IL PRETORE Ha pronunciato la seguente ordinanza a scioglimento della riserva formulata all'udienza del 15 giugno 1992, nella causa di opposizione ad ordinanza-ingiunzione promossa dalla Imput 2000 S.r.l., con l'avv. prof. Luigi Angiello, ricorrente, contro l'Ispettorato provinciale del lavoro di Parma, a mezzo del funzionario dott. Franco Avanzi, resistente. CONSIDERAZIONI IN FATTO Con ricorso del 28 luglio 1990 diretto al pretore di Parma in funzione di giudice del lavoro la soc. Imput 2000 S.r.l., proponeva opposizione alla ordinanza-ingiunzione n. 3947 del 29 giugno 1990 emessa dall'ispettorato del lavoro per il pagamento della sanzione amministrativa di L. 41.500.000 per avere l'ispettorato stesso accertato che n. 40 "dipendenti" nel periodo gennaio 1986-novembre 1989 erano stati assunti senza il preventivo "nulla-osta" dell'ufficio di collocamento (legge n. 264/1949). Esponeva la soc. ricorrente, fra l'altro, che la contestazione della predetta violazione sarebbe infondata in quanto con i lavoratori interessati non e' stato stipulato, ne' e' intercorso mai un rapporto di lavoro subordinato. Pertanto, la ricorrente assumeva le seguenti conclusioni: "Piaccia al sig. pretore ill.mo, contrariis reiectis e previe tutte le declaratorie del caso e di legge: a) in via principale, dichiarare nulla, annullare e comunque revocare e dichiarare inefficace per incompetenza dell'autorita' emanante, l'ordinanza ingiunzione opposta; b) in via subordinata e nel merito, dichiarato, in particolare, che tra i soggetti indicati nel processo verbale di ispezione n. 005/011 in data 9 marzo 1990 dell'ispettorato del lavoro di Parma (quaranta lavoratori e nove apprendisti) e la Imput 2000 S.r.l. non e' intercorso rapporto di lavoro subordinato, nei periodi per ognuno indicati nello stesso processo verbale; dichiarato altresi' che pertanto la Imput 2000 non ha vincolato le disposizioni di cui agli artt. 11, 13 e 18 della legge n. 264/1949; dichiarato, infine, che si e' estinta, per intervenuto pagamento, la pretesa sanzionatoria connessa alla violazione dell'art. 5 della legge n. 863/1984, e dell'art. 21 della legge n. 264/1949 (sanzionate sub 2 e 3 dell'ordinanza ingiunzione), dichiarare nulla, annullare, revocare, siccome invalida, illegittima, infondata o come meglio l'ordinanza ingiunzione n. 3947 del 29 giugno 1990 emessa dell'ispettorato del lavoro di Parma nei confronti del signor Rio Maurizio, dichiarando anche che nulla e' dovuto dal ricorrente quale sanzione amministrativa ed accessori, in esecuzione di tale titolo; c) in via di ulteriore strettissimo subordine, allorche' il giudicante ritenesse fondate e sanzionabili, in tutto od in parte, le contestazioni di illecito operate dall'Ispettorato del lavoro, ridurre l'importo della somma liquidata entro il periodo prescrizionale di legge e alla misura risultante dai minimi edittali previsti dalla legge o a quella, comunque minore, ritenuta di giustizia; eventualmente dando atto dell'intervenuta parziale prescrizione della pretesa azionata; d) con rifusione integrale delle spese di lite, oltre I.V.A. e C.P.A., come per legge. Sentenza esecutiva". Dopo la notifica del ricorso e del decreto, l'ispettorato si costituiva in giudizio a mezzo di memoria di risposta, eccependo, fra l'altro, la "incompetenza" fuzionale del giudice del lavoro, non essendo, le violazioni contestate connesse all'omesso versamento di contributi e premi e trattandosi invece di norme sul collocamento, anche se "la violazione .. degli obblighi contributivi e assicurativi e' di tutta evidenza e confermata dalla stessa opponente". A fronte del contrasto interpretativo, il pretore, all'udienza del 17 dicembre 1990 disponeva che la causa va trattata col rito del lavoro, essendovi la richiesta dell'accertamento in ordine alla sussistenza o meno del rapporto di lavoro subordinato, cui e' connessa, come