IL TRIBUNALE
    Nel   processo   di   cui   in   epigrafe  celebrato  nell'udienza
 dibattimentale del 5 giugno 1992, nei confronti di Gemello Raffaello;
                             O S S E R V A
    Il pubblico ministero ha  richiesto  la  citazione  d'ufficio  dei
 testimoni del fatto, a norma dell'articolo 507, c.p.p.
    Il  difensore si e' opposto eccependo la decadenza dall'assunzione
 della prova, per omissione del deposito della lista dei testimoni,  a
 norma dell'articolo 468 c.p.p.
    Il  Tribunale  ritiene  che  il  potere  di  ammissione  di prove,
 disciplinato dall'articolo 507 c.p.p., e' limitato all'assunzione  di
 "nuovi"  mezzi  di  prova,  cio' e' a dire, e' riservato alle ipotesi
 eccezionali  in  cui,   all'esito   dell'acquisizione   delle   prove
 dibattimentali,   emerga   l'assoluta   necessita'   di  integrazione
 dell'istruzione  attraverso  mezzi  di  prova  che,  appunto  per  il
 carattere della "novita'", le parti non avevano potuto richiedere fin
 dagli  atti preliminari al dibattimento nei termini fissati a pena di
 decadenza.
    Sulla base di tale esegesi della disposizione di cui  all'articolo
 507  c.p.p.,  sembra  da  escludere  che  il potere discrezionale del
 giudice del dibattimento di acquisire d'ufficio nuovi mezzi di  prova
 possa  essere  utilizzato  per  sopperire al lacune istruttorie delle
 parti ovvero per eludere le preclusioni in cui esse siano incorse.
    Il collegio, confrontando tale disposizione con la direttiva della
 legge  delega  16  febbraio  1987,  n.  81,  nella   parte   in   cui
 espressamente  prevede  "  ..  il  potere  del  giudice  di  disporre
 l'assunzione di mezzi  di  prova",  senza  porre  alcuna  limitazione
 all'esercizio  di  detto  potere, rileva che il legislatore delegato,
 con l'aggiunta della limitazione del carattere della "novita'"  delle
 prove  da  assumere,  quale  presupposto  indefettibile  legittimante
 l'esercizio d'ufficio del potere di ammissione spettante al  giudice,
 sia  incorso  in un eccesso di delega in violazione dell'articolo 77,
 comma 1,  della  Costituzione  repubblicana,  senza  contare  che  il
 principio  costituzionale  della  obbligatorieta' dell'azione penale,
 sancito dall'articolo 112  della  Costituzione  repubblicana,  appare
 incompatibile   con   una  disciplina  ispirata  al  principio  della
 essenziale disponibilita' delle parti in merito all'assunzione  della
 prova.
    In  ogni  caso,  poiche'  lo  scopo  del processo penale resta pur
 sempre l'accertamento della verita',  la  comminatoria  di  decadenze
 assolute  ed  insanabili  in materia di assunzione di prove decisive,
 potrebbe anche compromettere, nell'ipotesi di negligente  difesa,  il
 diritto  alla prova riconosciuto all'imputato, garantito come diritto
 inviolabile  dagli  articoli  2  e  24,  comma  2, della Costituzione
 repubblicana anche  per  l'esigenza  di  evitare  errori  giudiziari,
 sancita dall'articolo 24, comma 2, della Costituzione.
    Deve  essere, pertanto, sollevata, di ufficio, in quanto rilevante
 per  la  decisione,  la  questione  di  legittimita'   costituzionale
 dell'articolo  507  c.p.p.,  nella  parte in cui limita il potere del
 giudice di disporre l'assunzione probatoria ai soli casi  concernenti
 nuovi  mezzi  di  prova  ovvero  nuove  prove,  per  violazione degli
 articoli 2, 24, commi 2 e 4, 77,  comma  1,  112  della  Costituzione
 repubblicana.