LA CORTE DI CASSAZIONE
    Ha pronunciato la seguente sentenza sul  ricorso  iscritto  al  n.
 5846/90  del  r.g.  aa.cc.  proposto da Emidio Massi, Alfio Bassotti,
 Gaetano Recchi, Paolo  Polenta,  Rodolfo  Tambroni,  Pietro  Diletti,
 Alessandro   Manieri,  Elio  Capodaglio,  Lorenzo  Marconi,  Patrizio
 Venarucci, Giuseppe Paolucci, Dario Giachini, tutti  elett.te  dom.ti
 in  Roma,  via  Giovanni Paisiello n. 55 presso lo studio dell'avv.to
 Giulio Correale che li rappresenta e difende unitamente
   all'avv.to  Bruno  Brusciotti  giusta delega a margine del ricorso,
 ricorrenti,  contro  procuratore  generale  della  Corte  dei  conti;
 presidente della II sezione giurisdizionale ordinaria della Corte dei
 conti;  Baldoni  Taddea,  Gozzi  Leda, Gozzi Romeo, Gozzi Annunziata,
 Giorgetti  Dullio,  Larotonda  Antonio,  Giombetti  Isauro,   Pieroni
 Arduino,  Tremannoni  Renzo,  intimati, per regolamento preventivo di
 giurisdizione in relazione al giudizio pendente  innanzi  alla  Corte
 dei conti iscritto al n. 11146/EL;
    Udita  nella pubblica udienza tenutasi il giorno 13 giugno 1991 la
 relazione della causa svolta dal cons.; rel. dott. Taddeucci;
    Uditi gli avv.ti G. Correale e B. Brusciotti;
    Udito il p.m., nella persona del dott. M. Di Renzo  avv.to  gen.le
 presso  la  Corte  Suprema  di  Cassazione  che  ha  concluso  per la
 giurisdizione del giudice ordinario;
                           Ritenuto di fatto
     che con atto di citazione notificato il 14, 15, 16 e 27 marzo  ed
 il  2, 3 aprile 1990 il procuratore generale della Corte dei conti ha
 evocato in giudizio davanti a quel consesso in sede  giurisdizionale:
 Emidio  Massi,  Alfio  Bassotti,  Elio  Capodaglio,  Dario Giacchini,
 Alessandro  Manieri,  Lorenzo  Marconi,  Giuseppe  Paolucci,  Gaetano
 Recchi,  Patrizio  Venarucci, Pietro Diletti, Paolo Polenta e Rodolfo
 Armaroli  Tambroni,  quali  componenti  della  giunta  della  regione
 Marche',  per sentirli condannare - unitamente agli ex amministratori
 dell'ente  ospedaliero  "Santa  Casa"  di  Loreto   e   ciascuno   in
 proporzione  al  suo  apporto  concausale - al risarcimento del danno
 arrecato alla u.s.l. di Recanati (e quantificato nel totale  in  lire
 32.500.000),  per  effetto  di  maggiori emolumenti corrisposti a due
 funzionari provenienti dal sunnominato soppresso ente ospedaliero, ed
 inquadrati nella unita' sanitaria di nuova  costituzione;  funzionari
 ai  quali  era stata attribuita una posizione giuridica piu' avanzata
 rispetto a quella loro spettante ai sensi dell'art.  64  del  decreto
 del   Presidente   della   Repubblica  n.  761/1979  con  conseguente
 lievitazione del livello retributivo;
      che, ad avviso dalla procura generale  della  Corte  dei  conti,
 secondo  la  norma  ora  citata,  i funzionari in questione avrebbero
 dovuto  essere   collocati,   dall'amministrazione   ospedaliera   di
 provenienza,  all'ottavo  livello  di  retribuzione; con l'entrata in
 vigore del decreto del Presidente della Repubblica n. 761/1979 quella
 amministrazione non poteva rimodellare la pianta  organica  dell'ente
 onde  attribuire  nuove  qualifiche  dirigenziali; la attribuzione di
 posizioni  giuridiche  piu'   avanzate   nei   ruoli   della   u.s.l.