presupposto necessario, la questione relativa all'obbligo del pagamento di contributi e premi. Rimessa la causa al giudice del lavoro titolare in base alla tabella di ripartizione degli affari di questa pretura, quest'ultimo con ordinanza del 10 luglio 1991 disponeva il tramutamento del rito ex art. 427 del c.p.c. rimettendo la causa avanti a questo pretore per il giudizio ordinario di cui agli artt. 22 e 23 della legge n. 689/1981. Si e' venuta cosi' a creare, fra due giudici dello stesso ufficio con conflitto attinente al rito da seguire, cioe' fra pretore ordinario e pretore in funzione di giudice del lavoro; conflitto che non riguarda una questione di "competenza", tanto da non poter essere risolta con il regolamento dal codice previsto nel caso di conflitti di competenza (art. 42 del c.p.c.), come gia' deciso da Cass. S.U. 10 novembre 1977, n. 4840. CONSIDERAZIONI IN DIRITTO Per quanto concerne le ordinanze relative alla conversione del rito sembra, dunque, che la legge non appresti, esplicitamente, nei confronti delle medesime, alcun rimedio, ne' interno al procedimento, ne' esterno (come l'impugnazione), salvo il potere di revoca, secondo le regole generali. Senonche' gravi difficolta' possono sorgere nella determinazione del funzionamento pratico delle regole applicabili in materia di conversione del rito, specie quando la scelta del rito e' rilevante sia sotto il profilo processuale che per la decisione del merito. Invero, con riguardo alla materia in esame, l'art. 35 della legge n. 689/1981 opera una fondamentale distinzione tra due gruppi di violazioni: quelle aventi specifica natura contributiva consistenti nell'omissione totale o parziale del versamento di contributi e premi (secondo comma) e quelle alle stesse connesse in quanto si accerti che dalla violazione derivi o che essa comporti l'omesso o parziale versamento (terzo comma). Nei detti casi e' previsto che l'ordinanza-ingiunzione debba essere emessa dagli enti ed istituti gestori delle forme di previdenza ed assistenza obbligatorie e l'opposizione sara' proposta avanti al pretore in funzione di giudice del lavoro, secondo il rito previsto dagli artt. 442 e segg. del c.p.c. Per le altre violazioni che non consistono nell'omesso o parziale versamento di contributi e premi e che non sono allo stesso connesse, ne' direttamente, ne' indirittamente, l'opposizione sara' proposta avanti al pretore ordinario, secondo il rito previsto dagli artt. 22 e 23 della legge n. 689/1981 (art. 35, settimo comma). Nel caso di specie, il giudice del lavoro ha ritenuto che la scelta del rito e', in ogni caso, determinata in relazione alla autorita' che ha emesso l'ingiunzione, con la conseguenza che i giudizi di opposizione ad ordinanze non emesse dagli enti previdenziali non possono essere di competenza del giudice del lavoro. Talche', siccome e' pacifico tra le parti che l'accertamento relativo all'esistenza o meno di un rapporto di lavoro subordinato con i quaranta lavoratori cui si riferisce l'ordinanza dell'ispettorato e' in ogni caso ineludibile, anche perche' la violazione comporta il coinvolgimento della questione relativa alla omissione contributiva, di specifica competenza degli istituti di previdenza, consegue che l'ordinanza-ingiunzione per la commessa violazione avrebbe potuto nella specie essere emessa anche dall'I.N.P.S. E pertanto, la scelta e la determinazione del rito possono essere operate in via di fatto dall'Ente piu' sollecito, che per primo riesca a pronunciare l'ordinanza-ingiunzione. Non e', infatti, escluso al riguardo l'intervento degli istituti di previdenza, trattandosi di violazione che comporta l'omissione contributiva. A tal riguardo, pero', la Corte costituzionale, con la sentenza del 3 ottobre 1990, n. 433, ha ritenuto che qualora nel procedimento di opposizione all'ingiunzione dell'ispettorato si discute della esistenza o