IL PRETORE A scioglimento della riserva formulata all'udienza del 15 giugno 1992 ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento di opposizione a ordinanza-ingiunzine promosso dalle Fonti di Varano dei Marchesi S.r.l., in persona dell'A.U. signora Bulla Teresa Maria, con l'avv. Antonio Giovati, ricorrente, contro l'Ispettorato provinciale del lavoro di Parma, con il funzionario dott. Franco Avanzi, resistente. OSSERVANDO IN FATTO E DIRITTO Con ricorso del 28 novembre 1991 diretto al pretore di Parma in funzione di giudice del lavoro, la societa' Fonti di Varano dei Marchesi S.r.l. proponeva opposizione, ex art. 22 della legge n. 689/1981, avverso l'ordinanza-ingiunzione n. 7083 del 22 ottobre 1991 dell'Ispettorato provinciale del lavoro di Parma per il pagamento della sanzione amministrativa di L. 2.000.000, inflitta a Bulla Maria Teresa, per avere assunto il lavoratore Bernini Aldo non per il tramite della competente sezione circoscrizionale per l'impiego. La contestazione degli illeciti del 21 giugo 1991 riguardava pure la mancata registrazione dello stesso lavoratore sui libri paga e matricola e il mancato versamento dei contributi previdenziali e assistenziali, e dei premi assicurativi. Dopo la notifica del ricorso e del decreto, l'ispettorato, a mezzo del proprio funzionario dott. Avanzi Franco, si costituiva in giudizio, con il deposito di memoria di risposta, ivi sostenendo in via pregiudiziale, che nella specie sussiste la competenza dello stesso ispettorato ad emettere l'ordinanza-ingiunzione; ma eccependo l'incompetenza del giudice del lavoro, dovendo la causa essere trattata con il rito previsto dagli artt. 22 e 23 della legge n. 689/1981. All'udienza di comparizione, il pretore si e' riservato di decidere sulla questione del rito e sulla eventuale remissione degli atti della Corte costituzionale. Sostiene parte ricorrente che l'ordinanza-ingiunzione opposta e' illegittima e come tale deve essere annullata in quanto non e' esistito un rapporto di lavoro subordinato fra essa ricorrente e il lavoratore D'Addio; talche' senza fondamento alcuno sono le contestazioni relative alla violazione di carattere formale e quella concernente l'evasione contributiva; violazioni che, invece, sono affermate e sostenute dall'ispettorato del lavoro. Ne consegue che oggetto del presente giudizio di opposizione e' l'accertamento, avente carattere pregiudiziale, in senso positivo o negativo, del preteso rapporto di lavoro subordinato, costituente il presupposto comune di entrambe le violazioni. Pero', mentre la ricorrente richiede che la causa venga trattata e decisa secondo le regole proprie del rito del lavoro (artt. 442 e segg. del c.p.c.); non solo in ragione dello specifico oggetto della controversia (esistenza o meno del rapporto di lavoro subordinato); ma anche perche' in esso e' contestualmente coinvolta la questione concernente l'omissione del versamento di contributi e premi relativi al rapporto assicurativo obbligatorio, viceversa, l'altra parte (ispettorato del lavoro) pretende che l'opposizione venga trattata e decisa secondo le regole ordinarie (artt. 22-23 della legge n. 689/1981) da parte del pretore non giudice del lavoro. Ne consegue, secondo l'ispettorato, che nella specie dovrebbe il pretore adito in funzione di giudice del lavoro pronunciare ordinanza di conversione del rito ex art. 427 del c.p.c. Senonche', secondo il giudicante, gravi difficolta' possono sorgere in relazione al caso di specie, nella determinazione del funzionamento pratico delle regole applicabili in materia di conversione del rito, specialmente quando la scelta dello stesso diventa rilevante sia sotto il profilo processuale che ai fini della decisione di merito. Invero, con riguardo alla materia in esame, l'art. 35 della legge n. 689/1981 opera una fondamentale distinzione tra due gruppi di violazione: quelle aventi specifica natura contributiva consistenti nell'omissione totale o paziale del versamento di contributi e premi (secondo comma) e quelle alle stesse connesse in quanto si accerti che dalla violazione derivi o che essa comporti l'omesso o parziale versamento (terzo comma). Nei detti casi e' previsto che l'ordinanza-ingiunzione debba essere emessa dagli enti ed istituti gestori delle forme di previdenza ed assistenza obbligatorie e l'opposizione sara' proposta avanti al pretore in funzione di giudice del lavoro, secondo il rito previsto dagli artt. 