IL CONSIGLIERE PRETORE
                           RITENUTO DI FATTO
     che  il  direttore  del  laboratorio  di  igiene e profilassi del
 reparto chimico di Enna, in data 22 maggio 1990, ha accertato che  lo
 stabilimento dell'Italkali, sito in C.da "Pasquasia", comune di Enna,
 riversava   nel  fiume  "Morello"  solidi  sedimentabili,  cloruri  e
 solfati, in misura  macroscopicamente  superiore  ai  valori  massimi
 stabiliti dalla tabella A. della Legge n. 319/76;
      che   in  seguito  a  tale  accertamento  il  Procuratore  della
 Repubblica presso questa Pretura  Circondariale  ha  promosso  azione
 penale  nei  confronti  di  Tamburrini  Domenico e Cappelletti Marco,
 rispettivamente  presidente  e  consigliere   delegato   della   soc.
 Italkali;,  nonche' di Gambazza Renato, direttore dello stabilimento,
 per il reato previsto e punito dagli artt. 110  C.P.,  21,  1º  comma
 Legge  10 maggio 1976, n. 319 e, inoltre, nei riguardi dei predetti e
 di Sorci Carlo, quale presidente dell'EMS, per i reati  di  cui  agli
 articoli  110  C.P.,  21, 2º comma, Legge 10 maggio 1976, n. 319, 110
 C.P., 635 n. 3 C.P. e 110 C.P. 734 C.P.;
      che  in  forza  dell'art.   2,   Legge   Regionale   n.   8/1991
 l'assessorato  Regionale  per l'Industria e' autorizzato a realizzare
 tramite gli uffici del genio civile competenti per territorio, ovvero
 tramite  i  consorzi  per  le  aree  di   sviluppo   industriale   le
 infrastrutture  occorrenti  al  funzionamento  del  settore  dei sali
 alcalini relative agli impianti idrici fognari e di  smaltimento  dei
 rifiuti;
      che  l'art.  3 della predetta legge regionale sancisce anche che
 per gli insediamenti produttivi di cui all'art. 2, comma 1,  in  atto
 esistenti nonche' per gli impianti di potabilizzazione realizzati con
 finanziamento  regionale il termine di adeguamento previsto dall'art.
 33 della Legge Regionale 15 maggio 1986 n. 27  si  intende  prorogato
 sino  all'attivazione  delle  opere  di  cui  allo  stesso articolo e
 comunque sino al 31 dicembre 1992;
      che il P.M., alle udienze dibattimentali del 20 maggio 1991, del
 23 novembre 1991 e del  14  marzo  1991  ha  sollevato  questione  di
 costituzionalita'   dell'art.   3,  Legge  Regionale  n.  8/1991  con
 riferimento agli articoli 117, 3 e 25 della Costituzione;
      che i difensori degli imputati, nelle deduzioni del 18  novembre
 1991, hanno osservato che la questione di costituzionalita' sollevata
 dal  P.M.  non  e'  fondata  per i seguenti motivi: a) - con riguardo
 all'art. 117 della Costituzione, in  quanto  la  legge  n.  319/1976,
 all'art. 4, lett. e), riserva alle regioni la normativa integrativa e
 di attuazione dei criteri e delle norme generali di cui ai punti d) e
 c)  dell'art.  2, disposizioni in cui, sostengono, rientra il termine
 di  adeguamento  previsto dall'art. 33 Legge Regionale sic. n. 27/86;
 b) - con riferimento alla violazione dell'art. 3 della  Costituzione,
 mancando  il  presupposto  essenziale  "di  fattispecie assolutamente
 identiche" e perche' l'attivita' di  produzione  di  sali  potassici,
 svolta  dalla  soc.  Italkali,  deve ritenersi di rilevante interesse
 nazionale, ai sensi del  D.M.  8  giugno  1983;  c)  -  in  relazione
 all'art.  25 della Costituzione, dato che la Legge Regionale n. 8/91,
 da una parte e', sostanzialmente,  conforme  a  quella  nazionale  e,
 dall'altra,  non  incide sul fatto reato, ma sul momento propedeutico
 alla attuazione della legge e, quindi, solo dopo  esaurita  la  "fase
 preparatoria" si possono configurare ipotesi di reato;
      che,  con  ordinanza  del  23 novembre 1991, il decidente, senza
 pronunciarsi  sulla  rilevanza  e  fondatezza  della   questione   di
 costituzionalita'  sollevata  dal  P.M.,  dopo  avere premesso che la
 fonte del potere punitivo risiede esclusivamente  nella  legislazione
 statale;
      che  le  regioni  non possono intervenire negativamente su norme
 penali, e ritenuto, conseguentemente, che il processo  poteva  essere
 deciso  prescindendo da qualsiasi statuizione sulla costituzionalita'
 dell'art. 3 Legge  Regionale  n.  8/91  (richiamava,  sul  punto,  la
 giurisprudenza della Corte di Cassazione, tra cui la sentenza n. 2734
 del  14  novembre  1989  della  3a sezione penale, con la quale erano
 state disapplicate le leggi regionali Emilia Romagna 29 gennaio 1983,
 n. 7 - 20 marzo 1984 n. 13 e 28 novembre 1986 n.  42,  contenenti  la
 disciplina   degli   scarichi   delle   pubbliche   fognature,  degli
 insediamenti civili e del trasporto di liquame  ed  acque  reflue  di
 insediamenti civili e produttivi), rigettava la richiesta del P.M. di
 sospendere   il   processo   e  di  rimettere  gli  atti  alla  Corte
 Costituzionale;
      che la Corte Costituzionale, con sentenza del 14 giugno 1990  n.
