IL PRETORE Ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento sub n. 2228 - C/91 r.g.n.r. e 300/92 r.g. a carico di Gojca Roberto, imputato, fra gli altri, del reato previsto e punito dall'art. 20, lett. c) n. 47/85, per aver installato o fatto installare, nell'area di pertinenza del proprio edificio - p.c. n. 30/3 del c.c. di Gropada - in assenza di concessione edilizia, un serbatoio di gpl su piattaforma in cemento e relativa recinzione, e cio' in zona sottoposta al vincolo paesaggistico di cui alla legge n. 1497/1939 (reato accertato nell'autunno 1990); Rilevato che il p.m. - cui si e' associata la difesa - ha sollevato la questione di legittimita' costituzionale delle norme regionali (legge n. 52/1991) che prevedono la necessita' della sola autorizzazione per l'installazione di impianti tecnologici a servizio di edifici, in tal modo confliggendo con le norme costituzionali che escludono in capo alla regione Friuli-Venezia Giulia, qualsiasi potere in ordine alla legiferazione in materia per le quali e' previsto un precetto penale; Rilevato che la difesa ha prodotto in giudizio provvedimento di autorizzazione in sanatoria, relativo all'installazione del serbatoio di cui al capo di imputazione, rilasciata il 12 maggio 1992; Rilevato che la legge n. 94/1982 (art. 7) non richiede il rilascio di concessione edilizia bensi' solo di una autorizzazione gratuita, per le opere costituenti impianti tecnologici al servizio di edifici gia' esistenti, purche' tali interventi non siano realizzati in zone sottoposte ai vincoli paesaggistici, ambientali e architettonici di cui alle leggi n. 1089 e 1497 del 1939 (nella quale ultima si inquadra la fattispecie contestata al Gojca); Rilevato che la legge regionale 19 novembre 1991 n. 52 prevede (art. 78, primo comma, 68, terzo comma, lett. f), 79, secondo comma, 131 e 133), a differenza del complesso normativo statale dettato in materia di disciplina e controllo dell'attivita' urbanistico- edilizia, il rilascio della autorizzazione per gli interventi che consistano nella realizzazione di impianti tecnologici, al servizio di edifici gia' esistenti, senza operare alcuna distinzione tra interventi de quibus effettuati in zone sottoposte al vincolo di cui alla legge n. 1497/1939 e in zone non sottoposte; Rilevato che non si tratta di differenza puramente terminologica, in quanto l'autorizzazione (e di conseguenza anche quella in sanatoria), pur essendo, al pari della concessione, rilasciata dal Sindaco, non e' per espresso dettato normativo (art. 79, secondo comma, della legge regionale n. 52/1991), soggetta all'obbligo del parere, sul progetto, della commissione edilizia ne' alla corresponsione del contributo di cui all'art. 90, primo comma, stessa legge (commisurato cioe' all'incidenza delle spese di urbanizzazione e al costo di costruzione), e che peraltro il parere della commissione edilizia integrata (art. 133 in relazione all'art. 131, settimo e nono comma, della legge regionale n. 52/1991) ha l'effetto di rendere assoggettabile alla vigilanza della Regione e quindi del Ministero dei beni culturali e ambientali, beni sottoposti anche a tutela paesaggistica; Ritenuto che la citata legge regionale, nel subordinare la costruzione di impianti tecnologici, in zona vincolata ex legge n. 1497/1939, al rilascio di un provvedimento di autorizzazione e non di concessione, al pari della normativa statale (con conseguente possibilita' di rilascio di autorizzazione in sanatoria) rende lecita un'attivita' che la normativa statale considera, al contrario, illecita e passibile di sanzione penale; Ritenuto che la suddetta legge regionale travalichi la potesta' legislativa costituzionalmente conferita alla regione Friuli-Venezia Giulia, risultando pertanto non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale sollevata e segnatamente degli artt. 78, primo comma, e 68, terzo comma, lett. f), della legge regionale n. 52/1991 limitatamente alla parte in cui le suddette norme non operano alcuna distinzione tra interventi de quibus in zona sottoposta o meno al vincolo della legge n. 1497/1939, per contrasto con gli artt. 3, 25, secondo comma, e 116 della Costituzione cosi' come quest'ultimo integrato dalla legge costituzionale n. 1/1963; Rilevato che, per costante indirizzo di codesta Corte costituzionale, sia pure inerente ad altra materia (sentenze numeri 79/1977, 179/1976, 487/1989 e 370/1989), non spetta alla regione introdurre nuove figure di reato ne' interferire negativamente con le norme penali, disciplinando come lecita un'attivita' penalmente sanzionata dall'ordinamento nazionale; Rilevato che appaiono cosi' violati: a) l'art. 3 della Costituzione, perche' risulterebbe una evidente disparita' di trattamento tra chi ponga in essere la condotta de quo nel Friuli-Venezia Giulia rispetto a chi lo faccia nel resto del territorio nazionale; b) l'art. 25, secondo comma, della Costituzione, sotto il profilo della illegittima interferenza della regione sulla potesta' punitiva esclusiva dello Stato; c) art. 116 della Costituzione e 4 dello statuto regionale del Friuli-Venezia Giulia (che e' norma avente rango costituzionale lo statuto essendo stato approvato con legge costituzionale n. 1/1963) in quanto la regione Friuli-Venezia Giulia, pur disponendo di potesta' legislativa esclusiva in tema di urbanistica, ( ex art. 4, n. 12, della legge Costituzionale n. 1/1963) non potrebbe dettare norme contrastanti, ma al contrario dovrebbe armonizzarsi con le norme fondamentali di riforma economico-sociale quali possono essere considerate le numerose e successive leggi statali emanate in tale materia (legge numeri 1150/1942, 10/1977, 47/1985 e 94/1982) e con i principi fondamentali in esse stabiliti; Ritenuta la questione rilevante nel presente giudizio, in quanto la sua risoluzione condiziona l'esito del procedimento nel senso che un eventuale accoglimento verrebbe ad incidere sulla formula di proscioglimento dell'imputato e piu' precisamente, qualora venisse acclarata la conformita' ai principi costituzionali della suddetta norma, la condotta dell'imputato dovrebbe considerarsi pienamente lecita con conseguente assoluzione sotto la formula "perche' il fatto non e' previsto dalla legge come reato" (non potendo operare pertanto la causa di estinzione del reato prevista dall'art. 22 della legge n. 47/1985 subordinata al rilascio di concessione e non di autorizzazione in sanatoria), mentre una eventuale declaratoria di incostituzionalita' della norma, pur nell'applicabilita' in astratto della disciplina sanzionatoria dell'art. 20, lett. c), della legge n. 47/1985, verrebbe ad incidere, in concreto, sempre sulla formula di proscioglimento quanto meno sotto il profilo dell'elemento psicologico del reato ("il fatto non costituisce reato") attesa la non rimproverabilita' della condotta all'agente.