ha pronunciato la seguente ORDINANZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma quarto-quinquies, del decreto-legge 27 dicembre 1989, n. 413, convertito con modificazioni nella legge 28 febbraio 1990, n. 37 (Disposizioni urgenti in materia di trattamento economico dei dirigenti dello Stato e delle categorie ad essi equiparate, nonche' in materia di pubblico impiego), promosso con ordinanza emessa il 9 maggio 1991 dal Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio sui ricorsi riuniti proposti da Brasca Giuseppe contro il Ministero del tesoro ed altra, iscritta al n. 125 del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 11, prima serie speciale, dell'anno 1992; Visto l'atto di costituzione di Brasca Giuseppe nonche' l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 3 giugno 1992 il Giudice relatore Francesco Greco; Ritenuto che il T.A.R. del Lazio, nel procedimento promosso da Brasca Giuseppe nei confronti del Ministero del tesoro per la impugnazione del provvedimento di collocamento a riposo con effetto dal compimento del sessantacinquesimo anno di eta' e di rigetto dell'istanza di mantenimento in servizio fino al settantesimo anno, per il conseguimento del massimo trattamento pensionistico, ha sollevato, con ordinanza del 9 maggio 1991 (R.O. n. 125 del 1992), questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma quarto- quinquies, del decreto-legge 27 dicembre 1989, n. 413, convertito, con modificazioni, nella legge 28 febbraio 1990, n. 37, nella parte in cui esclude dall'ivi previsto beneficio del prolungamento del servizio per i fini suddetti i dirigenti delle amministrazioni statali che alla data di entrata in vigore dello stesso decreto-legge abbiano gia' compiuto il sessantacinquesimo anno; che, ad avviso del giudice a quo, sarebbero violati gli artt. 3 e 97 della Costituzione, discriminandosi irrazionalmente fra soggetti che versano in condizioni di sostanziale parita' e privandosi la P.A. della collaborazione di dipendenti con vasta esperienza; che la parte privata, con atto di costituzione, poi illustrato da memoria, ha concluso per la restituzione degli atti al giudice a quo, in quanto nella fattispecie potrebbe avere applicazione il decreto-legge n. 413 del 1989, convertito in legge n. 37 del 1990, sopravvenuto alla ordinanza di remissione, e, subordinatamente, per la illegittimita' della norma censurata; che l'Avvocatura Generale dello Stato, intervenuta in rappresentanza del Presidente del Consiglio dei ministri, ha concluso per l'infondatezza della questione; Considerato che la questione de qua e' stata esaminata dal giudice a quo anche alla stregua della nuova norma, e che pertanto non puo' disporsi la restituzione degli atti; che questa Corte ha gia' ritenuto che la determinazione della data di entrata in vigore della legge rientra nella discrezionalita' del legislatore (sentt. nn. 440 del 1991 e 1032 del 1988; ord. n. 419 del 1990); che la disposizione censurata non si applica ai dirigenti gia' collocati a riposo, anche se abbiano impugnato il relativo provvedimento perche' la impugnazione non conserva in vita il rapporto di impiego cessato alla data prestabilita; e che e' ultroneo il riferimento all'art. 97 della Costituzione in quanto i rimedi apprestati per situazioni particolari e peculiari non incidono sull'organizzazione della Pubblica Amministrazione e sul suo funzionamento, anche perche' non riguardano l'intera disciplina del rapporto di pubblico impiego (sent. n. 440 del 1991); che non sono stati dedotti motivi nuovi per una diversa decisione, onde la riproposta questione e' manifestamente infondata; Visti gli artt. 26 della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte;