LA COMMISSIONE TRIBUTARIA DI PRIMO GRADO
    Ha emesso la seguente ordinanza sul ricorso prodotto  da  Foderaro
 Alberto avverso iscrizione ruolo tasse auto 1985.
                            LETTI GLI ATTI
    Sentito  il  ricorrente ed il rappresentante dell'ufficio registro
 di  Rapallo  dott.  Simonassi,  udito  il  relatore  dott.   Giuseppe
 Razzetta;
                           RITENUTO IN FATTO
    Con  ricorso  r.g.  390/92,  Foderaro  Alberto  ricorreva a questa
 commissione tributaria di primo grado e premettendo di avere ricevuto
 notifica:
      della cartella esattoriale n. 1803356, conseguente ad avviso  di
 liquidazione  tasse  automobilistiche n. 84/000672 notificatogli il 6
 giugno 1987, riferito al veicolo targato GE 532645.
   Il tutto per un importo complessivo di  L.  1.266.981,  in  via  di
 riscossione  coattiva, tramite ruoli emessi dall'ufficio del registro
 di Rapallo ( ex art. 16 del d.P.R. 28  gennaio  1988,  n.  43)  sulla
 scorta  di  processo  verbale di accertamento e contestuale avviso di
 liquidazione, riferiti come anzidetto, osservava ed opponeva  che  le
 autovetture  in  argomento, erano state escluse dalla circolazione su
 strada, mediante loro deposito in spazi privati, in attesa di vendita
 e  di   successiva   loro   cancellazione   dal   pubblico   registro
 automobilistico  ed  impugnava  -  pertanto  -  i  citati atti, con i
 seguenti mezzi di censura:
                             O S S E R V A
    1.  -  Illegittimita'  dell'iscrizione  a   ruolo   delle   tasse,
 sopratasse  ed  interessi  notificati  tramite  i  p.v. ed i relativi
 avvisi di liquidazione, in quanto tali atti non avrebbero l'efficacia
 di titolo esecutivo prevista dall'art. 2, lettera c)  del  d.P.R.  n.
 43/1988  e  non sarebbero - conseguentemente - compresi tra quelli di
 cui all'art. 57, secondo comma, dello stesso d.P.R.  con  inidoneita'
 degli  stessi,  quindi,  a produrre alcun giuridico effetto, per loro
 assoluta giuridica inesistenza;
    2. - Carenza di presupposti per la formulazione di  tali  atti,  a
 seguito  di  inosservanza  dei termini perentori sulla notifica delle
 violazioni  alle  leggi  finanziarie:  con  richiamo  alla  legge  n.
 1978/1z927  che  -  agli  artt.  2  e  3 - prescrive un rigoroso iter
 procedurale e tempi tecnici assai precisi, onde  porre  l'interessato
 in  condizione  di  poter svolgere il proprio diritto alla difesa: in
 mancanza di che la sopravvenuta estinzione del diritto  alla  pretesa
 tributaria, seguirebbe la non debenza del tributo.
    Sempre sul punto, il ricorrente poneva in rilievo:
       a)  la  incompetenza  territoriale dell'ufficio del registro di
 Rapallo ad emettere gli  atti  in  argomento,  alla  luce  di  quanto
 dispone  l'art. 2, terzo comma, della legge n. 1978/1927 ed indicava,
 invece, la esclusiva competenza dell'ufficio A.C.I. -  Seat  servizio
 affari  tributari,  Roma  o,  in  alternativa, l'ufficio del registro
 bollo e demanio di Roma;
       b)in subordine a  cio',  osservava  come  -  stante  l'avvenuto
 accertamento  materiale  in  Roma  ad  opera  dell'A.C.I.  - Seat, la
 notifica sarebbe avvenuta ben oltre i novanta giorni edittali di  cui
 al  citato art. 2, terzo comma, della legge n. 27/1978, con ulteriore
 motivo di estinzione dell'obbligazione  tributaria  (art.  2,  quarto
 comma,  della  legge  n. 27/1978): avendosi in ogni caso presente che
 non essendo stato indicato nei singoli atti il dies  a  quo  relativo
 all'accertamento,  ma solo la data di loro formazione, al computo dei
 previsti termini dovevasi opporre l'eccezione che precede.
    Chiedeva,  comunque,   volersi   istruttoriamente   accertare   ed
 acquisire   ogni   elemento   atto   ad  individuare  la  genesi,  le
 caratteristiche, i tempi tecnici e quant'altro utile e necessario per
 comprovare la ritualita' e, quindi, la legittimita' ed efficacia  dei
 provvedimenti di cui trattasi: alla luce delle eccezioni prospettate.