 manifestava,  da  parte degli amministratori dell'ente ospedaliero di
 provenienza e da parte dei membri della giunta  regionale  un  comune
 intento  di  doloso  favoritismo, scollegato da qualsiasi esigenza di
 funzionalita' e di pubblica utilita';
      che pendente il giudizio di responsabilita' davanti  al  giudice
 contabile,  i  sopra  nominati  componenti della giunta della regione
 Marche hanno proposto ricorso ex art.  41  c.p.c.  davanti  a  queste
 sezioni  unite  (con  atto  notificato  il 31 maggio 1990) per sentir
 dichiarare, nei loro limitati confronti, il difetto di  giurisdizione
 della Corte dei conti;
                        Considerato in diritto
      che   secondo   la   contestazione   dell'addebito   del   danno
 patrimoniale sofferto dalla u.s.l. (quale branca autonoma del comune)
 dovrebbero rispondere, unitamente agli amministratori  dal  disciolto
 ente  ospedaliero,  anche  i  componenti  della  giunta della regione
 Marche poiche' solo attraverso la premeditata connivenza tra gli  uni
 e  gli  altri (i primi riconoscendo ad personam qualifiche e funzioni
 non rispondenti ad esigenze di servizio; i secondi  adottano  criteri
 generali  per  la  iniziale  formulazione  dei  ruoli  nominativi del
 personale delle u.s.l. in contrasto con il disposto dell'art. 64  del
 decreto  del  Presidente  della Repubblica n. 761/1979) sarebbe stato
 possibile  determinare  artificiosamente,  a  favore  di  alcuni,  il
 conseguimento  di  posizioni  di carriera ingiustificate e foriere di
 maggiori esborsi retributivi;
      che controdeducano gli amministratori  regionali  ricorrenti  la
 inesistenza  di  quel  rapporto  di  impiego  o di servizio, tra ente
 danneggiato e danneggiante, il  quale  concreterebbe  il  presupposto
 indispensabile  per la stessa confugurabilita' di una responsabilita'
 patrimoniale/contabile  (di  natura   contrattuale)   devoluta   alla
 cognizione della Corte dei conti;
      che in effetti, a norma degli art. 30 e 31 della legge 19 maggio
 1976  n.  335,  gli amministratori ed i dipendenti delle regioni sono
 tenuti a risarcire  all'ente  i  danni  derivanti  da  violazione  di
 obblighi  di  funzioni o di servizio, secondo le norme vigenti per le
 amministrazioni  dello  Stato,  (con  conseguente   soggezione   alla
 giurisdizione   della   Corte  dei  conti);  e  secondo  la  corrente
 interpretazione della normativa sopra riportata - cfr. Cass. s.u.  n.