meno del preteso rapporto di lavoro subordinato dal cui accertamento deriva anche l'obbligo del versamento o meno dei contributi si possono verificare interferenze reciproche fra i due procedimenti. E quindi puo' accadere, come nella specie, che "a causa del ritardo dell'emissione dell'ordinanza-ingiunzione da parte dell'I.N.P.S., dovuto a scarsa tempestivita' di inoltro del rapporto dell'autorita' ispettiva o di altri intralci burocratici, la questione pregiudiziale circa l'esistenza di un rapporto di lavoro, dalla quale dipende l'esistenza della contestata evasione contributiva, sia sollevata non in opposizione a tale contestazione, ma nel giudizio di opposizione contro l'ingiunzione precedentemente emessa dall'Ispettorato per la violazione, contestualmente accertata, di un obbligo di natura formale. Ma, contro la razionalita' di una disciplina normativa non fornisce argomento il rilievo che in certe circostanze di carattere eccezionale essa puo' risultare distorta a causa di disfunzioni dell'attivita' amministrativa rimediabili con una migliore organizzazione e una maggiore efficienza". Ma, tali argomentazioni non sembrano ne' puntuali ne' convincenti, in quanto la citata sentenza della Corte costituzionale n. 433/1990 finisce con il riconoscente esclusivo rilievo processuale al fatto, assolutamente casuale, della antecedenza cronologica nella notifica dell'una o dell'altra ordinanza, con la conseguenza che se piu' sollecito sara' stato l'Ispettorato si fara' applicazione, nel giudizio di opposizione, del rito ordinario di cui all'art. 22 della legge n. 689/1981; e se piu' sollecito sara' stato l'istituto di previdenza si fara' luogo al giudizio di opposizione avanti al giudice del lavoro, ai sensi degli artt. 442 e seguenti del c.p.c. Ma, tale impostazione non sembra ne' corretta dal punto di vista costituzionale ne' razionale sotto il profilo pratico ed operativo. Invero, se la legge ammette, come sembra doversi dedurre, una sorta di sovrapposizione (vera e propria duplicazione) di procedimenti dovuta a fattori casuali di maggiore o minore speditezza e/o efficienza dell'azione amministrativa, l'art. 35 citato non appare in sintonia con il principio costituzionale di uguaglianza correlato alla garanzia della tutela giurisdizionale dei diritti (artt. 3 e 24 della Costituzione), in quanto giudizi aventi lo stesso oggetto sostanziale, quale e' l'accertamento del comune presupposto dell'esistenza o meno del rapporto di lavoro subordinato da cui poi dipende l'esistenza della violazione di carattere formale e di quella concernente l'obbligo del versamento dei contributi, non possono essere trattati indifferentemente con riti diversi aventi caratteristiche ben differenziate sotto il profilo sostanziale e processuale. Infatti, nei confronti del medesimo soggetto e a fronte dello stesso accertamento pregiudiziale (esistenza o meno del rapporto di lavoro) possono instaurarsi due giudizi diversi dinanzi a due giudici aventi "competenze" funzionali diverse. Non potendosi - di conseguenza - fare ricorso alla riunione di procedimenti, il giudice chiamato per ultimo a pronunciarsi sull'accertamento di quel presupposto sostanziale non potrebbe non sospendere il proprio procedimento per trovarsi poi di fronte al giudicato sul punto formatosi nel giudizio in precedenza instaurato, dovendo subire cosi' lo svuotamento dell'accertamento giudiziale allo stesso demandato sulla medesima questione onde pronunciare sull'annullamento o meno dell'ordinanza-ingiunzione. D'altra parte, se il giudizio successivo e' quello incardinato in base al rito previdenziale avanti al giudice del lavoro, siffatto svuotamento del giudizio di opposizione di verificherebbe nei confronti di quest'ultimo giudice in violazione del principio dell'attrazione della materia lavoristica e previdenziale nell'area di competenza del giudice specializzato. La