IL TRIBUNALE MILITARE DI SORVEGLIANZA
    Ha  pronunciato  la  seguente ordinanza sull'istanza presentata in
 data 6 novembre 1991 con  cui  il  signor  Giovanni  Giotti,  nato  a
 Montespertoli  il 15 febbraio 1923, chiede la riabilitazione militare
 dalla condanna riportata in data 29 novembre 1947, con decreto penale
 del presidente del tribunale militare territoriale di Firenze, per il
 reato di diserzione (art. 146 n. 2 c.p. mil. g.), alla pena  di  anni
 due  e  mesi  tre  di  reclusione  militare,  avendo gia' ottenuto la
 riabilitazione dal tribunale di sorveglianza di  Firenze  in  data  9
 ottobre 1991.
                             O S S E R V A
    1. - L'invocato beneficio e' previsto negli articoli 72 e 412 c.p.
 mil.  p.,  dai quali si ricava che, rispetto a una condanna per reato
 militare, perche' si estinguano anche "le pene militari accessorie  e
 gli  altri  effetti penali militari" non e' sufficiente l'intervenuta
 riabilitazione "a norma  della  legge  comune",  ma  occorre  che  il
 tribunale  supremo  militare  -  oggi,  dopo  la soppressione di tale
 organo e l'entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale, si
 ritiene, il tribunale militare di sorveglianza  -  a  seguito  di  un
 nuovo  e  distinto  procedimento,  nel  corso  del  quale si potranno
 esperire gli accertamenti ritenuti necessari, espressamente  dichiari
 l'estensione  degli  effetti  estintivi  dell'ottenuta riabilitazione
 anche a quelle specifiche e ulteriori conseguenze della condanna.
    La Corte di cassazione recentemente si e' piu' volte soffermata su
 queste   disposizioni   di   legge,   delineanti   l'istituto   della
 "riabilitazione   militare",   ed   ha  raggiunto  alcune  importanti
 conclusioni: mentre nessun problema di identificazione si pone per le
 "pene militari accessorie", essendo tali sanzioni tassativamente  in-
 dicate  nel  codice penale militare di pace (artt. 28-36), quanto gli
 "altri effetti penali militari",  in  assenza  di  specificazioni  da
 parte  della  legge penale militare, ne sono stati individuate, nelle
 altre leggi, due tipologie.
   Una,  relativa  a  qualsivoglia  reato  militare,  consiste   nella
 perdita,  ai  sensi  degli artt. 1 e 10 della legge 24 marzo 1932, n.
 453, ope legis, ovvero - a differenza di quanto aveva opinato  questo
 tribunale  - anche come conseguenza di un provvedimento discrezionale
 dell'autorita'  amministrativa,  delle  distinzioni   onorifiche   di
 guerra,  congiuntamente o no alla perdita delle decorazioni al valore
 (cfr. cass. sez. I, 13 aprile 1992, ric. p.m.  in  causa  Cutarelli);
 l'altra,  relativamente  ai  reati di diserzione commessi da soggetti
 aventi diritto ai benefici combattentistici consiste nella perdita di
 tale diritto, ai sensi dell'art. 11 del d. lgs. 4 marzo 1948, n.  237
 (cfr. cass. sez. I, 27 aprile 1992, ric. p.m. in causa Grassi).
    La  Corte  ha  in  particolare  precisato  che  nel procedere alla
 richiesta estensione il tribunale di sorveglianza deve esaminare caso
 per caso se la riabilitazione militare sia ammissibile, se cioe' dopo
 l'intervenuta  riabilitazione  c.d.  comune  residuino  in  capo   al
 condannato  conseguenze  sfavorevoli  del  tipo  di quelle ora dette,
 specificando  che  la  doppia  valutazione  (riabilitazione   comune,
 riabilitazione  militare)  ai fini della estinzione delle conseguenze
 derivanti  dalla  condanna  per  reato  militare  "non  deve   essere
 considerata un dogma e va ritenuta necessaria soltanto se e quando la
 legge  stabilisce  che  lo sia" (sez. I, 17 giugno 1991, ric. p.m. in
 causa Valerio).