 85,  in  Foro  Italiano  9  settembre  1991,  pag.  2346  e segg., ha
 dichiarato che non spetta  allo  Stato  e  per  esso  alla  Corte  di
 Cassazione  disapplicare le leggi regionali e ha annullato quindi, la
 sentenza della Corte di Cassazione, 3a sezione penale, n.  2734,  del
 14 novembre - 12 dicembre 1989;
      che,  pertanto, in base a tale pronunzia del giudice delle leggi
 non si puo' prescindere dalla questione di costituzionalita' proposta
 dal P.M., che, se ritenuta rilevante e non manifestamente  infondata,
 impone  la  sospensione  del processo e la remissione degli atti alla
 Corte Costituzionale;
                          RITENUTO IN DIRITTO
      che la questione di costituzionalita' dell'art. 3 L.R.  n.  8/91
 non  appare  fondata  con  riferimento all'art. 3 della Costituzione,
 mancando il  presupposto  essenziale  "di  fattispecie  assolutamente
 identiche,  considerato  pure  che  l'attivita' di produzione di sali
 potassici e' di rilevante interesse nazionale";
      che,  invece,  rilevante  e  non  manifestamente  infondata   la
 questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3 L.R. n. 8/91 con
 riguardo  all'art.  117  della  Costituzione, in relazione all'art. 9
 della  L.  319/76,  che  disciplina  uniformemente,  per   tutto   il
 territorio   nazionale,   l'adeguamento   degli  scarichi  ai  limiti
 tabellari fissati dalla legge. Infatti, se e' vero che l'art. 4 lett.
 e) Legge n. 319/76 sancisce il principio che compete alle regioni  la
 normativa  integrativa  e  di  attuazione  dei  criteri e delle norme
 generali  di cui ai punti d) ed e) dell'art. 2, e' anche certo che la
 Legge 24 dicembre 1979 n. 650, all'art. 2, stabilisce che i  titolari
 degli  scarichi  degli  insediamenti  produttivi, ivi compresi quelli
 previsti dalla Legge 16 aprile 1973 n. 171 esistenti alla data del 13
 giugno 1976 che alla data del 13 giugno 1979 non  abbiano  provveduto
 ad  adeguare  gli  scarichi medesimi ai limiti prescritti dalla legge
 devono presentare, entro 2 mesi dall'entrata in vigore dalla presente
 legge,  un  programma  dettagliato  con  l'indicazione   della   data
 dell'inizio  dei  lavori,  dei tempi di attuazione, nonche' dei costi
 per l'adeguamento, ove prescritto alla  tabella  c)  della  Legge  10
 maggio 1976 n. 319;
      che  la  regione,  entro  3 mesi dalla data di presentazione del
 programma autorizza l'attuazione dello  stesso  confermandolo  ovvero
 integrandolo  con  eventuali  prescrizioni,  con particolare riguardo
 all'inizio  lavori,  all'entrata   in   funzione   dell'impianto   di
 depurazione allo smaltimento dei fanghi ed al risparmio energetico;
      che  il  termine  stabilito  per l'attuazione del programma, non
 puo' comunque superare il 1º settembre 1981;
      che,  pertanto,  non  e'   applicabile   alla   fattispecie   la
 disposizione  dell'art.  4  della lett. e) della Legge n. 319/76 alla
 quale viene fatto riferimento nelle deduzioni del  18  novembre  1991
 dai difensori degli imputati;
    Ritenuto  altresi'  rilevante  e  non  manifestamente infondata la
 questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3 L.R. n. 8/91, in
 relazione all'art. 3 della Costituzione, in  quanto  la  proroga  del
 termine  di  adeguamento,  peraltro  gia'  concesso una prima volta a
 norma dell'art. 22 L.R. n. 27/86, interferisce nella  materia  penale
 (segnatamente  nei reati contestati agli imputati), materia riservata
 dalla Costituzione allo Stato;