IL TRIBUNALE
    Ha pronunciato e pubblicato, alla pubblica udienza del  15  maggio
 1992,  mediante  lettura  del  dispositivo la seguente ordinanza, nel
 procedimento penale iscritto al n. 89/1992 r.g.t. nei confronti di Lo
 Scavo Vincenzo e lo Scavo Antonio, imputati, il primo  dei  reati  di
 cui  agli  artt. 9, 10 e 14 della legge n. 497/1974, 23, comma terzo,
 legge  n.  1910/1975, 697 c.p. e 81 cpv. e 648 c.p., e il secondo del
 reato di cui all'art. 697 c.p.
                           Rilevato in fatto
    Che prima del compimento delle formalita' di apertura dell'odierno
 dibattimento  il  predetto  Lo  Scavo  Vincenzino   ha   chiesto   la
 definizione  del  procedimento  mediante l'applicazione della pena di
 anni  uno  e  mesi  sei  di  reclusione  e  L.  1.333.000  di  multa,
 determinata  come  da verbale, subordinando la richiesta al beneficio
 delle sospensione condizionale della pena;
    Che il p.m. non ha prestato il  proprio  consenso,  ritenendo  non
 congrua   la   pena   in   relazione   al  comportamento  processuale
 dell'imputato, alla obiettiva gravita' dei fatti e  alla  conseguente
 inapplicabilita' di attenuanti;
    Che   il   difensore   ha   sollevato  questione  di  legittimita'
 costituzionale dell'art. 448, primo comma, c.p.p. per  contrasto  con
 gli  artt.  3  e  97  della  Costituzione,  nella  parte in cui viene
 prevista la possibilita' del giudice  di  provvedere  sulla  predetta
 richiesta dopo la chiusura del dibattimento di primo grado;
    Che  lo  stesso  difensore  ha  chiesto che, in caso di rimessione
 degli atti alla Corte  costituzionale,  venisse  revocata  la  misura
 cautelare per insussistenza dei presupposti;
    Che  il  pubblico  ministero  ha  espresso  parere  contrario  sia
 all'eccezione di costituzionalita',  sia  alla  richiesta  di  revoca
 della misura cautelare.
                          Rilevato in diritto
    Che  l'eccezione di costituzionalita' sollevata dalla difesa e' da
 condividere non solo sotto i profili dallo stesso indicati, ma  anche
 sotto il profilo della ragionevolezza della disposizione impugnata. E
 infatti:
      1)  l'eventuale  accoglimento  della  richiesta  di applicazione
 della pena dopo la chiusura del dibattimento crea una  disparita'  di
 trattamento rispetto al provvedimento positivo emesso nel corso degli
 atti  preliminari  al  dibattimento,  in  quanto  il giudice, potendo
 ordinare l'esibizione degli atti contenuti nel fascicolo del pubblico
 ministero ai sensi dell'art.  135,  disp.  att.  c.p.p.,  verrebbe  a
 decidere   tenendo   anche   conto   dei   risultati  dell'istruzione
 dibattimentale,  pur  dovendo  criticare   il   dissenso   del   p.m.
 manifestato  in  un  momento antecedente a detta istruzione; in altri
 termini il giudice verrebbe a decidere con  un  materiale  probatorio
 diverso  rispetto  a  quello valutato dal p.m. e normalmente previsto
 come sufficiente nel caso di consenso;
      2)  la  suddetta  disparita'  non  verrebbe  meno  e   anzi   si
 accentuerebbe  qualora dovesse ritenersi inapplicabile il citato art.
 135,  disp.  att.  c.p.p.,  perche'  in  tal  caso  il  giudice   del
 dibattimento  dovrebbe  valutare il dissenso del p.m. e la congruita'
 della pena sulla base della  sola  istruzione  dibattimentale  e  non
 anche, come avviene di regola, sulla scorta del fascicolo del p.m.;
      3)   realmente,  anche  per  effetto  delle  considerazioni  che
 precedono, il sistema prospettato nell'art. 448, c.p.p. contrasta con
 i principi di buon andamento e imparzialita' dei pubblici uffici,  di
 cui  all'art.  97  della Costituzione, dettato, e' vero, con riguardo
 pubblica amministrazione, ma espressione di una esigenza  piu'  vasta
 che  travalica  l'ambito  della  funzione  esecutiva  dello  Stato  e
 coinvolge  anche  l'amministrazione  della  giustizia,  imponendo  in
 genere   la   ragionevolezza   dei  vari  istituti,  compresi  quelli
 processuali; ragionevolezza in nome della quale si manifesta  assurdo
 o  comunque non logico posticipare la decisione sul dissenso del p.m.
 dopo avere, a volte  e,  comunque,  teoricamente  in  ogni  processo,
 svolto  un  defatigante  lavoro istruttorio potenzialmente non utile,
 sicche' piu' logica sarebbe la facolta'  del  giudice  di  anticipare
 quella decisione alla fase degli atti preliminari al dibattimento;
    Ritenuto,  di  conseguenza,  che la questione di costituzionalita'
 non appare manifestamente infondata;
    Ritenuto, in tema di rilevanza  della  stessa  questione,  che  il
 tribunale  si  trova  nella  necessita'  di procedere alla istruzione
 dibattimentale  per  poi  esaminare   e   decidere   in   ordine   al
 patteggiamento chiesto dall'imputato, ben potendo, invece, in caso di
 illegittimita'  costituzionale  del  citato  art.  448,  primo comma,
 c.p.p., pronunciarsi di seguito al dissenso manifestato del p.m.;
    Ritenuto che permangono i presupposti di fatto e di diritto  della
 costodia  cautelare  in  carcere, in quanto, oltre a sussistere gravi
 indizi di colpevolezza, la contestazione riguarda reati per  i  quali
 l'art.  285,  terzo comma, c.p.p. impone la suddetta misura, ne' sono
 stati sinora acquisiti elementi da  cui  risulti  l'insussistenza  di
 esigenze cautelari;
    Ritenuta l'opportunita' che il processo venga deciso unitariamente
 anche nei confronti del coimputato Lo Scavo Antonio;