    L'impiego di tali criteri interpretativi, in un panorama normativo
 cosi'  equivoco, non possono che costituire un punto fermo per questo
 tribunale;  esso  porterebbe  alla  conclusione  che   l'istanza   di
 riabilitazione militare di cui trattasi sia ammissibile, poiche', pur
 in  mancanza  di pene accessorie militari, la condanna de qua risulta
 aver prodotto l'effetto della perdita dei  benefici  combattentistici
 cui  l'istante  aveva  diritto, come attestato nel foglio matricolare
 unito agli atti del procedimento.
    Tuttavia, dubita  il  tribunale  che  il  quadro  normativo  cosi'
 ricostruito e interpretato sia conforme a Costituzione.
    2. - La categoria degli "effetti penali della condanna", per lungo
 tempo  al  di  fuori  dell'interesse  della  dottrina  penalistica  e
 pressoche' ignorata nelle questioni giurisprudenziali, ha di  recente
 trovato una nuova elaborazione dogmatica, al passo con i piu' moderni
 metodi della scienza penalistica: il principium individuationis della
 categoria,  capace  di  distinguere tali effetti dai c.d. effetti non
 penali della condanna, segnatamente dagli effetti amministrativi,  e'
 stato ravvisato nella necessita' della sottoposizione degli stessi ai
 principi  e  alle disposizioni che disciplinano il settore penale. In
 altri termini e' stato dimostrato in maniera accurata  e  convincente
 che  la  natura  penale  degli  effetti  prodotti  dalla  sentenza di
 condanna richiede che la  fattispecie  normativa  condizionante  tali
 effetti, appartenendo al novero delle fonti del diritto penale, abbia
 tutti  i  requisiti richiesti dal sistema, in primo luogo dalle norme
 costituzionali che regolano la produzione normativa in campo penale.
    Anche  per  gli  "altri"  effetti  penali,  diversi   dalle   pene
 accessorie,  devono  infatti  valere quelle esigenze di certezza e di
 garanzia attorno a cui ruotano le  norme  costituzionali  in  materia
 penale.
    Se  tali  conclusioni sono esatte, come appare a questo tribunale,
 ne discende che la fattispecie di cui all'art. 11 lett. a) del citato
 d.lgs.  n.  137/1948,  disponendo  che  "i  benefici  in  favore  dei
 combattenti  non  sono  applicabili  ...  ai disertori, ancorche' per
 effetto dell'amnistia, non sia intervenuta condanna penale",  non  e'
 in regola con la Costituzione.
    3.  - La norma, innanzitutto, va letta qui nella parte in cui puo'
 fungere da fattispecie produttiva di effetti  penali  della  condanna
 per  il  reato  di  diserzione,  non essendo rilevante in questa sede
 quella parte, sotto altro profilo  palesemente  incostituzionale,  da
 cui  si  ricava  che i medesimi effetti si producono, oltre che dalla
 condanna, dalla semplice "denuncia" per diserzione, cioe' dallo stato
 di fatto dell'essere "disertore".
    Sotto un duplice profilo la "fattispecie penale" in  questione  va
 incontro  a censura di incostituzionalita', rispetto al parametro del
 principio di legalita' che si  ricava  dall'art.  25,  secondo  comma
 della Costituzione.
    In  primo  luogo,  risulta  chiaro  che  la  norma,  per  come  e'
 concepita, e' rivolta al passato, perche' le condanne dalle quali  fa
 sprigionare  l'effetto  sfavorevole non possono che essere relative a
 fatti commessi antecedentemente al 1948, cioe'  in  periodo  bellico.