442 e segg. del c.p.c. Per le altre violazioni che non consistono nell'omesso o parziale versamento di contributi e premi e che non sono allo stesso connesse, ne' direttamente, ne' indirettamente, l'opposizione sara' proposta avanti al pretore ordinario, secondo il rito previsto dagli artt. 22 e 23 della legge n. 689/1981 (art. 35, settimo comma). A tal riguardo, pero', la Corte costituzionale, con la sentenza del 3 ottobre 1990, n. 433, ha ritenuto che qualora nel procedimento di opposizione all'ingiunzione dell'ispettorato si discute della esistenza o meno del preteso rapporto di lavoro subordinato dal cui accertamento deriva anche l'obbligo del versamento o meno dei contributi si possono verificare interferenze reciproche fra i due procedimenti. E quindi puo' accadere, come nella specie, che "a causa del ritardo dell'emissione dell'ordinanza-ingiunzione da parte dell'I.N.P.S, dovuto a scarsa tempestivita' di inoltro del rapporto dell'autorita' ispettiva o di altri intralci burocratici, la questione pregiudiziale circa (l'esistenza di un rapporto di lavoro, dalla quale dipende l'esistenza della contestata evasione contributiva, sia sollevata non in opposizione a tale contestazione, ma nel giudizio di opposizione contro l'ingiunzione precedentemente emessa dall'ispettorato per la violazione, contestualmente accertata, di un obbligo di natura formale. Ma, contro la razionalita' di una disciplina normativa non fornisce argomento il rilievo che in certe circostanze di carattere eccezionale essa puo' risultare distorta a causa di disfunzioni dell'attivita' amministrativa rimediabili con una migliore organizzazione e una maggiore efficienza". Ma, tali argomentazioni non sembrano ne' puntuali ne' convincenti, in quanto la citata sentenza della Corte costituzionale n. 433/1990 finisce con il riconoscere esclusivo il rilievo processuale al fatto, assolutamente casuale, della antecedenza cronologica nella notifica dell'una o dell'altra ordinanza, con la conseguenza che se piu' sollecito sara' stato l'ispettorato si fara' applicazione, nel giudizio di opposizione, del rito ordinario di cui all'art. 22 della legge n. 689/1981; e se piu' sollecito sara' stato l'istituto di previdenza si fara' luogo al giudizio di opposizione avanti al giudice del lavoro, ai sensi degli artt. 442 e segg. del c.p.c. Ma, tale impostazione non sembra ne' corretta dal punto di vista costituzionale ne' razionale sotto il profilo pratico ed operativo. Invero, se la legge ammette, come sembra doversi dedurre, una sorta di sovrapposizione (vera e propria duplicazione) di procedimenti dovuta a fattori casuali di maggiore o minore speditezza e/o efficienza dell'azione amministrativa, l'art. 35 citato non appare in sintonia con il principio costituzionale di uguaglianza correlato alla garanzia della tutela giurisdizionale dei diritti (artt. 3 e 24 della Costituzione), in quanto giudizi aventi lo stesso oggetto sostanziale, quale e' l'accertamento del comune presupposto dell'esistenza o meno del rapporto di lavoro subordinato da cui poi dipende l'esistenza della violazione di carattere formale e di quella concernente l'obbligo del versamento dei contributi, non possono essere trattati indifferentemente con riti diversi aventi caratteristiche ben differenziate sotto il profilo sostanziale e processuale. Infatti, nei confronti del medesimo soggetto e a fronte dello stesso accertamento pregiudiziale (esistenza o meno del rapporto di lavoro) possono instaurarsi due giudizi diversi dinnanzi a due giudici aventi "competenze" funzionali diverse. Non potendosi - di conseguenza - fare ricorso alla riunione di procedimenti, il giudice chiamato per ultimo a pronunciarsi sull'accertamento di quel presupposto sostanziale non potrebbe non sospendere il proprio procedimento per trovarsi poi di fronte al giudicato sul punto formatosi nel giudizio in precedenza instaurato, dovendo subire cosi' lo svuotamento dell'accertamento giudiziale allo stesso demandato sulla medesima questione onde pronunciare sull'annullamento o meno dell'ordinanza-ingiunzione. D'altra parte, se il giudizio successivo e' quello incardinato in base al rito previdenziale avanti al giudice del lavoro, siffatto svuotamento del giudizio di opposizione si verificherebbe nei confronti di quest'ultimo giudice in violazione del principio dell'attrazione della materia lavoristica e previdenziale nell'area di competenza del giudice