IL PRETORE
    Letti gli atti del procedimento penale  n.  4063/92  promosso  nei
 confronti  di  Nizzoli Tarcisio, osserva l'imputato e' stato tratto a
 giudizio per rispondere del reato p. e p. dall'art. 21, terzo  comma,
 legge  n.  319/1976  per  avere  effettuato  -  nella sua qualita' di
 titolare  dell'allevamento  bovino  sito in Roteglia di Castellarano,
 via Maesta', 20 - uno scarico di liquami bovini in acque superficiali
 superante i limiti di accettabilita' previsti dalla legge.
    Ai fini del decidere si pongono preliminarmente due questioni:
      a)  se  l'art.  21,  terzo  comma,  si   applichi   anche   agli
 insediamenti civili;
      b) in caso negativo, se l'insediamento in questione sia civile o
 produttivo.
    Nell'ordine si puo' osservare:
     sub  a) come e' noto, esistono nella giurisprudenza sia di merito
 che di legittimita' due contrapposti orientamenti.
    Secondo alcune pronunzie il reato  previsto  dall'art.  21,  terzo
 comma,   legge   n.   319/1976  e'  reato  proprio  del  titolare  di
 insediamento produttivo; secondo  altre  il  reato  e'  configurabile
 anche  a  carico del titolare di insediamento civile (cfr. Cass. sez.
 3, 7 giugno 1990, Lazzaro; Cass. sez. 3, 20 febbraio  1990,  Armuzzi;
 Cass. n. 4450 del 2 aprile 1990; Cass. n. 7769 del 30 maggio 1990).
    La  questione  rimane aperta anche dopo la sentenza n. 1305 del 31
 maggio 1991 della  Cassazione  a  sezioni  unite  che  ha  affrontato
 espressamente  il  problema  dell'applicabilita'  dell'art.  21  agli
 insediamenti civili solo con  riferimento  al  primo  comma  ed  agli
 insediamenti civili nuovi;
     sub   b)  si  tratta  anzitutto  di  individuare  la  nozione  di
 insediamento civile.
    La legge n. 319/1976 non ha introdotto tale nozione.
    La nozione e' stata  posta  dall'art.  1-quater  della  successiva
 legge  n.  690/1976,  cha  ha  stabilito, tra l'altro, che le imprese
 agricole di cui all'art. 2135  c.c.,  sono  considerate  insediamenti
 civili.
    L'art. 17, della legge n. 650/1979 ha poi previsto che il Comitato
 interministeriale  di  cui all'art. 3 della legge n. 319/1976 avrebbe
 provveduto a definire le imprese agricole da considerarsi  civili  ai
 sensi dell'art. 1-quater della legge n. 690/1976.
    Il  Comitato interministeriale ha provveduto con delibera 8 maggio
 1980.
    Tale delibera e' stata ritenuta illegittima  dalla  Suprema  Corte
 "perche'  le  sue statuizioni sono state emanate senza una preventiva
 determinazione dei principi e criteri direttivi nella legge 10 maggio
 1976, n. 319", e percio' disapplicata in quanto  "proveniente  da  un
 organo  amministrativo privo di potesta' normativa anche secondaria e
 costituente un atto amministrativo generale a contenuto  tecnico  che
 non  si sottrae al sindacato del giudice ordinario ai sensi dell'art.
 5, legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E" (cfr. Cass. sez. 3, n.  1862
 del 5 marzo 1986, e Cass. sez. 3, n. 2734 del 12 dicembre 1989).
    Il  giudice  penale  che  opera nell'Emilia-Romagna, deve tuttavia
 tener presente anche la legge regionale n. 7/1983,  modificata  dalla
 legge regionale n. 13/1984.
   Tale  legge,  emessa  in  attuazione  dell'art.  14  della legge n.
 319/1976,  disciplina,  tra  l'altro,  gli  scarichi  delle   imprese
 agricole  da  considerarsi  insediamenti  civili  secondo la delibera
 interministeriale dell'8 maggio 1990  (come  espressamente  enunciato
 nell'art. 1, lett. a).
    A   tal   fine  la  legge,  dopo  aver  distinto  all'art.  3  gli
 insediamenti civili in tre classi,  all'art.  6  fa  rientrare  nella
 classe  C  le  imprese  agricole  che  abbiano certe caratteristiche,
 riprendendo   pedissequamente   la   formulazione   della    delibera
 interministeriale 8 maggio 1980.