diversita' di regime processuale nei due casi risulta di non agevole spiegazione e di dubbia legittimita' costituzionale, ai sensi degli artt. 3, 24 e 25 della Costituzione, posto che in ogni caso occorre accertare il comune e imprescindibile presupposto sostanziale dell'esistenza del rapporto di lavoro subordinato. Invero, non si capisce, ad esempio, perche' il medesimo diritto puo' essere fatto valere di persona o solo mediante il difensore a seconda della forma processuale del rito da seguire, la cui scelta per di piu' compete solo ad uno dei due soggetti del rapporto processuale (l'ente) che l'altro e lo stesso giudice devono subire. Non e' chi non veda, infatti, come l'ente che per primo emette l'ordinanza-ingiuzione determina esso stesso la scelta del rito da seguire nel giudizio di opposizione senza possibilita' di rimedio alcuno. Ma, cio' comporta all'evidenza anche la scelta del singolo giudice ad opera della parte, che l'atra parte e lo stesso giudice prescelto devono subire, in violazione del principio costituzionale del giudice naturale precostituito per legge in base a criteri oggettivi e predeterminati, (art. 25 della Costituzione) cui si ispirano le regole relative alla ripartizione e alla assegnazione degli affari ai singoli magistrati all'interno dello stesso ufficio, a norma dell'art. 3 del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 449, che ha aggiunto l'art. 7- bis al vigente ordinamento giudiziario regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12; tanto piu' che le funzioni esclusive di giudice del lavoro sono stabilite per legge e assegnate direttamente dal C.S.M. (v. art. 21 della legge n. 533/1973). Il che non e' senza conseguenze di carattere processuale che poi vanno ad incidere sulla effettivita' di tutela del diritto in senso sostanziale (artt. 113 e 24 della Costituzione) ove si consideri che i due procedimenti hanno diverse caratteristiche che comportano, a fronte del medesimo accertamento, una disparita' di trattamento, quale quello attinente al regime probatorio e delle preclusioni e al regime delle impugnazioni come risultanti dall'art. 23 della legge n. 689/1981, sulla liberta' dei mezzi di prova e sulla inappellabilita' delle sentenze. Ne deriva allora che non e' piu' una semplice questione di rito stabilire se la controversia debba essere decisa dal giudice del lavoro o dal giudice ordinario, da risolvere col semplice passaggio dall'uno all'altro rito (cfr. Cass. 28 gennaio 1978, n. 404); ma e' questione che coinvolge, con riguardo al caso di specie, interessi di piu' vasta portata che vanno tutelati in modo piu' incisivo e piu' pregnante. Tale tutela, nella specie, non e' garantita a mezzo dell'ordinanza del giudice del lavoro 10 luglio 1991 di tramutamento dal rito del lavoro a quello ordinario operato non sulla base della natura obiettiva della controversia, bensi' sulla semplice presa d'atto che l'ordinanza-ingiuzione era stata pronunciata dall'ispettorato e che quindi il giudizio di opposizione non poteva non essere promosso che davanti al pretore ordinario non in funzione di giudice del lavoro. Cio' ha determinato il venir meno della funzione valutativa del giudicante, consentendo che il giudice venisse scelto da una delle parti senza possibilita' di una diversa valutazione ad opera dell'altra parte e dello stesso giudice. Ne consegue che l'art. 35, secondo, terzo, quarto e settimo comma, appare costituzionalmente illegittimo nella parte in cui non prevede un adeguato, oggettivo e razionale coordinamento fra piu' riti processuali esperibili e una competenza del giudice in base a criteri predeterminati e oggettivi nei sensi di cui in motivazione, a fronte di ipotesi peculiari come quella in esame. La questione appare non manifestamente infondata e rilevante e ne va rimesso l'esame alla Corte costituzionale con la sospensione del procedimento.