minori e che pertanto va salvaguardato nella sua interezza; che analoghe valutazioni erano state in precedenza enunciate dalle ordinanze n. 431 del 1991 e n. 377 del 1990; che peraltro, quale che debba ritenersi l'esatta portata della disposizione impugnata, assume rilievo assorbente il fatto che il giudice a quo chieda a questa Corte di sottoporre a sanzione penale fattispecie che allo stato sarebbero colpite soltanto da sanzione amministrativa; che una eventuale pronuncia di tale contenuto violerebbe il fondamentale e inderogabile principio di legalita', consacrato nell'art. 1 cod. pen. e costituzionalizzato dall'art. 25 della legge fondamentale; che difatti questa Corte ha costantemente escluso l'ammissibilita' di questioni additive in materia penale (sent. n. 456 del 1989; ordd. nn. 249 e 150 del 1988, n. 500 del 1987, nn. 11 e 2 del 1984; sent. n. 108 del 1981); che alla stregua delle esposte considerazioni la questione sollevata va ritenuta manifestamente inammissibile; Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.