 Infatti,   nel   caso   sottoposto  all'odierno  giudizio  di  questo
 tribunale, si sarebbe verificato, tramite una norma  ritenuta  avente
 natura  "penale",  proprio tale effetto "retroattivo", apertamente in
 contrasto  con  l'espresso  divieto di cui all'art. 25, secondo comma
 della Costituzione trattandosi, quindi, contemporaneamente  di  norma
 penale,  secondo  l'interpretazione  della  Corte di cassazione, e di
 norma retroattiva, essa va dichiarata costituzionalmente illegittima.
    In  secondo  luogo,  la  fattispecie  in  questione  difetta   del
 requisito,   implicitamente   richiesto   dalla  stessa  disposizione
 costituzionale, della sufficiente determinatezza, dal momento che non
 sono definiti gli effetti prodotti, sinteticamente ma enigmaticamente
 indicati, non solo nell'art. 11, ma  nell'intero  testo  del  decreto
 legislativo,  con la formula di "benefici in favore dei combattenti".
 In altri termini, la fattispecie in questione  condiziona  una  serie
 aperta  di  effetti, potenzialmente di qualsivoglia natura, sottratta
 al dominio della tipicita'.
    Si pensi, per esempio, che  tra  tali  effetti  sono  annoverabili
 quelli  previsti  da  una  legge che, a distanza di molti anni, si e'
 occupata del miglioramento della pensione sociale: ai sensi dell'art.
 6 della legge 15 aprile 1985, n. 140, i  soggetti  appartenenti  alle
 categorie  di  cui  alla  legge  24 maggio 1970, n. 336 e "successive
 modificazioni  e  integrazioni",  definiti  "ex  combattenti",  hanno
 diritto  ad  una  maggiorazione del trattamento pensionistico di lire
 30.000  mensili,  cosi'  attuandosi,   attraverso   una   "staffetta"
 normativa  protrattasi  nel  tempo,  una delle indefinite virtualita'
 della norma penale in questione. Anche sotto questo profilo,  dunque,
 essa e' sospetta di incostituzionalita'.
    4.  -  Un  ulteriore aspetto di incostituzionalita' discende dalla
 qualifica specifica di  effetto  penale  "militare"  attribuito  alla
 previsione  di  cui all'art. 11. Il combinarsi di tale previsione con
 quelle  di  cui  agli  artt.  72  e  412  del  c.p.  mil.  p.,  nella
 ricostruzione  interpretativa  che ha inteso privilegiare la Corte di
 cassazione, determina, infatti, in capo al condannato per il reato di
 diserzione, l'effetto di dover attivare un  procedimento  (presso  un
 organo   giudiziario   militare)   ulteriore  rispetto  a  quello  di
 riabilitazione concluso  presso  l'organo  giudiziario  comune.  Tale
 duplicita'   procedimentale,   che  non  trova  corrispondenza  nella
 previsione  di  differenti  parametri  formali  (poiche'  il  secondo
 giudizio  si  svolge  con  la procedura prevista per il primo e ha ad
 oggetto, in  mancanza  di  diversa  indicazione  legale,  i  medesimi
 elementi,  tracciati  nell'art.  179  del c.p.), e che si spiega solo
 alla luce della concezione che  voleva  l'ordinamento  militare  come
 separato e distinto da quello statuale - concezione non piu' in linea
 con  i  principi  costituzionali  e  oramai largamente superata nelle
 modalita' di attuazione che aveva avuto nella legislazione  ordinaria
 - concreta a sfavore di colui che e' stato condannato per il reato di
 diserzione   una   ingiustificata   e   irragionevole  disparita'  di
 trattamento, in costrasto con l'art. 3  della  Costituzione.  Costui,
 infatti,  vede  prodursi  da  quella particolare condanna non solo un
 effetto "penale" specifico, ma da questo  addirittura  una  ulteriore
 gravosa  conseguenza  "processuale",  stante  la  impermeabilita'  di
 quell'effetto alla ottenuta riabilitazione comune.
    5. - I profili di incostituzionalita' sopra indicati appaiono  non
 manifestamente  infondati  e sono rilevanti per la decisione del caso
 in esame, incidendo direttamente sull'ammissibilita' dell'istanza  di
 riabilitazione militare.