IL PRETORE
   Letti gli atti del procedimento  penale  n.  4090/92  promosso  nei
 confronti  di Beghi Mario Primo, osserva l'imputato e' stato tratto a
 giudizio per rispondere del reato p. e p. dall'art. 21,  terzo  comma
 legge   n.   319/1976   per  avere,  nella  sua  qualita'  di  legale
 rappresentante Caseificio Sociale alle Viole - Societa' cooperativa a
 responsabilita' ilmitata  -  effettuato  uno  scarico  di  reflui  di
 processo  in  acque superficiali superante i limiti di accettabilita'
 previsti dalle tabelle A e C allegate alla legge.
    Ai fini del decidere si pongono preliminarmente due questioni:
       a)  se  l'art.  21,  terzo  comma,  si  applichi   anche   agli
 insediamenti civili;
       b)  in caso negativo, se l'insediamento in questione sia civile
 o produttivo.
    Nell'ordine si puo' osservare:
      sub  a):  come  e'  noto,  esistono  nella giurisprudenza sia di
 merito che di legittimita' due contrapposti orientamenti.
    Secondo alcune pronunzie il reato  previsto  dall'art.  21,  terzo
 comma legge n. 319/1976 e' reato proprio del titolare di insediamento
 produttivo;  secondo  altre  il reato e' configurabile anche a carico
 del titolare di insediamento civile (cfr.  Cass.  sez.  3,  7  giugno
 1990, Lazzaro; Cass. sez. 3, 20 febbraio 1990, Armuzzi; Cass. n. 4450
 del 2 aprile 1990; Cass. n. 7769 del 30 maggio 1990).
    La  qustione  rimane  aperta anche dopo la sentenza n. 1305 del 31
 maggio 1991 della  cassazione  a  sezioni  unite  che  ha  affrontato
 espressamente  il  problema  dell'applicabilita'  dell'art.  21  agli
 insediamenti civili solo con  riferimento  al  primo  comma  ed  agli
 insediamente civili nuovi;
      sub  b):  si  tratta  anzitutto  di  individuare  la  nozione di
 insediamento civile.
    La legge n. 319/1976 non ha introdotto tale nozione.
    La nozione e' stata posta  dall'art.  1  quater  della  successiva
 legge  n.  690/1976,  che  ha  stabilito, tra l'altro, che le imprese
 agricole di cui all'art. 2135  c.c.,  sono  considerate  insediamenti
 civili.
    L'art. 17, della legge n. 650/1979 ha poi previsto che il Comitato
 interministeriale  di cui all'art. 3, della legge n. 319/1976 avrebbe
 provveduto a definire le imprese agricole da considerarsi  civili  ai
 sensi dell'art. 1 quater della legge n. 690/1976.
    Il  Comitato interministeriale ha provveduto con delibera 8 maggio
 1980.
    Tale delibera e' stata ritenuta illegittima  dalla  Suprema  Corte
 "perche'  le  sue statuizioni sono state emanate senza una preventiva
 determinazione dei principi e criteri direttivi nella legge 10 maggio
 1976 n. 319", e percio' disapplicata in  quanto  "proveniente  da  un
 organo  amministrativo privo di potesta' normativa anche secondaria e
 costituente un atto amministrativo generale a contenuto  tecnico  che
 non  si sottrae al sindacato del giudice ordinario ai sensi dell'art.
 5 legge 20 marzo 1865 n. 2248 all. E" (cfr. Cass. sez. 3, n. 1862 del
 5 marzo 1986 e Cass. sez. 3, n. 2734 del 12 dicembre 1989).
    Il giudice penale che opera  nell'Emilia  Romagna,  deve  tuttavia
 tener  presente  anche la legge regionale n. 7/1983, modificata dalla
 legge regionale n. 13/1984.
    Tale legge, emessa in attuazione  dell'art.  14,  della  legge  n.
 319/1976,   disciplina,  tra  l'altro,  gli  scarichi  delle  imprese
 agricole da considerarsi  insediamenti  civili  secondo  la  delibera
 interministeriale  dell'8  maggio  1980 (come espressamente enunciato
 nell'art. 1 lett. a).
    A  tal  fine  la  legge,  dopo  aver  distinto  all'art.   3   gli
 insediamenti  civili  in  tre  classi,  all'art. 6 fa rientrare nella
 classe C le  imprese  agricole  che  abbiano  certe  caratteristiche,
 riprendendo    pedissequamente   la   formulazione   della   delibera
 interministeriale 8 maggio 1980.
    La legge regionale indica  dunque  espressamente  quali  requisiti
 deve  avere  un'impresa  agricola per essere considerata insediamento
 civile.