 6437  del  1985, n. 8368 del 1990; Corte dei conti, s.r. n. 664/a del
 1990 -  l'esercizio  della  funzione  giurisdizionale  da  parte  del
 giudice  contabile  postula  la esistenza di un rapporto di impiego o
 quanto meno di servizio, caratterizzato dall'inserimento del soggetto
 danneggiato  nella   struttura   organizzativa   dell'amministrazione
 pubblica  danneggiata  (venendo  in evidenza comportamenti contrari a
 quei  doveri  di  prestazione  nascenti  da  un  vincolo  interno  di
 collegamento tra amministratore ed ente);
      che    la    limitazione    dell'ente    della   responsabilita'
 patrimoniale/contabile, nascente  dal  collegamento  ora  menzionato,
 suscita  perplessita'  non  facilmente  rimuovibili,  di legittimita'
 costituzionale rispetto ai precedenti di cui agli articoli  3,  97  e
 103  della  Costituzione  allorche',  come  nel  caso  di specie, gli
 amministratori della regione siano  investiti  di  funzioni  dal  cui
 irregolare  o scorretto esercizio sia derivato un danno incidente non
 sulle finanze regionali bensi' sull'erario dello Stato;
      che infatti non sembra revocabile in dubbio  la  spettanza  alla
 Regione  di  una  sua propria potesta' legislativa ed amministrativa,
 garantita ex art.  117  e  118  della  Costituzione,  in  materia  di
 organizzazione,  gestione  e  funzionamento  delle  u.s.l. e dei loro
 servizi (cfr. art. 15, nono comma, legge n. 833/1973) ed  in  materia
 di  formazione  e  di  disciplina  degli  organici  delle  u.s.l., in
 attuazione del compito di unificazione dell'organizzazione  sanitaria
 su  base  territoriale, con adeguamento della normativa alle esigenze
 delle singole situazioni regionali (cfr. art. II legge citata);
      che se per un verso  e'  pacificamente  ricevuto  l'insegnamento
 secondo  cui  le unita' sanitarie sono strutture operative dei comuni
 (o delle comunita'  montane)  semplici  od  associati,  e  non  delle
 regioni,  di modo che al personale di esse non si addice la qualifica
 di  dipendenti  regionali,  ne'  il  loro  trattamento economico e' a
 carico della finanza regionale, per altro verso e' incontestabile  la
 riserva   alla   regione  di  mansioni  volte  all'inquadramento  del
 personale delle u.s.l. in ruoli regionali, alla tenuta  dei  relativi
 albi, all'assunzione ed al trasferimento degli addetti sulla base dei
 ruoli cosi' formati;
      che  attraverso  lo  svolgimento dei compiti ora ricordati, agli
 amministratori regionali viene consentito, nei risultati, di incidere
 sulle qualifiche professionali e sui livelli retributivi di personale
 non dalla regione dipendente, e di inflazione  il  costo  complessivo
 del  servizio  sanitario  nazionale; dato che le deliberazioni con le
 quali la singola u.s.l. introduca modificazioni qualitative o quanti-
 tative della propria pianta organica non acquista  efficacia  se  non
 con  l'approvazione  della  regione,  e  dato  che  sinanche i poteri
 sostitutivi dello Stato nei confronti della regione,  in  materia  di
 organizzazione  di  piante  organiche,  incontra  un limite qualora i
 criteri di indirizzo governativo e di coordinamento  siano  privi  di
 adeguata copertura legislativa (cfr. Corte costituzionale sentenza n.
 338 del 1989);
      che   la   frequenza   stessa   dei   ricorsi   alla   giustizia
 amministrativa per controversie occasionate  dalla  introduzione,  da
 parte  delle regioni, di criteri di inquadramento del personale delle
 u.s.l. diversi da quelli cui esse  debbono  attenersi  in  base  alle
 tabelle  di  equiparazione  allegate  al decreto del Presidente della
 Repubblica n. 761 del 20 dicembre 1979 (  ex  art.  64  dello  stesso
 d.P.R.),  e  la reiterazione stessa di interventi legislativi volti a
 vietare, a pena di nullita', la stipulazione di "accordi integrativi"
 da parte delle regioni, ad introdurre  un  regime  transitorio  degli
 organici  delle  u.s.l.,  ad  instaurare  il cosi' detto blocco delle
 assunzioni, manifestano nel loro complesso  questa  realta',  che  la
 limitazione   delle   responsabilita'  patrimoniale  contabile  degli
 amministratori regionali, emergente dal tenore letterale dell'art. 30
 della legge n.  335/1976,  rende  i  destinatari  del  precetto  meno
 sensibili   alle   conseguenze  del  loro  comportamento,  attivo  od
 omissivo, allorche' esso sia suscettivo di  arrecare  danno  ad  ente
 pubblico diverso da quello di loro appartenenza;
      che   la   sacca  di  esonero  da  responsabilita'  patrimoniale
 contabile di cui,  nella  predetta  prospettiva,  gli  amministratori
 regionali   godrebbero   (oltre   tutto  in  un  settore  nel  quale,
 sovrapponendosi i problemi della sanita'  nazionale  con  quelli  del
 pubblico impiego, emerge piu' acuto il rischio di disquilibrio per il
 bilancio  statale)  viene vistosamente a contrastare con chiare linee
 di tendenza emerse in sede di  politica  legislativa  -  mediante  la
 introduzione  di norme sanzionatrici di una personale responsabilita'
 dei componenti dei comitati  regionali  di  controllo  nei  confronti
 degli  enti  locali  per  i  danni a questi arrecati con dolo o colpa
 grave nell'esercizio delle loro funzioni: cfr. art. 16 della legge 27
 febbraio 1978 n. 43 ed art. 58 della legge 8 giugno 1990 n. 142  -  e
 viene a collidere altresi' contro una sintesi ricognitiva dell'intero
 sistema  proveniente  dal  magistero  della  Corte costituzionale, ad
 avviso della quale spetta allo  Stato,  e  per  esso  al  procuratore
 generale    della   Corte   dei   conti,   promuovere   l'azione   di
 responsabilita' nei confronti degli amministratori e  dei  dipendenti
 delle   regioni   per  l'accertamento  di  eventuali  danni  connessi
 all'esercizio  delle  loro  funzioni,  senza  accenno  ad   ulteriori
 condizionamenti (cfr. tra le altre le sentenze n. 421 e n. 995/1988);
      che  introdurre,  pertanto,  nell'area  di responsabilita' cosi'
 razionalmente individuata, un elemento  di  esenzione,  rappresentato
 dall'essere l'ente pubblico danneggiato diverso dall'ente regione, si
 appalesa  contrastante  non  soltanto con il principio di eguaglianza
 (di cui  all'art.  3  della  Costituzione)  ma  altresi'  con  quello
 dell'art.   97,   laddove   per   assicurare   il  buon  andamento  e
 l'imparzialita' della amministrazione si e' affermata la esigenza  di
 disciplinare  armonicamente sfere di competenze, di attribuzioni e di
 responsabilita'; ed infine con il  principio  di  cui  all'art.  103,
 secondo comma;
      che in effetti, una volta devoluta, legislativamente, alla Corte
 dei   conti  la  materia  della  responsabilita'  patrimoniale  degli
 amministratori e dei dipendenti della regione per i  danni  derivanti
 dalla   violazione   di  obblighi  di  funzioni  o  di  servizio,  un
 restringimento della  devoluzione,  costituito  dalla  lesione  dello
 stesso  ente  pubblico  di appartenenza e non di altro ente pubblico,
 risulta artificioso e disarmonico nella assenza  di  una  incolmabile
 separazione   tra   forme  e  modi  di  utilizzazione  delle  risorse
 finanziarie regionali e nella innegabile ricaduta  finale,  a  carico
 dell'erario statale anche dell'operato di organi regionali chiamati a
 collaborare in materia di impiego di denaro pubblico;
      che  in  definitiva risulta rilevante ai fini del decidere e non
 manifestamente infondata la questione se, con i principi della  Corte
 costituzionale sopra ricordati sia conciliabile il disposto dell'art.
 30  della  legge 19 maggio 1976 n. 335, nella parte in cui correla la
 responsabilita' patrimoniale degli amministratori e dipendenti  della
 regione  (responsabilita'  assegnata  dal  successivo  art.  31  alla
 cognizione della Corte dei conti) alla incidenza del danno, derivante
 da violazione di obblighi di  funzione  o  di  servizio,  sull'erario
 dell'ente regione e non anche dello Stato o di altro ente pubblico;
      che  l'esame di tale questione deve essere rimessa al vaglio del
 giudice delle leggi;