    3. - Illegittimita' dell'iscrizione a ruolo dei tributi, in quanto
 non  dovuti: posto che il mancato utilizzo delle autovetture, avrebbe
 fatto venir meno il presupposto della obbligazione tributaria ex art.
 5, trentaduesimo comma, della legge 28 febbraio 1983, n. 53;
    4.   -   Illegittimita',    sotto    il    profilo    della    sua
 incostituzionalita',  della  legge  n.  53/1983  laddove, all'art. 5,
 trentunesimo e trentaduesimo comma, trasformando la precedente "tassa
 sulla circolazione" in "imposta sulla proprieta'", viola gli artt.  3
 e   53,   primo  e  secondo  comma  della  Costituzione,  ipotizzando
 indiscriminatamente  parametri  impositivi,  riferiti  alle   potenze
 fiscali  degli autoveicoli, senza alcuna idonea valutazione in ordine
 alla maggiore o minore capacita' contributiva dei loro proprietari;
    5. - Illegittimita' dell'art. 3 della legge 28 febbraio  1983,  n.
 53,  laddove  anche  al  successivo  art.  5,  quarantatresimo comma,
 stabilisce che l'obbligo del pagamento dei tributi  in  argomento  e'
 interrotto,  se  i  veicoli (alimentati a gasolio, metano o gpl) sono
 consegnati  per  la  rivendita  ad  imprese  autorizzate  o  comunque
 abilitate   al   loro   commercio:   escludendo  da  tale  previsione
 interruttiva quei proprietari che intendano procedere alla  rivendita
 di  tali  automezzi direttamente, in proprio, senza l'intermediazione
 di tali imprese autorizzate o abilitate a farlo.
    Concludeva   in   conformita',   previa  formulazione  di  istanze
 istruttorie.
    Con le proprie controdeduzioni, l'ufficio opponeva la incompetenza
 ratione materiae della commissione tributaria, eccependo - alla  luce
 di  quanto  dispone  l'art.  1  del d.P.R. n. 636/1972, la esclusione
 delle tasse automobilistiche dalla competenza stessa.
    Ed aggiungeva che cio' era riferibile anche ai gravami  contro  il
 ruolo, in virtu' della legge n. 408/1990, secondo cui (art. 16, terzo
 comma)  gli  stessi  dovrebbero essere proposti nanti l'intendente di
 finanza.
    Contestava la infondatezza di ogni altro mezzo di  censura,  mosso
 all'avviso di accertamento e di liquidazione.
    In udienza, le parti ribadivano le rispettive surriferite tesi.
    Cio'   premesso   e  passata  la  controversia  in  decisione,  la
 commissione osserva:
      I) Sulla competenza della commissione tributaria a  decidere  in
 subiecta materia.
    Richiamata,   sul   punto,  ogni  pregressa  decisione  di  questa
 commissione nel senso di cui oltre,  il  collegio  ritiene  di  poter
 confermare  ancora  una  volta la propria competenza, per le seguenti
 ragioni.
    L'ufficio teorizzando e sostenendo la tesi  opposta,  fa  richiamo
 all'art. 16 della legge 29 dicembre 1990, n. 408, laddove e' previsto
 che  contro  il  ruolo  formato  dall'ufficio  del  registro  per  il
 pagamento dei tributi, sopratasse e interessi, il  ricorso  abbia  ad
 essere   proposto,   per   ragioni   di  legittimita'  e  di  merito,
 all'intendente di finanza territorialmente competente.
    Cosi' argomentando, pero', non si tiene conto che  successivamente
 alla  citata  legge  n.  408/1990 e' stato emanato il d.-l. 13 maggio
 1991, n. 151, convertito con  modificazioni  nella  legge  12  luglio
 1991,  n. 202 la quale, all'art. 11, quinto comma, prevede che contro
 il ruolo formato ai sensi dell'art. 67, secondo comma, lettera a) del
 d.P.R. 28 gennaio 1988, n. 43, nonche' contro i  relativi  avvisi  di
 mora, e' ammesso ricorso alla commissione tributaria.
    Ora,  fra  i  tributi  compresi  nei ruoli indicati da tale norma,
 figurano anche le tasse automobilistiche.