specializzato. La diversita' di regime processuale nei due casi risulta di non agevole spiegazione e di dubbia legittimita' costituzionale, ai sensi degli artt. 3, 24 e 25 della Costituzione, posto che in ogni caso occorre accertare il comune e imprescindibile presupposto sostanziale dell'esistenza del rapporto di lavoro subordinato. Invero, non si capisce, ad esempio, perche' il medesimo diritto puo' essere fatto valere di persona o solo mediante il difensore a seconda della forma processuale del rito da seguire, la cui scelta per di piu' compete solo ad uno dei due soggetti del rapporto processuale (l'ente) che l'altro e lo stesso giudice devono subire. Non e' chi non veda, infatti, come l'ente che per primo emette l'ordinanza-ingiunzione determina esso stesso la scelta del rito da seguire nel giudizio di opposizione senza possibilita' di rimedio alcuno. Ma, cio' comporta all'evidenza anche la scelta del singolo gudice ad opera della parte, che l'altra parte e lo stesso giudice prescelto devono subire, in violazione del principio costituzionale del giudice naturale precostituito per legge in base a criteri oggettivi e predeterminati (art. 25 della Costituzione) cui si ispirano le regole relative alla ripartizione e alla assegnazione degli affari ai singoli magistrati all'interno dello stesso ufficio, a norma dell'art. 3 del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 449, che ha aggiunto l'art. 7 bis del vigente ord. giud. r.d. 30 gennaio 1941, n. 12; tanto piu' che le funzioni esclusive di giudice del lavoro sono stabilite per legge e assegnate direttamente dal C.S.M. (v. art. 21 della legge n. 533/1973). Il che non e' senza conseguenze di carattere processuale che poi vanno ad incidere sulla effettivita' della tutela del diritto in senso sostanziale (artt. 113 e 24 della Costitizione), ove si consideri che i due procedimenti hanno diverse caratteristiche che comportano, a fronte del medesimo accertamento, una disparita' di trattamento, quale quello attinente al regime probatorio e delle preclusioni e al regime delle impugnazioni come risultanti dall'art. 23 della legge n. 689/1981, sulla liberta' dei mezzi di prova e sulla inappellabilita' delle sentenze. Ne deriva allora che non e' piu' una semplice questione di rito stabilire se la controversia debba essere decisa dal giudice del lavoro o dal giudice ordinario, da risolvere col semplice passaggio dall'uno all'altro rito (cfr. Cass. 28 gennaio 1978, n. 404); ma e' questione che coinvolge, con riguardo al caso di specie, interessi di piu' vasta portata che vanno tutelati in modo piu' incisivo e piu' pregnante. Tale tutela, nella specie, non puo' essere garantita a mezzo di una semplice ordinanza di tramutamento dal rito del lavoro a quello ordinario, da operare non sulla base della natura obiettiva della controversia, bensi' sulla semplice constatazione che l'ordinanza- ingiunzione e' stata pronunciata dall'ispettorato del lavoro e che quindi per cio' solo il giudizio di opposizione non potrebbe non essere promosso che davanti al pretore ordinario non in funzione di giudice del lavoro. Cio' all'evidenza determina il venir meno della funzione valutativa del giudicante; e consente che il rito oltre che il giudice vengano scelti da una delle parti senza possibilita' di una diversa valutazione ad opera dell'altra parte e dello stesso giudice. Nella specie, invero, e' fermo convincimento del giudicante, che il rito da seguire e' quello previsto per le cause di lavoro e previdenziali ad opera del pretore in funzione di giudice del lavoro, ancorche' si tratti di opposizione a ordinanza-ingiunzione emessa dall'ispettorato del lavoro, in virtu' del principio dell'attrazione della materia lavoristica (accertamento del rapporto di lavoro subordinato) e previdenziale (essendo pure coinvolta la questione della omissione contributiva) nell'area di competenza del giudice specializzato. Ne consegue che l'art. 35, secondo, terzo, quarto e settimo comma, appare costituzionalmente illegittimo nella parte in cui non prevede un adeguato, oggettivo e razionale coordinamento fra piu' riti processuali esperibili e una competenza del giudice in base a criteri predeterminati e oggettivi nei sensi di cui in motivazione, a fronte di ipotesi peculiari come quella in esame. La questione appare non manifestamente infondata e rilevante e ne va rimesso l'esame alla Corte costituzionale con la sospensione del procedimento.