    La Suprema Corte nelle citate sentenze n. 1862/1986 e n. 2734/1989
 aveva ritenuto di poter disapplicare, oltre alla  delibera  8  maggio
 1980,  anche la legge regionale per mancanza di compatibilita' con la
 legislazione  statale,  sostenendo  che  essa  "facendo  propria   la
 definizione  di  imprese  agricole come imprese civili adottata da un
 organo amministrativo tecnico (comitato  interministeriale  8  maggio
 1980)   ha  operato  in  un  settore,  quello  penale,  di  esclusiva
 competenza  statale  (posto  che  dalla  definizione  delle   imprese
 agricole discendono profili sanzionatori penali".
    La  Corte  costituzionale  ha  pero',  con  sentenza n. 285 del 14
 giugno 1990 annullato la citata sentenza n. 2734/1989 dlela Corte  di
 cassazione  affermando  che  la  legge regionale, in quanto tale, non
 puo'  essere  disapplicata  ma  se   ne   puo'   solo   eccepire   la
 illegittimita' costituzionale.
    E  dunque il giudice penale non puo' sottrarsi dall'applicare tale
 legge, ove ne ricorrano i presupposti.
    Tornando al caso di specie, la difesa sostiene appunto che ad esso
 e' applicabile l'art. 6  della  legge  regionale  n.  7/1983,  ed  in
 particolare  l'ultimo  alinea  che  stabilisce  che sono insediamenti
 civili "le imprese agricole di cui alle lettere a),  b)  e  c)  della
 delibera  del  Comitato  interministeriale  dell'8  maggio  1980  che
 esercitano anche attivita'  di  trasformazione  e  di  valorizzazione
 della  produzione che siano inserite con carattere di normalita' e di
 complementarieta' funzionale nel cilo produttivo aziendale;  in  ogni
 caso  la materia prima lavorata dovra' pervenire per almeno due terzi
 dall'attivita' di coltivazione del fondo".
    Il pubblico  ministro  sostiene  invece  l'inapplicabilita'  della
 norma   sulla  considerazione  della  mancanza  di  complementarieta'
 funzionale tra l'attivita' di lavorazione del  latte,  esclusivamente
 svolta  dall'impresa sociale, e l'attivita' di allevamento dei bovini
 per la produzione del altte, svolta dai  singoli  soci  sui  distinti
 terreni  di  rispettiva  proprieta'; percio' nel formulare il capo di
 imputazione ha espressamente qualificato il Caseificio  Sociale  alle
 Viole come insediamento produttivo.
    La difesa cita a sostegno della propria tesi alcune sentenze della
 Corte  d'appello  di  Bologna  e  della  Corte di cassazione (Appello
 Bologna n. 2434/1988 n. 1834/1988; n. 4342/1990; n. 2630/1989;  Cass.
 sez.  3,  n.  1450/1990; Cass. sez. 3, 3 aprile 1990); il p.m. alcune
 recenti sentenze della Suprema Corte (Cass. sez.  3,  n.  3080/1991);
 Cass. sez. 3, n. 1071/1990; Cass. sez. 3, n. 7415/1987).
    La  soluzione  di  entrambe  le questioni indicate (sub a e sub b)
 appare dunque controversa, e vi e' la possibilita' che si prevenga  a
 ritenere  che  l'art.  21,  terzo  comma,  legge  n. 319/1976 non sia
 applicabile  agli  insediamenti  civili,  e  che  l'insediamento   in
 questione  si da qualificare come civile ex art. 6 legeg regionale n.
 7/1983.
    E' dunque rilevante, ai fini del decidere, conoscere se  la  norma
 regionale in questione sia o meno costituzionalmente legittima.
    Sussistono  a  tal  proposito, a parere di questo Pretore, fondati
 dubbi.
    Posto infatti che la delibera interministeriale 8 maggio 1980,  e'
 illegittima  perche'  interferisce  nella materia penale senza che la
 legge statale sulla cui base e' stata emessa abbia prefissato criteri
 e principi direttivi, e posto  dunque  che  tale  delibera  non  puo'
 costituire  valido  riferimento  normativo statale per la definizione
 della nozione di insediamento civile, la legge  regionale  n.  7/1983
 (pur  richiamandosi  alla  delibera) viene in sostanza a disciplinare
 autonomamente  le ipotesi in sostanza a disciplinare autonomamente le
 ipotesi in cui l'impresa agricola va considerata insediamento civile.
    Viene cioe' ad interferire nella materia penale senza che  vi  sia
 stata in proposito alcuna delega da parte della legislazione statale.
    L'art. 14 della legge n. 319/1976 attribuisce infatti alle regioni
 il   compito  di  porre  la  disciplina  degli  scarichi  civili  non
 recapitanti in pubbliche fognature, non anche di porre la nozione  di
 insediamento civile.
    L'art.  6  della legge regionale n. 7/1983 viola dunque l'art. 25,
 secondo comma, nonche' l'art. 117, della Costituzione.