    Cio' induce a ritenere e  riconfermare  la  competenza  di  questa
 commissione,  adita  dal  ricorrente,  sulla scorta di quanto dispone
 l'art. 15 delle preleggi al codice civile.
    Ivi prevedesi, infatti,  che  le  leggi  sono  abrogate  da  leggi
 posteriori, per espressa enunciazione del legislatore in tal senso, o
 per incompatibilita' tra il nuovo precetto e quello precedente.
    Tale  concetto  informatore  consente, quindi, di affermare che la
 legge n. 202/1991, che  stabilisce  la  competenza  ratione  materiae
 delle  commissioni  tributarie, in fattispecie quale quella in esame,
 abroga chiaramente, per palese incompatibilita', quella prevista  dal
 citato art. 16 della legge n. 408/1990: che demandava alla cognizione
 dell'intendente  di  finanza  il  contenzioso  sulla  materia  di che
 trattasi.
    E sempre sul punto ed  in  analoga  fattispecie,  giova  ricordare
 quanto   appropriatamente   deciso  dalla  prima  sezione  di  questa
 commissione (pres. dott.  Mula  Antonio,  componenti  dott.  Razzetta
 Giuseppe e avv. Mignone Clara) nel senso che "nessuna meraviglia puo'
 destare  il  fatto  che  il  legislatore abbia pensato di regolare in
 maniera diversa la competenza a decidere sul  ricorso  in  questione,
 prima  che la norma dell'art. 16 della legge n. 408/1990 avesse piena
 efficacia, per il limite temporale in essa stabilito a decorrere  dal
 1ยบ   gennaio  1992,  poiche'  il  significato  politico  del  diverso
 orientamento e' del tutto  chiaro,  in  quanto  la  competenza  delle
 commissioni   tributarie   e'  ben  piu'  specifica  ed  appropriata,
 trattandosi  di   organi   con   funzioni   giurisdizionali,   mentre
 l'intendente  di finanza e' sempre e solo organo amministrativo dello
 Stato".
    Respinta la diversa tesi dell'ufficio ed acclarata  la  competenza
 per  materia di questa commissione, si rende ora necessario esaminare
 l'eccezione di cui oltre: che  il  collegio  ritiene  preliminare  ed
 assorbente rispetto ad ogni altra sollevata dal ricorrente.
      II)   Illegittimita',  poiche'  in  contrasto  con  il  precetto
 costituzionale,   dell'art.   5,   ventiseiesimo,   trentunesimo    e
 trentaduesimo comma, della legge n. 53/1983 laddove - trasformando la
 precedente  "tassa sulla circolazione" in "imposta sulla proprieta'",
 concretizza violazione degli articoli 3 e 53, primo e secondo  comma,
 della   Costituzione,   ipotizzando   indiscriminatamente   parametri
 impositivi   uniformi,   correlati   alle   potenze   fiscali   degli
 autoveicoli;  senza alcuna idonea valutazione in ordine alla maggiore
 o  minore  capacita'  contributiva   dei   loro   proprietari:   tali
 risultanti,  dalla  iscrizione  dell'autoveicolo al pubblico registro
 automobilistico.
    L'eccezione e' di indubbia rilevanza ed il collegio ritiene che il
 suo esame debba essere preceduto  dalle  seguenti  considerazioni  di
 teoria generale e giurisprudenziali.
    L'argomento  ha,  infatti, piu' volte formato oggetto di pronuncie
 sulla natura giuridica del  tributo  concretizzato  dalla  cosiddetta
 "tassa   automobilistica"   riferita  al  "presupposto  oggettivo  di
 imposta, che legittima il prelievo fiscale" e la  dottrina  (Marziali
 "Riflessioni sul presupposto oggettivo delle tasse automobilistiche e
 sull'elemento  normativo  nella fattispecie impositiva ..") e' sempre
 stata  ben  ferma  nel  sostenere  che  nonostante  il  nomen   juris
 attribuito  dal  legislatore al tributo in oggetto, lo stesso debbasi
 considerare come una vera e propria imposta. Ed in tal  senso,  anche
 la  giurisprudenza  ha  ribadito  che tale tassa, nonostante tale sua
 tradizionale denominazione "ha natura  di  vera  e  propria  imposta,
 costituendo  una  forma  di  prelievo  di  ricchezza  fondata  su una
 manifestazione di capacita' contributiva" (Cass. civ. sez. I  del  27
 giugno 1983, n. 4408).