    La  legge  regionale  indica  dunque espressamente quali requisiti
 deve avere un'impresa agricola per  essere  considerata  insediamento
 civile.
    La Suprema Corte nelle citate sentenze n. 1862/1986 e n. 2734/1989
 aveva  ritenuto  di  poter disapplicare, oltre alla delibera 8 maggio
 1980, anche la legge regionale per mancanza di compatibilita' con  la
 legislazione   statale,  sostenendo  che  essa  "facendo  propria  la
 definizione di imprese agricole come imprese civili  adottata  da  un
 organo  amministrativo  tecnico  (comitato interministeriale 8 maggio
 1980)  ha  operato  in  un  settore,  quello  penale,  di   esclusiva
 competenza   statale  (posto  che  dalla  definizione  delle  imprese
 agricole discendono profili sanzionatori penali)".
    La Corte costituzionale ha pero',  con  sentenza  n.  285  del  14
 giugno  1990 annullato la citata sentenza n. 2734/1989 della Corte di
 cassazione affermando che la legge regionale,  in  quanto  tale,  non
 puo'   essere   disapplicata   ma   se   ne  puo'  solo  eccepire  la
 illegittimita' costituzionale.
    E dunque il giudice penale non puo' sottrarsi dall'applicare  tale
 legge, ove ne ricorrano i presupposti.
    Tornando al caso di specie, la difesa sostiene appunto che ad esso
 e'  applicabile  l'art.  6  della  legge  regionale  n. 7/1983, ed in
 particolare il primo alinea che stabilisce che rientrano nella classe
 C (e  sono  insediamenti  civili)  le  imprese  agricole  "dedite  ad
 allevamento  di  bovini,  equini,  ovini  e  suini che dispongano, in
 connessione con l'attivita' di allevamento, almeno di  un  ettaro  di
 terreno agricolo per ogni 40 quintali di peso vivo di bestiame".
    Il  pubblico  ministero  sostiene  invece l'inapplicabilita' della
 norma  sulla  considerazione  della  mancanza  di   complementarieta'
 funzionale  tra l'attivita' di allevamento del bestiame e l'attivita'
 di coltivazione  del  terreno;  percio'  nel  formulare  il  capo  di
 imputazione  ha  espressamente qualificato l'allevamento dell'impuato
 come insediamento produttivo.
    La soluzione di entrambe le questioni indicate (sub  a  e  sub  b)
 appare  dunque controversa, e vi e' la possibilita' che si pervenga a
 ritenere che l'art. 21, terzo  comma,  legge  n.  319/1976,  non  sia
 applicabile   agli  insediamenti  civili,  e  che  l'insediamento  in
 questione sia da qualificare come civile ex art. 6 legge regionale n.
 7/1983.
    E' dunque rilevante, ai fini del decidere, conoscere se  la  norma
 regionale in questione sia o meno costituzionalmente legittima.
    Sussistono  a  tal  proposito, a parere di questo pretore, fondati
 dubbi.
    Posto infatti che la delibera interministeriale 8 maggio 1980,  e'
 illegittima  perche'  interferisce  nella materia penale senza che la
 legge statale sulla  cui  base  e'  stata  ammessa  abbia  prefissato
 criteri  e  principi  direttivi, e posto dunque che tale delibera non
 puo'  costituire  valido  riferimento  normativo   statale   per   la
 definizione  della nozione di insediamento civile, la legge regionale
 n. 7/1983 (pur richiamandosi  alla  delibera)  viene  in  sostanza  a
 disciplinare  autonomamente  le  ipotesi in cui l'impresa agricola va
 considerata insediamento civile.
    Viene  cioe'  ad interferire nella materia penale senza che vi sia
 stata in proposito alcuna delega da parte della legislazione statale.
    L'art. 14 della legge n. 319/1976 attribuisce infatti alle regioni
 il  compito  di  porre  la  disciplina  degli  scarichi  civili   non
 recapitanti  in pubbliche fognature, non anche di porre la nozione di
 insediamento civile.
    L'art. 6 della legge regionale n. 7/1983 viola dunque  l'art.  25,
 secondo comma, nonche' l'art. 117 della Costituzione.