    Ma se cosi' e' ed avendo anche presente che la tassa e' un tributo
 dovuto   in   relazione   ad   una   attivita'  dell'ente  impositore
 (normalmente per un pubblico servizio, speciale e divisibile, reso al
 cittadino contribuente)  in  quella  che  l'imposta  ha,  come  causa
 giuridica,  lo  scopo  di  colpire  la ricchezza degli amministratori
 attraverso loro manifestazioni di capacita' contributiva, onde  farli
 partecipare  alle  spese  di  cui l'amministrazione deve farsi carico
 nell'interesse generale, ritiene il collegio  di  potere  argomentare
 come oltre.
   Per   le   ragioni   che   precedono,   il   tributo  de  quo  puo'
 tranquillamente configurarsi come una imposta ma, acclarata tale  sua
 natura   giuridica,   e'   indispensabile   individuare   quale   sia
 quell'indice rilevatore di ricchezza, in  che  deve  sostanziarsi  la
 capacita' contributiva di chi soggiace alla imposizione del tributo.
    E  nella  fattispecie, l'esegesi giuridica della norma, cosi' come
 strutturata dal legislatore, presenta - nei  termini  epigraficamente
 surriferiti  -  aspetti  di  patologico  contrasto  con  il  precetto
 costituzionale.
    L'aver ipotizzato, quale presupposto del  tributo,  la  proprieta'
 del  veicolo  (in luogo della precedente ipotesi di sua circolazione)
 non pare, infatti, possa essere fondatamente riconducibile ad  alcuna
 manifestazione  di  capacita'  contributiva: per un duplice ordine di
 ragioni:
       a)  anzitutto,  poiche'  e'  pacifico  che  tale  proprieta'  -
 individuata attraverso la iscrizione del veicolo al pubblico registro
 automobilistico   -  ha  significato  meramente  dichiarativo  e  non
 costitutivo:  il  che  rende  impossibile  l'accertamento   di   tale
 capacita',  allorquando  -  ad esempio - non sussista coincidenza tra
 proprieta'   e   possesso.   Conseguendone    che    l'ingiustificato
 collegamento  di  queste due figure giuridiche, fatto dal legislatore
 per mere ragioni fiscali,  condurrebbe  a  colpire  soggetti  affatto
 tenuti  alla  corresponsione  del tributo e verrebbe, quindi, leso il
 principio sulla capacita' contributiva.
    Al riguardo giova  ricordare  un  autorevole  commento  (Pasquale,
 "Supplemento  al  Sole-24  Ore  del  12  ottobre 1987) ove si pone in
 evidenza che .. se, come nel nostro caso, il presupposto  di  imposta
 si  radica unicamente in una mera formalita' che gia' per definizione
 giuridica puo' non essere vera (articoli 2644 e 2684 del c.c.) allora
 l'imposta  non  risulta  piu'  collegata  ad  un   effettivo   indice
 rivelatore di ricchezza".
    Ritiene,  quindi,  il  collegio  che  la  semplice  iscrizione del
 veicolo al p.r.a. quale presupposto oggettivo del  tributo,  presenti
 incisivi  profili  di contrasto con il precetto costituzionale di cui
 all'art. 53 della Costituzione.
       b) ma  indice  rivelatore  di  ricchezza,  utile  a  dimostrare
 capacita'  contributiva,  non  puo'  neppure  essere costituito dalla
 cosiddetta "potenza fiscale" di un veicolo, atteso che  le  metologie
 costruttive  della  tecnica  piu' avanzata, la vetusta' di un veicolo
 rispetto ad altro  piu'  recente,  le  diverse  condizioni  sempre  a
 parita'  di  potenze  fiscali,  non consentono estimazioni valutative
 correttamente omogenee.
    Ne' una siffatta valutazione di capacita' contributiva puo' essere
 aprioristicamente  riservata  al   legislatore,   consentendogli   di
 individuarla  con  una  siffatta  classificazione di potenze fiscali,
 anziche' con il  dovuto  accertamento:  ossia  attraverso  quell'atto
 amministrativo  di valutazione tecnica circa la effettiva sussistenza
 e la consistenza della situazione che l'ordinamento pone a base della
 imposizione tributaria.
    Ritiene, pertanto, il collegio che il disposto di cui all'art.  5,
 ventiseiesimo,  trentunesimo  e  trentaduesimo  comma  della legge n.
 53/1983 sia in palese contrasto anche con l'art. 3 della Costituzione
 per violazione del canone egualitario ivi sancito e